Ci sono momenti storici in cui alcuni testi ci sembrano necessari. È a partire da questa urgenza e necessità che è nato il Progetto Testori.
In un tempo in cui tutto va veloce e ogni appuntamento diventa evento che dura il tempo di un post, ci sembra importante prenderci un momento di riflessione e di approfondimento per ricondurre il nostro pensiero anche al senso del nostro fare.
Parole come Responsabilità, Eredità, Memoria nel corso della nostra storia sono diventate azioni concrete e pratiche quotidiane, ma ancora oggi ci inducono a nuove domande e nuove sfide. Il progetto, rivolto alle nuove generazioni, è un invito a scoprire la lingua di uno scrittore che proprio partendo dai classici non ha mai smesso di interrogarsi sul presente e sulla responsabilità di essere testimone del proprio tempo.
Spettacoli, incontri, letture e laboratori per poter riascoltare le sue parole e riappropriarcene oggi nel senso più profondo del loro valore. Perché solo facendole nostre potremo un giorno – forse – tradirle.
Natoli rilegge I promessi sposi in chiave etica, concentrandosi sul tema del male, dal sopruso inizialmente inflitto a Renzo e Lucia fino alla sollevazione delle folle nella rivolta di Milano, dal dilagare della peste al tenebroso interludio della Monaca di Monza, e individua la presenza di un «potere costrittivo» capace di «rendere la vittima colpevole mettendola nelle occasioni per esserlo»: una privazione della libertà che predispone alla malvagità, tanto da esserne la causa. Da questa «zona grigia si esce solamente attendendosi al precetto fondamentale della morale manzoniana «fare quello che è da fare», che è adesione alla realtà e, nello stesso tempo, volontà di trasformarla.
Salvatore Natoli è professore emerito di Filosofia teoretica presso l’Università di Milano-Bicocca. Attento alla ricostruzione delle linee fondamentali del progetto moderno, ha rivolto la sua attenzione al senso del divino nell’epoca della tecnica e alla possibilità di un’etica che sappia confrontarsi con il rapporto tra felicità e virtù.
21 marzo, ore 18.30 sala Caffè Rouge Acquista biglietto
28 marzo- 18.30
C’è come una sorta di braccio di ferro tra Testori e Manzoni. Un continuo processo insieme attrattivo e distrattivo. Attrattivo per certi temi, ambientazioni e richiami (si tratti del Seicento, o dei singoli personaggi) fatti propri in una passionale reinvenzione. Distrattivo proprio in questa reinvenzione, che viene a poggiare su un linguaggio che, contrariamente alla intervenuta cosiddetta “normalizzazione” manzoniana, si fa via via sempre più sperimentalmente scarnificante; salvo una straziata ricomposizione, che par quasi riandare ai momenti più alti e intensi della Storia della colonna infame.
Ermanno Paccagnini è Professore di Letteratura Italiana Contemporanea e Direttore del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si è occupato in particolare di Manzoni sia studiandone le fonti, sia curando una edizione commentata delle varie redazioni della Storia della colonna infame nel Meridiano Manzoni. Collabora con le pagine culturali del Corriere della sera e del Sole 24ore
4 aprile- 18.30-
Era inevitabile. Visto il successo del romanzo e la sua centralità nella pratica scolastica, non sorprende che parecchi scrittori italiani abbiano lavorato sul canovaccio dei Promessi sposi, ora per rendere omaggio alla storia di Renzo e Lucia, ora per dissacrarla. C’è chi ha proposto ingegnose continuazioni della vicenda, chi si è divertito a elaborare spassose parodie, chi – come Giovanni Testori – ha rimesso alla prova il capolavoro di Manzoni, smontandolo e rimontandolo per il teatro con inesausta passione
Mauro Novelli insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università Statale di Milano, dove coordina il Master in Editoria. È vicepresidente del Centro nazionale Studi Manzoniani.
domenica 7 Aprile h 11:30
Ci sono in Giovanni Testori delle migrazioni fondamentali dalla storia dell’arte alla letteratura, a cominciare dal secolo della peste, il ‘600, che è il secolo della sua ispirazione.
Il contatto violento con l’arte figurativa ha determinato un condensato di esperienze formali, ma anche esistenziali, tali da divenire fonte primaria del suo modo di lavorare.
Così le Erodiadi di Francesco Cairo migrano nel teatro come i cieli di Tanzio da Varallo migrano nel paesaggio de l’Ambleto: “Lo guardi il paziente lettore: cumuli di fango, ferro acciaio, fuliggine e catrame… Neanche la Biblica città si fosse trasformata di colpo nel raduno di tutti i Sesti San Giovanni e di tutte le Bovise dell’universo mondo! (…)”.
Salvo Germano legge alcuni capitoli fondamentali dalle pagine d’arte di Testori, dedicate a Guadenzio Ferrari, Vittore Ghislandi detto Fra Galgario, Giacomo Ceruti, Ennio Morlotti, in cui ben si riconosce la forza plastica di una scrittura che ha nell’occhio il suo uncino, il suo punto di cattura, come scrisse Anna Banti agli inizi della carriera dello scrittore lombardo.
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