Le aperture
Il Corriere della Sera: “Una piccola intesa per l’Europa. Pronta la lettera del premier alla Ue. Gelmini: c’è l’ok sull’età del ritiro a 67 anni. Berlusconi a Bruxelles, no di Bossi sulle pensioni di anzianità”. L’editoriale, firmato da Ferruccio de Bortoli, è titolato: “Mettere il Paese davanti a tutto”. In alto la “Liguria sommersa” dal maltempo. “Morti e dispersi”. Un commento, firmato da Giangiacomo Schiavi, è titolato “Un prezzo troppo alto nell’Italia dell’incuria”.
La Repubblica: “Governo, mini-accordo per salvarsi. Il Senatur: resto pessimista, vediamo cosa dice l’Europa. Napolitano: l’Italia va rispettata, ma è il momento di agire. Niente pensioni di anzianità, alla Ue solo una lettera. Sarkozy: situazione esplosiva”. A centro pagina le notizie sul maltempo. In evidenza anche un richiamo alle pagine R2 sul dopo-voto in Tunisia: “Primavera araba o autunno islamico?”.
Il Sole 24 Ore: “Pensioni, stop di Bossi sull’anzianità. Mini intesa Berlusconi-Lega: affermato l’obiettivo 67 anni per tutti nel 2026”. “Con i bozzetti non si fa il Pil” è il titolo dell’editoriale di Fabrizio Forquet. Il punto di Stefano Folli è titolato: “Il rischio di giochi di prestigio con la Ue”.
Il Giornale: “Berlusconi ce la fa ancora. Oggi il premier a Bruxelles per le riforme, nonostante Tremonti. Sul tavolo liberalizzazioni e flessibilità del lavoro”. “Pensioni: con la Lega si tratta. Intesa vicina su reversibilità e assegni d’oro”. A centro pagina, con foto, un attacco a Lorenzo Bini Smaghi: “Inchiodato alla poltrona, quest’uomo blocca tutto”.
La Stampa: “Mezza intesa alla prova dell’Ue”. “Bossi: aspettiamo l’Europa, il governo è a rischio. Napolitano: l’esecutivo agisca. Pensioni, via libera della Lega ai 67 anni. ‘Ma quelle di anzianità non si toccano'”. In evidenza anche le notizie sul maltempo che in Liguria ha causato quattro morti ed almeno sei dispersi; “Prevenzione dimenticata” è il titolo del commento del geologo Mario Tozzi.
Governo
Sul Sole 24 Ore Fabrizio Forquet scrive che “c’è qualcosa di umiliante in un bozzetto sulle pensioni concepito in 24 ore con il solo obiettivo di ottenere il placet dell’Europa, ma talmente blando da incassare il via libera di una Lega decisa a non cedere di un millimetro”. Dopo la presentazione del “bozzetto” i mercati “toneranno ad esprimere il loro giudizio sull’Italia aderendo o meno all’offerta di BoT a sei mesi per 8,5 miliardi”, e venerdì a fare lo stesso sui BtP. Per quelli a dieci anni il rendimento sfiora il 6 per cento, il che vuol dire che “il Tesoro nei prossimi anni dovrà impegnare risorse pubbliche sempre maggiori per finanziare il proprio debito”. Scrive il quotidiano di Confindustria che “il sistema previdenziale italiano costa troppo”, è “iniquo perché è generoso con le classi di età intorno ai 50-60 anni e avaro con i giovani, e penalizza l’occupazione. Aumentare “in tempi rapidi” l’età di pensionamento libererebbe risorse importanti per ridurre il deficit. Ecco perché vanno riformate, non per Sarkozy ma per l’Italia, conclude il quotidiano.
Secondo Ferruccio de Bortoli, che firma l’editoriale del Corriere della Sera, “sarà anche ingiusto, ma oggi siamo percepiti come il lato debole dell’Europa”, “abbiamo annunciato per mesi provvedimenti poi smentiti o non attuati”. “Non basta una lettera di intenti (Tremonti l’ha firmata?) per dimostrare agli altri, dopo mesi di ondeggiamenti, che facciamo finalmente sul serio. Berlusconi sembra voler sopravvivere a se stesso. Ma se non è in grado di adottare, per l’opposizione della Lega, provvedimenti seri ed equi, non solo sulle pensioni, ne tragga le conseguenze. E in fretta. Vada da Napolitano e rimetta il mandato. Esiste in Europa, piaccia o no (a noi non piace perché vi vediamo anche un pregiudizio anti-italiano) un problema legato alla persona del premier, più che al governo. E’ la colpa è solo sua”. Quanto all’alternativa, l’esito non potrebbe essere che quello di “elezioni ravvicinate, imposte dagli eventi. Un eventuale governo Letta o Schifani (improbabile) di cui si parla in queste ore, si troverebbe comunque nella scomoda necessità di dare una riposta economica credibile ai mercati”. L’opposizione, se fosse “responsabile”, dovrebbe “considerare il ‘pacchetto Europa’ di un eventuale nuovo esecutovo con un programma bipartisan, aperto al contributo e al voto di tutti”, senza avere più “l’alibi” della presenza di Berlusconi. Ma “a giudicare dalle dichiarazioni di queste ore sembrano prevalere populismo e opportunismo. Le malattie italiane sono tante, purtroppo”.
