Sulla spinta delle rivolte studentesche del 1968 in Europa e in America e sulla successiva formazione della cultura hippie, a partire dagli anni ‘70 comincia timidamente ad affacciarsi sugli schermi cinematografici anche il tema dell’ecologia e dell’ambientalismo. Spesso declinato all’interno di generi apparentemente molto distanti da tale sensibilità come il genere catastrofico. Più interessanti altri esempi come questo film del 1972 girato negli Stati Uniti dal regista inglese John Boorman che ne è anche il produttore. Film a costo medio-basso, con pochi interpreti (due soli divi: Jon Voight e Burt Reynolds, un esordiente: Ned Beatty e un musicista prestato al cinema: Ronny Cox), girato prevalentemente in esterni, consente all’autore di lavorare sul tema delle diversità (sociali, culturali, persino etniche) nonché sulle sorti del pianeta. Le prime riguardano gli strati più emarginati della popolazione americana, comunità arretrate per scelta, per necessità o per ragioni storiche rispetto ai grandi mutamenti in atto nelle aree urbane, le seconde dovute a scelte industriali ed economiche non ecosostenibili. Non per altro queste tematiche sono leggibili solo in filigrana rispetto al puro sviluppo della trama che si rifà da un lato al genere thriller dall’altro al filone d’avventura o, più precisamente, di avventura survival.
A partire dal romanzo uscito nel 1970 di James Dickey intitolato Deliverance (lett. Libertà), che è anche il titolo originale del film, Boorman mette in scena l’escursione che un gruppo di quattro amici di Atlanta compie nell’arco di due giorni discendendo in canoa un fiume dei Monti Appalachi il cui bacino sta per essere sommerso in seguito alla costruzione di una diga. La vallata prescelta per l’avventura outdoor è tra le aree economicamente più depresse del paese, abitata da famiglie di artigiani e contadini che vivono in condizioni miserabili e dove prosperano malattie e violenza. Inevitabile lo scontro tra le due realtà rappresentate rispettivamente dai quattro escursionisti e dagli autoctoni che sfocia in un vero e proprio conflitto all’ultimo sangue. Preceduto da una delle più interessanti pagine di scrittura cinematografica rappresentata dal duetto tra la chitarra di uno degli amici e il banjo di un ragazzo handicappato del posto. Il titolo del brano, di stile folk, è Dueling Banjos composto da Arthur Smith nel 1954, ma riarrangiato per il film da Eric Weissberg ed eseguito dallo stesso Weissberg e Steve Mandell.
Il regista è un autore eclettico, onesto artigiano della macchina da presa, capace di alternarsi tra i generi più disparati e con all’attivo alcuni successi al botteghino, incluso questo titolo. Tra gli altri suoi film degni di menzione figurano Senza un attimo di tregua (poliziesco, 1967) Duello nel Pacifico (bellico, 1968) Zardoz (fantascienza, 1974) L’esorcista II-L’eretico (horror, 1977) Excalibur (fantasy, 1981, forse la sua prova migliore) La foresta di smeraldo (avventura, 1985) Oltre Rangoon (1995, di impegno politico, sulla figura di Aung San Suu Kyi) e Il sarto di Panama (spionaggio, 2001). Il suo film The General (poliziesco, 1998) ottenne il premio per la miglior regia al Festival di Cannes.
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