Graziano Del Rio: “Così possiamo tagliare il debito”

Pubblicato il 3 Luglio 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere apre con una intervista a Graziano Del Rio: “Così possiamo tagliare il debito”. L’ editoriale di Giovanni Belardelli è dedicato ai ricorsi al Tar di genitori di giovani bocciati a scuola. “Gli abusivi della cattedra”. Al centro con foto: “I narcos alla battaglia dei sottomarini”.
La Repubblica: “Cassa integrazione,, allarme del governo, ‘Manca un miliardo’”, “Intervista con il ministro Poletti: non ci sarà manovra correttiva”, “A rischio 50mila lavoratori. Senato, via a battaglia in commissione”.
La fotonotizia è dedicata al Gay Pride di sabato scorso a Milano, sotto il titolo: “Berlusconi cambia idea: ‘Diritti civili ai gay’”.
A centro pagina un’interviosta al procuratore aggiunto a Venezia: “Il pm Nordio: politici avidi. Mose peggio di Tangentopoli”.

La Stampa: “Pagamenti elettronici, la rivolta degli autonomi”, “Da oggi Pos obbligatorio. Gli esercenti: ci costa 5 miliardi. Il sottosegretario: ‘Senza multe una legge inutile’”.
A centro pagina, foto della spiaggia di Mondello ieri affollata di bagnanti sotto il titolo: “In Italia il mare più caro del Mediterraneo”.
Sotto la testata, un richiamo alla “avanzata islamista nel Medio Oriente”:: “L’Isis: ‘C’è il Califfato’. Israele, un muro a Est per fermare i jihadisti”.
Il Giornale“Mangiasoldi di Stato”. Al centro con foto: “Condannatelo ma non col gossip” di Vittorio Feltri. Sotto: “Berlusconi apre ai diritti gay: ‘È una battaglia di civiltà’”. Di spalla: “Caos per Dell’Utri ma su Sofri restano tutti zitti”.
Il Sole 24 Ore: “Fisco, è sempre corsa ai bonus: un nuovo sconto ogni 15 giorni”. Editoriale di Dino Pesole: “Conti italiani con vista su Bruxelles”. Al centro: “Risparmi, giustizia, pos: ora si cambia”. Di spalla: “Che fatica fare la Pmi: in Sicilia e Umbria le difficoltà maggiori”.

Economia

Il Corriere intervista il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Del Rio, che spiega come la flessibilità sul Patto sarebbe una “boccata d’ossigeno che “potrebbe valere 10 miliardi l’anno” tra cofinanziamenti e clausola degli investimenti. Quanto al debito pubblico – già nel mirino della Ue – “‘scenderà ma bisogna percorrere una strada nuova” anche se l’idea è di qualche tempo fa, quella di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio, “gli euro union bond, cioè la mutualizzazione del debito”. Del Rio ribadisce che non si tratta di innalzare il 3 per cento. Flessibilità “vuol dire che quando si calcola il deficit non viene considerata, o meglio viene considerata flessibile, una parte della spesa. Di fatto si allenta il patto di stabilità”. Spiega: “Può essere fatto per il cofinanziamento, cioè i soldi che l’Italia è obbligata a spendere per utilizzare i fondi europei.
Del Rio parla anche della riforma del Senato e delle misure sulla giustizia.

La Repubblica, presentando un’intervista al ministro del Lavoro Giuliano Poletti che il governo non sta preparando alcun intervento di correzione sui conti pubblici, ma entro quest’anno dovrà reperire un miliardo di euro per fronteggiare l’emergenza dei lavoratori in cassa integrazione e in mobilità in deroga. E il ministro spiega che non è stata ancora presa una decisione su come attuare quella parte della riforma Fornero sul mercato del lavoro che fissa criteri più rigidi per l’accesso agli ammortizzatori sociali in deroga, ovvero quelli pagati dalla fiscalità generale e non dai versamenti delle imprese, e ne limita la durata per evitare gli abusi. Il quotidiano ricorda che qualche giorno fa la collega di governo, ministro allo Sviluppo economico, Federica Guidi, ha affermato che lo Statuto dei Lavoratori è un testo “datato” e che l’articolo 18 può essere superato. Poletti spiega: “Io penso che lo Statuto continui ad avere valore”, “Poi, con la delega sul lavoro, il famoso Jobs Act, abbiamo avviato una discussione organica, complessiva, sulla riforma degli ammortizzatori sociali, sugli istituti contrattuali all’interno dei quali andrà trovato un nuovo equilibrio. Per questo sono contrario a fare ragionamenti su punti specifici che rischiano di diventare fuorvianti”.

La Stampa intervista il viceministro dell’Economia Enrico Morando: “La manovra? Vedremo. Dura tagliare i 17 miliardi previsti da Letta”, “Il Patto di stabilità interno è stupido. Sulle quote di Eni ed Enel niente tabù, Poste sia una public company”. Sulla “flessibilita” rispetto al Patto che potrebbe esser concessa all’Italia in cambio di riforme,Morando sottolinea: “L’obiettivo che si è dato Renzo è triennale, e questo -rispetto agli ultimi due anni di emergenza- ci dà maggiore credibilità. Ora sta a noi procedere con le riforme: del fisco, della pubblica amministrazione, della giustizia”.
Sulle stesse pagine, attenzione del quotidiano per i dati economici nelle varie regioni italiane, che delineano “un quadro a macchia di leopardo”: “Ma la ripresa dei distretti è cominciata. Trainata dall’export, con il Piemonte a più 6,9”.
Ancora su La Stampa, due pagine dedicate alla “guerra del Pos”: da oggi il bancomat è obbligatorio per commercianti, artigiani e professionisti. Che lanciano l’allarme: per noi è un batosta da 5 miliardi l’anno per i costi di esercizio e commissione. Si riferisce poi della reazione negativa della Confesercenti, secondo cui “così com’è configurato, l’intervento per favorire la moneta elettronica è squilibrato, perché sposta l’intero onere dell’operazione sugli esercenti, mentre banche, poste e uffici della pubblica amministrazione continuano ad essere restii ad accettare le transazioni elettroniche”. Sulla stessa pagina il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, di Scelta civica, intervistato, dice:”E’ vero, l’obbligo andava rinviato, senza multe la legge è inutile” . Se si chiede di poter pagare con un Pos e l’esercente non lo ha, non accade nulla? “In effetti purtroppo potrà succedere”, sarebbe stata preferibile una proroga, ma per il sottosegretario all’interno del governo “ha prevalso l’intenzione di ribadire che l’abbandono dell’uso di contante a favore della moneta elettronica sia ormai una deriva irreversibile”.

Mose

Repubblica intervista il procuratore aggiunto a Venezia Carlo Nordio: “Quanta avidità, l’affaire Mose è stato peggio di Tangentopoli”, “Altro che persecutori, siamo noi che dobbiamo frenare l’ira popolare. La gente ci chiede la libbra di carne”, “L’indagine sul sistema corruttivo esce rafforzata dalle prime decisioni dei giudici. E non è finita qui”. Poiché Nordio si è occupato, negli anni Novanta, delle inchieste di Tangentopoli, gli vien chiesto quali analogie abbia trovato. E Nordio spiega: “L’avidità insaziabile e l’assoluto disinteresse verso la buona gestione delle risorse pubbliche dei protagonisti. Oggi però le tangenti sono molto più consistenti e sono coinvolti anche soggetti investiti di funzioni di controllo”.

B. e le unioni civili

Stampa: “Silvio cede a Francesca: ‘Sì ai diritti civili per gli omosessuali’”, “La svolta di Berlusconi voluta dalla Pascale”, “la sua fidanzata era pronta a sfilare all’Onda-Pride”. Il quotidiano sottolinea che sulle iniziative concrete Berlusconi è rimasto generico, non ha chiarito se benedirebbe in Parlamento i matrimoni gay o si accontenterebbe di qualche contentino alle unioni di fatto. Ha precisato: “Da liberale, ritengo che attraverso un confronto ampio e approfondito si possa raggiungere un traguardo ragionevole di giustizia e di civiltà”.
Due intere pagine de La Repubblica si occupano della svolta di Berlsconi: “Dopo la scelta della Pascale, Berlusconi paladino dei gay: ‘La battaglia per i loro diritti dev’essere impegno di tutti’”, “Oltre 20 anni di ironie sugli omosessuali e di battute machiste, ieri la svolta. Francesca si era iscritta all’Arcigay. Le associazioni: ‘Qualcosa a destra si muove’”. Il quotidiano intervista la deputata forzista Michela Biancofiore, molto vicina a Berlusconi: ‘Silvio mi ha sorpreso, ma lui è favorevole ai sentimenti d’amore’, ‘Confermo la mia opinione del passato, spesso i gay si autoghettizzano’”.
Il Corriere scrive che “ieri Silvio Berlusconi ha messo nero su bianco, in maniera formale, la sua posizione” e aggiunge che le sue parole “hanno creato un certo malumore fra le file forziste, tanto che c’è chi spiega l’uscita di Berlusconi come una messa a punto della linea di Arcore: va bene aprire il confronto, è giusto affrontare una volta per tutte il tema di una legge sui diritti civili, ma il traguardo deve essere ‘ragionevole’.”. Niente matrimonio o adozione, insomma.

