Terremoto in Vaticano

Pubblicato il 29 Maggio 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “L’inchiesta investe serie A e azzurri. Nove giocatori e Conte accusati di associazione per delinquere. Nell’operazione 19 arresti. La polizia nel ritiro della Nazionale. Indagati Criscito e Bonucci”. A centro pagina: “Il maggiordomo e la rete dei corvi. Trovati dossier pronti per la spedizione con i nomi dei destinatari. I segreti dell’inchiesta sull’assistente del Papa. La Santa Sede, nessun nuvo incriminato”. A fondo pagina la notizia della decisione del Tribunale di Tivoli su un caso che fece scalpore qualche anno fa: “Non ci furono abusi: maestre assolte. L’ira dei genitori dei bimbi per la sentenza, insulti in aula”. Da segnalare in prima pagina una lettera del segretario del Pdl Angelino Alfano: “Riforme, ci vuole uno scatto. Così il calendario per fare tutto”.

La Repubblica: “Scommesse, terremoto nel calcio. Quindici arresti. Lo scandalo colpisce la Nazionale, indagato anche Conte. Criscito filmato con gli ‘zingari’, non giocherà gli Europei. In cella il capitano della Lazio Mauri e Milanetto. Sotto inchiesta Bobo Vieri”. A centro pagina: “Vaticano, la grande guerra dello Ior. Il braccio di ferro sulla banca dietro le mosse dei ‘corvi’. Interrogati cinque cardinali, il maggiordomo del Papa collabora”: E poi: “Niente abusi all’asilo, tutti assolti a Rignano, protestano i genitori”. Il quotidiano dà anche rilievo alle dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio sulla riforma del Csm, su cui ieri evidenziava la presa di posizione del presidente del Consiglio Monti: “Catricalà sul Csm: ho sbagliato, ma in buona fede”.

La Stampa: “Scommesse, serie A nel caos. Perquisizioni nel ritiro della Nazionale. Mauri e Milanetto tra i 19 arrestati. Indagati gli azzurri Criscito (che ha lasciato Coverciano) e Bonucci. Il Gip: Lecce Lazio fruttò due milioni di euro”. A centro pagina: “Rignano, tutti assolti. Non ci fu violenza sui bambini”.

Libero: “Calcio e Vaticano. Non c’è più religione. Giocatori di serie A arrestati, polizia nel ritiro della Nazionale, l’allenatore della Juve campione d’Italia Conte indagato: crolla la fede degli italiani nel palone. E quella nella Chiesa vacilla”.

Il Giornale: “Piedi (quasi) puliti”, sul calcio.

Anche Il Sole 24 Ore apre con il calcio “a rischio crack. Perdite per 428 milioni”. E’ il rapporto tra costi e risultati sportivi delle squadre di calcio. Le più virtuose sono Chievo, Catania e Bologna, le peggiori Milan e Inter: spendono molto e vincono, ma i ricavi non bastano a compensare i costi. E poi: “Scommesse: 19 arresti, indagato Conte, bufera sulla nazionale”. A centro pagina la crisi economica europea: “Il caso Bankia spaventa la Spagna. Lo spread di Madrid al record oltre 500 punti. Il Btp-Bund tiene a 435. Il premier Rajoy costretto a smentire nuove voci di ricorso al fondo Salva Stati. Borse europee deboli”.

