Elda Lanza ci ha lasciato questa mattina all’alba e insieme a noi ha lasciato i suoi familiari (primo il figlio Max, che le è rimasto accanto fino all’ultimo, con un rispetto che lei ha sicuramente apprezzato), i protagonisti dei suoi tanti romanzi, i suoi amici di ogni età (i senior la prendevano ad esempio, i giovani ne hanno sempre apprezzato l’umanità e la fiera saggezza).
Elda lascia molta “eredità di affetti” e quindi avrà tanta “gioia nell’urna”. L’ultimo contributo a questa rubrica (che lasceremo attiva ancora per un po’ anche soltanto per rileggere i suoi articoli) è stato a fine estate, quando, scrivendole come facevo spesso, le ho chiesto come facesse lei a sorridere sempre, nelle foto e di presenza, quasi avesse un segreto che avrei voluto condividesse. Mi mandò una risposta né breve né lunga, ma dal peso specifico persino troppo elevato. Pensai fosse una sorta di suo testamento per noi, ma lei mi chiese di pubblicare subito. Preferiva così.
Abbiamo pubblicato allora, ma oggi volentieri riproponiamo qui perché continuiamo a pensare che sia il suo ultimo pensiero, quasi un suggerimento per tutti noi grey panthers a imparare ancora qualcosa dalla vita.
Vai avanti, prova. E poi ridi, ridi
“In alcuni dei miei romanzi ho descritto la durezza della mia infanzia. Se mi chiedono quando ho iniziato a scrivere io so che cosa rispondere: avevo meno di tre anni quando prima di addormentarmi mi raccontavo da sola le favole che inventavo io. Non era soltanto fantasia: ero una bambina sola e infelice. I test psicologici affermano che una bambina infelice sarà per sempre una donna infelice: e questo è stato vero anche per me.
Poi a un certo punto, senza una ragione precisa o un preciso cambiamento, io ho iniziato a sentire la leggerezza delle parole, dei gesti, della presenza degli altri. E ho imparato a ridere. La durezza è diventata ironia. La normalità, una specie di vuoto intorno che potevo riempire a piacer mio. Lo so, sono parole. Posso dire che è successo ma non saprei dire altrettanto come sia successo. So che ho imparato a ridere e la vita mi e’ diventata migliore. Sembra facile… diceva quel tale. Infatti non lo è.
Non ho una ricetta, posso soltanto dire come è successo a me. Giorni fa sono stata ricoverata in clinica per esami. Sembrava una cosa qualsiasi. Non era una cosa qualsiasi: tumore al pancreas. La nostra dottoressa e mio figlio si sono incaricati di dirmelo e non si sono stupiti di vedermi serena, tranquilla, come di una cosa che stava capitando a me, con qualche attenuante importante: ho novantacinque anni. Sicuramente faccio prima io ad andarmene che a questo indesiderato di crescere e di farmi male. Una gara tra me e lui… vincerò io.
E allora abbiamo riso. Ed è stato a quel punto che mi è venuta alla mente la domanda di Vitalba: come hai imparato a ridere? Eccola lì: me l’ha insegnato la vita. Mi ha preso per mano e mi detto: Prova… avanti, prova. Ho provato. E lo dico anche agli altri: avanti, prova… Prova a ridere anche quando ti sembra che il mondo ti stia cadendo addosso… e magari in quel caos vedi scappare un topolino – il mio tumore al pancreas. E allora ridi, ridi, ridi…
Grazie
Grazie a te, Elda, per essere stata una di noi, grazie per averci voluto bene. Tu resti nel nostro cuore. vp
Così scriveva nell’introduzione a questa sua rubrica
Cari amici grey-panthers, eccomi. Ci sono anch’io.
Alcuni di voi mi conoscono. Per molti sono una che, sicuramente grigia e panther, si unisce a questo gruppo per ‘diritto’ e per affetto. Conosco Vitalba da quando lei era una ragazza molto promettente, sicura, determinata, intelligente. Umana. La donna che ho ritrovato oggi non mi sorprende, è la conferma di quella giovane in redazione a La cucina italiana, diretta con polso fermo e idee chiare da Paola Ricas, che salendo di grado sino ad arrivare alla direzione ha saputo sostituire un mito senza farlo rimpiangere. Ci riescono in pochi.
