Le aperture
La Stampa ha in prima una grande foto da Gerusalemme dopo la strage: “Israele, attacco in sinagoga. Ira per i quattro rabbini uccisi”.
In apertura a sinistra: “Via libera al Jobs Act. Sciopera anche la Uil. Tensioni sulla manovra”, “L’art. 19 resta solo per licenziamenti disciplinari”, “Renzi: non toglie diritti, ma alibi. Vertice dei sindacati sulla data”.
Sotto la testata, il “blitz in Brianza”: “La ‘ndrangheta giura in nome di Garibaldi”.
Sul sindaco di Roma: “Marino incassa e resiste: bagarre in Campidoglio”.
E da Milano: “Guerriglia per lo sgombero dei centri sociali” . Con il richiamo ad un’intervista del quotidiano al viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, che dice: “E’ il momento più delicato. La violenza rischia di dilagare’”.
In prima anche un intervento di Mario Tozzi sul dissesto idrogeologico: “Così l’Italia dimentica i suoi fiumi”.
Il Corriere della Sera: “Terrore in sinagoga a Gerusalemme. Colpito un quartiere di ultraortodossi. Si tratta del più grave attacco contro civili degli ultimi tre anni. Due attentatori palestinesi con pistole e mannaie: cinque morti. Israele: reazione dura”.
L’editoriale, di Franco Venturini: “Una ferita antica che chiama tutti”.
E poi: “I lupi solitari e i timori di una Intifada”.
A centro pagina: “C’è accordo sul Jobs act tra i democratici e Alfano. Uil in sciopero con la Cgil”.
A fondo pagina: “Filmato il rito per diventare un boss. Le cosche al Nord, il giuramento nel nome di Garibaldi e La Marmora. Quaranta arresti”.
La Repubblica: “Intesa finale, così cambia il Jobs Act”, “Sciopero generale senza la Cisl”, “Battaglia nel Pd sulla manovra”.
La grande foto a centro pagina ha immortalato le pagine sei testi sacri insanguinate dopo l’attentato alla sinagoga di Gerusalemme: “Israele, assalto alla sinagoga, terroristi armati di asce e pistole”. Se ne occupa Bernardo Valli con un lungo intervento dal titolo “La strage nel tempio”.
In taglio basso, un commento di Roberto Saviano dedicato all’inchiesta della Dda di Milano che ha portato ieri all’arresto di 40 presunti boss della ‘ndrangheta in Lombardia: “Il giuramento dei boss nel cuore del Nord”.
Il Sole 24 Ore: “Licenziamenti disciplinari, reintegro per casi specifici. Primo sì all’emendamento del governo sul Jobs act. Tempi certi per la presentazione dei ricorsi”. E poi: “Bruxelles apre sulla legge di stabilità”. “I mercati aspettano i dettagli” è il titolo dell’articolo di Isabella Bufacchi.
Di spalla: “Gerusalemme, attacco in sinagoga: cinque morti. Netanyahu: reazione dura”. “Sei feriti, attentatori uccisi dalla polizia”.
A centro pagina: “Imu, arriva la stangata sui terreni. Pronto il decreto dell’Economia che cancella l’esenzione totale in 2mila Comuni. I proprietari dovranno pagare a dicembre tutta l’imposta 2014”.
Il Fatto: “Quell’aereo-taxi di Stato. L’Enav inguaia la Pinotti”, “I tabulati dell’Ente nazionale assistenza al volo confermano: il piano del Falcon 50, partito da Ciampino e diretto a Genova, cambiato ‘su misura’ per il ministro della Difesa. Il Procuratore di Roma: ‘Se è indagata? Non commento la vicenda’”.
In apertura anche lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil, sotto la foto del Presidente del Consiglio: “Doppio sciopero: l’ultima grana di Renzi. Si consola col Jobs Act”, “Oggi vertice tra i sindacati per convincere anche la Cisl. Premier sempre più cupo. La minoranza alza lo scontro, ma vota l’art. 18 con Sacconi”.
A centro pagina anche “lo sconcertante dossier” di Gioele Magaldi che- ricorda a pagina 2 il quotidiano- ha fondato, in polemica con il Grande Oriente d’Italia, il “Grande Oriente Democratico”: “Il libro del Capo massone: ‘Ecco la lista dei potenti’”, “Centinaia di nomi, dalla Merkel a Obama sino a Napolitano e Draghi: tutti ‘fratelli’ secondo l’autore. Che però dice: ‘Le prove le esibisco soltanto se me le chiede il giudice’”.