Papa 

La Stampa torna sulla uscita di scena di Ettore Gotti Tedeschi dalla presidente dell’Ior, e scrive che è già scattata la corsa alla successione: secondo il quotidiano Papa Ratzinger vorrebbe un tedesco allo Ior e, tra i candidati favoriti, ci sarebbe l’ex numero 1 della Bundesbank Hans Tietmeyer. Il suo nome sarebbe l’unico davvero gradito a Benedetto XVI ed avrebbe un effetto pacificatore sulle lotte interne alle finanze vaticane. Pare che siano cadute una dopo l’altra le ipotesi Cesare Geronzi, Antonio Fazio e Giovanni Bazoli. Inoltre, dopo che l’americana JpMorgan ha interrotto i rapporti con la banca vaticana in seguito alla inchiesta della Procura di Roma per violazione della normativa antiriciclaggio, ormai il partner privilegiato dello Ior è la Deutsch Bank, da cui proviene l’attuale presidente ad interim Schmitz. Sullo stesso quotidiano, una intervista al socialista Rino Formica, secondo cui “il Papa ha finito per restare vittima dell’attuale tendenza della Curia, che ormai è diventata una cosa sola con l’eterno ‘partito romano’, quello che per decenni è prosperato in un intreccio di massoneria, clericalismo, affarismo”. Si tratta della crisi di un “potere chiuso”, incapace di autoriformarsi. Nella Costituzione vaticana il potere del Papa è assoluto, e dunque, se si scoprisse che la cospirazione era rivolta contro di lui, si tratterebbe di un golpe. Dalle carte, per ora, risulta qualcosa di altrettanto eversivo: il segretario di Stato disattendeva le disposizioni del Papa e spesso lo teneva all’oscuro”.
Per quel che riguarda Paolo Giordano, il ‘maggiordomo’ del Papa arrestato, il Corriere scrive che l’accusa nei suoi confronti, al momento è di “furto aggravato”. L’istruttoria formale condotta dal giudice istruttore del Tribunale vaticano è appena iniziata, ma gli inquirenti considerano le prove schiaccianti e si aspettano che il maggiordomo faccia i nomi dei complici e “collabori”, il che potrebbe permettergli di tornare a casa. Ieri il direttore della Sala stampa Vaticana Federico Lombardi ha voluto sottolineare che la vicenda del ‘maggiordomo’ “va distinta nettamente” dall’allontanamento di Ettore Gotti Tedeschi dallo Ior.