Una frattura di anni. I suoi capelli bianchi un po’ prematuri, i miei capelli bianchi giustificati dall’età. Novantaquattro anni vissuti guardando, imparando, facendo. Per approdare al primo amore, la scrittura.
Non ho un ricordo, nella mia vita, di me senza una penna in mano. Avevo fantasia. Il mio lavoro di giornalista mi ha insegnato la sintesi, la scrupolosità nell’uso degli aggettivi e il rispetto per i sostantivi. Sono cresciuta scrivendo, e ora, da grey- panther, vanto una serie di libri scritti per amore. Amo il protagonista dei miei romanzi gialli – l’avvocato Max Gilardi. Quando me lo chiedono, rispondo che Max Gilardi sono io: lui risponde dei miei pensieri, dei miei amori. Anche dei miei difetti. Scrivere mi diverte e mi aiuta a sopravvivere. Mi aiuta ad avere un contatto sereno e persino commovente con persone che non conosco, che mi riconoscono attraverso i miei romanzi, le mie apparizioni in TV con un Galateo sottobraccio. Io che non amo le regole.
Ora Vitalba mi ha offerto l’opportunità di far parte di questa squadra di persone consapevolmente serene, ancora capaci di organizzare, di vedere, di partecipare (prossimamente anche al viaggio grey panthers in Libano). Io non potrò farlo, ma sarò con voi, sempre. Ho viaggiato molto: sarò nei vostri ricordi come se fossi stata davvero con voi.
L’ho promesso a Vitalba. L’ho promesso a me stessa: e ora a voi
Ho rivisto Elda Lanza quest’anno, in un caldissimo pomeriggio d’agosto, nella sua bella casa piena di libri e di oggetti cari, che si affaccia su una bella piazza, in una cittadina che porta in Liguria, due passi dal fiume Scrivia. Sono andata a trovarla perché da tempo mi frullava in testa di chiederle di scrivere per noi, ogni tanto, quando avesse voluto, compatibilmente con i suoi impegni, di lavoro e familiari, con i suoi anni, che lei non trascura né dimentica, ma con i quali convive affettuosamente, ogni giorno.
Ho ritrovato lo stesso sorriso che conosco da sempre, l’accoglienza affettuosa, la gentilezza, la capacità di ascolto che ricordavo essere tra i suoi aspetti più generosi. Andando indietro nella memoria, abbiamo ricordato che forse l’ultima volta ci eravamo riviste alla presentazione di uno dei suoi tanti libri, tutti leggibilissimi, gradevoli, che senti sinceri e che ti portano a pensare, a provare sentimenti. Ho ritrovato in lei la stessa vitalità: fa parte del suo DNA.
La proposta le è piaciuta. Ogni mese, duemila battute che in gergo giornalistico significano un paio di paginette, su temi e argomenti a piacere, decisi di volta in volta, come vanno i pensieri. Non è per rispetto all’età che ho lasciato open il filo conduttore di questa sua nuova rubrica. Il fil rouge sarà lei in persona, con la sua ironia, la saggezza, il coraggio di dire, la lucidità di pensare. Grande amica grey-panthers! Trasversale a ogni età, come dimostrano i lettori dei suoi romanzi: dall’autore celebrato che la segue fin da quando era in Rai, alle donne che trovano nei personaggi femminili delle sue storie, la loro, spesso altrettanto sofferta. Mi fermo qui, perché vorrete leggere il suo primo contributo. Lo trovate qui a fianco, come gli altri, che seguiranno. Lo ha redatto con la puntualità e la precisione dei grandi giornalisti e dei grandi corrispondenti. Per favore, amici, leggete, ma partecipate, anche. Commentate qui sotto, intervenite, dialogate. Come si fa con un’amica che si offre generosamente all’ascolto e che non comprenderebbe il silenzio.
Benvenuta Elda tra noi! Adesso sei finalmente grey-panther.
Che piacere ritrovare la cara Elda Lanza tra le Grey Panthers!
L’avevo contattata un paio di anni fa in occasione di un convegno a Più Libri Più Liberi a Roma dal titolo C’era una volta la TV dei Ragazzi per una sua eventuale partecipazione che non fu possibile. Ma ebbi l’occasione di parlare al telefono con una dolcissima e gentilissima signora che spero di poter conoscere personalmente in futuro.