Tagli alla Sanità e nuove tasse

Pubblicato il 15 Ottobre 2013 in da redazione grey-panthers

Le aperture 

Il Corriere della Sera: “Tagli alla Sanità e nuove tasse”, “spesa ridotta di oltre 4 miliardi. Il governo: voci infondate”. In taglio basso: “Democrazia bloccata nell’America ostaggio dei Tea Party”

La Repubblica: “Sanità e Regioni, arriva la stangata”, “oggi la legge di Stabilità: mini-taglio al cuneo fiscale. Letta: tre anni di certezze”. A centro pagina: “Alitalia, i dubbi della Ue”. “La British: ‘aiuti di Stato”.

La Stampa: “Arrivano i tagli, scontro nel governo”, “Lorenzin: no a 4,6 miliardi in meno per la Sanità”. “Nasce la service tax, si chiamerà Trise”.

L’Unità: “Scontro sui tagli alla Sanità”. A centro pagina: “Il caso Berlusconi avvelena l’amnistia”.

Il Fatto quotidiano: “Effetto Renzi sull’amnistia, voti a rischio in Parlamento”. A centro pagina: “Taari, Tasi, Trise, arrivano le tasse più care dell’Imu”.

Il Giornale: “Nuova tassa sulla casa”, “sparisce l’Imu ma spunta la Trise sui rifiuti, servizi e abitazioni”. “Prime sforbiciate alla spesa sanitaria”, “amnistia, si apre lo spiraglio: no a una legge contro il Cav”.

Libero: “Nuove tasse con sorpresa”.

Il Sole 24 Ore: “Stretta sul pubblico impiego”. In taglio basso: “Alitalia, British Airways attacca”.

Alitalia

A tarda notte l’assemblea dei soci Alitalia ha dato il via al piano di ricapitalizzazione da 300 milioni di Euro più un ulteriore prestito bancario di 200 milioni. Ma in questi giorni, come riferiscono molti quotidiani, non sono mancati attacchi all’Italia da parte delle compagnie aeree europee. E’ il caso in particolare della British Airways, ma, secondo Il Sole 24 Ore, anche di Iberia e Vueling. Annunciano battaglia se Alitalia troverà finanziamenti pubblici per sopravvivere. Una nota del gruppo aeronautico anglo-spagnolo ha ammonito ieri: “siamo sempre stati contrari all’aiuto di Stato perché è protezionismo, fiacca la concorrenza e agevola le compagnie in fallimento che non hanno idea di cosa sia la realtà economica. Ci appelliamo alla Commissione europea, ci aspettiamo che adotti misure ad interim per bloccare aiuti manifestamente illegali”.

La nota non entra nello specifico della società coinvolta nell’aumento di capitale, ovvero Poste Italiane, ma è evidente che nella loro visione non c’è alcuna differenza tra l’ingresso di Poste e l’aiuto diretto dello Stato.

La Repubblica riferisce anche della reazione della UE: prima di valutare la questione si attende la “notifica delle misure adottate”. Solo allora – ha spiegato il portavoce del Commissario Ue alla Concorrenza Almunia- saremo in grado di valutare la loro compatibilità con la normativa Ue sugli aiuti di Stato. Già nei giorni scorsi il Financial Times aveva criticato il piano di salvataggio: “Il protezionismo è tornato di moda in Italia”, scriveva il quotidiano della city, accusando il governo Letta di ripetere “lo stesso errore di cinque anni fa, quando Berlusconi chiamò a raccolta un drappello di patrioti, senza nessuna esperienza di aviazione, per bloccare Air France-Klm”.

Anche il Corriere torna su questo attacco del Financial Times, spiegando che il quotidiano si era riferito anche ai casi Finmeccanica e Telecom. Da Palazzo Chigi la replica: “non è protezionismo ma l’esatto contrario quello che ha spinto il governo ad intervenire, perché il senso dell’operazione è “accompagnare al meglio Alitalia verso l’integrazione con un partner straniero”. Ma anche l’americano Wall Street Journal ha puntato nei giorni scorsi il dito contro “generazioni di politici” italiani che “hanno cercato di proteggere Alitalia”, il cui “ritorno all’insolvenza incarna il fallimento della politica industriale in Italia”.