Giustizia 

Scrive il Corriere della Sera che nello schema del decreto legge sullo sviluppo è prevista una norma sulla durata dei processi. Si considera rispettato il termine ragionevole “se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità”. E dunque “si considera comunque rispettato il termine di ragionevole durata se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore ai sei anni”.
La Repubblica, il quotidiano che ha “rivelato” il progetto del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà di riformare le sezioni disciplinari del Consiglio superiore della magistratura cambiando gli equilibri tra laici e togati (oggi sono rispettivamente 2 e 4, nella proposta di Catricalà sarebbero stati 3 e 3, ndr), dedica oggi due intere pagine alla vicenda, dopo che Monti ha ribadito piena fiducia a Catricalà, ma soprattutto dopo che Democratici e dipietristi erano insorti contro le nuove ipotesi. Ricorda Libero che l’iniziativa risale ai giorni successivi all’insediamento del governo, e l’intento era quello di “assicurare terzietà agli organi disciplinari per evitare la critica, fin troppo estesa nella società civile, di una giustizia domestica, e dare trasparenza e certezza all’azione disciplinare”. Il ministro della giustizia Severino ha spiegato che il problema su cui è stato imposto uno stop a Catricalaà non era nel contenuto dei provvedimenti, ma nella tipologia di intervento: “Si trattava di una disciplina che avrebbe dovuto essere modificata attraverso una normativa di rango costituzionale. Lo stesso Catricalà scrive una lettera al direttore de La Repubblica: “nessuna aggressione alle toghe, norme subito archiviate”.Spiega Catricalà: “L’estensore delle bozze di norme sulle procedure disciplinari nelle magistrature e nelle libere professioni sono io. Queste proposte erano contenute in un testo di vari articoli legati da un unico filo conduttore, merito, trasparenza, responsabilità in vari settori, dall’istruzione alla giustizia, al mercato, al diritto d’autore”. Catricalà ricorda che il presidente Monti, “da me avvertito”, aveva ritenuto “inopportuna la proposta sul Csm”, mentre il ministro della giustizia “sollevò una questione di praticabilità costituzionale della riforma, e il testo in quella parte fu archiviato”. Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio sottolinea di aver iniziato il confronto con la Corte dei conti e il Consiglio di Stato, per conoscere il loro avviso sulla bozza, e spiega il testo “non fu invece mandato al Csm, a riprova della avvenuta archiviazione dell’idea”. Secondo La Repubblica c’è un “feeling mai nato” tra Monti e Catricalà, per cui il premier avrebbe dettato le sue condizioni, che sarebbero state in questi termini: “Confermo la fiducia se ammetti l’errore”.
I quotidiani si occupano oggi ampiamente del processo di primo grado agli imputati di abusi sessuali che frequentavano la scuola materna Olga Rovere di Rignano Flaminio: dopo sei anni di attesa, sono stati assolti “perché il fatto non sussiste”. Il processo a cinque persone – tra maestre, il marito di una di loro e una bidella. La Repubblica racconta che “alla lettura del dispositivo è esplosa la rabbia delle mamme che nel luglio del 2006 denunciarono i presunti abusi subiti dai figli. Nessun abuso su minori, nessuna violenza sessuale di gruppo né maltrattamenti o sottrazione di persona incapace. I capi di imputazione “si sono sbriciolati uno dopo l’altro”, scrive il quotidiano. La corruzione di minori, il sequestro di persona, gli atti osceni, il turpiloquio e gli atti contrari alla pubblica decenza: niente di quanto ricostruito nell’impiato accusatorio del Pm Marco Mansi è mai esistito, secondo i giudici del tribunale di Tivoli. Un lungo articolo di Carlo Bonini è dedicato al processo agli “orchi e alle streghe” che sarebbero esistiti in questa scuola per l’infanzia: “Troppe suggestioni e niente prove”, così è crollato il teorema del Pm, “dalla perizia sui bimbi affidata ad una laureata in scienze politiche al cingalese arrestato per una linguaccia”. Il cingalese aveva fatto una linguaccia ad una bambina per strapparle un sorriso, mentre era a bordo di una macchina che faceva benzina. Si è fatto quindici giorni a Rebibbia, prima di essere “archiviato” nel febbraio del 2010.
Il Corriere della Sera, così come altri quotidiani, si occupa della sentenza della Corte d’Assise d’Appello a Milano, che ha ridotto le condanne alle nuove Br. Ma soprattutto, ha considerato le loro azioni sovversive ma non terroriste. Sono stati ritenuti responsabili di aver incendiato la sede milanese di Forza Italia (2003) e padovana di Forza Nuova (2006), nonchè di aver progettato il ferimento del manager della Breda Vito Schirone e un agguato al giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino, prima di essere fermati nel 2007. La Corte li ha considerati una “associazione sovversiva” (articolo 270) che con la lotta armata intendeva perseguire esclusivamente obiettivi “di elezione” per ottenere une effetto paradigmatico e innescare meccanismi di emulazione, ma non una “associazione con finalità di terrorismo” (articolo 270 bis) che avesse anche il proposito di intimidire indiscriminatamente la popolazione con l’intenzione di esercitare costrizione sui pubblici poteri o la volontà di destabilizzare gli assetti istituzionali”. Lo stesso senatore Ichino, con una lettera, ricorda di aver proposto ancor ieri a ciascuno degli imputati di rinunciare alla sua costituzione in giudizio contro di loro, in cambio del “puro e semplice riconoscimento del mio diritto di non essere aggredito”. La risposta del loro leader, Alfredo Davanzo, è stata: “Questo signore rappresenta il capitalismo, lui è l’esecutore di questo sistema, e noi eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema”. Ichino spiega che la sentenza va letta alla luce di quella con cui la Cassazione aveva imputato alla corte d’Assise di Milano di non aver sufficientemente individuato e dimostrato, nel comportamento dei brigatisti, la volontà di destabilizzare e distruggere gli assetti istituzionali del Paese. Progettare un attentato alla sede di uno quotidiano nazionale o un agguato mirato a ferire o uccidere, secondo questa nuova giurisprudenza, non è “terrorismo”, e allora, spiega Ichino, se non è terroristico quel progetto, ancor meno può qualificarsi come tale quello degli anarchici, che a Genova hanno ferito un dirigente Ansaldo: questi ultimi infatti confessano di non credere nel valore politico della loro azione violenta, ma di farlo solo per motivi di autogratificazione (“con una certa gradevolezza abbiamo le nostre mani”, “non cerchiamo consensi ma complicità”, come si leggeva nei volantini sugli attentati di Genova).