Ezio Mauro (“Un regime vuoto”), scrive in prima pagina de La Repubblica che Berlusconi “dovrebbe dimettersi, consentendo al Paese di provare a salvarsi, finché è in tempo. Ma non è un uomo di Stato, e il suo destino personale gli preme più del destino dell’Italia. Si rinchiude in un’agonia democristiana, da tardo impero, che potrà produrre un accordo con il minimo comun denominatore, ma non produrrà più né politica né governo”. Mauro conclude scrivendo: “dobbiamo prendere atto che, mentre i governi cadono regolarmente quando una fase politica si esaurisce, solo i regimi non sanno finire”.
Vittorio Feltri, sul Giornale, scrive che oggi Berlusconi “avrà l’ok indispensabile per proseguire nell’azione di governo. E’ quello che conta. A fatica, imprecando e con l’ausilio del nostro stellone, ma ce la faremo”.
Secondo un retroscena de La Stampa, che racconta la lunga giornata di ieri, Napolitano ha atteso ieri sera (era in partenza per Bruges, per un incontro sull’Europa) per leggere la missiva che oggi Berlusconi porterà a Bruxelles, ma è stata una attesa vana. “La missiva non era pronta, un accordo completo con Bossi non era ancora stato trovato. Qualcosa però Gianni Letta gliel’ha anticipato per telefono. Napolitano è partito preoccupato”. Il testo è “lungo nella esposizione”, ma “sottile nei contenuti”, e per ora il Consiglio dei Ministri non ha preso alcuna decisione, e scadenze precise non ce ne sono. Secondo lo stesso retroscena Tremonti ha detto “in privato” al premier che “con questo accordicchio a Bruxelles non puoi andarci. Non hai capito che il problema sei tu”. Secondo un altro articolo (da Bruxelles), l’Europa attende “ma non boccerà l’Italia. Quella di Berlusconi “sarà una lista della spesa che l’Ue non potrà bocciare in ogni caso”, spiega una fonte al quotidiano. “Se lo facesse, dovrebbe vedersela con i mercati dove i tassi potrebbero schizzare”. “Un armistizio forzato, è la previsione degli addetti ai lavori, con coda di litigi e messe a punto nei giorni successivi quando, si spera, le acque si saranno un po’ calmate”.
P4
Oggi si terrà a Napoli la prima udienza riguardante l’inchiesta sulla cosiddetta associazione segreta P4, che ha tra i protagonisti il parlamentare Pdl Alfonso Papa e il faccendiere-lobbysta Luigi Bisignani. Scrive il Corriere della Sera che Papa, in carcere dal 20 luglio, deve rispondere di corruzione, concussione ed estorsione, per aver utilizzato informazioni riservate a fini di ricatto nei confronti di imprenditori, ottenendone in cambio denaro ed altre utilità. Bisignani, agli arresti domiciliari dal 15 giugno, di favoreggiamento. Secondo il quotidiano Bisignani punterebbe a metter fine alla partita in anticipo, concordando una condanna che gli permetterebbe di tornare subito in libertà. Un patteggiamento che farebbe sì che tutti gli atti raccolti fino ad ora non siano più utilizzabili nelle indagini ancora aperte, e tantomeno per avviare nuove verifiche, comprese le centinaia di intercettazioni telefoniche tuttora coperte da segreto, che hanno messo in fibrillazione molti esponenti del governo e personaggi pubblici. A quello che viene definito “il network massone dei faccendieri” è dedicato un commento di Alberto Statera, su La Repubblica: dove si parla di Lavitola, di Bisignani, di Milanese. Dossier e affari di questi lobbysti che “trovano sponde in Vaticano”.