Sull’inchiesta della Dda di Milano: “Milano, così giurano le ‘ndrine. Calabria :una bomba per il pm”, “La procura lombarda intercetta il giuramento degli affiliati, ‘nel nome di Mazzini e Garibaldi’. Catanzaro: sventato agguato contro il giudice Bruni”.
Poi attenzione per le vicende del sindaco di Roma, che ieri si è difeso nell’aula consiliare: “Tra cori e insulti Marino non molla, ‘Ho pagato, resto’” (in riferimento alle multe per la sua Panda).
A fondo pagina: “Raid palestinese nella sinagoga. Sei morti a Gerusalemme”, “A colpi di pistola e coltello contro gli ebrei in preghiera. Uccisi 4 ultra-ortodossi con passaporto americano e britannico e anche i due assalitori. La dura reazione di Netanyahu che accusa Abu Mazen”.
Il Giornale: “Guerriglia e farsa. A Milano scontri e feriti per liberare le case occupate con la benedizione di Pisapia. Nella Roma in rivolta il sindaco Marino pensa di salvare la poltrona pagando mille euro”.
Di spalla: “Attentato in sinagoga. Anche l’Occidente è responsabile della carneficina in Israele”, di Fiamma Nirenstein.
A centro pagina: “Forza Italia in piazza contro le tasse sulla casa. Il doppio no tax day del centrodestra. Brunetta presenta la contro finanziaria. La Lega cambia simbolo per sfondare a sud”. Ancora a centro pagina: “Pinotti nei guai. Indagato il ministro della Difesa? Il volo di Stato le tarpa le ali per il Colle”.
Gerusalemme
La Stampa: “Gerusalemme sotto choc, la morte arriva in sinagoga”, “Due palestinesi in azione con pistole ed asce”. Il racconto è del corrispondente Maurizio Molinari, che firma anche un reportage dalla “roccaforte araba dell’Est”, ovvero Jabel Mukaber, il quartiere degli attentatori: “son tutti con loro”, scrive Molinari. Qui, spiega, 300 mila palestinesi vivono mischiati agli altri 600 mila residenti ebrei e la sicurezza è a rischio. Poi le parole del premier Netanyahu, che dice: “Questa è la battaglia per la città, vogliono cacciarci”. Ed a fondo pagina una intervista allo scrittore israeliano Abraham Yoshua, che invita a far ripartire il dialogo: “il conflitto da nazionale non deve diventare religioso”, sottolinea Yoshua. E spiega: “Bisogna impedire che il conflitto israelo-palestinese da nazionale diventi religioso. In passato Israele ha subito attentati terroristici sanguinosi, tremendi, più di quello compiuto ad Har Nof, ma è la prima volta che dei singoli palestinesi entrano sparando dentro una nostra sinagoga. Bisogna smantellare le sovrastrutture della mitologia religiosa, che da quanto avviene in Siria ed Iraq all’attacco Har Nof, costituiscono la più temibile minaccia alal convivenza fra persone di fede diversa”.
Un altro scrittore israeliano fa considerazioni in qualche modo analoghe: è David Grossman, che viene intervistato da Fabio Scuto, corrispondente a Gerusalemme de La Repubblica: “Siamo sull’orlo del precipizio. Ormai il conflitto è diventato tribale”. Grossman commenta la strage così: “Un profondo dolore e rabbia si mescolano per l’assassinio di persone innocenti, nel momento della preghiera del mattino, colpiti a casaccio, alla cieca, solo perché erano israeliani ed ebrei. Ma -dice- sento anche una grande frustrazione nel vedere, giorno dopo giorno, nuove vittime dalle due parti. Uccisi, feriti, investiti o rapiti in questo circolo vizioso di violenza e di odio, che coinvolge nella sua spirale sempre più gente e che si sta trasformando da conflitto politico, che forse ha ancora una qualche piccola possibilità di venir risolto, in conflitto religioso, fondamentalista e di conseguenza irrazionale e primordiale. Conflitti di questo tipo, per la loro stessa natura, continuano a lungo e sono di difficilissima soluzione”. Fa notare più avanti lo scrittore come peraltro “l’estremismo barbaro venuto dall’Is” abbia introdotto “dei modi di operare del tipo di quello di cui oggi siamo stati i testimoni -persone che vengono uccise a colpi di accetta, in modo davvero bestiale” stia “infiltrandosi nel conflitto israelo-palestinese”. Ricorda poi come nel 200o il premier Sharon avesse scatenato la Seconda Intifada con la sua “passeggiata” sulla Spianata delle Moschee: “oggi vediamo che nuovamente esponenti politici di destra salire sulla Spianata, nel preciso intento di creare una provocazione”.
Sul Corriere Davide Frattini spiega che “la carta d’identità blu permette ai palestinesi di muoversi senza controlli dalle zone arabe della città” di Gerusalemme, e uno dei due attentatori, “cugini e vicini di casa”, lavorava in un negozietto vicino alla sinagoga colpita, e conosceva l’area di Har Nof, abitata in maggioranza da ultraortodossi. “Forse sapeva – lo rivela il sito israeliano Nrg – che in quel tempio andava a pregare il padre di uno degli estremisti accusati dell’omicidio di Mohamed Abu Khdeir, il ragazzino palestinese rapito e bruciato vivo all’inizio di luglio”. Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina “li proclama suoi militanti”, ma “non rivendica l’operazione”. Il capo dello Shin Bet Yoram Cohen “contraddice il premier” Netanyahu e dice ai deputati della Commissione difesa che “il presidente palestinese non starebbeincitando a promuovere gli atti terroristici, a differenza – fanno notare gli analisti, di Yasser Arafat durante la seconda Intifada”.
Su La Repubblica segnaliamo anche un’intervista di Alix Van Buren al leader di Iniziativa nazionale palestinese Mustafa Barghouti: “le provocazioni incendiarie del governo Netanyahu nei luoghi santi di Gerusalemme hanno questo obiettivo: spostare l’attenzione internazionale dall’espansione delle colonie che strangolano la città, e dal rifiuto di ogni soluzione politica in base alla formula dei due Stati. Però l’attentato di ieri è segno del fallimento della comunità internazionale”.
Su Corriere l’editoriale, firmato da Franco Venturini, si sofferma sul rischio di “guerra religiosa”, a partire dall’obiettivo scelto per la strage e dal pretesto usato: “la presunta (e smentita) intenzione israeliana di cambiare le regole per pregare sulla Spianata delle Moschee. Come non vedere nello scontro religioso la motivazione principale di quanto è accaduto?”. Venturini ricorda che da settembre “Gerusalemme ha visto moltiplicarsi i «piccoli» atti terroristici, gli investimenti con le automobili, gli attacchi per strada con i coltelli. Qualcuno ha parlato di una imminente intifada alimentata dai residenti palestinesi di Gerusalemme Est che sono muniti di carte d’identità israeliane e hanno libertà di movimento in tutto il Paese. Una intifada rappresenterebbe certo un pericolo per Israele, ma non siamo piuttosto al cospetto dell’opera di ‘lupi solitari’ che hanno ben studiato la felpata espansione dell’Isis in Libia, in Egitto, nello Yemen e chi sa in quanti altri fertili angoli del mondo (gioventù occidentale compresa)?”. Venturini ricorda “l’eroe dei nazionalisti” israeliani Bennet, che “ha avuto un ruolo chiave nella bocciatura delle proposte americane portate da John Kerry”, che “sostiene l’annessione del 60% della Cisgiordania, e potrebbe anche battere Netanyahu alle prossime elezioni”.
A parlare del rischio che Gerusalemme, “con i suoi simboli contesi”, torni al centro di una “guerra religiosa” è Roberto Tottoli, ancora sul quotidiano milanese.
Sul Sole 24 Ore Ugo Tramballi ricorda la cronaca dell’ultimo mese: “il rabbino che senza consultarsi con le autorità era provocatoriamente andato fra le moschee della spianata, nella città vecchia; il palestinese salito sulla sua auto che ha investito cittadini israeliani a una fermata del tram; il poliziotto israeliano che col fucile di precisione spara senza motivo in testa al ragazzino palestinese; il padre di famiglia palestinese che accoltella una ragazza israeliana”, ma ricorda che “per quanto si odino e vivano divisi, in un territorio così piccolo israeliani e palestinesi comunque condividono una buona parte della loro quotidianità”.
