tit orig Love and Friedship sceneggiatura Whit Stillman dal racconto di Jane Austin “Lady Susan” cast Kate Beckinsale (Susan Vernon) Xavier Samuel (Reginald DeCourcy) Morfydd Clark (Frederica Vernon) Emma Greenwell (Catherine Vernon) Tom Bennett (James Martin) James Fleet (sir Reginald DeCourcy) Jemma Redgrave (Lady De Courcy) Justin Edwards (Charles Vernon) Stephen Fry (Mr Johnson) Chloë Sevigny (Alicia Johnson) Jenn Murray (Lucy Manwaring) Lochlann O’Mearain (Lord Manwaring) genere storico prod Irlanda, Francia, Olanda 2017 durata 90 min.
Ecco una specie di Orgoglio e pregiudizio in chiave di commedia anziché di dramma. In entrambi i casi, comunque, siamo di fronte a opere insopportabilmente verbose come possono essere solo le sceneggiature tratte da uno qualsiasi dei libri di Jane Austen. Con i suoi chiacchiericci, i pettegolezzi, i mormorii, i piagnistei, le arguzie che fanno ridere solo gli inglesi (o i polli). Ambiente aristocratico primo Ottocento con i suoi milordoni, i bellimbusti, le comari e, naturalmente, le ragazze da marito in caccia di un gonzo da impalmare o le maritate ansiose di cornificare i consorti. E così eccoci alle prese con “Le argute conversazioni di un’esimia signora” (testuale). Con “L’onesto orgoglio” (testuale). Con “I rapporti che richiedono una condotta cauta e prudente” (testuale). Ovvero con un marito “Troppo vecchio per essere manovrabile, troppo giovane per morire” (testuale). E ci fermiamo qui per carità di patria.
Il resto è un frenetico andirivieni di carrozze e di lettere, di servitori in polpe e parrucche, di passeggiate nei parchi, di cavalcate nella brughiera e di tea time alle cinque in punto, cascasse il mondo… Insomma tutto il ciarpame austeneggiante da latte ai gomiti per chi non è intriso di spirito British fino al midollo. A questo punto aleggia prepotente la domanda delle cento pistole (o da un milione di dollari, se preferite): ma tutto ciò ha qualcosa da dirci? Ebbene, la risposta è rotondamente: “no”. Come i romanzi da cui sono tratti, anche i film che non li tradiscono nella sostanza, sono ormai lettera morta. Puro esercizio di stile, nel migliore dei casi. Ben interpretati, con décor e costumi sontuosi, ma senza spina dorsale. Qui, per giunta, dobbiamo anche fare i conti con una colonna sonora scialba e piatta che a tratti imita il Nyman del Mistero del giardino di Compton House (Greenaway, 1982), ma, appunto, la imita senza un briciolo d’inventiva. Facendoci solo rimpiangere l’originale.
E allora perché vederlo?
Per capire quanto siano autoreferenziali gli inglesi. Ossia da dove viene la Brexit.
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