Internazionale
Sulle pagine R2 de La Repubblica Bernard Guetta, parlando dei risultati ottimi ottenuti dal partito islamista Ennadha in Tunisia, sottolinea le colpe delle correnti laiche e dei loro capofila “che non sono stati capaci di presentarsi alle elezioni uniti o quantomeno di annunciare che avrebbero governato insieme sostenendo il partito della stessa area uscito dalle urne con il maggior numero di voti”. Di fronte a questi risultati Guetta ricorda che agli occidentali piace “mettersi paura”. Ma, detta della “irresponsabilità dei laici”, si chiede: “Dov’è la tragedia”. E sottolinea che non solo queste elezioni sono state perfettamente regolari; non solo la Tunisia ha saputo organizzarle in nove mesi, ma gli islamici hanno dovuto ammettere di non potersi presentare al voto lanciando invettive e predicando la jihad. Hanno presentato candidate dai capelli sciolti. Li accusano di avere “un doppio linguaggio”, ma non è così, poiché se hanno compiuto queste svolte “vuol dire che nel mondo arabo la teocrazia non seduce più, da quando se ne sono visti gli effetti in Iran. Il jiadhismo si è alienato anche i simpatizzanti più convinti, ha fallito, e a dimostrarlo sono anche i successi elettorali ottenuti dagli islamici turchi dopo aver accettato la democrazia”. Ennadha incarna “una destra reazionaria, molto simile alle destre religiose europee d’anteguerra o a quella dell’America di oggi, in grado di attirare, come ha fatto, le fasce più tradizionaliste della società. Piccoli funzionari e commercianti bisognosi di una identità, di ordine, di punti di riferimento”. Sulle stesse pagine, naturalmente, anche il reportage da Tunisi, che racconta delle accuse ad Ennadha di aver preso soldi da Ryad. Ma riferisce anche le considerazioni di un dirigente della Lega tunisina per i diritti dell’Uomo, militante del polo modernista, come Hammami: “Una separazione netta tra Stato e religione ispirata al modello francese non è adatta alla società tunisina. La religione non può essere un fatto privato perché significherebbe lasciar spazio alla spinta radicale dei salafiti. Lo Stato invece deve farsi carico dell’educazione, dell’insegnamento religioso e della convivenza tra le diverse anime del Paese.
Il reportage de La Stampa (Domenico Quirico) punta invece sull’allarme Ennadha: “Tunisi, la piazza laica denuncia gli islamisti. ‘Hanno pagato i voti'”. E racconta dell’utilizzo del vergo “degage” (vattene) un tempo destinato a Ben Ali ed ora rivolto ad Ennadha.
L’inviato del Sole 24 Ore a Tunisi è Alberto Negri, che riferisce delle prove di grande coalizione all’indomani delle elezioni in Tunisia. Un accordo tra laici ed Ennadha viene commentato così dal professor Abderrhaim: “Gli islamici non sono né angeli né demoni, ma professionisti della politica capaci come tutti gli altri di fare promesse ed usare un doppio linguaggio a seconda delle opportunità”. Un altro esperto, Hamadi Redissi, dice: “La strategia degli islamici è stata pagante in termini di voti, ma non è detto sia vincente sul lungo periodo: hanno frequentato più le moschee del Palazzo, non hanno esperienza di governo”. Ma la Tunisia rischia “una fase di islamizzazione dolce”, durante la quale non verranno rimessi in discussione “i principi fondamentali come la separazione tra Stato e religione o la parità tra i sessi. “Avverrà a piccoli passi, quasi inavvertita-.-Vuoi proibire l’alcol? Basta aumentare le tasse e scoraggiare i consumi”.
Ai risultati del voto per l’Assemblea costituente in Tunisia è dedicato anche un approfondimento del Corriere, che sottolinea come anche presso la comunità tunisina in Italia c’è stato un plebiscito per Ennadha.
Avvenire intervista il regista tunisino Mourad Ben Cheik. Dice che “gli islamici non potranno mai installare un regime perché adesso non abbiamo più paura”. Sottolinea le forze progressiste pagano il conto delle loro divisioni e definisce Ennahda “una grande ‘balena bianca’”, con esplicito riferimento all’esperienza italiana, spiegando che essa “mette insieme anime diverse, raggruppate sotto una forte rivendicazione islamica della politica. Ma quando poi ascolti i loro discorsi, senti delle voci che non sembrano venire dalla stessa famiglia”.
Avvenire ha anche un richiamo in prima pagina per il rapporto di Asian Human Right Commission (organizzazione indipendente di Hong Kong), che documenta almeno 700 casi di donne rapite e stuprate in Pakistan per esser convinte a convertirsi.
La Stampa si occupa di un ristoratore dell’Alabama (città di Birmingham) che ha deciso di esprimersi dalle colonne del locale quotidiano contro la legge anti-clandestini del suo Stato: “nella cucina del mio ristorante lavora uno staff di nove persone, sono tutti immigrati legali giunti dal Messico, ma ora stanno pensando di andarsene perché hanno paura della nuova legge”. Che consente alla polizia di fermare, arrestare e detenere senza possibilità di rilascio su cauzione, ogni persona sospettata di immigrazione illegale. Anche le scuole possono chiedere agli alunni di documentare il proprio status legale. Contro il ristoratore, non sono mancate invettive da un talk show radiofonico ed e-mail di minacce.
E poi
Alle pagine R2 cultura de La Repubblica si legge dell’arrivo alla direzione della rivista de Il Mulino di Michele Salvati, che subentra al politologo Piero Ignazi. Anche se evita le contrapposizioni con la direzione precedente, Salvati dice: “Più che ricordare ogni giorno il disastro del berlusconismo, che è scontato, penso che il nostro compito di studiosi sia farne capire agli italiani le radici e le cause”.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini