La Repubblica: “Preso il killer di Brindisi”. E’ un rivenditore di bombole. ‘Ha confessato’”. L’apertura: “Draghi critica gli Usa. Obama chiama Monti: ‘freniamo la Merkel’”.
Il Corriere della Sera: “Ho fatto io la bomba”. A centro pagina: “Partiti in tensione, voglia di voto. Governo sotto sulla spending review. Nomine all’Agcom e alla Privacy tra le proteste. Schifani a Berlusconi: chiarezza. No all’arresto di De Gregorio”.
Anche su La Stampa il titolo principale è per Brindisi. Il titolo di apertura è sul voto di ieri in Parlamento: “Authority, passano le scelte dei partiti. Eletti i membri di Agcom e Privacy: è scontro”.
L’Unità: “Pdl-Lega, alleanza occulta”. Si parla del voto in Regione Lombardia, chiamata a votare una mozione di sfiducia a Formigoni, e del voto ieri contro l’autorizzazione all’arresto del senatore De Gregorio.
Europa: “Il Palazzo si chiude. Il Pd ha paura di restare dentro”.
Il Giornale apre sulla proposta “presidenzialista” di riforma istituzionale del Pdl: “Ecco l’ammazza casta. Alfano presenta la riforma presidenzialista. L’unico modo per rendere governabile un Paese vittima dei ricatti”.
Politica, Pdl
Oggi il quotidiano Il Foglio ospita una lettera del presidente del Senato Renato Schifani in cui si rivolge al Pdl e a Silvio Berlusconi:
“Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo irrompe sulla scena una parte del Pdl, certamente la più chiassosa, che minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva ai decreti, anche i più duri, di Monti, e il giorno dopo propone addirittura lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano in televisione le più convinte dichiarazioni di Berlusconi a sostegno del governo Monti, e il giorno dopo anche sui giornali che si professano berlusconiani si leggono tipoli improntati al grillismo più avventato.
“Occorre una linea politica che ci dica quantomeno se è strategicamente preferibile contrastare Grillo con un grillismo d’imitazione o se non sia invece il caso di attestarsi su una linea di responsabilità che eviti al Paese di precipitare nel dissesto di bilancio e alla politica di trascinarci in una ingovernabilità simile a quella che si è determinata in Grecia con la frantumazione dei partiti. Sono convinto, se mi è consentita una sottolineatura, che il grillismo ci porterebbe dritti all’isolamento e che la conseguenza incapacità di riaggregare il blocco moderato sarebbe un danno enorme per la politica e più in generale per la democrazia”, scrive tra l’altro Schifani, che poi aggiunge: “Di qui la mia richiesta di una urgente e ineludibile operazione verità. La farà Berlusconi? Ci conto. E sono certo che stavolta il nostro Presidente non si rivelerà prigioniero della propria, incommensurabile, generosità”.
Per Schifani “la segreteria di Angelino Alfano ha segnato una svolta ed ha dimostrato sul campo di saper fare politica, di saper incalzare Monti. Sono convinto che, se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria, avrà tutte le carte in regola per rilanciare il Pdl, per riannodare i fili spezzati tra partito e società civile”.
Politica, De Gregorio
Come racconta il Corriere della Sera, ieri l’aula del Senato ha ribaltato il verdetto della Giunta per le autorizzazioni e ha votato no all’arresto del senatore Sergio De Gregorio, del Pdl, accusato, tra l’altro, di riciclaggio di denaro sporco nell’ambito dell’inchiesta sul faccendiere Lavitola.
169 i voti contrari al carcere, 109 quelli a favore, 16 gli astenuti (che a Palazzo Madama valgono come voti contrari). Il quotidiano sottolinea che i conti non tornano rispetto alle dichiarazioni di voto fatte dai gruppi al Senato. A favore dell’arresto si erano dichiarati Pd, Idv e Lega. Ci sarebbero quindi una quarantina di franchi tiratori. La Lega si è difesa con il senatore Bricolo: “I senatori del Pd hanno poco da indignarsi, perché De Gregorio è stato salvato con i voti dei gruppi che sostengono il governo Monti. La Lega si è espressa per l’arresto, ma anche se i nostri 18 parlamentari non avessero partecipato al voto, il risultato sarebbe stato lo stesso. Reagisce anche il Pdl contro la capogruppo Pd Finocchiaro: “Ha insultato 51 colleghi, molti dei quali appartengono al suo gruppo”. Naturalmente non sono mancate le voci di una sorta di “voto di scambio” nel segreto dell’urna, collegato all’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, la cui richiesta di arresto, come ricorda La Stampa, sarà all’ordine del giorno del Senato la prossima settimana. Lo stesso Lusi dice: “Non c’è nessun accordo politico tra la mia vicenda e quella di De Gregorio. E’ una questione di coscienza, come è giusto che sia”
La Repubblica evidenzia che il voto segreto è stato voluto dal Pdl e riferisce delle accuse di Democratici e Idv, secondo cui i voti della Lega sono stati decisivi. A favore dell’arresto anche i radicali: “non c’è fumus persecutionis”, dice Emma Bonino.
