Di origini romane, (Caesaraugusta in latino) Saragozza venne fondata a presidio di un guado dell’Ebro (Hiberus flumen, da cui il nome dell’intera penisola) in una zona strategica per il controllo delle vie di comunicazione. Divenne poi la Saraqusta araba dell’alto Medioevo e la Caragoca rinascimentale dei re “cattolicissimi” Ferdinando e Isabella, fondatori della prima monarchia assoluta europea. Tanto religiosi che vollero entrare aGranada, ultimo baluardo islamico sul suolo iberico a essere espugnato, il 2 gennaio del 1492 in modo che l’avvenuta Reconquista coincidesse col giorno consacrato alla Vergine del Pilar. Dopo la scoperta dell’America, la festa solenne si celebra il 12 ottobre, a sottolineare l’Hispanidad ossia l’insiemeplanetario di paesi che si rifanno alla lingua e alla cultura spagnola.
Culto mariano
In senso stretto, il Pilar (dal latino pila = colonna) è una colonna di diaspro alta 1 metro e 70 che si venera nella Santa Capilla, cuore della basilica edificata sulle rive dell’Ebro. La colonna è sormontatada una quattrocentesca statuetta della Vergine con Bambino ed è rivestitaogni giorno con drappi di colore diverso a forma di tronco di cono. Sul retro della cappella, un piccolo foro nel muro permette ai fedeli di venire a contatto diretto con la reliquia che, secondo la leggenda, sarebbestata collocata lì dagli angeli, il 2 gennaio dell’anno 40, nel luogo in cui san Giacomo e i primi sette convertiti iberici si erano fermati, stanchi, amareggiati e delusi per i scarsi risultati del loro apostolato. Sulla colonna era quindi apparsa la Vergine Maria che li aveva confortati ed esortati a continuare la loro opera. Prodigio tra i più singolari essendo la madre di Gesùancora in vita, in Palestina. Dunque quella del Pilar non sarebbe propriamente un’apparizione ma una traslazione corporea. Perciò il Pilar sarebbe anche il primo e più antico santuario mariano del mondo. Per tornare alla colonna, essa simboleggerebbe la saldezza della fede. A questo proposito un’altra leggenda vuole che durante i lavori di ampliamento della basilica, alla fine del ‘600, alcunioperai un giorno dovettero spostarla per eseguire alcune opere. Durante la notte successiva, sarebbe miracolosamente tornata al suo posto.
A sostegno della veridicità dell’apparizione, i fedeli fanno notare che il diaspro è un tipo di pietra che non esiste nella penisola Iberica, main Medio Oriente. Materiale di riporto della città romana, ribattonogli scettici, poiché Saragozza, come tutti i centri più importanti dell’impero, aveva contatti e scambi commerciali con l’intero bacino del Mediterraneo. Ciò non toglie che un qualsiasi saragozzano, per quantoateo, prima di un esame all’università, di un colloquio di lavoro o in un qualsiasi momento topico della vita, il suo bravo giro al Pilar lo fa. Per molti è poi un’abitudine quotidiana, tra una faccenda e l’altra, entrare pochi minuti a Saludar a la Pilarica, con un cero o una preghiera.
Lo zoppo di Calanda
Il Pilar di Saragozza, nel senso dell’edificio (la basilica) che accoglie al suo interno la reliquia, non sarebbe quello che è, grandiosotempio baroccocon undici cupolee quattro campanili, sorto al posto della precedente chiesa duecentesca romanico-mudejar (arabizzante), se non fosse per il Miracolo di Calanda, evento portentoso in seguito al quale le offerte dei fedeli ditutta la Spagna permisero la riedificazione. Al Miracolo di Calanda è anche dedicata la via che costeggia a est l’edificio, tra piazza del Pilar e il lungofiume. El gran milagro, (o anche el milagro de los milagros) come viene chiamato in Spagna, ovvero «Il più sconvolgente prodigio mariano» secondo Vittorio Messori che, sull’argomento, ha scritto il libro Il miracolo (Rizzoli), avvenne il 29 marzo del 1640 nella casa di Miguel Juan Pellicer a Calanda. Ma, come in un film, facciamo un passo indietro, ovveroun flash back.
