Il Corriere della Sera: “Tutte le spese senza controllo. Napolitano: casi vergognosi. Berlusconi: via i finanziamenti. Le misure allo studio del governo. I soldi a fondo perduto ai politici Regione per Regione”.
La Repubblica: “Costi della politica, il governo taglia. Napolitano: corruzione vergognosa. Si scava nei conti della Polverini”. “Il premier accelera sul piano Amato per ridurre i fondi ai partiti. Berlusconi: vanno cancellati. Monti: non mi candiderò alle elezioni”.
La Stampa: “‘Corruzione vergognosa’”, “Napolitano: scandali inaccettabili, la politica va risanata in profondità”.
Il fatto quotidiano: “In ostriche e champagne i fondi per i disabili. Trenta famiglie costrette a tenere in casa i figli con gravi handicap. Mentre i consiglieri si spartivano milioni di euro, la Regione ne tagliava 400 mila a un centro di Cassino. Sottratti alla spesa sociale 150 milioni”.
Libero: “Per salvare l’Italia via un politico su cinque”, “con i soldi risparmiati si abolirebbero le addizionali Irpef. Assieme alla cancellazione dei finanziamenti ai partiti, è il solo obiettivo che si deve dare ora il centrodestra”, “Berlusconi: ‘Il Pdl non è allo sbando’. Ma non è vero: va rifondato”.
Il Giornale, sullo scandalo nel Lazio: “L’ultima di Batman, pensionato a 50 anni”, “grazie a una vecchia norma, Fiorito avrà diritto ad un vitalizio di 4000 euro al mese”, “la crociata di Berlusconi: ‘Mai più finanziamenti ai partiti”.
L’Unità: “La vergogna della corruzione”, “Napolitano, dure parole sullo scandalo Lazio: ‘Si può battere la mafia, si può anche risanare la politica’”. “Polverini: non mi ricandido. Bersani ai presidenti regionali del Pd: più trasparenza e meno costi”.
Il Sole 24 Ore: “Eurozona verso il bilancio”, “allarme Fmi sul debito greco. Le banche inglesi rinunciano ai Libor”. Dopo lo scandalo sulle manipolazioni del tasso interbancario, l’associazione delle banche inglesi ha annunciato che rinuncia alla supervisione sul Libor.
Napolitano
Ieri in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico il Capo dello Stato si è soffermato anche sullo scandalo Lazio. “‘Chi teme l’antipolitica deve risanare la politica’”. Così il Corriere sintetizza il senso delle sue dichiarazioni. Le parole del capo dello Stato: “Anche la recente cronaca di ha rivelato come nel disprezzo della legalità si moltiplichino malversazioni e fenomeni di corruzione inimmagibili e vergognosi”; “non è questo un contesto accettabile per persone sensibili al bene comune, per cittadini onesti, né per chi voglia avviare una impresa”, “chi vuole promuovere nuovi investimenti non può ignorare lo svantaggio della corruzione e del malaffare”.
Profumo
Sulla prima pagina de La Repubblica, Libero, e Il Giornale le parole pronunciate dal ministro dell’Istruzione Profumo: “Bisogna rivedere i programmi di religione”. Erano dichiarazioni rilasciate a Torino sabato scorso, ma ha voluto ripeterle ieri all’apertura della biblioteca del Miur, spiegando: “Nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e Paesi diversi. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere puù aperto. Ci vuole una revisione dei programmi in questa direzione”. Riferisce queste sue parole La Repubblica, che spiega come, insieme alla religione, che il ministro preferirebbe sostituire con una più moderna scuola delle religioni o scuola dell’etica, Profumo ha immaginato la rottamazione della geografia classica: “La scuola è più aperta e multietnica e deve sapersi correlare al mondo di oggi”, d’altra parte in molte classi italiane “metà degli studenti è straniero”. Il quotidiano riferisce anche dello stupore del ministro di fronte alle reazioni negative ricevute su alcuni versanti, al centro e a destra, ma anche da parte di monsignor Ravasi. E Profumo si difende: “Volevo includere, non escludere”. Favorevoli si dicono Idv e Radicali, il Pd sottolinea che chi rifiuta l’ora di religione dovrebbe avere alternative, in modo da non costringere gli studenti ad abbandonare la classe o studiare in palestra.
Libero titola: “La sinistra guerra di religione del ministro”, e descrive il suo come un “blitz” a caccia di una candidatura. Vorrebbe cioè assicurarsi un futuro politico in vista delle elezioni: “Finita l’esperienza di governo non potrà tornare sulla poltrona di presidente del Cnr, in primavera rischia di tornare professore ordinario al Politecnico di Torino, che per uno che è stato ministro è come passare dal Barcellona al Chievo”. Un altro articolo dello stesso quotidiano: “Profumo ci svende all’Islam, ‘l’ora di religione non ha senso’”. Il quotidiano riferisce che Profumo aveva annunciato l’innovazione venerdì scorso sul palco della festa di Sinistra, Ecologia e Libertà. E commenta: “Benché il multiculturalismo sia fallito ovunque, l’Italia imbocca la strada suggerita dal governo francese e progetta un insegnamento di ‘etica laica’”. Monsignor Negri, intervistato, dice peraltro che in questo modo si metterebbe in discussione il Concordato.
Ida Magli su Il Giornale scrive che di questo passo l’Italia perderà la sua identità di nazione, con la sua cultura e i suoi costumi.
Polverini
Spiega il Corriere della Sera che gli accertamenti dei pm di Roma si muovono su due binari paralleli: da una parte ci si occupa delle accuse di ‘ruberia’ nei confronti dell’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito, dall’altra dell’operato dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale che, in due anni, ha elargito quattordici milioni di euro ai gruppi consiliari. Sul primo versante si scrive che un paio di mesi prima di dimettersi da capogruppo, Fiorito effettuò numerosi bonifici a persone del suo entourage, anche politico. Sulle distinte di accredito -secondo la relazione consegnata ai magistrati dal Nucleo valutario- non sarebbe stato specificato il nome del destinatario, ma gli investigatori della Guardia di Finanza li avrebbero già individuati. La faida interna al Pdl -scrive il Corriere- era già cominciata e il sospetto è che fiorito creasse in questo modo di mettere al sicuro i fondi prima di una sostituzione che lui stesso aveva capito essere inevitabile. Quanto alle deliberazioni del’ufficio di presidenza, saranno nuovamente interrogati il presidente Mario Abbruzzese e il segretario Nazzareno Cecinelli: bisognerà accertare come mai, nonostante ci fossero numerose voci di bilancio in sofferenza, si decise di destinare così tanti soldi al funzinamento dei gruppi. Tenendo conto che le cinque delibere che aumentavano le somme ottennero anche il voto favorevole dei partiti di opposizione Pd e Idv. La Stampa dà conto delle dichiarazioni che avrebbe rilasciato nel corso dell’interrogatorio Fiorito: “nel 2011 vennero stanziati 17 milioni e mezzo di euro, di cui 14 destinati a tutti i partiti e 3 milioni e mezzo alla presidenza del Consiglio regionale”, “si è trattato di un’intesa a parole, fuori sacco, come eravamo soliti definirla, tra Popolo delle Libertà, Partito Democratico, Unione di centro, Italia dei Valori e Lista Polverini”. Spiega ancora Fiorito che la governatrice Polverini “non poteva non sapere di come veniva suddiviso il denaro. Non solo perché era lei stessa una consigliera regionale, ma perché uno della sua squadra, Gianfranco Gatti, sedeva nell’ufficio di presidenza. Gatti ricopriva l’incarico di ‘ consigliere segretario’ insieme ad Isabella Rauti (Pdl, moglie del sindaco di Roma Alemanno) e a Claudio Bucci (Idv). Dell’ufficio di presidenta facevano parte, oltre al presidente Abbruzzese, i due vicepresidenti Raffaele D’Ambrosio (Udc) e Bruno Astorre (Pd). I soldi venivano presi da altre voci del bilancio, secondo l’avvocato di Fiorito, Carlo Taormina: ovvero da “manutenzione, telefonia e comunicazione del bilancio”.
Il Fatto titola: “Polverini, l’opposizione non c’è stata ma l’Idv la rivendica”. Scrive il quotidiano che il gruppo regionale, durante i due anni e mezzo della giunta Polverini, “sulle barricate nel denunciare gli sprechi della Giunta e gli immobilismi del consiglio, sui dossier più caldi come sanità e rifiuti, i cinque consiglieri di Idv si sono spesso accodati alle iniziative del Pd”. Ed alcune voci di spesa fanno riflettere: il bilancio 2011 dei fondi per il funzionamento del gruppo annoverano 370 690 euro per manifesti, 222.407 per conferenze e incontri con gli elettori, 40917 per alberghi e ristoranti, 56.035 per telefoni e spedizioni postali. Fanno riflettere per un partito che rivendica il primato nella lotta ai costi della politica.
La Repubblica focalizza l’attenzione sulla governatrice dimissionaria e in particolare su “tre bugie”. La Polverini dice di aver chiesto più volte al presidente Abruzzese di avviare una spending review, inviandogli “lettere molto dure”. Ma tra il 2010 e il 2011 l’Ufficio di presidenza corregge con cinque delibere le iniziali dotazioni di bilancio destinate al finanziamento dei gruppi. E qui siede anche la lista Polverini, di cui la governatrice è consigliere eletto. Peraltro, nel 2012, la dotazione dei fondi ai gruppi cresce ancora. La Polverini ha detto anche “ignoravo come il Pdl spendesse i soldi”. Ma se non sapeva e se non considerava suo compito controllare o informarsi, non si capisce perché avesse scritto le “dure lettere” ad Abruzzese. Né si spiega come mai ricordi solo le lettere da lei spedite, e non quelle ricevute, come quella in cui Fiorito, nel luglio scorso, definiva come una situazione assolutamente insostenibile la mancanza di documenti giustificativi delle spese effettuate “per il mantenimento del rapporto con gli elettori”. Infine, lunedì 17 settembre la Polverini annuncia che di lì a due ore i conti della sua lista saranno online, ma le due ore diventano sette giorni e solo domenica scorsa appaiono tre files sul sito del gruppo della lista Polverini. Alcune voci appaiono incongrue (manifesti, 886 mila euro, pasti in ristoranti e bar sui 200 mila). Ma pare che quanto pubblicato online documenti solo la metà delle spese sostenute dalla lista nel 2011. Il resto delle spese restano non giustificate.
Il quotidiano intervista anche Carlo De Romanis, vicecapogruppo Pdl per il festino in stile Roma antica. Parla delle foto delle feste con ancelle e maiali. “No, la festa non c’entra proprio niente con le dimissioni della governatrice. E’ stata tutta una montatura. E’ avvenuta due anni fa, quando i contributi ai gruppi non c’erano nemmeno”.
Libero e Il Fatto tornano ad occuparsi dell’Udc di Lorenzo Cesa. Libero: “Lorenzo Cesa è un imprenditore fortunato. Dopo aver ottenuto da Renata Polverini fino al 2013 da 1,3 milioni di euro complessivi per la sua società ‘I borghi srl’ che gestisce l’auditorium di via della Conciliazione, difficilmente rischia di perdere il prezioso fatturato dopo le dimissioni del governatore di cui era alleato politicamente nella regione Lazio. Primo, perché la Polverini resterà in carica almeno alla primavera del 2013, e secondo il tamtam (lei non nega) è sempre più vicina politicamente all’Udc. Secondo, perché per il dopo, il partito che probabilmente avrà la strada spianata verso la conquista del nuovo consiglio regionale, il Pd, sembra intenzionato a candidare il suo attuale segretario regionale, Enrico Gasbarra”
Scrive il quotidiano che “grazie alle sue amicizie trasversali, il segretario – imprenditore dell’Udc ha ricevuto commesse da destra e da sinistra, da Governo, Regione, Provincia e Comune di Roma. E dopo aver realizzato ottimi guadagni con la giunta Polverini ora punta sul Pd Gasbarra.
Su Il Fatto si scrive che è almeno dal 2001 che milioni di euro, entrano nelle casse delle società che fanno capo a Cesa.
Il Fatto a pagina 5, rende onore invece a “quelli senza ostriche”. E spiega: “Nascosti nella periferia dei partiti: i volti e tutta la fatica della passione politica pulita. In bici, senza auto blu”. C’è Gianni Speranza, a Lamezia, di cui è sindaco, c’è Gaspare Giacalone, sindaco a Petrosino, provenienza Sel, ma c’è anche Federica De Benedetto, la “formattatrice” del Pdl.
Berlusconi
Intanto ieri Berlusconi, in una intervista al neonato sito diretto da Lucia Annunziata Huffington Post Italia, è tornato a parlare delle sue preoccupazioni perché l’Italia “non finisca in mano a soggetti che in comune non hanno proprio nulla”, ammonendo sui rischi di un governo “armata Brancaleone” che comprende Vendola, Casini, Bersani, la Bindi, Di Pietro. Poi, ai cronisti alla stazione di Roma, come riferisce il Corriere, parla dello scandalo nella Regione Lazio e annuncia: “Bisogna abrogare il sistema di finanziamento di gruppi e partiti come l’abbiamo conosciuto. Si sono fatti dei passi in questa direzione, a livello centrale, ma non basta. Le finanze pubbliche regionali e locali devono subire un esame senza indulgenze e si deve procedere all’abrogazione di ogni erogazione impropria e alla messa in opera di controlli indipendenti”. In una nota che troviamo riprodotta da Libero, il Cavaliere, in riferimento allo scandalo Lazio, ha detto: “Nessuno può chiamarsi fuori. Tutti i gruppi del consiglio regionale del Lazio erano corresponsabili, di maggioranza e di opposizione”. Sulla prima pagina del Corriere della Sera Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella tornano ad occuparsi delle autonomie regionali: “Non è questa l’autonomia che avevano in mente i padri costituenti. Un conto è dare la possibilità alle Regioni di amministrare il territorio con una attenzione, una cura, un amore impossibili in uno stato centralisti, un altro è dare a vassalli e valvassori di decidere in totale autarchia come spartirsi fette importanti del pubblico denaro”. “Non è possibile che ognuno fissi la propria indennità e i propri contributi. “si fissino regole che valgano per tutti”. Alla “fame dei partiti” è dedicato anche un editoriale del Sole 24 Ore, che si occupa del “federalismo conteso”: “Con gli auto-bonifici bancari dell’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Fiorito e la sua copertura politica di ‘sistema’ (tranne i due rappresentanti radicali in Consiglio regionale, che hanno al contrario svelato la faccenda), il federalismo fiscale non c’entra. Il caso dei contributi che le Regioni assegnano nella totale opacità ai gruppi consiliari è assimilabile alla pagina – altrettanto scandalosa – dei rimborsi elettorali (aumentati tra il 1999 e il 2008 di oltre il 1000 per cento) che a sua volta è figlia di un finanziamento pubblico ai partiti abrogato nel 1993 con un referendum popolare ma sopravvissuto poi con la leggina sui rimborsi.
Fiat
In videoconferenza con manager e operai, l’Amministratore delegato Fiat Marchionne ha detto “non ho alcuna attenzione di abbandonarvi”. Commenta L’Unità: “Davanti a 6000 dirigenti del gruppo accorsi a Torino per l’occasione e ad almeno altrettanti operai collegati in videoconferenza, Sergio Marchionne ha sfoderato toni paternalistici finora ignoti. Ignoti perché al personaggio sono più congeniali accenti pratici da manager internazionale, ma la perdita di credibilità e di consenso generata dall’abbandono del progetto Fabbrica italia richiedevano, secondo il quotidiano, un veloce cambio di strategia comunicativa. Nei confronti dei dipendenti, cui ha detto: “Abbiamo obiettivi credibili e persone di valore, idee, coraggio e determinazione. Non ci serve altro. L’unica cosa che vi chiedo è di non mollare”, “la nostra nuova Fiat-Chrysler è una azienda forte e dai valori sani. Poi ha spiegato: dobbiamo ripensare il modello di business al quale siamo abituati. Dobbiamo renderci conto che – viste le attuali condizioni della domanda di auto e le previsioni per gli anni a venire – l’Italia e l’Europa non potranno essere per noi i soli mercati finali”. “Noi ci impegnamo a fare la nostra parte, ma da soli non possiamo fare tutto. E’ necessario iniziare da subito a pianificare azioni, a livello italiano ed europeo, per recuperare competitivà nazionale”.
Il Sole 24 Ore riferisce anche che Marchionne ha chiesto che “la Commissione europea respinga i tentativi – specialmente da parte tedesca – di creare condizioni favorevoli alla propria industria a scapito degli altri”. Bruxelles deve anche andare con i piedi di piombo nel siglare nuovi accordi di libero scambio, dopo quello con la Corea del sud. La Bce deve “facilitare l’accesso al credito”. E in Italia il manager chiede “flessibilità e certezza del diritto nelle relazioni industriali”.
Internazionale
La Stampa riferisce dell’intervento del Presidente americano Barack Obana alla assemblea generale Onu. Conteneva un monito all’Iran sul nucleare e la richiesta alla primavera araba di tutelare la libertà di espressione. Sul nucleare di Teheran l’accusa è, per l’Iran, di “aver mancato l’opportunità di dimostrarne la natura pacifica”. Ma ha ribadito che “l’America vuole risolvere tale questione con la diplomazia, perché c’è ancora tempo e spazio per farlo”, anche se “il tempo a disposizione non è illimitato”. E poi: “Faremo ciò che dobbiamo per impedire all’Iran di ottenere l’atomica”. Non è negli stessi termini in cui avvenne con l’Urss perché, come ha detto Obama, “l’Iran nucleare non può essere contenuto, poiché minaccia l’eliminazione di Israele, la sicurezza delle nazioni del Golfo, di innescare una corsa all’atomica nella regione e di travolgere il trattato contro la proliferazione”. Obama imputa anche a Teheran “il sostegno al dittatore di Damasco e ai gruppi terroristi che operano all’estero”. Secondo La Stampa l’affondo sull’Iran è la parte centrale di un discorso dedicato in gran parte alla primavera araba, perché Obama legge le violenze antiamericane che hanno portato all’uccisione dell’ambasciatore in Libia Stevens come un attacco a “autodeterminazione e libertà di espressione, che sono valori universali”, ovvero “un assalto agli ideali su cui l’Onu è stata fondata”. Ha poi spiegato Obama: “La maggioranza degli americani sono cristiani come me, ma non proibiamo le offese blasfeme contro la nostra fede”, “nessuna offesa può giustificare la violenza”.
Il SOle 24 Ore riassume così le parole di Obama: “‘Con l’Iran pazienza limitata’”. Il quotidiano scrive anche che rimane nell’impasse il dibattito su cosa fare sulla Siria. L’Emiro del Qatar ha proposto che siano i Paesi arabi ad inviare truppe a Damasco per evitare escalation. Una analisi, ancora sul Sole, evidenzia che il Presidente Obama ha voluto in qualche modo anticipare l’intervento del premier israeliano Netanyahu, poiché è il solo tema di politica estera in grado di spotare voti.
di Ada Pagliarulo, Paolo Martini