Amnistia, Renzi, Pd

Sull’amnistia, il quotidiano La Stampa parla di “tensione”, e scrive di Berlusconi che “si sfoga con i fedelissimi: ‘è l’ennesima presa in giro’”. Dopo le dichiarazioni di Renzi, sono arrivate ieri quelle del ministro Quagliariello, che della Presidente della Camera Boldrini, del ministro Cancellieri, che ha ribadito che per i reati finanziari l’amnistia non si è mai fatta.

La Repubblica, dando conto delle dichiarazioni del Ministro Cancellieri, scrive anche che ha annunciato che il governo si limiterà a dare il previsto parere, perché – ha spiegato – non scippo le prerogative del Parlamento. La Cancellieri ha aggiunto anche che “il ministro Quagliariello ha fatto un discorso di grande correttezza: non possiamo pensare a provvedimenti pro o contro”.

La Stampa offre due interviste: l’ex ministro e presidente Pdl della Commissione giustizia del Senato Nitto Palma dice: “Stiano tutti sereni: senza l’assenza del Pd, che la maggioranza alla Camera e più di un terzo di senatori, non potrà mai passare un provvedimento di clemenza applicabile a Berlusconi”, e dunque le ultime polemiche sono “tempeste in un bicchier d’acqua”. Secondo Nitto Palma nel caso dell’amnistia non si deve ridurre la questione ad un provvedimento ad o contram personam. Chi lo fa dimostra che non gliene frega nulla del problema del sovraffollamento carcerario”. Accanto, una intervista a Walter Verini, del Pd: “Renzi non ha torto nel dire che un indulto potrebbe essere diseducativo, ma ha ragione anche chi è perplesso sulle sue parole. Matteo ha posto un problema con un linguaggio inaccettabile: sul tema avrei apprezzato un discorso più complesso. Parlare per slogan rischia, al di là della sua volontà, di risultare troppo semplificato”. Verini spiega che oggi ci sarà una riunione dei parlamentari Pd della Commissione giustizia cui prenderà parte anche Epifani. Sulla incluse dei reati finanziari, dice: “non è un problema di persone, ma di reato. Non si può pensare di perdonare atti odiosi verso lo Stato”.

La Repubblica intervista Pippo Civati, anche lui candidato alla segreteria Pd, che si dimostra non ostile ad un atto di clemenza, ma precisando alcune condizioni: “Serve una discussione seria. E magari pensiamo innanzitutto ad intervenire sulla Fini-Giovanardi”. Sulle polemiche suscitate da Matte Renzi proprio in relazione alla questione amnistia, dice: “non si può fare un congresso sui detenuti. In questo modo si sta giocando una partita politica vergognosa”. Dice ancora Civati: “Prima ancora che iniziassero le polemiche, ho salutato come importante l’appello di Napolitano. Il Presidente pone un problema di legalità, perché la situazione delle carceri italiane è illegale. Per questo il richiamo alla legalità che fa Renzi è sbagliato”. Sulla questione amnistia e indulto, “se si pensa alla situazione delle carceri, si capisce che su questi temi si sta giocando una partita politica vergognosa. Bisogna capire quali tipi di strumenti si scelgono. Per quale tipo di reati debba valere”. “E, dato da sottolineare, bisogna valutare se esiste una maggioranza parlamentare”. E secondo lei esiste? “Secondo me no. Ai 200 parlamentari che hanno dichiarato il loro appoggio a Renzi si aggiungono i grillini e i leghisti. E i destri di ogni genere e tipo che si sono già dichiarati contrari più o meno a qualunque soluzione”.

Su L’Unità, intervista a Sandro Gozi, renziano ma firmatario di una proposta di legge per amnistia e indulto insieme a Luigi Manconi: “Il primo a non essere legale qui è lo Stato italiano. Pluricondannato dall’Europa con recidiva, è ormai un delinquente abituale. Stante le cose, come può insegnare la legalità?”. “Fare solo l’indulto sarebbe vissuto come l’ennesima ingiustizia”, “ma provvedimenti come amnistia e indulto vanno inseriti in un pacchetto unico con altre misure, con depenalizzazione e cancellazione di leggi come la Bossi Fini e la Fini Giovanardi”.

