Stress test, disco rosso per Mps e Carige

Pubblicato il 27 Ottobre 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Sole 24 Ore: “Stress test, disco rosso per Mps e Carige”. “Sui conti 2013 faro su 25 banche europee, 9 italiane, 5 recuperate con le ricapitalizzazioni”. “Boom a Vicenza con le misure supplementari. Bankitalia: il sistema è solido”. “A Siena servono 2,1 miliardi, a Genova 814 milioni. Eurozona, a corto di capitali 13 banche su 130”.
A centro pagina: “Renzi: il posto fisso non c’è più”. “Critiche a Cgil e sinistra Pd. ‘Precariato non si risolve con i cortei; art 18 come gettone con Iphone'”. “‘Non ridò il Pd a chi lo riporta al 25 per cento. Italia perbene con Napolitano'”.

Il Corriere della Sera: “Banche italiane, solo due bocciate”. “Le pagelle della Bce: non passano il primo esame 25 istituti di credito europeo. Profumo: pronti a qualsiasi operazione”. “Aumenti di capitale per Mps e Carige”. “Bankitalia rassicura i risparmiatori: sistema solido”. Il commento di Nicola Saldutti è titolato: “Qualcuno è più uguale degli altri”.
A centro pagina, sulle conclusioni della Leopolda: “Renzi: il posto fisso non c’è più. Nel Pd si riapre la frattura”. “Nuove tenzioni. Attacco del premier alla minoranza del partito”. In evidenza anche una intervista al Ministro delle Finanze tedesco Schauble: “Con la riforma del lavoro l’Italia ce la farà”.
L’editoriale è firmato da Marzio Breda, ed è dedicato alla udienza del processo “trattativa”,  con interrogatorio di Napolitano, prevista domani al Quirinale: “Meglio l’udienza pubblica”.

La Repubblica, in apertura a sinistra: Test banche, la Bce boccia Mps e Carige”, “In Europa 25 non passano l’esame”, “L’Italia la peggiore con 9 istituti”, “Bankitalia: il nostro sistema è solido”.
Il titolo centrale è dedicato all’intervento di chiusura alla Leopolda del premier e segretario Pd: “Renzi: ‘Non esiste il posto fisso e non caccio nessuno dal Pd’”, “Scontro con la Cgil: il mondo cambia non arroccarsi su art. 18. Incontro sulla legge di stabilità”.
A centro pagina la foto di un ostaggio dell’Is: “così l’Is tortura gli ostaggi prima di decapitarli”. Si tratta di una ricostruzione pubblicata dal New York Times e firmata da Rukmini Callimachi.
In taglio basso, l’Iran: “L’ultima lettera di Reyaneh alla madre: ‘Accuserò i giudici al tribunale di Dio’”.

La Stampa: “Renzi: addio al posto fisso”, “Sul lavoro attacca i dissidenti Pd. Ed evoca la scissione: non ne ho paura”.
Sotto la testata: “Banche: l’Italia maglia nera. Bocciatura per Mps e Carige. Bankitalia: il sistema è solido”, “Per Montepaschi possibile una fusione”.
A centro pagina: “Brasile, la Roussef trionfa per un soffio”, con foto dei sostenitori della riconfermata presidente.
In prima anche il richiamo ad una inchiesta firmata da Andrea Tornielli: “Così il Sinodo ha cambiato la Chiesa”.

Il Fatto ha in prima una grande foto di Alberto Sordi nel film “Il vigile” e, in un piccolo riquadro, quella del presidente del Consiglio sotto il titolo: “Lui taglia, io multo, tu paghi”, “I tagli ai Comuni hanno toccato 41 miliardi, così gli enti locali restano a secco e cercano di finanziarsi spolpando gli automobilisti: le sanzioni sono aumentate almeno del 15% e sfiorano i due miliardi l’anno. Una tassa occulta che non ci rendiamo conto di pagare. Intanto i Cinque Stelle denunciano: ‘Le contravvenzioni dovrebbero servire per migliorare la sicurezza stradale. Ma accade davvero così”.
La “giornata di ieri” viene riassunta in due titoli: “Grande scoperta di Renzi: ‘Il posto fisso non esiste più’”. E gli stress test della Bce: “Carige e Monte Paschi bocciate all’esame Bce”.

