da PMI del 25 ottobre
PMI protagoniste degli investimenti di tipo “corporate venture capital” nelle startup: i dati dell’Osservatorio Open Innovation e il focus di Smau Milano 2017 sul futuro dell’innovazione.
L’open innovation come approccio italiano all’innovazione, anche in chiave di sviluppo dell’Industria 4.0: è uno dei messaggi chiave intorno a cui ruota Smau Milano 2017, occasione per presentare la seconda ricerca dell’Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital, dal quale emergono risultati che il presidente di Smau, Pierantonio Macola, non esita a definire “rivoluzionari”, perché c’è quasi il 30% delle startup che ha attirato capitali provenienti non dagli investitori istituzionali ma dalle imprese.
Il corporate venture capital (CVC) fa dunque la parte del leone e, all’interno di questo trend, in decisa crescita, spiccano proprio le PMI. Le quali rappresentano il 45% degli investitori imprenditoriali nelle startup.
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Emerge pertanto un quadro che vede le PMI protagoniste dell’ecosistema dell’innovazione, e che può dare loro un forte stimolo a competere sui mercati internazionali.
«E’ un dato che ci dà certezza del lavoro che stiamo facendo», sottolinea Macola che insiste sul focus di Smau che mette al centro le PMI, e sottolinea una delle fondamentali caratteristiche del venture capital:
«è un matrimonio per fare famiglia, consente alle startup di crescere e alle imprese italiane di fare innovazione».
Si tratta di una considerazione confermata da uno dei dati della ricerca, che dimostra come in effetti gli investimenti del corporate venture capital siano finalizzati a una partnership industriale, o sul lungo termine a un
E’ un punto su cui insiste anche Stefano Venturi, presidente di HP Italia e membro del consiglio di presidenza di Assolombarda, secondo cui il modello dell’open innovation:
«aiuta le startup a diventare grandi e le imprese tradizionali a capire che possono innovare facendo acquisizione».
In tutto, i soci delle startup innovative sono oltre 46mila. Nella stragrande maggioranza continuano a essere persone fisiche (oltre 39mila). Ma i corporate venture capital, ovvero le imprese che investono in startup, sono circa 6mila 700, che significa una crescita del 31%.
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Le caratteristiche del CVC, come detto, vedono le piccole imprese eccellere, 45%, seguite dalle medie imprese, 39%, mentre le grandi imprese che entrano nel capitale delle start up sono il 34%.
Si sfata un luogo comune che vede soprattutto i big attenti a questa tipologia di investimenti ed emerge un rapporto fra PMI e startup che trova nell’Italia un terreno particolarmente fertile in considerazione delle peculiarità del nostro panorama produttivo. Fra l’altro, complici probabilmente gli incentivi Industria 4.0 sulla ricerca e sviluppo, il rapporto fra PMI e startup ha un impatto positivo sulla ricerca e sviluppo, un settore in cui, invece, proprio per la frammentazione del tessuto produttivo, l’Italia non primeggia.
Si tratta, sottolinea il report, di una novità 2017, l’anno scorso erano più frequenti i casi di imprese che investivano in startup tecnologiche. Con ogni probabilità, il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo ha acceso i riflettori su queste startup. I settori da cui provengono le PMI: industria tradizionale, meccanica, produzione hi-tech.
Altri due fattori importanti: il 95% dei soci corporate (quindi, oltre la metà) investono in startup attive in un settore diverso da quello core dell’azienda. Il 56% in regioni diverse da quella in cui ha base l’impresa. L’open innovation, insomma, rappresenta un forte cambiamento anche rispetto ai tradizionali crocevia dell’innovazione.
Attenzione però: come sottolinea Venturi, inventare e innovare, dal punto di vista delle strategie economiche, non hanno lo stesso significato.
Inventare vuol dire trasformare un’idea, attraverso un processo produttivo, in un brevetto.
Innovare significa trasformare il brevetto in business, quindi in soldi.
«E in Italia c’è una miniera enorme di brevetti, invenzioni, che stanno negli istituti di ricerca universitari, con ricerca molto avanzata su nuovi materiali, nuove molecole».
Dunque, una grande occasione in un paese che vuole innovare, e che può prendere queste innovazioni e trasferirle al sistema produttivo, magari proprio attraverso le startup, un’occasione per contaminare il mondo delle imprese con quello dell’università e della ricerca.
I risultati sono positivi, in base al report i corporate venture capital registrano dati di bilancio migliori di quelli delle altre imprese in termini di ritorno sugli investimenti: ROI al 12,1% contro il 10,2% delle imprese tradizionali nel caso delle PMI, mentre il gap è addirittura al 4% nel caso in cui l’investitore sia una grande impresa.
Il rapporto è virtuoso anche in senso contrario. Le startup investite da CCV registrano migliori risultati (sia finanziari con capitalizzazione più solida, sia economici con maggior crescita dei ricavi), e hanno un più basso tasso di mortalità.