Riforme

Senato, settimana decisiva. E i dissidenti Pd affilano le armi”, titola La Stampa ricordando che iniziano oggi in Commissione Affari costituzionali le votazioni delle nuove norme volute dal governo. Il quotidiano ricorda che lo scontro è sull’elettività del Senato voluta dai dissidenti e che contemporaneamente “i bersaniani” vorrebbero l’impegno del premier per le preferenze nella legge elettorale (una richiesta del M5S). Un dirigente che resta anonimo evidenzia che invece “Renzi non intende mollare Berlusconi per andare incontro ai grillini aprendo sulle preferenze. Che magari alla Camera nel voto segreto potrebbero passare con i voti della fronda interna a Forza Italia”.
La Repubblica: “Senato, i dubbi di Forza Italia”, “Da oggi via al voto in commissione Affari costituzionali, ma nei partiti restano molte divisioni sulla riforma. Renzi e Berlusconi impegnati per far rientrare il dissenso. Azzurri spaccati. Slitta la legge in aula”.
Sul tema vengono intervistati il capogruppo alla Camera di Forza Italia Renato Brunetta, che fa sapere: “Non votiamo una legge scritta con i piedi. Matteo lo deve sapere”, “Dopo il sì all’Italicum Renzi ha insabbiato tutto”; e Debora Serracchiani, vicesegretaria Pd: “Il testo è un compromesso. Ora Minzolini e Mineo non possono fermarci”, “Renzi voleva più peso per i sindaci nel nuovo Senato. Tagliare i deputati? Non è un tema all’ordine del giorno”.

Internazionale

Un ‘intera pagina de La Stampa è dedicata alla crisi in Iraq, dove i jihadisti dell’Isis hanno proclamato il Califfato. Il fondatore dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi ha iche contemporaneamente “i bersaniani” vorrebbero l’impegno derganizzazione cambia nome a diventa Is, ovvero “Stato islamico”. Dopo la conquista delle aree di frontiera tra Iraq e Siria, viene quindi ratificato il superamento di due Stati creati all’indomani della fine della prima Guerra mondiale dalle potenze coloniali sulla base dell’accordo Sykes-Picot del 1916. Il portavoce di Al Baghdadi, Abu Mohammed al-Adnani, ha parlato di “restaurazione del Califfato”. Il Califfo è il successore legittimo di Maometto e quindi al-Adnani fa appello alle altre organizzazioni jihadiste -da Al Qaeda ad Al-Nusra fino ai vari gruppi salafiti- affinché aderiscano allo Stato islamico. Ciò significa che al Baghdadi tenta di portare a termine il progetto di esser lui a riunire i jihadisti, sfidando in primo luogo Ayman al-Zawahiri, diovenuto leader di Al Qaeda dopo l’eliminazione di Osama Bin Laden.
Sulla stessa pagina, un’intervista al generale Jabar Yawar, capo dei guerriglieri curdi, i Peshmerga. Dice, parlando dell’Isis: “Tenteranno la spallata nel Ramadan. Noi curdi siamo l’ultimo baluardo”, “L’esercito iracheno si è sciolto, una divisione dopo l’altra. Le nostre forze sono fronte”, “Stiamo difendendo il Paese, ma il governo capisca che serve una soluzione politica”.
Anche su La Repubblica: “Iraq, gli uomini ‘neri’ incoronano al-Baghdadi, ‘Il Califfato è nato’”, “’Il nostro movimento d’ora in poi si chiamerà solo Stato islamico’. Mosca invia arerei. Turchia e Israele: sì al Kurdistan indipendente”. Scrive l’inviato ad Erbil Vincenzo Nigro che la Turchia ha ammesso che di fatto il Kurdistan è l’unico mini-Stato solido e alleato nell’Iraq e che quindi potrebbe diventare indipendente.