Sulla stessa pagina un dossier spiega come siano in vista una pioggia di ricorsi contro l’Italia per diritti violati. La Corte Europea dei diritti dell’uomo calcola 100 euro per ogni ricorrente, la scadenza concessa all’Italia per trovare soluzione alla situazione disumana e degradante delle carceri italiane è fissata al 28 maggio 2014.

Sul Corriere un sondaggio realizzato da Ispo: il 71 per cento degli intervistati è contrario ad amnistia e indulto. Favorevole il 27 per cento. Solo il 2 per cento non sa. Nel Pd è contrario il 68 per cento degli elettori, nel Pdl il 63, nel movimento 5 Stelle il 75 per cento.

Lo stesso sondaggio, alla domanda se si è favorevoli o contrari alla depenalizzazione della immigrazione clandestina, il 62 per cento si dice d’accordo, e il 25 in disaccordo. Tra gli elettori del Movimento 5 Stelle però il 78 per cento si dice contrario.

Su Il Giornale: “Renzi fa scattare la trappola per volare subito alle urne”, “il sindaco, con l’affondo sull’amnistia, vuole minare gli equilibri di governo”. Perché è chiaro a tutti, secondo il quotidiano, che con l’affondo sull’amnistia e con quello altrettanto insidioso sulla legge elettorale , il sindaco ha mirato senza timori reverenziali contro l’architrave su cui si regge il governo, ovvero l’asse Letta-Napolitano.

Sul Sole 24 Ore oggi una ampia intervista a Massimo D’Alema, dedicata ai vari temi della politica interna: la legge di Stabilità, la questione Alitalia, il Pd. “Una golden rule sugli investimenti” è il titolo. D’Alema dice che fa bene il governo, con la legge di Stabilità, a puntare sulla riduzione del cuneo fiscale, “un tema cruciale”. “Ridurre il cuneo significa fare due cose altrettanto necessarie: dare maggiore competitività alle nostre imprese e migliorare i salari dei lavoratori”. Ma il problema sono le risorse, obietta il cronista. E D’Alema: “Purtroppo in questi mesi abbiamo sprecato risorse per eliminare l’Imu sulla prima casa, un prezzo alto pagato alla demagogia berlusconiana”. L’intervista è molto ampia e tocca tanto la questione Germania, il ruolo della Merkel, l’Europa, quanto le scalate alla Telecom nel 1999 (“Colaninno aveva un piano industriale, il nodo fu la cordata finanziaria che voleva speculare”), per poi arrivare alla solidità del governo Letta: “Non è ragionevole destabilizzare il governo, magari per le ambizioni di chi ha troppa fretta”. Si riferisce a Renzi, e dice: “non mi è piaciuto lo stile di un uomo solo con i riflettori puntati addosso, che passeggia sul palco con il microfono in mano. Mi pare di averlo già visto in questi anni”. Poi insiste: “Adesso inizierà il Congresso e innanzitutto voteranno gli iscritti. Oltre a Renzi ci sono altri candidati, tra cui Cuperlo”, “vedremo come si pronunceranno gli iscritti, il che sarà importante perché decideranno i segretari dei circoli e quelli provinciali. Nelle primarie Renzi parte con il vantaggio di una grande disponibilità di mezzo e di un grande sostegno da parte di quasi tutti i mezzi di informazione”.

Su Il Fatto in prima pagina Paolo Flores D’Arcais scrive: “Renzi non ci piace affatto, ma vincerà le primarie del Pd con numeri umilianti per i suoi avversari”, “Renzi vincerà su tutti i Letta, Bersani, Cuperlo e Civati, perché nel Pd è stato l’unico a violare il tabù che impone il bacio della pantofola a Giorgio Napolitano, sempre e comunque. Perché non si prosterna alla vera ‘nuova destra’ l’accrocco contro natura delle ‘larghe intese’ che ha sul Colle la sua cabina di regia”.