Fiamma Nirenstein sul Giornale scrive che “quei due cugini palestinesi con gli occhi annegati nel sangue che sono entrati nella sinagoga in via Agassi per sparare alla gente che pregava e farla a pezzi con le mani brandendo coltelli da cucina non sono squilibrati ma il risultato di una campagna cinica e fanatizzante che ha al suo centro la Moschea di Al Aqsa a Gerusalemme”. E “al loro gesto ha contibuito, dispiace dirlo, l’atteggiamento sconclusionato e spastico dell’Ue e degli Stati Uniti”.
Jobs act
Su La Repubblica: “Jobs Act, intesa sui licenziamenti, reintegro soltanto in pochi casi. Sciopero Cgil-Uil, no della Cisl”. E il quotidiano intervista la segretaria della Cisl Annamaria Furlan, di cui riassume così le parole: “Non ha senso fermare il Paese, la riforma sta migliorando, protesta sul contratto statali”. Spiega Furlan che “gli scioperi generali si fanno solo su obiettivi precisi, come quello del pubblico impiego. In quel caso è giusto”. E la leader della Cgil Camusso “sbaglia”: “a me non sembra -dice- che ci sia un accanimento del governo nella modifica dell’articolo 18”.
La Stampa, pagina 2: “Jobs Act, sì in Commissione. Addio all’articlo 18”, “Sindacati più compatti sullo sciopero, si uniscono anche Uil e Ugl”. Il quotidiano spiega che le modifiche valgono solo per i nuovi assunti e che resta il nodo dei tagli per motivi disciplinari. Alla pagina seguente, a confronto due interviste per due diversi punti di vista. Stefano Fassina, esponente della minoranza Pd, afferma: “Si è data agli imprenditori la libertà di licenziare. E pagheranno i giovani”, “Molti già sollevano dubbi di costituzionalità”. Di parere opposto il presidente della Commissione Lavoro del Senato ed esponente del Nuovo centrodestra Maurizio Sacconi: “Abbiamo vinto noi riformisti. Completato il percorso iniziato da Marco Biagi”, “Ora obiettivamente la maggioranza è più forte”.
Su Il Fatto: “Articolo 18, da Bersani a Sacconi”, “Approvato l’emendamento del governo che mette d’accordo minoranza Pd e Ncd”.
Ma intanto -sottolinea il quotidiano- la minoranza Pd ha presentato sotto emendamenti alla Legge di Stabilità.
E una grande foto campeggia alle pagine 8 e 9 de La Repubblica, dove sono ritratti i “dissidenti in gruppo”, cone li definisce Filippo Ceccarelli: è l’ala sinistra nel su primo scatto alla Camera dei Deputati. Con tanto di fogli A4 che contengono gli emendamenti. Nella foto: D’attorre, Civati, Fassina, Miotto e Cuperlo. Ma -scrive sul quotidiano Tommaso Ciriaco- “soltanto Civati è pronto alla scissione”.
Su La Stampa: “legge di stabilità: il blitz a colpi di emendamenti della minoranza dem”.
Il Corriere intervista Teresa Bellanova, sottosegretario al Lavoro, ex sindacalista Cgil. Alla domanda se sul Jobs act abbia vinto l’Ncd o la sinistra Pd risponde “è stata trovata una sintesi che accoglie alcune richieste sia di una parte che dell’altra”. La sinistra Pd chiedeva che restasse il reintegro per i licenziamenti disciplinari ingiustificati, Ncd che questa ipotesi fosse limitata ad alcuni casi specifici. “Ci sono tutte e due le cose. E comunque non c’è nessuna negazione dei diritti delle persone, come qualcuno è andato dicendo in questi giorni erigendosi ad autorità morale”. “Sul Jobs act è stata fatta tanta propaganda in questi giorni”.
Lo stesso quotidiano: “Reitegro sui licenziamenti disciplinari. Ma per evitare intoppi vince la vaghezza”, nel senso che il testo della legge delega dice testualmente che il reintegro rimane “per specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato” ma “i casi concreti verranno indicati nel primo decreto attuativo del Jobs act, quello sul contratto a tutele crescenti che il governo vuole emanare il giorno stesso dell’entrata in vigore della legge delega, cancellando per di più i 15 giorni di vacatio legis che di solito passano tra la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e l’entrata in vigore”. L’idea è che il reintegro possa esserci “solo in un caso: quando l’azienda manda via un lavoratore accusandolo di un reato che in giudizio si rivela falso”.
Il Sole 24 Ore intervista Maurizio Sacconi: “Gli impegni sono stati mantenuti, l’indennizzo diventa la sanzione ordinaria per tutti i licenziamenti, quelli economici e disciplinari, con l’unica eccezione per quei pochi licenziamenti disciplinari che il decreto legislativo del governo descriverà in modo certo”, “fattispecie estreme, infamanti per il lavoratore, prossime ai licenziamenti discriminatori”. A Brunetta, che ha detto che alla fine l’articolo 18 rimarrà come è adesso, Sacconi ha risposto su Twitter “tutta invidia”. Alla domanda su chi abbia vinto nello scontro con la sinistra Pd risponde “hanno vinto i riformisti di destra e di sinistra”.
Sul quotidiano di Confindustria una analisi di Isabella Bufacchi cita un operatore finanziario che ha detto: a proposito delle riforme sul lavoro: “sono riforme macchiate di sangue in Italia”. E spiega che il Jobs act è stato “posto dai mercati, dagli investitori finanziari e dalle imprese estere che intendono investire in Italia, in cima alla classifica delle priorità di qualsiasi governo italiano”, “considerata una riforma essenziale” pe la crescita. Ora ci saranno le prove sul campo, a partire da come gli investitori stranieri si comporteranno.
Centrodestra
Matteo Salvini viene intervistato dal Corriere sul futuro del centrodestra: “Il programma di Lega e Fi dovrà avere il sì della piazza”. “Salvini: nell’intesa anche le primarie. Mai con Alfano, bene altri Ncd”. Noi, dice Salvini, “siamo pronti all’alleanza con chi dice no all’immigrazione, no alla riforma Fornero, sì alla cancellazione degli studi di settore, sì alla flat tax”, ma “questo programma, integrato dagli alleati, dovrà essere sottoscritto nelle piazze”, magari “insieme al nome del leader”.
Su Il Giornale: “Basta tasse sulla casa. Forza Italia va in piazza con il doppio No tax day”. E sotto si parla del “progetto”: “La Lega archivia la Lega. Pronto il nuovo simbolo”. Secondo i sondaggi “il valore elettorale del leader supera quello del Carroccio” e Salvini starebbe preparando “un movimento con il suo nome nel marchio come richiamo”.
Pd
Sulle elezioni in Emilia Romagna Il Giornale, con un inviato a Bologna, scrive: “Renzi, la paura fa 52. L’asticella in Emilia sembra troppo alta”. Vasco Errani prese il 52,7 per cento alle ultime regionali, nel 2010, e il Pd prese il 52,5 alle europee. “Alle elezioni di domenica al Pd non basta vincere con Bonaccini. C’è da confermare il risultato bulgaro delle europee di maggio”.
Sul Corriere: “Quell’appello al voto del leader Pd che per la prima volta teme le urne. La minaccia astensionismo in Emilia” e poi “le sfide (difficili) di Veneto e Campania”. Lo stesso quotidiano offre una intervista a Francesco Guccini, “il cantautore preferito dal premier” (“Lo sento distante, e non solo per motivi anagrafici. E’ un po’… è molto iperattivo, ecco”, dice di Renzi), che ha annunciato il suo sostegno a un candidato di Sel per il consiglio regionale. Si chiama Igor Taruffi, “ha lavorato bene a Porretta Terme”. Sel è alleato del Pd in Emilia Romagna, “quindi voterò pur sempre per Bonaccini candidato alla Regione. Come diceva Shakespeare Much ado about nothing, Molto rumore per nulla”. L’intervista è firmata da Aldo Cazzullo.
Marino, Pisapia
Due intere pagine de La Repubblica si occupano dello “scontro” a Roma: “Marino non si dimette, ma è contestato in aula. ‘Ho colpito lobby potenti’”, “Duro confronto con il Pd che vuole azzerare la giunta. Il sindaco: multe pagate, mi scuso solo per il divieto di sosta’”. E il quotidiano intervista “l’avversario”, ovvero Alfio Marchini, che nel 2013 ottenne a Roma, dove si era candidato sindaco, il 9,5%: “Pronto a ricandidarmi, prendo voti da centrodestra e centrosinistra”, dice spiegando che “chi parla di schieramenti non ha capito nulla. Parlo di un movimento civico per cambiare questa città”.
Il Corriere: “Bagarre per Marino: mi scuso, non lascio”. “Il sindaco in Campidoglio per le multe: le ho pagate. Caos e proteste dai banchi dell’opposizione. Il gelo dei Democratici in Aula. E continua il duello con il partito sul rimpasto di giunta”.
Il Giornale: “Marino si salva con mille euro. Ma ora un furgone lo inguaia”. “Sindaco fischiato: ‘Non dovevo ma ho pagato le multe’. Nuovo caso sulla bici: la terrebbe su un minivan per usarla pochi metri”. Si fa riferimento ad una dichiarazione del consigliere comunale della lista Marchini, Alessandro Onorato, che ha chiesto perché Marino non si sia fatto multare “dai vigili che lo seguono col furgone e la bici”. Il sindaco “ha dichiarato di aver pedalato 35 mila chilometri in un anno in Campidoglio”, ma “andrebbe in giro con due auto e un furgone di vigili urbani di scorta, pronti a passargli la bici per arrivare pedalante e sorridente agli appuntamenti”.
In un “retroscena” del Messaggero si legge del colloquio di Marino con Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd: “Anche se con toni pacati” Guerini avrebbe “scandito un ultimatum” al sindaco di Roma: “Cambia, e cambia tanto, cambia subito, rafforza la giunta se vuoi durare altri tre anni e mezzo in Campidoglio; coinvolgi il Pd romano e ‘compi un deciso cambio di passo evitando soluzioni di piccolo cabotaggio’. Altrimenti bye bye, Matteo Renzi ti lascerà al tuo destino”. Marino ha “promesso di nominare i nuovi assessori in settori importanti” ma “non ha detto quando” ed ha “decisamente frenato sull’ampiezza del cambiamento”.
Per tornare al Corriere, una intervista a Francesco D’Ausilio, ex capogruppo Pd: “Aprire la fase due o la gente ci caccerà”.
Sul Corriere una intervista al prefetto di Milano Tronca: “‘No alle squadre anti-occupazione'”. “L’abusivismo non è un problema di sicurezza”, dice il prefetto. E’ “prima di tutto una questione di disagio sociale”, e “prima parliamo di solidarietà, di socialità”. Tenendo presente questo “bisogna affermare che democrazia e legalità non hanno confini elastici”. Non sono previsti né blitz né task force, occorre puntare ad aumentare “l’efficacia degli interventi contro le nuove occupazioni”, mentre sulle vecchie si procederà come in passato, “con una proigrammazione settimana per settimana, dando la precedenza alle occupazioni avvenute da pochi giorni per evitare che si consolidino”.
E poi
Su La Stampa, di nuovo attenzione per la situazione ad Hong Kong. Il reportage è firmato da Federico Varese: “Mafia e illusioni, i 50 giorni di Hong Kong”, “Iniziati gli sgomberi in alcune zone, la rivolta sembra segnare il passo. Un membro delle Triadi: ci offrivano solo 80 euro per creare il caos”.
Il Sole 24 Ore dà spazio alla pozione della Confindustria britannica sull’Europa: “Le imprese inglesi vogliono l’Ue. Quattro aziende su cinque chiedono che Londra resti in Europa”. La Cbi sarebbe “perplessa per le incertezze europee” del premier. “Per avere successo in futuro abbiamo bisogno del pragmatismo e del buon senso per i quali la Gran Bretagna è famosa”, ha detto Mik Rake, capo degli industriali, aprendo la conferenza annuale, qualche giorno fa, alla presenza del premier.
Il Foglio parla di un “piano B” che avrebbe Renzi sull’Europa, così riassunto: “Oggi noi stiamo facendo i nostri compitini a casa ma se l’Europa non metterà in campo delle politiche espansive che possano aiutare anche l’Italia a risollevarsi non avremo altra scelta che seguire l’esempio della Francia e della Spagna e superare il prossimo anno il parametro maledetto” del 3 per cento.
Sul Corriere Pierluigi Battista si sofferma sulle “citazioni a sproposito dei mafiosi” a partire dalla inchiesta milanese in cui sono stati filmati per la prima volta i rituali di affiliazioni ad un gruppo ‘ndranghetista’, in cui si conferivano titoli “a nome di Garibaldi, Mazzini, La Marmora”. “Altro che tardive e revansciste nostalgie borboniche. Qui si celebra Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi che certo sull’Aspromonte ebbe qualche problemino”, scrive.