SARKOZY TRA LAICITA’ E ISLAM Lunedi entrerà in vigore la legge che vieta burqa e niqab negli spazi pubblici

Pubblicato il 5 Aprile 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Immigrati, per ora niente intesa”. “Il premier a Tunisi, accordo rinviato. Sessantadue parlamentari: tendopoli non solo al sud”: “E al vertice Pdl – Lega sì ai permessi a tempo tra le tensioni”. A centro pagina, in vista della apertura, domani, del processo sulle feste di Arcore: “Negli atti le telefonate del premier. Caso Ruby, ecco i testi delle tre intercettazioni”. Berlusconi parla con la Minetti e con altre due ragazze.

L’Unità dedica il titolo di apertura al “democrazia day”: “Oggi mobilitazione contro il colpo di mano sulla giustizia”. “Notte bianca per la Repubblica. Sit in del Pd, pretsta del Popolo Viola. Bindi: doveroso scendere in piazza”.

Il Fatto quotidiano: “Crimini e misfatti. La Camera lavora solo per salvare il Caimano dai processi. Un altro tentativo per bloccare le intercettazioni legali. Ma il fratello Paolo vuole patteggiare per i nastri su Fassino”. A centro pagina: “Lega di guerra, eserciti regionali. Fallite le ronde padane, il partito di Bossi vuole armarsi contro gli immigrati”.

La Repubblica: “Tunisi dice no a Berlusconi. Nessuna intesa sui rimpatri. Bossi si piega ai permessi temporanei. Gelo tra il premier e Maroni che oggi dovrebbe ripartire per trattare. Vertice notturno della maggioranza”. Il titolo di apertura è per il processo Ruby: “I pm: tredici ragazze con lei ad Arcore”. E poi: “Oggi il voto della Camera sul conflitto d’attribuzione”. A centro pagina, la Libia: “Frattini, armi ai ribelli libici. Il ministro a una delegazione di Bengasi: sarebbe l’extrema ratio, ma non la escludo”.

Europa: “Ribaltone libico, armeremo chi vuole far fuori Gheddafi. Ora ci spostiamo sulla linea Clinton-Sarkò. Anche per farci aiutare con i tunisini? L’Italia riconosce Bengasi. Per  tenersi il petrolio e spartire gli immigrati”.

La Stampa:“Immigrati, si tratta sui rimpatri. Sì dell’Europa ai permessi temporanei, via libera anche dalla Lega. La Francia si oppone alla redistribuzione dei rifugiati”. “Il leader tunisino chiede a Berlusconi più aiuti. Oggi nuova visita di Maroni. Libia, l’Italia riconosce il consiglio degli insorti e non esclude di fornire armi”. A centro pagina una foto di Barack Obama nel suo studio, sotto il titolo: “Un sms da Obama: mi ricandido”. In  prima pagina anche un titolo sul processo Mediatrade, dove ieri il Pm De Pasquale ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi: “Acquisto diritti tv, premier a giudizio”. Si parla di frode fiscale e fondi neri.

Libero: “Meglio pagarli che tenerli. Alla Tunisia 300 milioni per riprendersi gli immigrati. La Lega la spunta: nessuno va al Nord. Deputati sudisti in rivolta. L’Italia pensa al petrolio e riconosce ufficialmente i ribelli libici”. L’articolo di prima pagina è firmato da Maurizio Belpietro.

Il Riformista: “Un tiè nel deserto. Berlusconi torna da Tunisi senza accordo sui migranti. E cambia di nuovo linea sulla Libia”. “Tante belle parole, ma il Cav rientra a mani vuote dal vertice italo-tunisino”.

Il Foglio: “Il Cav tratta con Tunisi sui rimpatri, ma teme il fuoco amico di Bossi. Il premier cerca un interlocutore per risolvere il problema degli sbarchi. Vertice con la Lega per placare il sud. L’ansia per il processo breve”. Di spalla “Obama si sfila dalla campagna Nato prima che diventi poco ‘cool’. ‘Ruolo di appoggio’, ma ora manca l’80 per cento delle bombe. Così finisce il controllo dello spazio aereo”.

Il Giornale: “Scudo fiscale, i 700 nomi della lista che scotta”. Si parla del “Madoff romano”, la società finanziaria della capitale che ha truffato centinaia di vip. “Agli atti l’elenco dei vip truffati. Molti avevano rimpatriato i soldi dall’estero con il condono. Ma c’è chi ha fatto tutto in nero. E spunta un altro scandalo: il crac di un broker vicino al Pd della Capitale”. A centro pagina si legge infatti: “Fondi esteri Ds, spunta il ‘nuovo Greganti’. Perini agiva per coprire i vertrici del partito. Come il compagno G durante Mani Pulite”. In prima pagina anche un titolo su Lampedusa, “liberata in 96 ore”, con foto di “com’era” e “com’è”.

Il Sole 24 Ore: “Finmeccanica cambia guida. Orsi entra come Ad, a Guarguaglini resta la presidenza. La ‘responsabile’ Siliquini nel Cda Poste. Recchi presidente Eni e Colombo Enel. Confermati Conti e Scaroni”. A centro pagina: “Lactalis vuole la svolta: per Parmalat Opa o addio”. Il colosso francese deciderà se gettare la spugna opure lanciare una Opa, che però sarebbe controversa e costosa”.

Immigrati

“Non riesce l’accordo lampo. Oggi Maroni torna a Tunisi”, titola il Corriere della Sera, spiegando che all’esecutivo provvisorio tunisino non basta l’equazione ‘più soldi, meno immigrati’, proposta da Berlusconi. Ieri il premier ha detto che “l’Italia vuole procedere ai rimpatri nella assoluta civiltà”. Si punta al riaccoglimento in Tunisia di almeno 1000 immigrati clandestini “in tempi ragionevoli” e a pattugliamenti congiunti delle coste. Ma Tunisi non sembra disposta ad accogliere più di 50 o al massimo 100 immigrati a settimana. La Lega – spiega il Corriere – è preoccupata per l’imminente voto amministrativo. Non vuole a nessun costo che al nord sorgano tendopoli. Berlusconi deve quindi procedere senza provocare la rivolta dell’ala sudista del suo partito, che chiede che i sacrifici vengano sopportati da tutte le regioni e non solo da quelli meridionali. Una lettera firmata da 62 parlamentari Pdl chiede che le tendopoli siano per l’appunto distribuite in modo equo, senza gravare soltanto sul sud.
Il Giornale titola: “Clandestini,  braccio di ferro Berlusconi-Bossi”. Si scrive che di fatto sulla questione è in corso tra i due un “dialogo tra sordi”, con il Cavaliere che vorrebbe sposare una linea più morbida e applicare ai migranti in arrivo l’articolo 20 della Bossi-Fini, che prevede un permesso umanitario provvisorio per sei mesi. E con Bossi che non soltanto vuole i respingimenti, ma anche la localizzazione delle tendopoli al centro e al sud. L’applicazione dell’articolo 20 permetterebbe ai clandestini di essere regolarizzati provvisoriamente per sei mesi godendo dei benfici di Schengen, il che significa che potrebbero circolare liberamente nella Ue e, secondo le stime di Farnesina e Viminale, quasi l’80 per cento di loro migrerebbe in Francia e in Germania. Bossi non arretra, tanto che pare abbia minacciato le elezioni anticipate.
Secondo La Stampa “Il Cavaliere non vuole più fare il parafulmine della Lega”, e mentre Maroni dice “no tendopoli al nord” lo stesso sarebbe riuscito a convincere Bossi a dire sì ai permessi temporanei. Oggi al Parlamento Europeo sarà in agenda proprio il tema dei nuovi flussi migratori ed il gruppo dei popolari spinge per la clausola di protezione temporanea che, in caso di grandi flussi, distribuisce automaticamente tra gli Stati i clandestini entrati nel territorio Ue.

Ruby

Il Corriere della Sera parla di tre telefonate di Berlusconi che sono agli atti della Procura di Milano: è interlocutore di tre ragazze, tra le quali Nicole Minetti. E spiega che i testi di queste telefonate non avrebbero dovuto essere trascritte ed allegate agli atti, e anzi avrebbero dovuto essere avviate alla apposita udienza per la distruzione delle stesse.

Terremoto

A due anni dal terremoto in Abruzzo, Europa intervista il sindaco de L’Aquila Massimo Cialente, che qualche settimana fa si era dimesso. “Ho ritirato le dimissioni solo perché ho avuto garanzie”. Il sindaco spiega che è in via di completamento la ricostruzione leggera, quella per le case con danni di entità lieve o media. Il problema vero però riguarda gli immobili più danneggiati e il centro storico. Qui non è stato fatto niente. E lo stallo rischiava di essere attribuito alla giunta comunale, di centrosinistra. E’ per questo “che a un certo punto ho deciso di dare le dimissioni. Se non posso svolgere il mandato per il quale sono stato eletto, è più utile se torno a fare il medico. Poi, era ora che fosse chiaro dove stavano le responsabilità dei ritardi. Se sono tornato sui miei passi è perché ho avuto delle garanzie”.

Esteri

Ieri il ministro Frattini ha incontrato l’ex ambasciatore libico in India Al Al Isawi, esponente del Consiglio nazionale transitorio, ed ha chiarito che Roma ha intenzione di riconoscere questo organo come “unico interlocutore politico legittimato a rappresentare la Libia”. In questa stessa sede Frattini ha aperto anche alla possibilità di fornire armi ai ribelli libici.
Spiega La Stampa che se il capo del Cnt Jibril è l’uomo che ha convinto Sarkozy a difendere Bengasi con la no-fly zone, Al Isawi ha avuto lo stesso ruolo con Hillary Clinton. Il riconoscimento italiano è un altro tassello per i ribelli: ieri anche il Kuwait ha fatto sapere che riconoscerà Bengasi, l’Ue ha definito il Cnt come il proprio interlocutore. E questa sera Frattini incontra il presidente dell’Unione Africana.
Intanto ieri il colonnello Gheddafi in tv si è mostrato di nuovo ai suoi sostenitori, ma un portavoce del suo governo nella giornata di ieri ha annunciato che la Libia è pronta ad una “soluzione politica con le potenze internazionali”, che il regime è pronto a svolgere elezioni, referendum o a introdurre riforme politiche. Ma solo il popolo libico, ha detto il portavoce, può decidere se Gheddafi può restare o meno.
Secondo La Stampa sarebbe una bufala anche la minaccia del rais di tagliare l’acqua a Bengasi

Su Europa si spiega invece che la Turchia di Erdogan sta cercando di mediare per un cessate il fuoco in Libia tra le truppe di Gheddafi e gli insorti. Ieri ad Ankara il ministro degli esteri turco Davutoglu ha incontrato il vice ministro degli esteri di Tripoli, Obeidi. Parole di Davutoglu: “noi faremo del nostro meglio perché le sofferenze del popolo libico finiscano nel minor tempo possibile e perché venga disegnata una via d’uscita dalla crisi che includa i cambiamenti politici necessari per incontrare le domande di cambiamento del popolo libico”. Ankara non ha mai abbandonato, secondo Europa, l’idea di una soluzione diplomatica, e sta mettendo in campo tutto il peso del suo soft power, non solo sulla questione libica ma anche sulla Siria.

E’ stato ucciso dagli integralisti, come scrive La Repubblica, il direttore del “Teatro della libertà” di Jenin: teatro per bambini in un campo profughi. Si chiamava Juliano Mer-Khamis, ed era un attore molto noto per questo teatro fondato dalla madre, una militante israeliana per i diritti dei palestinesi, sposata a sua volta con un arabo israeliano, dirigente del Partito comunista israeliano. Juliano aveva rifondato il teatro con l’ex comandate locale delle brigate dei martiri di Al Aqsa, Zubeidi, che da tempo aveva abbandonato la lotta armata. Inviso agli integralisti, che lo accusavano di essere una quinta colonna di Israele.
Si definiva, come racconta il Corriere della Sera, “al cento per cento ebreo e al cento per cento palestinese”. E’ stato freddato da cinque pallottole.

E poi

Lunedì entra in vigore la legge francese che vieta il burqa e il niqab in uno spazio pubblico. Vietato il velo, permesso il foulard. Un articolo de La Stampa spiega la pignolissima circolare distribuita a tutti i gendarmi di Francia come vademecum per avere istruzioni precise.
La legge arriva nei giorni in cui il partito di Sarkozy rilancia il dibattito sulla laicità e l’islam in Francia per togliere il monopolio del tema ad una Marine Le Pen in grande ascesa nei sondaggi per le presidenziali.
Su Il Foglio una lunga analisi parla di un Sarkozy che cavalca lo spettro dell’islamizzazione e, in affanno com’è, per guardarsi dalla destra di Madame Le Pen, vuole richiudere lo spazio pubblico alla religione con una “conversione alla laïcité”. Ci si riferisce per l’appunto al convegno del partito di Sarkozy e dedicato alla difesa del principio di laicità, convegno che inizia oggi. Da ministro Sarkozy, negli anni 2003-2004, si era smarcato dall’allora presidente ultralaico Chirac, che nominò una commissione sulla laicità.
Il quotidiano Il Riformista sottolinea che alla conferenza convocata da Sarkozy non ci sarà il premier Fillon.
Alle pagine R2 de La Repubblica si parla della gauche sedotta dalla Le Pen. Ultimo conquistato è Robert Menard, fondatore di Reporters senza frontiere che, secondo il quotidiano, flirta con l’omofobia e si dice favorevole alla pena di morte. Certamente tra i temi che hanno portato ad una inversione del percorso, l’avversione all’Islam.

(Fonte: Rassegna Italiana a cura di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)