E anche alle pagine seguenti, Fabrizio D’Esposito, “Napolitanistan, dove il Colle ha sempre ragione”.

Intanto oggi a mezzogiorno gli antiberlusconiani hanno deciso uno spogliarello davanti a Palazzo Madama, in occasione del voto in giunta del regolamento al Senato sul ricorso al voto segreto, per decidere sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Lo racconta La Stampa. I parlamentari a 5 Stelle hanno proposto l’abolizione del voto segreto in occasione di questa scelta. Ma il quotidiano ricorda che la segretezza del voto parlamentare era prevista già dallo Statuto Albertino in alcune circostanze, tra cui quella che concerne la libertà delle persone. Fu abolita per capriccio soltanto da Benito Mussolini, nel 1939, per coprire i primi dissensi. E per comprendere il valore dell’istituto, scrive Mattia Feltri, val la pena di ricordare un episodio che risale alla Assemblea Costituente, aprile 1947. Si discuteva del’articolo 23, poi diventato 29, della Costituzione, quello secondo cui “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Originariamente il testo attribuiva al vincolo del matrimonio l’aggettivo “indissolubile”. Intravedendo la possibilità che si introducesse il divorzio, 20 costituenti laici e di sinistra, ma non comunisti, chiesero la votazione segreta. Il Presidente Terracini, comunista, non si oppose, ma fece notare come la richiesta fosse eccentrica. Dopo gli interventi di Giovanni Gronchi, Rocco Gullo e di Togliatti, si decise per la votazione segreta e l’aggettivo indissolubile venne espunto. Senza, il referendum sul divorzio promosso 27 anni più tardi dai radicali non sarebbe esistito.

Rcs

Su Il Fatto: “Corriere, addio al salotto buono”, “sciolto il patto di sindacato di RCS: ora comanderà chi ha più azioni. La sfida è tra Elkann e Della Valle”. E parlando della eredità di Cuccia si scrive che “è finita un’epoca”, perché “l’accordo di via Solferino era il simbolo di come comandare su una azienda con pochi soldi”.

Su La Repubblica: “Sciolto il patto degli azionisti Rcs”. Francesco Merloni, azionista Rcs e presidente dell’accordo parasociale, ha dichiarato: “Il patto Rcs è stato sciolto. Liberi tutti. Non c’è alternativa”. Sulla stessa pagina: “Senza accordi è la fine di un’epoca. Adesso sarà battaglia sulla gestione”. Diego della Valle, scrive il quotidiano, si sta compiacendo per la fine di un’epoca che ha osteggiato in prima persona in tutti i modi. Il suo appello al ricambio è stato esaudito grazie alla importante svolta impressa da Mediobanca e da altri che hanno seguito a ruota, come Generali e Fonsai, che hanno mantenuto la barra dritta sulla “liberazione” delle azioni dal patto, in modo da poterne disporre la meglio.

Sul Corriere della Sera: “Si scioglie il patto tra i soci Rcs”, “accordo unanime tra gli azionisti: una governance più efficiente”. Scrive il quotidiano che il “liberi tutti” di Merloni non significherà corsa a vendere e repentino addio al gruppo editoriale. Verrà garantita per il periodo necessario la stabilità degli assetti. Per Mediobanca, secondo azionista con il 14,2 per cento, favorevole allo scioglimento del Patto, sono arrivate rassicurazioni sul fatto che cederà gradualmente la quota nel triennio del proprio piano strategico, accompagnando nel periodo lo sviluppo industriale dell’azienda.

Anche su L’Unità: “La decadenza dei ‘salotti’. Si è dissolto il patto Rcs”, “finisce l’accordo tra soci: Fiat resta il primo azionista con il 20 per cento, Mediobanca in uscita. Che farà Della Valle? Oggi il cda sulla vendita della sede di via Solferino”. Si tratta della cessione della storia sede del Corriere al fondo americano Blackstone, trattativa ormai in dirittura d’arrivo, secondo L’Unità.

