Capisco che i tempi siano duri e che ridere a vanvera sia persino indecoroso, soprattutto avendo scarsità di comici intelligenti e di testi spiritosi: per quel che disponiamo forse piangere diventa una soluzione. Infatti fa audience. Il che tradotto significa che oltre un milione di persone sane, persino intelligenti, sta davanti alla TV mentre il piccolo schermo si produce in lamenti e lacrime. Tutte dovute, intendiamoci. Di quelle che toccano il cuore. Da una trasmissione all’altra, come una gara: chi è la più piagnucolosa del reame TV? Mara Venier ha diritto alla commozione, la esercita con molto stile da anni e la interpreta benissimo: sa persino come trasformare la bella risata sana in lacrimuccia, o il pianto in fuga dalla scena. Nessuno come lei, neppure la signora Parodi, più elegante e contenuta, con lo stile che si addice a una signora. Soltanto un tremolio nella voce, un sorriso a labbra serrate, uno sbatter di palpebre: ma la commozione c’è. Per la prima volta ci si commuove a occhi asciutti. Poi ci pensa in grande Caterina Balivo, magari con qualche giustificazione in più. Sta leggendo i nomi delle vittime di Rigopiano e non ce la fa. Si interrompe, si alza, con voce rotta dice che non ce la fa e esce di corsa. Il figlio di una delle vittime, che era intervistato, continua a voce ferma e occhio asciutto. Come dico sempre io non guardo spesso la TV – evidentemente in due giorni consecutivi sono cascata male: la lacrima me la sono asciugata anch’io. Sto scherzando, naturalmente. Soprattutto mi sto vendicando di un famoso regista che ai miei inizi, portata davanti alle telecamere per caso e non per professione, mi ha dato della guitta perché mi ero commossa davanti a una cantante lirica della Casa di Riposo Giuseppe Verdi, che aveva cantato con voce poco ferma, ma impegno totale una romanza del Trovatore. Una professionista non manifesta mai i propri sentimenti mentre lavora. Questa la lezione che non ho mai imparato: io ho continuato a commuovermi e a non vergognarmene. Usando prudenza.
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