Il Giornale: “Renzi scarica la sinistra. Il premier umilia la Cgil e sfida la minoranza pd. ‘Poveri reduci, provate a riprendervi il partito”. “Ma Berlusconi lo boccia: ‘Matteo è un bluff, non ha fatto niente'”. In prima il consueto contributo del lunedì di Renato Brunetta: “Pil bloccato e tasse senza freni. Il governo ignora le vere priorità”.
A centro pagina: “Le banche rosse affossano l’Italia. Mps e Carige falliscono gli stress test della Bce. Mancano tre miliardi di capitale”.

Bce, banche

Su La Repubblica, a pagina 2, un’analisi di Federico Fubini: “peggio delle nostre solo quelle di Grecia e Cipro. Ora serve la ripresa del Pil”. Dove si legge che il messaggio che arriva da Francoforte per il nostro Paese e che “il tempo delle scuse è finito. In questi anni si è spesso sentito ripetere che il sistema bancario è robusto” e in parte il responso Bce di ieri lo conferma”, “nell’ultimo anno, in vista degli esami europei, spinte dalla Banca d’Italia, molte delle principali banche italiane si sono rafforzate. Gli aumenti si capitale sono arrivati in tutto a 14 miliardi di euro: le banche italiane hanno trovato investitori pronti a scommetter su di loro anche sui mercati internazionali”. E questa tornata di rafforzamento dei patrimoni “ha aiutato ad attenuare il colpo arrivato con i responsi di ieri”. E tuttavia il giudizio Bce “svela che nel nostro Paese fino a fine 2013 la qualità del capitale delle banche era notevolmente peggiore di quanto si credesse”. Secondo Fubini “ciò che i nuovi padroni della vigilanza bancaria stanno dicendo, è che il sistema finanziario in Italia terrà in futuro solo se l’economia torna a generare reddito”.
Le due pagine seguenti sono dedicate ai casi Monte Paschi e Carige: “Mps a caccia di 2 miliardi tra cessioni e nuovi soci. Carige vara l’aumento”, “Già in moto i due istituti italiani usciti peggio dai test. I risparmiatori non rischiano. Ubi, Intesa e Unicredit le migliori”. Il quotidiano descrive poi in un articolo “il personaggio” Giuseppe Bivona: ha lavorato a lungo a Londra in banche d’affari come Morgan Stanley, Lehman Brothers e Goldman Sachs e si evidenzia come abbia scritto missive a Bce, Bundesbank. Al presidente del Consiglio, alla Commissione europea, sulla situazione dei bilanci del Monte dei Paschi di Siena e la legittimità dell’aiuto di Stato di 4 miliardi di euro dei cosiddetti ‘Monti Bond’. L’impatto sarebbe stato quello di far perder valore alla banca e molti, fra i quali Alessandro Profumo, che di Mps è presidente, lo sospettavano di lavorare per qualcuno che puntava o punta a scalare l’istituto.
Su La Stampa: “Stress test, Italia ultima della classe”. A pagina 3: “La maledizione di Mps. Ora cerca un compratore”, “Mancano 21 miliardi. L’ad Viola: valutiamo tutte le opzioni”. E, nel taglio basso della pagina: “Carige vara l’aumento fino a 650 milioni”, “La fondazione scenderà intorno al 5%”.
Su Il Fatto si scrive che il Monte Paschi “risulta la più fragile d’Europa” e servono 2,11 miliardi. Il quotidiano parla di “equilibri fragili” per Mps: “La nuova crisi di Siena, a caccia di soldi o soci”. Tra le opzioni, anche un nuovo aumento di capitale o il matrimonio con un’altra banca, e si fa il nome della Cassa Risparmi di Firenze. Di possibili matrimoni, in caso di bocciature nei test -ricorda Il Fatto- aveva parlato nei giorni scorsi anche il dominus di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli “ e secondo fonti finanziarie a influenzare le prossime mosse del risiko bancario sarà proprio Intesa”.
