Un ometto con i baffetti, il cappello calato sugli occhi e un cappotto con il bavero alzato esce dalla Stazione Centrale di Milano e si avvia a piedi verso il centro passando accanto alle macerie dei bombardamenti. È il novembre 1945. L’uomo è un poliziotto, un giovane commissario di Avellino che prenderà servizio alla Questura in via Fatebenefratelli. Si chiama Mario Nardone, l’inventore della Squadra Mobile, una struttura dotata di veloci autovetture in grado di raggiungere i luoghi dove sono avvenuti i crimini che raggruppa le varie sezioni investigative, furti, rapine, omicidi, buoncostume e narcotici in coordinamento tra loro.
A questo poliziotto Milano deve moltissimo e la Rai lo ha omaggiato tre anni fa con una fiction di grande successo intitolata Il commissario Nardone interpretata dal simpatico e bravo Sergio Assisi.
Nella metropoli immersa nella nebbia d’inverno e assolata d’estate lo sbirro “terrone” (ma un cronista suo amico nella fiction Rai dice di lui: “È un napoletano, ma lavora più di un milanese!”) lotta insieme ai suoi uomini contro le bande che infestano la città ottenendo successi strabilianti.
La Milano in nero cantata da Gaber, Jannacci e Svampa e poi da Ornella Vanoni; la Milano della vecchia ligera (i teppisti locali che bazzicavano i bar del Giambellino già da prima della guerra), si trasforma negli anni Settanta diventando più feroce e cattiva con i suoi protagonisti Ciappina, Turratello, Vallanzasca e altri criminali senza più regole morali pronti a uccidere con facilità.
Uno dei primi film noir ambientati in città è Asfalto che scotta (1959), del francese Claude Sautet. LinoVentura, un gangster d’oltralpe, decide di fare un colpo a Milano ai danni di due fattorini che trasportano gli stipendi dei dipendenti di una dittà. Tra via Orefici e via Torino li aggrediscono a manganellate e poi fuggono attraverso la piccola galleria in direzione di piazza del Duomo dove è parcheggiata la loro auto con la quale si dirigono verso la Francia.
Carlo Lizzani nel 1966 in Svegliati e uccidi (Lutring) racconta con lucidità la carriera di Luciano Lutring “il solista del mitra”, figlio di un lattaio entrato nel giro della mala con una rapina a una gioielleria semplicemente per fare colpo su di una ragazza di cui è innamorato. Sullo sfondo la Milano neocapitalista in forte trasformazione e la mutazione dei delinquenti non più provenienti dalle periferie urbane emarginate, ma figli annoiati e insoddisfatti della buona borghesia.
Ancora Lizzani firma nel 1968 l’instant movie Banditi a Milano dedicato alle gesta della banda Cavallero che ha terrorizzato la metropoli il 25 settembre 1967 con una rapina al Banco di Napoli e un furioso e sanguinoso conflitto a fuoco con le forze dell’ordine per la vie della città. Un episodio drammatico rimasto impresso nella memoria collettiva, come l’orrendo delitto di una madre e dei suoi tre bambini di via San Gregorio 40, poco distante dalla Stazione Centrale, compiuto da Rina Fort il 29 novembre 1946, l’assalto al furgone portavalori in via Osoppo il 1° marzo 1958 (entrambi i casi risolti dal commissario Nardone), l’assalto a una gioielleria in via Montenapoleone il 15 aprile 1964 messa a segno dai Marsigliesi e naturalmente la strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969.
Inizia una nuova stagione cinematografica che vede come protagonisti sbirri soli, indifesi e vittime di una malavita sanguinaria alla quale non possono contrapporsi adeguatamente per non infrangere la legge.
Il terrorismo degli anni di piombo ha aperto poi un secondo fronte per le forze dell’ordine dai metodi inadeguati e basati solo sugli informatori chiamate a contrastare una criminalità attiva nelle rapine, nel controllo del mercato della droga, negli omicidi. Una realtà tragica e drammatica nella quale i milanesi hanno paura perfino a uscire la sera per recarsi al ristorante.
Così si spiega probabilmente il successo del genere “poliziottesco”, stroncato dalla critica, ma spettacolarmente attraente con sparatorie, stupri e inseguimenti automobilistici mozzafiato. I ragazzi del massacro (1969), La mala ordina (1972), Milano calibro 9, un classico amatissimo dai giovani con un superbo Gastone Moschin (“il miglior noir italiano di tutti i tempi” secondo Quentin Tarantino), Milano rovente, Tony Arzenta di Duccio Tessari con Alain Delon, un sicario che lavora per una potente organizzazione, Milano trema: la polizia vuole giustizia di Sergio Martino, tutti del 1973, Milano odia: la polizia non può sparare (1974), L’uomo della strada fa giustizia (1975) di Umberto Lenzi, sono solo alcune delle pellicole girate nel capoluogo lombardo e interpretate da attori francesi e americani in declino alla ricerca della popolarità perduta.
Seguiranno poi Milano: il clan dei calabresi, E tanta paura (1975) di Paolo Cavara, l’indagine del giovane commissario interpretato da Michele Placido chiamato a investigare su di una feroce e misteriosa catene di omicidi, Liberi, armati, pericolosi (1976) di Romolo Guerrieri, Milano violenta (1976) di Mario Caiano e Sbirro, la tua legge è lenta…la mia…no ! (1979) di Stelvio Massi. Sul grande schermo finalmente il poliziotto alla Callaghan può estrarre la pistola e uccidere i cattivi fregandosene delle leggi, dei principi di giustizia che sembrano inadeguati a fronteggiare questa stagione di sangue.
Scrittori come Andrea G. Pinketts, Piero Colaprico, Adele Marini, Gianni Biondillo, Sandrone Dazieri (La cura del gorilla), Renato Olivieri dal cui romanzo sarà tratto I giorni del commissario Ambrosio (1988), di Sergio Corbucci con Ugo Tognazzi, e l’insuperabile Giorgio Scerbanenco, ambientano le loro storie sia nei quartieri alti sia in quelli degradati della periferia tra delitti, rapine, prostituzione, gioco d’azzardo, spaccio e altri reati consumati per denaro, amore, follia.
Ancora Altri uomini (1997) di Claudio Bonivento e Vallanzasca – Gli angeli del male (2010) di Michele Placido con uno strepitoso Kim Rossi Stuart, fotografano la metropoli dominata da Angelo Epaminonda, Francis Turatello e Renato Vallanzasca esponenti di punta di una malavita crudele che sarà però sconfitta da Achille Serra, “il poliziotto senza pistola”, capo della Squadra Mobile e poi Questore di Milano; un Maigret elegante e calmo degno erede del commissario Mario Nardone.
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