“Bianca carissima, finalmente mi si presenta una occasione di comunicare con l’Italia con una certa garanzia di arrivo a destinazione. Io non accompagno il latore della presente che viaggia con mezzi suoi solo perché le mie finanze non me lo permettono, ed inoltre perché il giorno del rimpatrio collettivo sembra prossimo.
Come i pochi compagni italiani superstiti, io sono vivo per miracolo. Al momento in cui i tedeschi hanno abbandonato l’Alta Slesia, io ero convalescente di scarlattina nell’ospedale del Campo di Monowiz con altri 800 malati; pare che i tedeschi avessero ordine di ucciderci (come fecero altrove in analoghe circostanze), e forse non ne ebbero il tempo. Sono riuscito a sfamarmi alla meglio, per 10 giorni, sfuggendo a un tremendo bombardamento, poi, il 27 gennaio, sono arrivati i russi.
[…]
Non credere a quanto ho potuto scrivere da Monowiz; l’anno passato sotto le S.S. è stato spaventosamente duro, a causa della fame, della fatica, del freddo, delle percosse, e del pericolo costante di essere eliminato in quanto inabile permanente al lavoro.
Porterò (spero) in Italia il mio numero di matricola tatuato sul braccio sinistro; documento di infamia non per noi, ma per coloro che ora cominciano a espiare. Ma la maggior parte dei miei compagni portano nelle carni più gravi segni delle sofferenze patite. Spero di salire presto in tradotta: ad ogni modo tieni presente che il servizio postale non è ancora regolare, e ti sarei gratissimo se tu cercassi di affidare a un polacco (o russo) rimpatriante notizie (anche sommarie) delle mie carissime e di voi tutti […].
Io sono intero e sano, più grasso ormai di quando ero a casa, ma ancora un po’ debole. Sono vestito come uno straccione, arriverò forse a casa senza scarpe, ma in cambio ho imparato il tedesco, un po’ di russo e di polacco, e inoltre a cavarmela in molte circostanze, a non perdere il coraggio e a resistere alle sofferenze morali e corporali. Porto di nuovo la barba per economia di barbiere. So fare la zuppa di cavoli e di rape, e cucinare le patate in moltissimi modi, tutti senza condimenti. So montare, accendere e pulire le stufe. Ho fatto un numero incredibile di mestieri: l’aiuto-muratore, lo sterratore, lo spazzino, il facchino, il beccamorti, l’interprete, il ciclista, il sarto, il ladro, l’infermiere, il ricettatore, lo spaccapietre: perfino il chimico!”.
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