L’editoriale del Sole 24 è firmato da Marco Onado, che scrive che anche “il regolatore italiano può dirsi soddisfatto: è vero che oltre a Monte dei Paschi vi è anche Carige con un deficit non indifferente. Ma se si guarda alla progressione dei dati, si nota che al 31 dicembre 2013, su 15 banche italiane, ben 12 avevano carenze per quasi 10 miliardi (ed erano ancora 4 per 3,3 miliardi alla fine di giugno). Dunque il pressing degli ultimi mesi della Banca d’Italia è stato fondamentale per evitare una bocciatura clamorosa”. Ma – scrive Onado – il sistema bancario italiano, che al momento della crisi “appariva come il più robusto d’Europa – presenta elementi di criticità. E questo perché “in nessun Paese come l’Italia la crisi ha colpito così duramente” facendo perdere il “vantaggio relativo di sette anni fa”. Secondo Onado poi le banche francesi o tedesche stanno meglio anche per i criteri di valutazione della Bce, che valutano meglio “le attività in titoli, per quanto speculative, rispetto alla tradizionale attività di prestito”.
Sul Corriere Nicola Saldutti scrive che “a leggere la lista di promossi e bocciati” gli esami non sono stati “uguali per tutti”, e ricorda che “se è vero che una sola banca tedesca non è riuscita a superare il test” rimane “qualche sospetto” sulla “equidistanza dei giudizi”, perchè “non è un mistero che le Landesbank, le banche banche regionali di proprietà pubblica, non abbiano brillato in questi anni per i loro bilanci”.
“Ma a Berlino resta l’ombra sul mondo delle Casse”, si legge sul Sole 24 Ore, che ricorda che “le maggiori banche tedesche sono emerse vincitrici dal giudizio della Banca centrale europea” e che “solo una banca bavarese di piccole dimensioni ha fallito il test”. La stabilità dei conti pubblici e la salute dell’economia nel biennio 2012-2013 hanno contribuito Ma ora la preoccupazione si sposta sulle “migliaia di istituti minori esclusi dagli stress test della Bce o dell’Eba e che vivono di tradizionale credito al Mittelstand, le medie imprese tedesche che in questo periodo sono preoccupate per la situazione economica”. “Sia la Bce, sia la Bundesbank, dietro le felicitazioni ufficiali, hanno infatti suggerito cautela”. E anche le grandi banche cooperative, la Dz-bank, la Wgz e la HSH Nordbank “avrebbero mancato i test se fossero stati applicati i criteri di Basilea III nel metodo ‘fully loaded’. Se infatti viene tenuta in maggiore considerazione la rischiosità dell’attività tradizionale del credito alle piccole e medie imprese, il capitale delle banche cooperative e delle Sparkassen (in gran parte al riparo dagli esami Bce, ndr) si dimostra insufficiente”.
Su Il Giornale Nicola Porro scrive che gli stress test rischiano di essere “inutili”, perché non considerano la teoria del “‘cigno nero'”, cioè il fatto che le crisi non si possono prevedere e che c’è sempre un evento “rilevante altamente improbabile”, che rende inutile la “mostruosa presunzione costruttivista” alla base degli stress test della Bce.