Ior
La Stampa parla di un “colpo di acceleratore” nell’inchiesta sullo Ior, una perquisizione che ha prodotto risultati inaspettati. Si riferisce al “memoriale” dell’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi, sequestrato durante una perquisizione dei pm che indagano su Finmeccanica. Gotti Tedeschi è stato ascoltato per il secondo giorno consecutivo a Milano dai Pm napoletani Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock (che indagano su un caso di presunta corruzione internazionale per la fornitura di 12 elicotteri all’India da parte di Finmeccanica), ma da ieri anche dal Procuratore di Roma Pignatone e dall’aggiunto Nello Rossi (che indagano su una ipotesi di riciclaggio dello Ior). Secondo il quotidiano, nel memoriale sequestrato si ricostruirebbero gli ultimi tre anni di vita dello Ior e i contrasti interni al Vaticano. La Procura di Napoli ha quindi trasmesso ai colleghi di Roma, che indagano dal 2010 sullo Ior per riciclaggio, la documentazione trovata a casa e negli uffici di Gotti Tedeschi. Il memoriale è una cronistoria degli avvenimenti dal 2009, ovvero da quando è diventato presidente dello Ior, fino alla sua defenestrazione. Comprenderebbe anche un carteggio tra un banchiere e papa Ratzinger e nei suoi scritti Gotti Tedeschi si sarebbe a lungo soffermato sul conflitto con il direttore generale dell’Ior Cipriani, uomo di fiducia del cardinal Bertone.
La Repubblica riferisce che nel memoriale vi sarebbe anche un capitolo intitolato “nemici interni e momenti cruciali”.
Usa
Su La Repubblica si dà conto di quello che viene definito uno “schiaffo ad Obama” nel Wisconsin, uno degli Stati chiave per le presidenziali, che è andato ai repubblicani. Con il 53 per cento il governatore Scott Walker, nemico giurato dei sindacati, ha battuto lo sfidante democratico Tom Barrett (46 per cento). Il Partito Democratico, con l’appoggio della Casa Bianca, si era impegnato in una battaglia simbolo. Walker, eletto nel 2010, e affermatosi con i Tea Party, aveva scatenato una offensiva contro il potere dei sindacati, indicati come una causa del deficit pubblico. Per questo aveva lanciato una legge per bandire la contrattazione collettiva nel pubblico impiego. I parlamentari democratici diedero il via a un boicottaggio clamoroso e fuggirono negli Stati vicini per far mancare il quorum, con tanto di ricerca della polizia che ingiungeva loro di presentarsi in Parlamento. I Repubblicani riuscirono a far approvare la legge, che fu però bloccata da un giudice. La mobilitazione contro Walker era sfociata in un “recall”, ovvero un referendum per cacciare il governatore prima della scadenza del suo mandato. Ma Walker ce l’ha fatta, ed è la prima volta che un Governatore sopravvive ad un recall. Il che indica la debolezza della forza organizzativa dei Democratici e dei loro alleati. Della vicenda si occupa in prima anche Il Foglio, che sottolinea come tra le misure che avevano fatto imbestialire i sindacati, Walker aveva firmato il piano “5 and Twelve”. Prevede che i dipendenti della pubblica amministrazione contribuiscano con una quota del 5 per cento al loro piano pensionistico, e si facciano carico del 12 per cento del costo della loro copertura sanitaria. Secondo Il Foglio il voto del Wisconsin è la rappresentazione del fallimento del modello sociale progressista, ed è la promozione per un governatore che ha aumentato le tasse, in contrapposizione con l’ortodossia conservatrice.
Una intera pagina del Corriere della Sera è dedicata alla vicenda, e si sottolinea come adesso i Repubblicani sognino – pensando che a novembre potrebbero strappare ad Obama uno Stato come il Wisconsin, nel quale 4 anni fa Barack vinse con ben 14 punti di scarto. Vedono nel governatore Walker una specie di reincarnazione di Ronald Reagan. La “ricetta Walker” fortemente contrastata dai sindacati e adottata da altri Stati come l’Ohio e l’Indiana, portò ad una concentrazione della potenza organizzativa in Wisconsin. Obama considerava questo Stato abbastanza sicuro, ora invece deve rifare tutti i conti, anche se il suo braccio destro Axelrod si è affrettato a sottolineare che gli elettori hanno votato in maggioranza per Walker su una questione specifica e locale.
Ma la vittoria del governatore Repubblicano dimostra che il denaro dei conservatori conta molto in questa stagione elettorale. I finanziatori hanno messo sul tavolo trenta milioni di dollari, quasi 8 volte i 4 spesi dal democratico Barret.
Francia
La Stampa si occupa di Francia, e scrive che “a tre giorni dal primo turno delle legislative, il neopresidente socialista Hollande ha deciso di rispettare una promessa fatta in campagna elettorale: ri-abbassare l’età della pensione a 60 anni. La novità riguarda solo i lavoratori che hanno cominciato a lavorare molto giovani e per il 2013 riguarderà 110 mila persone. La riforma costerà 1,1 miliardi di euro nel 2013, che saliranno progressivamente a 3 nel 2017. Verrà finanziata con un aumento dei contributi dello 0.2 per cento, metà a carico del lavoratore e metà del datore di lavoro. La riforma delle pensioni era il fiore all’occhiello di Sarkozy, che per realizzarla pagò un prezzo molto alto in termini di consenso e reazioni sociali.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini