Renzi: riforme entro gennaio

Pubblicato il 27 Novembre 2014 in da redazione grey-panthers
Minacce dell'Isis all'Italia

Le aperture

La Stampa: “Renzi: riforme entro gennaio”, “Un’ora da Napolitano: possibile un percorso condiviso in Parlamento”, “Fi ‘processa’ Berlusconi: mai gregari di due Mattei. Vertice con Fitto”.
In prima il richiamo all’intervista al sindaco leghista di Verona: “Tosi: ok Salvini, ma facendo così non vinceremo”, “Bisogna costruire il centrodestra”.
Sotto la testata: “L’Europa all’Italia: ‘Assumete i 250 mila precari della scuola’”.
E le notizie relative alla giustizia: “Tribunali civili, il Paese viaggia a due velocità. In Piemonte i migliori”, “Ad Asti sentenza in un mese, 15 anni a Lamezia”.
Foto a centro pagina per il ‘Milka Cola’: “Sorpresa Coca-Cola: ora si mette a fare il latte”.
A destra il reportage di Paolo Mastrolilli: “New York in piazza come Ferguson”.

Il Corriere della Sera: “Resa dei conti in Forza Italia. Vertice al Colle. Napolitano chiede a Renzi di fare le riforme con l’opposizione”. “Fitto: azzeriamo tutto, non dobbiamo essere subalterni a nessuno. Berlusconi non rompe”.
A centro pagina: “L’Europa a Roma: assumere o risarcire 250 mila precari”.
A fondo pagina: “L’evasione fiscale del padre ricade sui figli. Misura di prevenzione: sequestro di 70 milioni agli eredi di Grossi, il re delle bonifiche”.
L’editoriale, firmato da Angelo Panebianco, è dedicato alla sinistra Pd e alle sue “illusioni”: “La vocazione minoritaria”.

Il Giornale: “La sinistra anti Renzi”, “Prodi guida il complotto”. “Rosy Bindi e Bersani parlano di scissione ed evocano l’Ulivo. Dietro c’è la sete di vendetta del Professore. Berlusconi rassicura Forza Italia: frena su Salvini candidato e lancia il piano per la ‘flat tax'”. “E il Pd vara la polizia fiscale: tutti spiati”.
A centro pagina: “I ‘non giornalisti’ sfuggiti all’Inquisizione dell’Ordine”. Il quotidiano insiste sulla vicenda di Barbara D’Urso, denunciata anche per esercizio abusivo della professione dall’Ordine dei giornalisti, e mostra la foto di Fabio Volo, Paola Perego e Victoria Cabello, “non giornalisti in tv”.

Il Sole 24 Ore: “Parte il piano Juncker. Per ora solo 21 miliardi”. “Presentato a Strasburgo il fondo che punta a generare investimenti per 315 miliardi. Padoan: è un primo passo ma va chiarito il funzionamento”.
L’editoriale, firmato da Guido Gentili: “Il passo corto dell’Europa, più speranze che soldi”.
Di spalla: “Napolitano-Renzi: ‘Avanti con le riforme condivise, voto nel 2018”. “Il premier: riforme entro gennaio. Ma sull’Italicum è pronto a rallentare”. “Berlusconi congela lo scontro in Forza Italia”.
In alto: “La Corte Ue boccia l’Italia sui precari della scuola. Nel mirino le norme sulle supplenze”.

La Repubblica: “Rischio Senato per il Jobs Act. Battaglia nel Pd”, “Renzi rassicura Napolitano: riforme condivise entro gennaio”, “Rissa Cuperlo-Orfini sull’articolo 18. Cgil: ricorso all’Europa”, “Forza Italia, scontro tra Berlusconi e Fitto su Salvini leader”.
In taglio basso: “La Corte Ue: l’Italia assuma 250mila precari della scuola”.
La foto a centro pagina rimanda all’inserto R2, con un intervento di Arundhati Rpy: “Il mondo si ribelli all’India delle caste”.
E in prima si richiama anche il tema delle pagina della cultura: “Le donne leggono solo libri di donne”. Ne scrive Giovanni Romagnoli, riferendo di un sondaggio inglese che rivelerebbe che “preferiamo romanzi scritti dal nostro stesso sesso”.

Il Fatto: “Jobs Act, la legge di Renzi l’ha scritta Confindustria”, “Squinzi & C. si congratulano per la svolta e vedono la ripresa nel 2015. Tutto merito delle nuove norme sul lavoro, che peraltro sono opera loro: ecco il documento dell’associazione degli imprenditori italiani che già a maggio le anticipavano punto per punto”.
Sotto questi titoli anche una foto che raffigura il premier e il capo dello Stato: “Blitz del premier da Napolitano: se lascia subito saltano le riforme”, “Dopo il colloquio e l’invito del Colle per un ‘percorso condiviso’, l’annuncio al Tg1: ‘Entro gennaio pronti a chiudere su Senato e Italicum’. Ma Parlamento e Pd sono sempre più divisi”.
A centro pagina, attenzione per il segretario della Lega: “Salvini, vent’anni di Casta fra scandali e parenti sistemati”, “Il leader della ‘nuova’ Lega vive di politica dal ’93. S’è portato il fratello di Bossi a Strasburgo, mentre sua moglie è stata assunta al Comune di Milano e la sua compagna alla Regione. Il ruolo di Claudio D’Amico, tramite il regime russo”. Insomma, “cosa nasconde” e su di lui c’è anche “l’ombra dei soldi di Putin”.
E per la situazione in Forza Italia: “Povero Caimano”, “Fitto: ‘Finiamola con i due Matteo’. E B. smentisce”, “L’europarlamentare attacca e arruola dissidenti, mentre l’ex Cav celebra Verdini”.
A centro pagina anche la condanna della Corte di giustizia Ue: “Scuola, 300mila precari vanno assunti”.

Napolitano-Renzi

Sul Corriere Maria Teresa Meli parla dell’incontro di ieri tra Renzi e Napolitano e descrive il Capo dello Stato “preoccupato per le voci di elezioni anticipate che si rincorrono da qualche giorno”, mentre Renzi sarebbe preoccupato perché “ha saputo della tentazione del capo dello Stato di annunciare il suo addio a metà dicembre nel consueto scambio di auguri pre-natalizio con le istituzioni e le alte autorità”. L’incontro di ieri non sarebbe stato facile, con il premier che chieceva a Napolitano di restare e il Presidente che ha detto che “al massimo aspetterà fine anno, non oltre. E certo non potrà certificare lui la fine della legislatura”. Insomma: Renzi “deve comunque sapere che il capo dello Stato, a un certo punto si dimetterà, a riforme fatte o non fatte, e quindi il cerino gli rimarrà in mano. E non è un caso, allora, se, intervistato dal Tg1 , il premier ripete che il ‘patto del Nazareno ha ancora un senso’ e che le ‘regole del gioco si fanno con Berlusconi'”.
Il titolo dell’articolo del quirinalista Marzio Breda sul quotidiano milanese: “L’invito di Napolitano a Renzi: cancellare il sospetto del voto anticipato. Incontro al Quirinale, il capo dello Stato chiede di mediare sulle riforme: niente prove di forza”.
Su La Repubblica, pagina 2, il “retroscena” di Francesco Bei e Umberto Rosso: “E il Colle chiede garanzie: niente elezioni con la nuova legge finché ci sono due Camere”. Secondo questa ricostruzione, il capo dello Stato avrebbe sottolineato che è necessario tenere insieme il cammino della legge elettorale con quello della riforma costituzionale, perché in un sistema bicamerale perfetto non si possono avere due leggi elettorali diverse: il risultato sarebbe ‘schizofrenico’, come hanno già fatto notare nei giorni scorsi sue presidenti emeriti della Consulta, Tesauro e Silvestri. Il governo lavorerebbe quindi ad un compromesso: approvazione entro dicembre dell’Italicum al Senato, poi messa ‘in congelatore’ della legge, senza l’ultimo passaggio a Montecitorio e nel frattempo, sempre la Camera procederebbe con più velocità alla seconda lettura della riforma costituzionale. Sulla stessa pagina, intervista al capogruppo Fi al Senato Paolo Romani: “Matteo non deve insistere, non si può chiudere presto o vuol dire che cerca il voto”.
Il Fatto: “Matteo chiede a Re Giorgio: ‘Resta o saltano le riforme’”, “Paura dimissioni: incontro al Colle per stabilire che fare adesso”.
La Stampa: “Pressing per rinviare le dimissioni. Ma il presidente resiste”, “Napolitano consiglia di evitare forzature nell’approvare le riforme costituzionali”. Si legge che “il presidente del Consiglio, ascoltando le parole del Capo dello Stato, ha preso atto che Giorgio Napolitano è intenzionato a lasciare il Quirinale nelle prime settimane del prossimo anno. Certo, la conferma di un’intenzione ventilata da tempo. Certo, il presidente della Repubblica non ha dettagliato date o modalità, che restano aperte, ma dentro un range di settimane, non di mesi”.

Forza Italia, Lega, centrodestra

Il Giornale offre una intervista a Mariastella Gelmini: “‘Noi con il Carroccio (e anche con Ncd). Ma a schiena dritta”. La Gelmini dice che “la stragrande maggioranza del Paese resta moderata”, lontana dal “disegno neolepenista di Salvini”, ma “noi e la Lega possiamo e dobbiamo andare insieme”. Rimanda il tema della leadership a “quando ci saranno le elezioni”, e dice che ora “il tema è il progetto politico”, e per quello “il modello è quello della Lombardia”, con un centrodestra unito.
Altra pagina: “Berlusconi frena su Salvini: ‘E’ uno dei possibili leader’. Il Cavaliere detta la linea: ‘Forza Italia resta centrale, non rottamo nessuno. Verdini? Senza di lui saremmo irrilevanti’.  E blinda il patto con Renzi: ‘Meglio delle urne'”.
Un altro articolo racconta la “tensione all’Ufficio di Presidenza” di ieri: “Solita litania dei malpancisti. ‘Azzerate tutte le cariche'”. “Quello di Fitto è stato “un attacco diretto, perfino una sfida, ma non una faida”.
Il Corriere intervista Giuliano Ferrara: “Senza Silvio il centrodestra non esiste. Il suo vero erede è Renzi”. Di Salvini dice che è “un brillante attaccamanifesti”, e “la verità è che senza Berlusconi non erano niente e non saranno niente”. Fitto “è un politico di provincia che ha preso preferenze a Bisceglie, con enorme rispetto per Bisceglie”.
La Repubblica intervista Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania, che dice: “Abbiamo litigato troppo, è ora di smettere. Dobbiamo fare proposte credibili. Salvini sembra particolarmente in forma, ma ha vinto una tappa. E l’elemento unificante è ancora Berlusconi”. La leadership della coalizione si conquista sul campo, “corrono Salvini, Alfano, Fitto, Toti e chiunque si voglia misurare”. Caldoro ripropone la sua idea di superare il regionalismo, le regioni “bisogna scioglierle e accorparle in massimo dieci regioni che si occupino solo di programmazione. Basta con sanità, trasporti, gestione dei servizi”. Lo stop alle Regioni è precondizione alla sua candidatura in primavera, secondo il quotidiano romano.
Il Corriere: “Salvini (per ora) va avanti da solo. ‘Mancano squadra e schema”. “Il segretario: la Lega resta, niente lista unica. L’Ncd? In primavera sparirà”.
La Stampa intervista il sindaco di Verona Flavio Tosi. “Salvini è stato bravo, ma così non vinceremo mai”. Dice che per battere Renzi occorre che il centrodestra sia unito, con Lega e Fratelli d’Italia, con Forza Italia ed Ncd, e “per scegliere il candidato premier il metodo è uno solo: le primarie”. Dice che ha festeggiato il risultato in Emilia Romagna ma che resta il problema dell’astensione, e per “la Lega ha stravinto ma il centrodestra ha straperso”. “E’ vero che lei e Salvini non vi sopportate?”. “Proprio no. Tra noi c’è una fondamentale lealtà”. Tosi non risponde a Bossi che ieri lo aveva accusato di aver cercato di distruggere la Lega in Veneto.
La Repubblica intervista Diego Fusaro, di formazione marxista, autore di un programma di Radio Padania che si chiama “Cronache marxiane”. Dice che si muove “nel solco della tradizione dialettica Hegel-Marx”, che con Salvini “ci siamo trovati d’accordo sulla questione dell’euro” e che dal suo punto di vista “è il capitale a frazionare i legami sociali e a mettere gli italiani contro gli immigrati e viceversa”. Sulla sinistra dice che “il problema non è Salvini che critica l’euro o l’Unione europea” ma la sinistra che è rimasta su questi temi ferma ad una “fase tolemaica, come diceva Gramsci” .

Pd

La Stampa intervista il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza: “Matteo cambi registro se non vuole sorprese sul Quirinale”.
Su La Repubblica: “Jobs Act, scontro in casa Pd. Orfini accusa le ‘primedonne’. Cuperlo: difendo le mie idee”. E secondo il quotidiano “la sinistra interna prepara la rivincita al Senato: senza di noi il governo non ha i voti”.
In basso, un’intervista allo stesso Matteo Orfini: “Più lealtà o diventiamo una comune anarchica”.
Sul Corriere Angelo Panebianco si sofferma sul rischio di “vocazione minoritaria” nel Pd, ovvero “la propensione a dire sempre no, a fare l’opposizione e basta. Bindi, Fassina, Civati, Bersani e compagni sono contro Renzi perché lo giudicano un pericoloso thatcheriano travestito”, ma quali “proposte nuove e alternative” offrono? Insomma: Renzi, “pur con tutte le critiche possibili e sia pure molto a tentoni”, è una proposta complessiva e credibile.

Piano Juncker

Ieri il presidente della Commissione Ue ha presentato il piano per la crescita, con una dote di 21 miliardi di euro “per generare investimenti per 315 miliardi in tre anni”, come spiega Il Sole 24 Ore. Si chiama Efsi (fondo europeo per gli investimenti strategici), e “non sarà certo un fondo sovrano come quello della Cina o dei Paesi emergenti”, che usano così il surplus di risorse da impiegare al meglio, ma “uno strumento di garanzia per rimettere in moto il ciclo degli investimenti”. Il ministro Padoan dice che è “un primo passo molto importante” per dare “uno schock positivo” all’Europa, ma “ci sono ancora alcuni punti da chiarire, come ad esempio l’implicazione sul rispetto del Patto di Stabilità”, ossia se i contributi volontari dei Paesi al Fondo verranno “e in quale misura” stralciati dal calcolo del deficit, come annunciato ieri da Juncker. Per questo “il governo italiano non ha ancora esaminato l’ipotesi di conferire risorse al fondo”. Padoan ha però definito “ragionevole” l’ipotesi di un effetto leva 1 a 15 delle risorse, annunciata dalla Commissione.
Altro articolo del quotidiano di Confindustria: “Parte tra i dubbi il piano Juncker”. “La Commissioen ha presentato la sua ‘leva’ per rimettere in moto la crescita”. “La scommessa è moltiplicare da 21 a 315 miliardi il capitale iniziale con prestiti e investimenti”. A sottolineare che l’effetto moltiplicatore possa essere aleatorio è stato ieri il capogruppo ecologista, il deputato europeo belga Philippe Lamberts, che ha definito “non seria” la leva finanziaria ipotizzata. Altri, come il greco Papdimoulis, hanno parlato di “goccia nel mare”.
Il Foglio spiega che “il meccanismo è complesso, ma in base all’esperienza può funzionare. Con 16 miliardi di garanzie provenienti dal bilancio comunitario e 5 miliardi di capitale forniti dalla Bei, il Fondo Feis dovrebbe consentire alla Bei di raccogliere sui mercati circa 60 miliardi, da utilizzare per finanziare progetti che, con la partecipazione dei privati, ammonterebbero a 315 miliardi in un arco di tre anni. ‘Il denaro non cadrà dal cielo. Non abbiamo una macchina per stampare contante’, ha detto Juncker, rivendicando un approccio pragmatico e realista”.
Sul Sole 24 Ore Guido Gentili scrive: “Dunque niente denari freschi. Ma tante speranze sì. Quella per cui 21 miliardi di capitale iniziale si moltiplicano al pari della fiducia degli investitori privati e ne mobilitano 315, in particolare a favore dei Paesi più sofferenti”. La “vecchia Europa” “fa il passo che può. Quello corto, e ancora tutto da scrivere prima nei regolamenti e poi nell’economia reale”, scrive Gentili.
Sul piano Juncker il Messaggero offre il commento di Francesco Grillo: “L’Italia vince se punta su privati e intelligenza”. Grillo dice che gli investimenti pubblici, “per la prima volta”, possono “avvenire senza pesare sulle regole del patto di stabilità”. Ma i soldi freschi sono pochi, e “non c’è nessuna garanzia che i soldi versati dagli Stati al Fondo rifluiscano ai Paesi in funzione dei versamenti effettuati; a decidere sarà un gruppo di tecnici (proprio loro) e i progetti saranno esclusivamente valutati sulla base del ritorno sociale che garantiscono e della capacità di mobilitare ulteriori investimenti da parte dei privati”. E’ comunque un “cambiamento di verso – non a 360 gradi ma di certo significativo”, ma la sua efficacia dipenderà dalla burocrazia europea e da quella italiana: “Siamo al ventiseiesimo posto su ventotto Paesi per capacità di spesa, ad esempio, degli investimenti finanziati con fondi strutturali”, ricorda Grillo . E dunque serve un “salto di qualità”, decidendo ad esempio “di rottamare – sul serio – quei burocrati che sono più responsabili della Germania della crisi di investimenti e fiducia che ci fa soffrire più dell’Europa”, facendo un “investimento in intelligenza”.

Jobs Act

Sul Sole 24 Ore intervista a Stefano Dolcetta, vicepresidente di Confindustria e delegato alle relazioni industriali. “‘Bene la riforma del lavoro. Ora avanti con coraggio'”. Sulla mediazione sull’articolo 18 e i licenziamenti disciplinari dice di voler aspettare i decreti attuativi, “come si dice il diavolo si nasconde nei dettagli”, ma il “quadro di riferimento del Jobs Act va in una direzione positiva”.
Sulla stessa pagina il quotidiano spiega che il ministro Poletti – mentre si attende per il 4 dicembre il via libera definitivo al Senato – sta lavorando ai decreti legislativi: “Poletti: a metà dicembre il dlgs sui contratti a tutele crescenti”.

Terza via

Il Sole 24 Ore offre due contributi anche per presentare il numero di domani del supplemento IL, dedicato alla Terza via blairiana, a 15 anni dalla nascita. “Anniversari e attualità della Terza via”. Blair parte dalla conferenza di Firenze, nel pieno della crisi balcanica, con Clinton e “i politiici della sinistra progressista europea”. Renzi dice che la sinistra è abituata ad affezionarsi troppo “ai cambiamenti che ha realizzato negli anni passati”, e che “nemmeno alla Terza via è oggi possibile affezionarci”, anche se è stata una bussola fondamentale. Il titolo: “Va superato lo statalismo della vecchia sinistra”.
Il Corriere intervista Blair, oggi inviato per la pace in Medio Oriente e “superpagato conferenziere e consulente di multinazionali”, come lo presenta il quotidiano. “La modernizzazione che Matteo Renzi sta cercando di portare in Italia è la sola strada per una forza progressista che vuole creare una società più giusta ed eguale”. Sulla crisi economica: “E’ impossibile ridurre il debito se non si ha crescita. E’ necessario per l’eurozona combinare misure per lo sviluppo nel breve periodo, varando riforme che nel lungo termine renderanno quella crescita sostenibile”. Blair dice di essere preoccupato dalla prospettiva di una uscita del suo Paese dall’Europa, “però non credo ci sia una maggioranza della popolazione favorevole all’uscita”. Sulla Russia dice che “la cosa migliore è tenere fermi i nostri valori” e per esempio l’Europa dovrebbe “agire con fermezza di fronte alla destabilizzazione dell’Ucraina”. Ma cooperare con Mosca “è indispensabile” pensando al Medio Oriente, all’Isis, ai negoziati con l’Iran.

Internazionale

Su La Repubblica: “’Nazione ebraica’, Rivlin contro Netanyahu”, “Il presidente attacca il premier per la proposta di legge che farà diventare la Torah fonte del diritto. ‘E’ anti-democratica e spaccherà il Paese’. La protesta della comunità araba e delle altre minoranze”. Con due interviste. La prima a Moshe Feiglin, deputato del Likud, che dice: “E’ un testo necessario per preservare i valori che ci contraddistinguono”. E Itzhak Herzong, leader dei laburisti: “Bibi ha fallito, ora lasci, così infiammerà la regione e ci renderà più insicuri’”.
Bernard-Henry Lévy sul Corriere spiega perchè “è pericoloso” il riconoscimento dello Stato palestinese, illustrando “tre motivi” per chi il parlamento francese, e non solo, non dovrebbe fare questo passo”.
La Stampa intervista il gran Muftì di Turchia Mehmet Gormez, alla vigilia della visita di Papa Bergoglio: “Benvenuto al Papa, ma il dialogo tra fedi è un’altra cosa”, “Il dialogo interreligioso riguarda soltanto le diverse confessioni cristiane, non l’Islam. Ma è possibile che le istituzioni religiose parlino fra di loro sulle questioni morali del mondo”.
Da La Stampa segnaliamo anche un’intervista a Dan Feldman, inviato di Obama per l’Afghanistan: “A Kabul gli alleati Nato rispettino gli impegni presi”.
E su La Stampa Maurizio Molinari firma un “focus” dove si legge che la Lega araba è s”edotta dallo zar Putin”: al summit a Khartoum, che inizia martedì prossimo, Mosca sarà protagonista.

E poi

Il Sole oggi ospita anche un intervento di Giorgio Napolitano, che sarà pubblicato in un magazine che uscirà domani: “Il ruolo creativo delle istituzioni. Il rammendo delle periferie. L’opera di Renzo Piano e un ritorno alle origini dei senatori a vita”. Dove si spiega la nomina dell’architetto a senatore a vita.