Leopolda, Pd 

Sul Sole 24 Ore la cronaca dell’intervento di Renzi, ieri alla Leopolda: “Critiche a Cgil e sinistra Pd. ‘Precariato non si risolve con i cortei. Articolo 18 come i gettoni con l’Iphone. La sfida alla minoranza del Pd: ‘non ho paura di un partito alla mia sinistra’”. “Non ridiamo il partito a chi lo porterebbe al 25 per cento”.
Quattro intere pagine de La Repubblica sono dedicate alla Leopolda e alla situazione del Pd. Sulla riunione della Leopolda: “Renzi archivia i reduci della vecchia sinistra: ‘Il posto fisso non esiste più’”, “Il premier: ‘Non temo la nascita di un altro partito’. E difende Napolitano: ‘Su di lui solo menzogne’”. Il quotidiano intervista Pippo Civati, esponente della minoranza: “Matteo punta al voto. Lasciare il partito? Un mese per decidere”, “Io il Jobs Act e lo Sblocca Italia così come sono non li voto’”.
Alle pagina seguenti, sulla situazione del Pd, i “retroscena” e le interviste. “La mano tesa del premier: ‘Di certo non caccio nessuno pure se non votano il Jobs Act’. La sinistra frena sulla scissione”, “Il presidente del Consiglio dà ormai per scontato lo sciopero generale ma è convinto che la minoranza interna bluffa sull’ipotesi di uscire. ‘Io non sono Grillo e non espello ma va tolto il potere di veto ai frenatori. La gete mi dice di andare avanti, di non sottostare ai diktat della Bindi’”. Il quotidiano intervista il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini, che dice: “Non farò il capo della sinistra. Lavoro garantito? Non c’è mai stato’”. Siete arcaici come dice il premier? “Qui se c’è qualcosa di vecchio, è l apolitica de governo. E’ diventato la spalla della Confindustria”, “chi dice che la nostra è stata un’iniziativa politica accampa scuse”. E chi lo dice? “Matteo Renzi nel suo discorso di chiusura alla Lepoplda. Se una parte del Pd accorre al nostro corteo, è un problema suo. Se non riesce a tenerli uniti, è una faccenda che riguarda il suo ruolo di segretario”. Di fianco, intervista al ministro dei Beni Culturali Franceschini: “Io sostengo Renzi, non si logora il leader, tutti possono convivere in un partito del 40%”.
La Stampa riassume così le parole pronunciate ieri dal premier-segretario: “’La vecchia guardia non si riprenderà il Pd’”, “Renzi: non gli permetteremo di farci tornare al 25%. E sul lavoro avverte: non esiste più il posto fisso”. In basso, un’intervista a Rosy Bindi: “Matteo sta svuotando tutto. Diventerà il partito di Serra” (Davide Serra, il finanziere, ndr.). Alla pagina seguente, Jacopo Iacoboni descrive la situazione del partito a guida renziana: “Leopolda, tutti sull’arca di Noè verso il ‘partito Nazione’”, “per convinzione, per la ricerca di un posto al sole, per contare. E il Pd attrae gli opposti”, “Dal finanziere all’ex di Sel, a Firenze s’impone l’idea di un soggetto fluido”. E in basso, sulla stessa pagina, il presidente del Pd Matteo Orfini, dice: “Il rischio scissione è reale. Bisogna cercare di evitarlo”, “Io ero in Cina ma non sarei andato alla manifestazione della Cgil. E per uno con la mia storia non andarci non è una scelta facile. Ma non si può usare quella piazza come una passerella: c’è un’enorme dose di strumentalità da parte degli esponenti del Pd che ci sono andati. Ciò detto, non credo che quella piazza sia alternativa a quello che fa il governo”.
Per Il Fatto: “Renzi azzanna la Cgil: ‘Mai più posto fisso’”. Il quotidiano intervista l’ex segretario Cgil Sergio Cofferati, secondo cui “è solo l’inizio dello scontro”. Sul posto fisso che non esiste più Cofferati evidenzia quelle che gli appaiono contraddizioni: la prima è che “il suo ministro” Poletti “ha ribadito che la riforma del del Lavoro garantirà più contratti a tempo indeterminato. La seconda: le aziende vogliono certezze, vogliono poter pianificare il futuro, a basso costo fiscale sì, ma non con le porte girevoli, le finte collaborazioni”.
Da La Repubblica segnaliamo anche le analisi di Ilvo Diamanti (Il ri-partito della Nazione”, dove si legge che Renzi ha sommato i voti del Pdr -il Partito di Renzi- a quelli del vecchio Pd, intercettando i consensi di coloro che hanno votato per lui nonostante il Pd e viceversa) e quella di Tito Boeri (“Governo e sindacati ora battano un colpo”, dove si sottolinea come le sorti del Jobs Act e della Legge di Stabilità siano strettamente intrecciate ed è fondamentale affrontare i due provvedimenti in modo coordinato).
“Il nuovo partito comincia da qui” è invece il commento che i lettori troveranno sulla prima pagina del La Stampa a firma di Elisabetta Gualmini.
Su Il Giornale si racconta di un sindacalista Fiom che voleva – dal palco della Leopolda – raccontare la manifestazione di sabato della Cgil. “Censura al sindacalista Fiom: niente palco”. Daniele Calosi, segretario della Fiom di Firenze, ha raccontato che non gli è stato consentito perché “‘non ero in scaletta, non avevo mandato il mio intervento all’organizzazione”. Che replica: ma quale censura, solo una regola uguale per tutti, ministri esclusi.
Sul Corriere viene intervistato Gianni Cuperlo: “Scissione? Sarebbe colpa di Matteo”. “Ora la sinistra ha il dovere di organizzarsi per un nuovo inizio. Per intervenire alla Leopolda bisogna inviare il testo, Togliatti era più liberale”. Secondo Cuperlo Renzi “offende” le persone che hanno manifestato a Roma quando paragona l’articolo 18 al gettone del telefono, e “descrivere la piazza come quelli che girano con il gettone” vuol dire “non capire che usciremo da questa crisi solo tutti insieme”. La “scissione sarebbe una sconfitta”, “sta a tutti evitare di precipitare”, ma “è chiaro che Renzi ha una responsabilità enorme”. Cuperlo dice che il Jobs Act, all’esame della Camera, così com’è, gli “aprirebbe un problema di coscienza”.
Su Il Giornale: “I rottamati sempre più divisi sognano rivincite alle urne”. “La frattura piazza-governo è troppo netta, la scissione è solo questione di tempo. Ma l’ala sinistra è disorganizzata e cerca un leader. Landini si sfila: ‘Io non all’altezza’”.