Internazionale

Due pagine del Corriere della Sera sono dedicate allo shutdown americano e alle sue conseguenze. Se ne occupa Massimo Gaggi: “America, la democrazia inceppata. Quando lo scontro istituzionale minaccia la tenuta dell’economia. Si va verso l’intesa al senato tra Democratici e Repubblicani, ma il sistema politico ha mostrato di aver urgente bisogno di riforme”. Scrive Gaggi che la solidità dell’impianto istituzionale è minata dai rapporti tra centro e periferia, tali che spesso un parlamentare in carica, spesso moderato, deve difendersi da assalti ben finanziati dei candidati Tea Party: inoltre la radicalizzazione dei rapporti ha alterato i meccanismi interni di funzionamento del Congresso, e soprattutto del Senato, per via del filibustering Repubblicano, che impedisce ai Democratici di legiferare, pur avendo una maggioranza id 54 voti su cento. Assurdo si dimostra poi un sistema nel quale la California ha due senatori e 51 deputati, mentre l’Alaska, che ha un solo deputato, ha diritto, come tutti gli altri Stati, ad avere anch’essa due senatori.

Sulla stessa pagina, Paolo Valentino descrive il “Tea Party”, ovvero “la destra antitasse decisa ad affamare lo Stato”, da Santelli e Palin ai fratelli Koch: fenomenologia del Movimento che ha preso in ostaggio il Congresso”. Infine, Danilo Taino: “Un Paese al bivio: pagare i creditori cinesi o la sicurezza sociale?”.

La Stampa ricorda che oggi ricominciano a Ginevra i colloqui sul nucleare iraniano. Si tiene l’incontro con il 5+1, cioè Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania. Sarà l’Iran a mettere sul tavolo una proposta per riaprire il negoziato sul programma nucleare e ottenere l’allentamento delle sanzioni. Secondo il quotidiano la linea rossa invalicabile sarà non esportare all’estero l’uranio già arricchito. Ha precisato ieri il viceministro degli esteri iraniano Araghchi: “Negozieremo la forma, la quantità e i vari livelli di arricchimento dell’uranio. Il trasporto del materiale già prodotto fuori dal Paese è la nostra linea rossa”. Ha parlato anche il segretario di Stato Usa Kerry, che è rimasto prudente: “nessun accordo è meglio di un cattivo accordo”.

Il Corriere scrive che un gruppo di influenti senatori Usa ha scritto al Presidente Obama: tra i firmatari, anche John McCain e Robert Menendez, che propongono di sospendere l’esame di nuove sanzioni in caso di una autentica collaborazione di Teheran. L’Iran, aggiungono, dovrà cooperare con l’Aiea, rispettare le risoluzioni Onu e rinunciare all’arricchimento dell’uranio.

La questione non è secondaria, sottolinea il Corriere, visto che il nuovo Presidente iraniano ha chiarito in ogni modo che in cambio delle concessioni deve esserci un alleggerimento delle misure di pressione. Il premier israeliano Netanyhau considera questo un baratto e pensa che l’allentamento delle sanzioni può avvenire solo alla fine del processo, perché farlo prima “sarebbe un errore storico”.

Su La Repubblica: Samia Ghali, 40 anni, figlia di algerini, nata nei quartieri più diseredati di Marsiglia, ha vinto a sorpresa il primo turno delle primarie socialiste per la candidatura a sindaco della città. La notizia sta nel fatto che ha eliminato la favorita dello scrutinio, Marie-Arlette Carlotti, ministro e fedelissima del presidente Hollande. Il quotidiano lo descrive come un vero e proprio psicodramma, con accuse della ministra sconfitta di brogli e scambi di denaro. Ghali ha preso la tessera del partito a 16 anni, ma secondo il quotidiano dal punto di vista delle proposte politiche non è certo una progressista: dovrebbe rappresentare una svolta a sinistra in quello che è uno storico feudo della destra, ma la sua proposta per lottare contro la criminalità da record è mobilitare l’esercito. E comunque per i socialisti la conquista della seconda città più importante di Francia è tutt’altro che scontata: il voto di marzo sarà condizionato dalla forte impopolarità della gauche al governo. La destra regna su Marsiglia da ben 18 anni.