La Repubblica: “Primarie record, ballottaggio Bersani-Renzi. Code e affluenza a quasi 4 milioni. Al segretario il 44,2 per cento contro il 36,2 dello sfidante. Dati parziali: Vendola al 15,1 per cento, Puppato al 2,9, Tabacci all’1,2. Il leader Pd: ‘Giornata straordinaria’. Il sindaco: ‘Siamo in testa nelle regioni rosse’”. Di spalla le dichiarazioni di Monti ieri da Fazio: “Deciderò io del mio futuro ma aperto a tutte le possibilità”.
Il Corriere della Sera: “Renzi porta Bersani al ballottaggio. Il segretario: le primarie un regalo al Paese. Lo sfidante: vinco nelle zone rosse”. A centro pagina: “Si spegne nelle urne in Catalogna il sogno secessionista”.
Il Giornale: “Bersani è primo. Ma Renzi ha vinto”. Di spalla, sul Pdl, si scrive che è “vicina la svolta”: “Berlusconi è pronto a dimettersi dal Pdl. E prepara la sua lista”. A centro pagina, una grande foto di Gad Lerner: “Gad, il missionario fazioso che va in crisi senza il Cav”, “Lerner a picco negli ascolti”.
La Stampa: “Ballottaggio Bersani-Renzi”. A centro pagina, grande foto della fila ai seggi per votare alle primarie.
Il Fatto quotidiano, sulle primarie: “Partita aperta”, “Bersani in testa col 44,3%. Renzi (36,3%) sogna il colpaccio”. E il sommario: “Boom di votanti alle primarie del centrosinistra: quasi 4 milioni. Domenica prossima il ballottaggio tra il segretario e il sindaco di Firenze. Mercoledì faccia a faccia su Rai Uno”.
Primarie
Sul Corriere, in prima, un’analisi di Maria Teresa Meli evidenzia come gli equilibri nel partito siano stati “cambiati dal ‘ragazzetto’”. Nell’incipit si riferiscono le parole di Franco Marini (“Le liste le faremo noi, mica lasceremo mettere bocca al ragazzetto”) e di Rosy Bindi (“I candidati li deciderà il partito, di certo non Renzi”) e si commenta: “Nella notte delle primarie queste parole sembrano scritte sull’acqua”. Perché comunque vada a finire la partita del secondo turno, Matteo Renzi ha strappato il ballottaggio, e sulla scena rimangono solo lui e Bersani, “tutti gli altri sono come d’incanto scomparsi, anche se Massimo D’Alema dice la sua e Bindi rappresenta il Pd di rito bersaniano”; la sfida è tra il sindaco e il segretario e, inevitabilmente, il primo, “che rappresenta una fetta importante dell’elettorato del centrosinistra, metterà becco nella gestione della linea politica”. Un paletto Renzi lo vuole piantare da subito, a prescindere dal voto di ballottaggio: “Abbiamo imposto l’agenda e stiamo cambiando per sempre questo partito. Poi proveranno ad ‘ammazzarci’ ma va bene lo stesso”.
Paolo Gentiloni, che tra i parlamentari del Pd è stato uno dei primi a rompere gli indugi e a schierarsi con Renzi, parla di “miracolo”, visto che “Renzi aveva il 90 per cento dell’apparato del Pd contro”. E dà un consiglio a tutti per la prossima settimana: “Dobbiamo confrontarci a viso aperto senza agitare lo spauracchio di rotture. Bisognerà imparare come si fa in tutti i Paesi del mondo, cioè scegliere il candidato che farà vincere il Pd”. Il quotidiano sottolinea che si sono già aperte le polemiche sulle regole, su chi potrà votare al secondo turno. Ma nel frattempo Bersani, soddisfatto dell’affluenza, dice: “Le primarie sono state uno strumento utilissimo per respingere il tentativo di chi cercava di mettere fuori gioco il Pd. Le primarie aprono al dopo Monti”. Perché su questo sono d’accordo Renzi e Bersani: mai più un governo di tecnici. Renzi è convinto che semmai dovesse vincere, il Pd riuscirebbe ad allargare il suo bacino elettorale. Ed il suo obiettivo è l’evoluzione del partito del Lingotto a vocazione maggioritaria, tanto che il sindaco ritiene che non occorra stringere alleanze con l’Udc: “Se vinco io alle primarie – dice Renzi – di certo non mi metto con Casini”. Non la pensa così Bersani, secondo cui il mito dell’autosufficienza del Pd sarebbe un errore.
Su La Repubblica, in un retroscena: “Il segretario ora punta su Nichi, ‘bisogna per forza trattare con Sel o al secondo turno si può rischiare’”. Per il quotidiano al momento il governatore della Puglia esclude il suo sostegno, ma si tratta dell’inizio di una trattativa: Vendola rivendica un ruolo chiave nel futuro governo, ma nell’entourage pugliese da giorni si parla esplicitamente anche dell’aspirazione di Vendola per una poltrona di commissario europeo.
Secondo La Repubblica il sud è stato il “granaio” di Bersani, mentre Renzi prevale in Umbria e in Toscana, ma non ha “sfondato” nel Nordest. Sulla stessa pagina una intervista a Romano Prodi, che conferma di volersi recare a votare al ballottaggio, ma insiste nel non rivelare per chi: considera straordinario il risultato dell’affluenza anche se – ricorda – nella sfida del 2005 che lo vedeva protagonista, si arrivò a 4 milioni e mezzo di votanti.
Anche Massimo Giannini su La Repubblica celebra il successo delle primarie, la vittoria della politica e della democrazia, e cita il sondaggio pubblicato da Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, in cui si evidenziava come Renzi raccogliesse anche sul fronte dell’elettorato del centrodestra: “Questa, nella proiezione delle elezioni politche del 2013, è oggettivamente la sua forza – scrive Giannini – Ma questa, in vista del ballottaggio di domenica prossima, è anche la sua debolezza. Per quanto ci sia una componente protestataria e antinomenklatura anche nella sinistra radicale di Vendola, è difficile pensare che chi ha votato per il leader di Sel al primo turno dirotterà i suoi voti su Renzi al secondo. E la stessa cosa si può dire per chi ha votato Tabacci e la Puppato”.
Su Il Fatto, in prima, il commento sulle primarie è affidato a Ferruccio Sansa: “Lezione per tutti, il centrodestra ora chiuda con B.”. Dove si legge: “’Abbiamo riportato la gente alla politica’. Su una cosa i candidati sono d’accordo: 4 milioni di votanti sono un successo. Riportano il centrosinistra in prima fila sulla scena politica. Legittimano la pretesa di governare senza mendicare l’appoggio Udc. E senza Monti”.Secondo Sansa si tratta di “una vittoria che deve essere salutata con soddisfazione dagli elettori progressisti” e che “serve da stimolo” anche agli avversari, ovvero al Pdl, che “dovrà accelerare la scolta del dopo Berlusconi se non vuole sparire con lui”. Tuttavia non si deve far credere che “le file ai seggi siano frutto dei comportamenti della classe dirigente del centrosinistra”, che “non ha cambiato di una virgola la sua rotta dopo i rovesci degli ultimi anni. Ha rappresentato, impossibile negarlo, un’opposizione debole, contraddittoria, se non quasi compiacente, al berlusconismo. Se il Cavaliere è finito gambe all’aria, non è certo perché sia stato incalzato da chi avrebbe avuto mille occasioni per farlo”. Insomma, secondo Sansa, si tratta di un successo “che non legittima gli errori”.
Ieri nella trasmissione tv di Fazio il Presidente del Consiglio Monti è stato sollecitato sul suo futuro politico. Il Corriere ricorda che la scorsa settimana il presidente della Repubblica sembrava aver consigliato al professore di star fuori dalla campagna elettorale in attesa del risultato del voto, per eventualmente tornare in pista come riserva della Repubblica. Ma ieri è stato come se Monti volesse rimarcare una totale autonomia sulle sue possibili scelte: “io rifletterò su tutte le possibilità, nessuna esclusa”, tutte quelle per le quali “ritengo di poter dare un contributo per una Italia europea”.
Su Il Giornale, un commento in prima di Adalberto Signore scrive che “la storia tra Silvio Berlusconi e il Pdl, sua creatura politica, è finita”. “Giovedì il Cavaliere si dimetterà dalla presidenza del partito, nato dal ‘predellino’, e annuncerà in tv la fondazione di un nuovo soggetto politico: Forza Italia”.
Sullo stesso quotidiano, una intervista a Sandro Bondi, che dice: “Ci vuole uno shock, e questa scossa può darla solo il Presidente Berlusconi”. State per lanciare un nuovo partito? “Non lo chiamerei partito, almeno nel senso tradizionale”. E che cos’è? “Semmai un movimento leggero, che guardi all’esperienza anglosassone, più che alla partecipazione di casa nostra”. Che ne sarà del Pdl? “Ormai è uno strumento irriformabile, e le primarie non servono a niente. Credo che il Pdl si estinguerà, qualcuno alla fine deciderà cosa fare del marchio e tutto il resto”. Sia l’intervista di Bondi che i retroscena pubblicati su Il Giornale evidenziano l’accusa nei confronti di Alfano di aver stretto un accordo con la componente ex An, con un risultato, secondo Bondi, che “il Pdl è stato snaturato”. E la rivoluzione liberale “è andata in soffitta”, mentre il Pdl è diventato un partito “corporativo”.
La Stampa intervista l’ex ministro Giancarlo Galan, che delle primarie possibili nel centrodestra dice: “Le fanno per regolare i conti interni, così sono inutili”, “Angelino ha sbagliato a circondarsi del vecchio apparato”; dice Galan che Alfano “ha trasformato il partito di massa liberale che si era costruito con un partito di destra e notevoli fondamentalismi”. Secondo Galan ci sono due destre: “Una che guarda l’esempio europeo, liberale e che piace a me; l’altra che è basata sui corporativismi, chiusa sui temi delle libertà civili, addirittura un po’ talebana come si è dimostrato sulla vicenda Englaro”.
Su La Repubblica una intervista a Gianni Alemanno: “Senza le primarie salta il partito, basta con le leaderhisp carismatiche”. “Con tutto il rispetto per chi ha fondato il partito, il presidente Berlusconi, le primarie sono state convocate per confermare una nuova leadership. Riavvolgere il nastro lo trovo irrazionale, appunto, e poi il nostro elettorato non capirebbe”. “Le primarie non sono mai inutili. Sono da confermare, anche con Berlusconi in campo”. E ancora: “La prima speranza è che Berlusconi non lasci il partito. Ma se dovesse farlo, l’unica scelta da perseguire sarebbe quella di rifondare un nuovo partito, con altro nome, insieme alla classe dirigente che ha creduto nel progetto di rinnovamento del Pdl”.
“Il Pdl resta ostaggio di Berlusconi”, titola La Stampa, secondo cui “sale l’ipotesi di un ritorno a ‘Forza Italia’, con il nome ‘Forza italiani’. Alfano per il momento resiste”. Un chiarimento potrebbe arrivare oggi quando il Cavaliere (parla mentre scriviamo) sarà ospite di Canale 5.
Internazionale
“Catalogna, vincono gli altri separatisti”, “tracollo degli indipendentisti moderati del presidente Mas, boom della sinistra anti-Madrid”. Con questo titolo La Stampa dà conto delle elezioni legislative in Catalogna, e spiega: “Nel nuovo Parlamento ci sarà sulla carta una (variegata) maggioranza indipendentista, ma quella di Mas è una vittoria di Pirro. Il governatore non solo non conquista quel ‘mandato eccezionale’” che aveva invocato indicendo le elezioni anticipate, ovvero la famosa maggioranza assoluta dei seggi (68 su 135) necessaria ad avviare un percorso referendario pro-secessione, ma crolla nei consensi rispetto a due anni fa: dopo il 68 per cento di schede scrutinate, si fermerebbe a 48 seggi, contro gli attuali 62. A fare il pieno sono piuttosto le formazioni di sinistra indipendentista: Esquerra Repubblicana de Catalunya (ERC) in primis, che guadagna il 6,3 per cento sul 2010. Premiata peraltro da una affluenza ai seggi storica: 67,5, contro il 58 per cento del 2010. L’inviato de La Stampa Marco Alfieri scrive che il governatore Mas avrebbe pagato l’azzardo secessionista, ma anche la crisi economica, i licenziamenti, la riduzione dei servizi pubblici e l’enorme debito regionale, “che ha tentato di nascondere strumentalizzando l’autonomismo”.
La Repubblica evidenzia come ogni decisione sul futuro della Regione dovrà ora passare per una difficile mediazione. Anche il Corriere, che interpella Manuel Milian Mestre, sottolinea questo dato: “Sarà molto difficile per Mas governare senza restare ostaggio della sinistra”, dice.
Su La Repubblica attenzione anche per la Grecia, con questo titolo: “Un milione di malati in fila greci curati dalle Ong internazionali”, “catastrofe umanitaria innescata dai tagli alla sanità”. Secondo “doctors of the world” prima arrivavano solo gli immigrati, ora il 50 per cento sono locali. E sono introvabili oltre 100 medicinali di prima necessità. Ancora su La Repubblica si scrive che l’ex premier Blair sarebbe pronto a candidarsi di nuovo alla presidenenza dell’Ue: “Blair contro l’euroscetticismo, ‘Londra fuori dalla Ue è finita’”. Blair farà dopodomani un importante discorso alla conferenza del Business for new Europe a Londra. E, secondo le indiscrezioni dell’Observer, scenderà in campo a favore di una Europa più unita, con Londra che ne fa attivamente parte.
In prima su La Stampa un commento dell’intellettuale israeliano Abraham B. Yehoshua: “Perché serve un accordo con Hamas”.