Renzi: così taglierò le tasse

Pubblicato il 11 Marzo 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Corriere della Sera: “Giù le tasse ma non per tutti”, “Renzi: più soldi a chi guadagna fino a 1.500 euro al mese”.

A centro pagina: “Tre bambine uccise. La madre: sono stata io”.

La Repubblica: “Renzi: così taglierò le tasse”, “’Più soldi a chi guadagna poco’. Il pm Cantone all’Autorità anticorruzione”.

A centro pagina: “Uccide le tre figlie a coltellate. ‘Ero disperata e sola’”.

La Stampa: “E’ duello tra Renzi e la Cgil”, “Camusso minaccia lo sciopero. La replica: ce ne faremo una ragione”. A centro pagina: “Europa, viaggio tra i giovani prima del voto”, “Il rapporto tra le nuove generazioni e Bruxelles: si parte dall’Ungheria che guarda a Est”.

L’Unità: “Renzi: priorità alle famiglie. Il premier orientato a tagliare l’Irpef. ‘Mercoledì il piano da dieci miliardi, no al derby tra sindacati e Confindustria”. “La Cgil: ci ascolti o sarà mobilitazione. Cantone commissario anti-corruzione”.

Da segnalare in prima anche una intervista al viceministro all’Economia Enrico Morando, che dice: “Il taglio Irap aiuta il lavoro”

Il Giornale ha in apertura un’intervista al consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti: “le mosse di Forza Italia”, “Renzi? Lo attende un ‘mercoledì da leoni’ in aula. E Alfano sembra Fini’. Oggi si vota l’Italicum: legge in balìa delle deputate”.

In apertura a sinistra: “La promessa di Matteo: ‘Taglio le tasse ma nessuno ci crede’”.

A centro pagina, foto del nostro ministro degli Esteri sotto il titolo: “Federica Mogherini. La fan di Arafat ha in mano la politica estera”, “a neo ministro tifa per islam e Palestina. E usa ‘Bella ciao’ come ninna nanna”.

Renzi e tasse

Il presidente del Consiglio ieri è stato ospite di ‘Che tempo che fa’ di Fabio Fazio. Ha spiegato -racconta il Corriere– che l’abbassamento delle tasse che sarà portato mercoledì in Consiglio dei ministri deve servire soprattutto “per lasciare qualche decina di euro in più nelle tasche delle famiglie”, a chi per esempio guadagna 1500 euro al mese. Renzi ha parlato di un “derby” tra Confindustria e Cgil sulla riduzione della tasse (Irpef per i lavoratori o Irap per le imprese, ndr.) ed ha spiegato: “chiederò loro che cosa hanno fatto per questo Paese negli ultimi venti anni, Noi ascolteremo tutti, ma cosa c’è da fare lo sappiamo perfettamente da soli”.

Il Corriere sottolinea che non è l’unica staffilata indirizzata dal premier alla Cgil. E alla sua segretaria generale Susanna Camusso, che lo ha accusato di culto della personalità: “Comunque, è la cosa più carina che ha detto da parecchio tempo a questa parte”. Poi ha parlato del sussidio di disoccupazione ed ha detto che “ha ragione il ministro Poletti (ministro del Lavoro, ndr.). Il sostegno per i disoccupati ci sarà, ma chi lo prende non dovrà stare a casa o al bar. Dovrà dare una mano in Comune o in biblioteca. Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione”, del resto “i sindacati negli ultimi anni hanno accettato tutto”. E per finire, l’auspicio che gli stessi sindacati “mettano online tutte le loro spese”. Un Renzi “anticonsociativo” come non si vedeva da mesi, commenta La Stampa dando conto delle stoccate a Confindustria e sindacati. Che è parso chiarire quale destinazione avrà il taglio dei 10 miliardi al cuneo fiscale: per La Stampa forse tutti andranno ad alleviare l’Irpef delle famiglie con reddito medio-basso. Le imprese, invece, secondo il quotidiano, dovrebbero essere premiate con sgravi di varia natura, con un ‘fisco amico’ e con la restituzione dei debiti vantati con la Pubblica Amministrazione. Una scelta che, se confermata, troverà l’appoggio dei sindacati e forse anche per questo Renzi mostra insofferenza per le critiche preventive della Cgil.

L’editoriale del Corriere, firmato da Enrico Marro, interviene sul dibattito tra taglio dell’Irpef e taglio dell’Irap, e ricorda che anche il governo Letta è intervenuto con un taglio sulle tasse sui salari, che ha però prodotto un “effetto impercettibile sui salari netti”. Il taglio delle tasse deve essere improntanto alla “selettività” e alla “efficacia”, scrive Di Vico. L’editorialista ricorda anche che l’Irap, essendo una imposta che colpisce il valore della produzione netta, finisce per colpire le aziende ad alta intensità di manodopera, perché il costo del lavoro non si può detrarre dall’imponibile. In Italia l’Irap che grava sul costo del personale ammonta a circa 8 miliardi, ed “eliminare questa voce chiuderebbe una volta per sempre la diatriba sulla ‘tassa che colpisce il lavoro’ e certamente migliorerebbe le condizioni di molte imprese e dei loro addetti e renderebbe meno costose le assunzioni”. Marro segnala anche la posizione, diversa rispetto alla linea di Confindustria, del presidente degli industriali veneti, Roberto Zuccato, secondo cui sarebbe meglio tagliare l’Irpef sui lavoratori a reddito basso.

Su La Repubblica, due intere pagine dedicate al sindacato Cgil: “La Camusso va all’attacco: ‘Il governo ci ascolti o siamo pronti allo sciopero’. Il direttivo: subito misure su lavoro e fisco”. E nella pagina di fianco, attenzione per il segretario generale della Fiom: “Scatta l’Opa di Landini sulla Cgil, il patto con Renzi cambia il sindacato”, “Fiom, filodiretto con Palazzo Chigi. La segretaria nell’angolo”.

Da segnalare sul Corriere un articolo di Dario Di Vico che si soffera su due argomentri: il conflitto di interessi per la presenza di Giuliano Poletti nel governo, ed il dibattito interno alla Cgil, dopo la pubblicazione su La Repubblica, ieri, di una lettera di Maurizio Landini a Matteo Renzi.

Della lettera di Landini parla Il Giornale: “La ricetta-soviet di Landini: caccia ai ricchi e nuove tasse”. “Il leader della Fiom offre al premier il suo piano di rilancio dell’economia in stile socialismo reale: alzare la spesa pubblica colpendo imprese e risparmi”. “Il sindacalista sogna il modello che ha distrutto l’Argentina e altri Paesi”.

La Repubblica: “Renzi: ‘Mercoledì tagliamo le tasse, 10 miliardi pensando alle famiglie’. E attacca sindacato e Confindustria”.

Sulla stessa pagina ci si concentra sul lavoro che sta facendo il Ministero del Tesoro: “I ‘compiti a casa’ degli uomini di Padoan, corsa contro il tempo per le coperture”, “Ancora incerte le risorse per garantire la maxi-riduzione fiscale.”. Dove si legge che “è un salto senza paracadute quello compiuto ieri sera da Matteo Renzi con l’annuncio di un taglio delle tasse da 10 miliardi di euro. Perché, semplicemente, quei soldi ancora non ci sono, almeno non tutti.

Ai “debiti dello Stato” il Corriere dedica un’intera pagina: “Sanità, 1.260 giorni per una fattura”. La Commissione europea ci contesta la violazione della direttiva che fissa un limite di tempo ridotto, 30 o 60 giorni, a seconda dei casi, per saldare le fatture dello Stato e degli enti locali.

La Stampa: “Le spine di Matteo: fondi scarsi, governo diviso e i veti della Ue”. Le divisioni sono testimoniate dal diverso orientamento del Ncd di Alfano, che vorrebbe un taglio del 70% dell’Irpef e un 30% dell’Irap. Quanto all’Europa, ha posto un veto all’uso dei fondi Ue per tagliare il cuneo fiscale, la scorsa settimana ha messo sotto accusa i nostri eccessivi squilibri macroeconomici (debito record, crescita zero e scarsa competitività). Per spiegare i piani dell’Italia oggi il ministro dell’Economia Padoan sarà al vertice dell’Eurogruppo, dove ci si aspetta che illustri il pacchetto di provvedimenti che l’Italia pensa di adottare.

Nell’inserto Affari & Finanza de La Repubblica segnaliamo un’intervista al presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassannini: “P.A., mai più fatture nel cassetto”. Spiega Bassanini: “Bisogna stabilire in maniera inequivocabile, prevedendo anche sanzioni severe per i funzionari che non si adegueranno, che di fronte alla presentazione di una fattura l’amministrazione ha solo tre possibilità: pagarla; certificarla se la prestazione è stata effettuata ma non ha i soldi per saldarla subito; contestarla se la prestazione non è stata effettuata o non è in linea con il contratto. Metterla nel cassetto non può più essere un’opzione”.

Legge elettorale

“Ultima chiamata per la parità di genere”, titola La Stampa ricordando che oggi l’Italicum torna all’esame della Camera. “Renzi apre: ‘Se troviamo una soluzione che va bene a tutti sono felice”, riferisce poi il quotidiano. Le deputate che hanno rivolto una lettera-appello bipartisan per l’introduzione della parità di genere saranno vestite di bianco. Gli emendamenti che la introdurrebbero sono stati accantonati la scorsa settimana. Il quotidiano intervista il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta, che dice: “la corda è stata tirata troppo”, “per l’alternanza uomo-donna resta poco tempo”. Ricorda Brunetta che “parte politica fondante” dell’accordo tra Renzi e Berlusconi “era la clausola secondo cui qualunque modifica si sarebbe potuta introdurre solo nel caso in cui entrambi fossero stati d’accordo”.

Su Il Giornale una ampia intervista a Giovanni Toti, che dice di aspettare il premier al “big wednesday”, citazione cinematografica riferita al giorno dell’annuncio sul jobs act, taglio delle tasse e futuro del governo. Toti dice che “non si è ben capito” cosa Renzi abbia intenzione di fare sulla riduzione del cuneo fiscale e sull’utilizzo dei fondi europei. Sulla legge elettorale e la questione parità: “é il frutto di un patto tra diverse forze politiche e si modifica solo se tutti sono d’accordo”. Oggi “alla Camera verificheremo ufficialmente se qualcuno proporrà modifiche e le valuteremo con il consueto senso di responsabilità”. Toti dice che preferirebbe lasciare agli elettori “a scegliere senza vincoli, a seconda di merito e capacità”, e ricorda che è stato Berlusconi “il primo a portare al governo una delegazione femminile corposa, giovane e preparata”. E’ importante che il dibattito sulla parità di genere non diventi un’escamotage per “riduscutere ogni giorno una intesa frutto di equilibri delicati”.

Su Il Messaggero viene intervistato Gaetano Quagliariello: “Sulle quote rosa niente strappi. E in Senato non rinunciamo a migliorare questa norma”. Tra i punti da modificare, Quagliariello individua le soglie, e di che sarebbe meglio individuare una unica soglia di sbarramento (al 4, al 4,5 o al 5 per cento) per entrare in Parlamento, indipendentemente dal fatto che si sia o meno in coalizione con qualcun altro. Sulle quote dice che sarebbe utile una “disposizione che aiuti la società a cambiare” ma “senza rigidità permanenti che diventerebbero illiberali”.

Il Corriere della Sera intervista Stefania Prestigiacomo, di Forza Italia: “I maschi con lo scrutinio segreto vogliono conservare la poltrona”. Prestigiacomo è una delle novanta parlamentari di tutti i gruppi che hanno firmato un appello per chiedere l’applicazione della parità di genere nella composizione delle liste elettorali. Prestigiacomo ricorda che nella bozza di legge elettorale in discussione è già prevista la presenza paritaria di uomini e donne nelle liste, ma “siccome le liste sono bloccate, determinante è la posizione che si assegna nella lista” ed è qui che l’Italicum “è debole”. La richiesta è di indicare “quanti capilista debbano essere assegnati a ciascun sesso e che alternanza ci sia poi nelle liste”. Sul suo partito: “Berlusconi deve fare i conti con un partito che su questo tema mostra ancora, dopo tanti anni, atteggiamenti gravemente retrogradi… Che poi, intendiamoci, i nostri maschietti sono retrogradi solo se c’è il rischio che qualcuno gli porti via la poltrona. Perché se no…”

Sullo stesso quotidiano viene intervistata Rosy Bindi, che definisce “principio non negoziabile e irrinunciabile” quello della parità di genere: “Se non c’e’ io mi riservo di non partecipare al voto”.

Internazionale

Su La Repubblica la corrispondenza da Kiev di Bernardo Valli: “A Majdan l’orgoglio ucraino, la folla ritorna in piazza, ‘Nessuno tocchi la nostra terra’”, “Rabbia e rassegnazione a Kiev: ‘Mosca vuole umiliarci’”. In Crimea l’inviato Nicola Lombardozzi: “La Crimea si sente già russa: ‘Ecco la nostra primavera’”, “Lo slogan del premier. Scontri a Sebastopoli”. Con copyright di Le Matin Dimanche, su La Repubblica compare anche un’intervista a Nina Krusceva, nipote di Nikita Krusciov, che nel 1954 decise di “cedere” la Crimea all’Ucraina: “Avvenne nel 1954, un anno dopo la morte di Stalin. Mio nonno cercava di decentralizzare l’Urss, cedere la Crimea all’Ucraina andava in questa direzione”, “Voleva ricompensare questa regione, il cui frumento aveva nutrito l’Unione sovietica dopo la Seconda guerra mondiale, e scusarsi per l’Holodomor, la grande carestia degli anni Trenta”. Dice la Krusceva, che è professoressa di relazioni internazionali alla New School di New York: “Vladimir Putin è un uomo piccolo. Soffre di un complesso di Napoleone che lo spinge ad agire in modo radicale”.

Sul Corriere della Sera la cronaca dalla “piazza di Donetsk, in mano ai filorussi”. Ieri una manifestazione filorussa di almeno 25 mila persone. “Nelle regioni dell’est ucraino cresce la richiesta di voto separatista”, dice il quotidiano.

Il Corriere della Sera: “Un referendum senza controlli, difficile riconoscerlo”. Si tratta di una intervista al segretario generale Osce Lamberto Zannier. L’Osce per tre volte non è riuscia ad entrare in Crimea. “Speravamo di calmare un po’ gli animi”, dice Zannier, che spiega anche come il mandato della missione sia ormai in scadenza. “Domenica c’è il referendum, non credo che potremo fare più molto. Mosca non dà garanzie, le autorità ucraine sono sparite. Ora Kiev ci chiede di mandare degli osservatori a Donetsk, a est, vedremo”. Sul referendum: “Viene organizzato in meno di due settimane, non c’è campagna elettorale, non c’è trasparenza. Non credo otterrà un riconoscimento della comunità internazionale”. Secondo Zannier Putin punta ad una Crimea “zona grigia”, una “Transnistria autonoma non annessa, controllata dai suoi soldati”. Sull’Europa: “Ci si è mossi tardi. Ma il problema nasce da lontano, tutte le partnership dell’est con l’Europa sono problematiche. Yanukovich faceva da garante tra Ue e Russia. Ma quando a novembre Mosca non è stata più al gioco ed ha mollato il progetto Vilnius per l’adesione alla Ue tutto è saltato, e nemmeno l’Ue è stata estranea a quel che è successo: ha trascurato il dialogo con Mosca. Ora l’Osce, dove siede anche Mosca, può essere utile. L’Ue non creda di risolvere da sola questa crisi”.

Il Messaggero intervista Serghey Kunitsin, per due volte premier della Crimea, il più alto rappresentante del governo di Kiev a Simferopoli. Ricorda che la comunità ucraina rappresenta il 24 per cento della popolazione, dice che al voto probabilmente andrà meno del 50 per cento della popolazione, “ma questo importa poco, i protocolli e i bollettini possono essere falsificati con una fotocopiatrice”. Il titolo: “Il referendum sarà una farsa, si voterà con le armi puntate”.

Il Giornale intervista Michael Ledeen esperto di geopolitica, descritto da alcuni come “Eminenza grigia” di Renzi “presso gli ambienti che contano a Washington”. Risposta: “Gli ambienti che contano a Washington raramente ascoltano me. Matteo Renzi usa canali ufficiali, non privati. Ai tempi di Bettino Craxi io comunicavo direttamente con il Presidente del consiglio su temi come gli Euromissili, l’America centrale, durante il sequestro della Achille Lauro o la crisi di Sigonella ma lo facevo da referente ufficiale dell’Amministrazione Reagan”. Su Obama dice di aver “perso il conto” degli alleati Usa “abbandonati o addirittura derisi dal Presidente Obama”, e cita Netanyahu, Sarkozy, i “leader polacchi e cechi” e gli “alleati strategici degli Usa liquidati con la primavera araba” . Il titolo: “Il vero errore di Obama: troppi alleati abbandonati”.

Il Corriere della Sera dà notizia della missione di Chaterine Ashton a Teheran, prima visita di un capo della diplomazia europea dopo Solana nel 2008. “Ashton a Teheran: l’accordo non è certo”.

Su La Stampa un articolo si racconta di come le famiglie dei condannati a morte in Iran si stiano organizzando – usando i social network – sfruttando la norma della legge islamica che prevede la scarcerazione del condannato se la famiglia della vittima riceve un adeguato risarcimento. “Iran, sui social network le collette per salvare i condannati a morte”.