Berlusconi

Su Il Giornale si legge che “Berlusconi, certo, non può che annuire nel leggere la pila delle agenzie di stampa che riportano il pensiero di Renzi che rottama le vecchie ideologie del suo partito”, ma il pensiero del Cav sul premier sarebbe: “‘Soltanto un bluff'”, e quindi sarebbe “sempre meno propenso a fare sconti al premier”. Sulla legge di Stabilità “‘C’è il trucco. Non diminuiscono le tasse: con una mano si dà e con l’altra si toglie'”. Quanto alla legge elettorale, visto che da Forza Italia in molti frenano sull’apertura al premio alla Lista, a partire da Verdini, “Berlusconi tergiversa”, perché il modello bipartitico gli è “sempre piaciuto” e poi perché è comunque convinto che “‘se avessi la possibilità di scendere in campo senza alcuna restrizione ce la giocheremmo alla pari col Pd'”.

Schauble e Cottarelli 

In una intervista al Corriere il ministro delle finanze tedesco Schauble dice che “la riforma del lavoro di Renzi è decisiva per far avanzare l’Italia”, “La Francia è un grande e forte Paese”, “la Germania ha un grande interesse per una Francia forte”. Tra i Paesi che firmeranno l’intesa sullo scambio automatico sulle informazioni fiscali c’è la Svizzera, e questo è un successo sulfronte della battaglia all’evasione. L’intervista è stata realizzata insieme dal Corriere, il Times, ElP Pais e Les Echois in vista dell’accordo sullo scambio automatico delle informazioni fiscali che sarà firmato a Berlino mercoledì, tra 46 Paesi. “Si tratta di un notevole successo”, dice il Ministro.
La Stampa intervista l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli: “Spese senza controlli. Bisogna cambiare testa”, “In Itali asi fanno troppe leggi”, dice, sottolineando, a proposito del suo addio anticipato, che il presidente del Consiglio ha ragione quando dice che “le decisioni deve prenderle la politica”.

Napolitano

Marzio Breda firma l’editoriale del Corriere si sofferma sulla udienza domani al Quirinale del processo per la presunta trattativa tra Stato e Mafia, e si chiede se “conviene davvero che l’udienza di domani al Quirinale escluda la stampa? Soprattutto, conviene alla massima istituzione del Paese? Chi rischia di ricevere maggior danno dalla blindatura che è stata decisa?”. E’ noto che “la deposizione del capo dello Stato sarà resa disponibile per intero, con verbali e registrazioni Dvd cui i cronisti potranno accedere. Ma, visto che al Quirinale si è sempre recriminato, e con buoni motivi, sui pericoli di una spettacolarizzazione del processo (il che potrebbe da domani tradursi in letture manipolate e virali del senso di un sospiro, di una risposta a voce incrinata, di un silenzio), perché non lasciar ‘parlare le parole’, insieme alle immagini? Perché non consentire ai cittadini di seguire l’udienza in diretta, alla tv o su Internet, e di confrontarla con i resoconti e gli approfondimenti dei quotidiani, in maniera che si formino una libera opinione? Non sarebbe il modo per togliere alibi a certi professionisti di una controinformazione a caccia di scandali, a costo di inventarli piegando la verità senza riguardo per nessuno, e che da giorni strepitano su una censura preventiva, studiata per oscurare chissà quali patti e complicità?”.