Miguel Pellicer nasce nel 1617, figlio di poveri bracciantiche vivono in una casupola ai margini del villaggio. Nel 1636, ossia a 19 anni, lascia il paese in cerca di fortuna, come si dice in questi casi, e si reca presso alcuni parenti a Castellón de la Plana, nella regionedi Valencia, nei pressidel Mediterraneo. Nell’estate dell’anno successivo (1637), mentre percorre una strada a bordo di un carro carico di grano, forse per un colpo di sonno cade dal mezzo e la sua gamba destra finisce sotto le pesanti ruote. Viene portato a Valencia, dove lo curano, ma la ferita non guarisce. Decide allora di tornare nella terra d’originee tre mesi dopo (ottobre) è all’ospedale di Saragozza dove, per evitare la cancrena, la gamba gli viene amputata quattro dita sotto il ginocchio. L’arto viene sepolto nel cimitero dello stesso ospedale. Ottenuta la licenza di “mendicante autorizzato” elcojo (lo zoppo) di Calanda campa chiedendo l’elemosina alla porta del Pilar e, siccome è lui stesso devotissimo della Vergine, ogni giorno si unge il moncherino con un poco di olio della lampada che arde in perpetuo davanti alla statua della Madonna.
L’omaggio del re
La primavera seguente (1640) è di nuovo a casa dei genitori dove, nella notte del 29 marzo, avviene il prodigio. Al risveglio il giovane si accorge di avere di nuovo due gambe. Si badi bene: non un nuovo arto, ma quello stesso che gli era stato amputato due anni prima. La gamba aveva infatti mantenuto per qualche tempo il colorito quasi cadaverico che anche oggi ha una qualsiasi parte organica trapiantata chirurgicamente. La notizia del portento si diffondeimmediatamente in tutta l’Aragona, seguita naturalmente daun regolare, minuzioso, processo canonico, presieduto dall’arcivescovo di Saragozza Pedro Apaolaza Ramírez, con testimoni, documenti e riscontri, al termine del quale, il 17 aprile 1641, la Chiesa si pronuncia attestando senza alcun dubbio l’origine divina dell’evento.
L’eco arriva fino a corte, a Madrid, e desta meraviglia al punto chel’uomo più potente della terra, il re di Spagna Filippo IV, sovrano sul cui impero il sole non tramontava mai, avverte l’esigenza di convocare Pellicer a palazzo e, quando costui gli è dinanzi,si inchinae gli bacia la gamba. Un atto di omaggio non certo al suddito, povero contadino analfabeta, ma a Colei che lo aveva eletto emblema vivente della potenza divina.
Come detto, nel giro di qualche anno le offerte che arrivano al Pilar di Saragozza consentono di avviare i lavori per il rifacimento della basilica. Anchesul sito della povera casa dei Pellicer viene innalzatauna chiesa, detta il Tempio del Pilar di Calanda, che esiste ancora oggi e al cui interno, la prima cappella a destra, occuperebbe esattamente il posto della stanza in cui è avvenuto ilmiracolo. In tempi recenti, accanto alla chiesa è stato allestito un piccolo museo dedicato a Miguel Pellicer e alla sua vita. Che si conclude nel 1647, quando l’uomo ha solo trent’anni, in maniera del tutto anonima e in circostanze poco chiare, a Velilla del Ebro, altro paese dell’Aragona. Senza che nessuno lo ricordasse più come il protagonista del “miracolo dei miracoli”.
L’incredulità… di un credente
Verso il 1960, a Città del Messico, raccontai il Miracolo di Calanda a un domenicano francese. Al termine, sorridendo mi disse: «Andiamo, don Luis, non le sembra di calcare un po’ troppo la mano?»
Luis Buñuel, Dei miei sospiri estremi, Rizzoli
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