Compagno inseparabile di un’infanzia solitaria: questo è il cinema per il giovane François Truffaut (1932-1984), nato e cresciuto in un quartiere popolare di Parigi e in una famiglia disgregata. Tanto che non passa gli esami di quinta elementare, conosce il riformatorio, si arruola nell’esercito per la guerra in Indocina, ma poi diserta. Dopo il carcere militare fa mille mestieri, spesso sul filo della legalità. Ma è proprio la passione per il cinema a mettergli sulla strada un secondo padre capace di trarre il meglio dal suo animo inquieto: André Bazin.
Il fondatore dei Cahiers du Cinéma intuisce il talento di quel giovane ribelle e lo accoglie nella redazione della sua rivista. Bazin e la moglie Janine gli danno forse anche quel calore umano che gli era mancato nella famiglia d’origine e Truffaut li ricambia con una dedizione assoluta al suo nuovo lavoro di critico cinematografico. Con il poco più anziano Jean-Luc Godard e gli altri “giovani turchi” della redazione (Rivette, Chabrol, Rohmer…) si butta anima e corpo nella missione di svecchiare il cinema francese e di delineare la “Nuova Onda” portata avanti dalla rivista, prima sul piano teorico, poi con i film realizzati dagli stessi redattori passati dietro la macchina da presa. Sul piano estetico teorizza la “politica degli autori” con la predilezione per uno, in particolare: Alfred Hitchcock. Ammirazione e conoscenza che sfoceranno nella famosa, lunga intervista che il giovane francese farà al maestro anglosassone e che ancora oggi rappresenta un pilastro della critica e dell’esegesi sull’autore di Psycho.
Ben presto anche per Truffaut arriva il momento di esordire con un lungometraggio: è il 1959 e il film si intitola I 400 colpi. Dedicato alla memoria di Bazin, mancato improvvisamente nel novembre dell’anno prima. Film autobiografico, interpretato da un quindicenne Jean-Pierre Léaud per la prima volta nei panni di Antoine Doinel, l’alter-ego del regista. I titoli successivi segnano altrettante tappe di una carriera in crescendo. Sia per l’apprezzamento della critica sia per il successo di pubblico. Sparate sul pianista (1960), Jules e Jim (1961), La calda amante (1964), Farhenehit 451 (1966), La sposa in nero (1967), La mia droga si chiama Julie (1969), Il ragazzo selvaggio (1969), Le due inglesi (1971), Mica scema la ragazza (1972), Adele H. (1975), Gli anni in tasca (1976), La camera verde (1978), L’ultimo metro (1980), La signora della porta accanto (1981) e Finalmente domenica (1983) sono i titoli principali di un’ampia filmografia costellata di premi e riconoscimenti. Regista delle donne, al pari di Cuckor e dell’amatissimo Hitchcock, nel cinema di Truffaut spicca una lunga galleria di ritratti femminili che rappresenta forse il lato artistico della sua irrequietezza anche nei rapporti sentimentali. Muore ad appena 52 anni, all’apice della fama, per un tumore al cervello.
Effetto notte
Sia il titolo italiano sia l’originale (La nuit américaine) sia quello della distribuzione anglosassone (Day for night) indicano tutti il metodo di lavorazione dei film a pellicola mediante il quale, con l’uso di filtri sull’obiettivo e altri accorgimenti (per es. la sottoesposizione) le riprese effettuate nelle ore diurne venivano “scurite” in modo che sembrassero realizzate di notte o comunque in condizioni di oscurità. Oggi, ovviamente, con le tecniche digitali non c’è bisogno di ricorrere a questi “trucchi” in quanto si può ottiene il medesimo effetto mediante la manipolazione dei dati attraverso i computer. In ogni caso la scelta di Truffaut di riferirsi a tale tecnica (che peraltro non viene usata nel suo film) vuole essere un richiamo alla “finzione” che è connaturata all’arte cinematografica e, più in generale, a tutte le arti.
Una finzione, ci spiega l’autore, capace però di restituirci una certa “realtà”, quella pensata e voluta dall’artista. Effetto notte è la storia di un set. Il davanti e dietro le quinte del fittizio film intitolato Ti presento Pamela che narra una complicata storia d’amore che sfocia in dramma. Anche sul set si intrecciano storie d’amore, così come altri amori finiscono o si rievocano tra i problemi quotidiani di realizzazione e montaggio, scelte di regia, scenografia, costumi, parrucche puntualmente annotati nel diario della segretaria di edizione. Con il produttore, i giornalisti e altri personaggi non direttamente coinvolti nel lavoro che ronzano comunque attorno alla troupe. Come nelle prove di un’orchestra prima di un concerto. Una grande storia d’amore per il cinema.
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