Internazionale

Sul Corriere l’inviato racconta il voto in Tunisia: “Sorpresa a Tunisi, la rivoluzione ha voglia di votare. Coda ai seggi nel Paese della transizione riuscita. I laici: ‘Noi avanti’. Il silenzio degli islamici”. I laici sono quelli di Nida Tunis, partito nato solo due anni fa per contrastare gli islamici di Ennahda, che ieri sera festeggiavano gli exit poll che li davano dieci punti avanti. Ma occorre attendere i risultati ufficiali. E si denunciano irregolarità: in Italia il 75 per cento degli elettori non avrebbe potuto votare perché “cancellato o spostato dalle liste”.
Su La Repubblica, segnaliamo un’intervista al presidente della formazione islamista Ennahda, a commento delle elezioni legislative in Tunisia: “Il voto in Tunisia è cruciale, in gioco c’è la democrazia”, “Dobbiamo consolidare lo Stato, altrimenti torna la dittatura”, “Come Ennahda crediamo che Islam e democrazia possano andare assieme, crediamo nell’uguaglianza fra esseri umani, fra uomini e donne”, “la nostra ideologia è un pote fra storia e realtà, fra cielo e terra” .
Il Sole 24 Ore: “Nelle urne il test sulla transizione sulla Tunisia”. Anche il quotidiano di Confindustria testimonia delle code a Tunisi, ma aggiunge che in fila “di giovani se ne vedono pochi” , mentre sono molte le donne. Secondo il quotidiano né Ennahda né Nida Tunis riusciranno ad avere la maggioranza assoluta, e servirà dunque un governo di coalizione con i partiti minori.
I dati di questa mattina dicono che Nida Tunis avrebbe il 37 per cento, Ennahda il 24, il Fronte popolare (sinistra) poco più del 5.
Sul Corriere, sulle elezioni in Brasile, l’inviato in Brasile raconta la vittoria di Dilma Roussef, che “ha sconfitto il rivale Aecio Neves al ballottaggio con poco più del 51 per cento dei voti contro il 48,7 per cento, il margine più stretto della storia del Paese. Poco più di due milioni di voti su oltre 140 milioni. Il quadro elettorale conferma un Paese spaccato in due, con la Rousseff dominando nel Nordest povero del Brasile, dove più forte è l’effetto dei programmi sociali, mentre è in forte affanno nelle aree più ricche, soprattutto nello stato di San Paolo”. Molto attesa dunque sulla “politica economica, dopo una raffica di numeri deludenti, e per il nome che verrà scelto nel ministero” dell’economia.
L’inviato de La Stampa a Rio de Janeiro Emiliano Guanella racconta la vittoria di Dilma Roussef “per un soffio”: “l’erede di Lula resiste alla rimonta”, “Paese spaccato in due. Ora la sfida sarà far ripartire la crescita e gli investimenti esteri”.
Sul Sole 24 Ore la cronaca del voto in Ucraina, dove “trionfano gli europeisti ma Poroshenko perde consensi”. Si legge che “la notte potrebbe aver portato un colpo di scena nel conteggio dei voti delle elezioni parlamentari ucraine, perché secondo i risultati relativi a un quarto delle schede il Fronte nazionale del premier Arseniy Yatsenyuk ha superato il Blocco che fa capo al presidente, Petro Poroshenko. Per il momento i due partiti sono testa a testa, Yatsenyuk al 21,68 e il Blocco Poroshenko al 21,64. Terzo partito, con il 10,57% dei voti, Samopomich (Auto Aiuto), nazionalisti moderati guidati dal sindaco di Leopoli, Andriy Sadovy. È dunque una consistente maggioranza filo-occidentale e riformatrice quella che si profila nella nuova Rada, il Parlamento ucraino”. Poroshenko era stato eletto alle residenziali di maggio con il 55 per cento dei voti, e nei sondaggi era dato sopra il 30.  “Poroshenko e Yatsenyuk sono sicuramente in sintonia sulle riforme politiche ed economiche, ma il premier è ferocemente contrario al dialogo con la Russia e a una soluzione negoziata nell’Est del Paese”.
Su La Repubblica un reportage di Vanna Vannuccini sull’Iran all’indomani della condanna a morte di Reyaneh Jabbari, per aver ucciso l’uomo che voleva violentarla: “L’ira delle ragazze di Teheran: ‘Esecuzioni e sfregi non riusciranno a fermarci’. Dopo la morte di Reyaneh e gli attacchi con l’acido il governo vieta i cortei. Ma la rivolta dilaga nel web”. E, di fianco, la lettera inviata alla madre dalla condannata a morte: “Madre, non piangere, accuserò i giudici al tribunale di Dio e ora dona i miei occhi”.