Pd, Pdl 

Il quotidiano del Pd Europa dedica oggi il titolo di apertura alla riunione della direzione del Pd: “Bersani, il giorno dell’orgoglio”. “Alla direzione di oggi le proposte del segretario. Ma può spuntare la grana delle primarie”. A partire dalle elezioni amministrative, “vinte, ma non abbastanza, come ormai anche al Nazareno sono disposti ad ammettere. Non parlare di primarie o alleanze (ma qualcuno è già pronto a farlo) quanto piuttosto di politiche economiche e riforme”. Secondo Stefano Menichini, che firma un commento in prima pagina, “non dovrebbe essere così sorprendente se la direzione democratica di oggi si dovesse chiudere con una sostanziale ampia unità”.
Su Il Foglio: “Non solo Vasto: i piani del Pd per riscrivere la geografia della sinistra”. Quella di oggi, scrive il quotidiano, doveva essere una “semplice direzione autocelebrativa in cui il segretario del Pd si sarebbe dovuto limitare ad elencare i risultati positivi delle amministrative”. Ma nel frattempo sono arrivate la richiesta di Vendola e Di Pietro di convocare uno “stato generale del futuro” per discutere dell’assetto delle alleanze, e il tema di una “listona civica nazionale”, che potrebbe affiancarsi al Pd “nel tentativo di intercettare il fiume in piena dell’antipolitica”, e che avrebbe come candidato naturale il ministro della coesione nazionale Barca. Infine, la proposta di riforma delle istituzioni del Pdl che, pur essendo forse stata lanciata troppo tardi, “stuzzica l’interesse di un fronte non indifferente di esponenti Dem”, a partire da D’Alema.
Angelino Alfano firma una lettera sul Corriere della Sera in cui spiega che “serve uno scatto di reni: cogliamo tre coincidenze favorevoli come la fine del settennato di un eccellente presidente, il termine della legislatura e l’imminenza di un dibattito in Parlamento per varare insieme semipresidenzialismo e nuova legge elettorale. Le proposte ci sono, i tempi anche”. Alfano ricorda che la Quinta repubblica francese nacque “in un tempo più breve di quello a nostra disposizione. Noi non ci tireremo indietro, approveremo la riforma che è in commissione al Senato e prima del suo arrivo in Aula, senza smentire il testo concordato, presenteremo gli emendamenti per introdurre il semipresidenzialismo e le norme transitorie”, che dovrebbero consentire secondo Alfano di eleggere nel marzo 2013 il presidente della Repubblica con il nuovo sistema, e ad aprile votare per le politica.

Siria

Bernard-Henry Lévy sul Corriere della Sera si rivolge al neopresidente francese e gli chiede, in riferimento alle stragi in Siria: “La Francia farà, per Hula e Homs, quel che ha fatto per Bengasi e Misurata?”. Le opzioni per agire, secondo Lévy, sono già sul tavolo e “aspettano solo un Capitano”: si tratta di perimetri di sicurezza, al confine con la Giordania e la Turchia, proposti dal Qatar; di “no kill zones” proposte dal ministro degli esteri turco, con la conseguente protezione, nel cuore del Paese, degli elementi dell’esercito siriano libero dotati di armi difensive; di zone vietate, nel cielo, agli “elicotteri dela morte” e, sul terreno, ai convogli blindati che trasportano truppe e attrezzature militari.

RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini