Ultimissime sul rapporto Juncker-Renzi

Pubblicato il 26 Febbraio 2016 in da redazione grey-panthers

In apertura, Il Corriere della Sera: “In Senato il primo sì alle unioni civili”, “Approvata la legge. Renzi: ‘Ha vinto l’amore’. Polemiche su Verdini che vota la fiducia”, “A favore in 173, i no sono 71. I Cinque Stelle lasciano l’Aula. Il ministro Alfano: fermate le adozioni contro natura”.
Il quotidiano intervista oggi su questo tema il ministro della Giustizia Andrea Orlando: “’Stepchild, ora il Pd agirà’”.
A centro pagina, foto di famiglie di profughi in Grecia: “Migranti, rotta sulla Puglia per aggirare i Balcani”, “Atene richiama l’ambasciatore a Vienna”.
Di fianco: “Missioni speciali, Tornado e navi. L’impegno in Libia”, “Atteso il via libera da Tobruk”.
A fondo pagina: “’Non fermò i bulli’. Accuse alla preside”, “Pordenone, secondo i pm due ragazzi avrebbero spinto una compagna al suicidio”.
Poi, sugli “abusi in tv su bimbi e malati”, sui casi di maltrattamenti ai ripresi da telecamere in case di riposo e asili, un intervento di Susanna Tamaro: “L’orrore in diretta dei senza scrupoli”.
Infine, un’analisi di Enzo Moavero Milanesi sull’incontro che ci sarà a Roma tra Matteo Renzi e il presidente della Commissione Ue: “Quanto è utile l’aiuto di Juncker”.

La Repubblica: “Unioni civili, il via libera del Senato. Renzi: passo storico, ho rischiato”, “Sì alla fiducia con i voti dei verdiniani. Alfano: ‘La stepchild era contro natura’. E’ polemica”. Il quotidiano ha un “colloquio” con lo stesso Renzi.
I commenti: “La nuova breccia di Porta Pia” (Francesco Merlo) e “Il trasformismo e i diritti di libertà” (Stefano Folli).
Più in basso, foto di un bambino soccorso da una nave italiana nei pressi di Augusta, in Sicilia: “I migranti assediano la Grecia. La Ue: 10 giorni per evitare il caos”, “Atene richiama l’ambasciatore a Vienna”.
Sul cessate il fuoco in Siria un commento di Bernardo Valli: “Un filo di luce per la Siria”.
A fondo pagina: “Wikileaks, Obama telefona al premier, ‘Faremo chiarezza sui leader spiati’”, di Arturo Zampaglione.
In prima anche il richiamo all’intervista a Roberto Saviano: “Per il Pd Napoli non esiste e de Magistris è stato un disastro”.
Sulla colonna a destra un lungo commento dell’ex direttore Ezio Mauro: “Il populismo d’Occidente che cancella i moderati”, “In Europa come in Usa un vento radicale piega la destra moderna”.

La Stampa: “Le unioni civili passano al Senato con il sì di Verdini”, “Le opposizioni: ma così cambia la maggioranza”, “Votata la fiducia. Renzi: ‘Vince l’amore’. Alfano indagato per abuso d’ufficio”.
Racconta “la giornata a palazzo”, ieri, Mattia Feltri: “Tutti uniti dal partito del trolley”.
In prima la foto di oggetti recuperati sui barconi dei migranti a Lampedusa, dove il collettivo “Askavusa” ne ha fatto un museo: “Migranti, Atene sfida il blocco dei Balcani”, “La Grecia richiama l’ambasciatore da Vienna”, “Mille profughi verso la Macedonia. L’Ue: soluzione entro 10 giorni o collasso”.
“Tra amici certe cose non si fanno”, scrive Stefano Stefanini in riferimento al richiamo dell’ambasciatore greco a Vienna.
Sulla colonna a destra: “Sorpresa, gli Usa diensori della privacy”, sul caso Wikileaks. Di Massimo Russo.
Più in basso anche le contestazioni allo “Human Technopole” , il “polo della scienza”che dovrebbe sorgere a Milano in area Expo (ieri contestava la scelta la senatrice Elena Cattaneo su La Repubblica): “Le contestazioni sono figlie dell’ignoranza”, scrive Roberto Cingolani.
Sul caso Regeni: “L’ultima mail: ‘Temo di essere stato schedato’”.

Il Fatto: “Indagato Alfano: contronatura è che faccia ancora il ministro”, “Pressioni del Viminale. Inchiesta sulla cacciata del prefetto anti-Crisafulli” (il riferimento è a Vladimiro Crisafulli, già parlamentare Pd e coordinatore del partito ad Enna, oltre che grande sponsor dell’università Kore, ndr.), “Nel giorno in cui il leader Ncd si vanta di aver sventato la stortura ‘antropologica’ delle adozioni gay, arriva l’indagine che travolge il ministero dell’Interno (anche il viceministro Bubbico), per la cacciata di Fernando Guida, che aveva commissariato la fondazione di ‘Mirello il rosso’”.
Sulle unioni civili: “Il partito dell’amore di Verdini e di Renzi benedetto da Re Giorgio”, “La Cirinnà dimezzata, sono decisive le truppe di Denis”, “”’Ha vinto l’amore’, dice il premier che il aula al Senato conta 173 voti favorevoli. 71 i contrari (e i 5Stelle fuori da Palazzo Madama). La truppa dell’ex Pdl si schiera compatta con il governo e approva la fiducia. Napolitano fa ancora il presidente della Repubblica: ‘Non serve andare al Colle, i voti di Ala solo aggiuntivi’”.
E sulle unioni civili e lo stralcio della stepchild adoption il quotidiano intervista il professor Stefano Rodotà: “’Noi, sempre più lontani dalla civiltà dell’Europa”’, “’Sono state dette cose razziste. E gravi inesattezze scientifiche, come quelle del presidente dei pediatri. Il risultato è in assoluta controtendenza con la Carta europea dei diritti fondamentali”.
In prima anche una foto sfocata di Berlusconi accanto ad una ragazza: “Si chiama Lavinia: è l’ultima ventenne che piace al Caimano”, “Era nei giovani di Forza Italia”.

Il Giornale, con foto affiancate di Matteo Renzi, Angelino Alfano, Denis Verdini e Giorgio Napolitano: “Governo contro natura”, “Unioni civili, la fiducia passa coi voti di Ala, Napolitano benedice la nuova maggioranza”, “L’ira del popolo del Family Day: Renzi la pagherà cara”.
A questi tema è dedicato l’editoriale del direttore Alessandro Sallusti .
A centro pagina: “Italia verso l’intervento in Libia”, “Il Consiglio di Difesa smentisce Pinotti: ‘Valutata la missione’”.
Poi, sul caso Panebianco: “Bologna, viaggio nell’ateneo ‘okkupato’ a prescindere”, di Luca Fazzo.

Migranti e Ue

“Migranti, è crisi diplomatica in Europa”, titola a pagina 9 Il Corriere della Sera con un articolo di Ivo Caizzi, dando conto del vertice dei ministri degli Interni ieri a Bruxelles e dei contrasti che lo hanno caratterizzato. Alla fine è stato tutto rinviato al summit straordinario che si terrà il 7 marzo. Il commissario Ue per l’Immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos, ha ammonito che, se entro questi dieci giorni non si riesce ad “andare insieme avanti in modo coordinato” e a eliminare le misure “unilaterali, bilaterali o trilaterali”, si rischia il “collasso completo”. La clamorosa decisione della Grecia di richiamare il proprio ambasciatore a Vienna per consultazioni, dopo che l’Austria aveva escluso Atene da una riunione sull’emergenza rifugiati con altri Paesi balcanici, ha anticipato le tensioni della riunione dei ministri. “Non accetteremo che la Grecia diventi un magazzino di anime, il Libano dell’Europa”, ha dichiarato il ministro degli Interni greco Ioannis Mouzalas, minacciano “azioni unilaterali” se i blocchi nei Balcani lasceranno i profughi nel suo Paese. Avramopoulos ha contestato all’Austria di aver introdotto un limite agli ingressi dei rifugiati in contrasto con le norme internazionali. Il ministro degli Interni francese Cazeneuve ha contestato al collega belga Jambon il rafforzamento dei controlli alla frontiera comune temendo nuovi arrivi di profughi dopo l’annunciato sgombero della baraccopoli di Calais. L’Ungheria ha indetto un referendum per revocare l’impegno, concordato a livello Ue, di accettare quote di rifugiati dal Grecia e Italia. Roma, con la Germania e la Commissione europea, chiede di “applicare le misure decise” e di procedere “insieme”. Il responsabile delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) Filippo Grandi ha segnalato che i blocchi alle frontiere nei Balcani possono rilanciare la via mediterranea tra il Nord Africa e l’Italia. L’Ungheria e altri Stati dell’Est hanno criticato Berlino per aver puntato sulla Turchia per frenare i migranti siriani e iracheni, che invece continuano a sbarcare nelle isole greche. E il Consiglio dei ministri Ue ha accelerato il rafforzamento delle frontiere esterne dell’Ue con estensione dei controlli ai cittadini comunitari.
Sulla stessa pagina “lo scenario” di Alessandra Coppola: “I timori del Viminale: coi Balcani bloccati l’onda potrebbe dirigersi verso la Puglia”. I rifugiati che raggiungono le coste greche dalla Turchia, arrivano ad Atene e poi a Idomeni, al confine con la Macedonia: ma qui il passaggio si sta restringendo e quindi potrebbero spostarsi in Albania e, da qui, in Puglia.
Su La Stampa: “La Grecia sfida il blocco balcanico. Richiamato l’ambasciatore a Vienna”. Scrive da Bruxelles Marco Zatterin: “si scatena la furia ellenica. Agitata dal sospetto che l’Austria e gli altri Paesi dell’Europa centrorientale -‘con una mentalità da XXI secolo’- congiurino per sbatterla fuori dall’Area Schengen, Atene ha reagito con una mossa simbolica e d’altri tempi, almeno per il nostro continente”, richiamando l’ambasciatore.
Su La Repubblica: “Migranti, Grecia in crisi, migliaia in marcia. L’Ue: ‘Rischio collasso’”. Andrea Bonanni, da Bruxelles, riferisce le parole del Commissario Avramopoulos: “C’è un rischio che l’intero sistema collassi””, “La possibilità di una crisi umanitaria è molto vicina”. E descrive la situazione a Idomeni, al confine con la Macedonia, dove già sono ammassati circa tremila migranti in attesa di poter passare. In basso, un’intervista a Sara Cresta, di Medici Senza Frontiere, che si trova proprio a Idomeni. Ci sono -scrive Matteo Pucciarelli – 3mila persone accampate: siriani, pakistani, afghani nel campo dell’Unhcr. E rimarranno lì per chissà quanto, visto che le autorità macedoni hanno annunciato che permetteranno l’ingresso nel loro Paese a solo 80 migranti al giorno. Racconta: “la situazione è drammatica”, ieri “la frontiera è rimasta chiusa del tutto. Migliaia di persone vorrebbero continuare il loro viaggio ma ne passano pochissime al giorno, neanche cento; mentre chi non ha documenti e gli afghani vengono respinti. Non sono più considerati rifugiati di guerra, nonostante nei fatti il loro Paese sia ancora instabile”. Quante persone sbarcano in Grecia in questo periodo? “Circa 1.500 a settimana, un terzo è siriano. Vorrebbero proseguire il loro viaggio, ma il muro macedone, fisico e burocratico, li blocca”, “la Grecia è ormai al collasso”.

Libia

Le pagine 6 e 7 de La Stampa sono dedicate ai “due fronti della crisi” libica: sulla “frontiera meridionale” Parigi “fortifica le ex colonie contro la minaccia jihadista” con “soldati sul terreno in Niger e avamposti militari attivi in Mali e Ciad per prevenire il caos libico che rischia di destabilizzare l’intero Sahel”. Ne scrive Rolla Scolari. A pagina 7, l’altro fronte, “nello Stretto di Sicilia”: “Così l’Italia sigilla i mari per evitare l’avanzata dell’Isis”, “Con l’occupazione di Sirte gli islamisti ora dispongono di una costa. Piattaforme petrolifere e navi da crociera possono diventare obiettivi”. Da mesi c’è in mare, in permanenza, una doppia squadra navale: il dispositivo tutto italiano Mare Sicuro e la flotta Eunavfor a guida italiana, ricorda Francesco Grignetti. L’Italia cerca alleanze per convincere la Nato a schierare qualche nave anche nel Mediterraneo centrale e non solo tra Grecia e Turchia. Con l’Isis che controlla un centinaio di chilometri di costa nel Mediterraneo, il timore è che ci sia un assalto suicida a una nave militare; o che i terroristi possano attaccare qualche piattaforma petrolifera off-shore dell’Eni: o ancora che la costa libica si trasformi in una nuova Somalia, con pirati che sequestrano navi cargo; infine, anche un possibile assalto a navi da crociera.
Sulla prima pagina de Il Corriere Fiorenza Sarzanini scrive: “L’Italia si prepara a intervenire in Libia nell’ambito di una ‘missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche’. Operazioni condotte grazie alla legge approvata a novembre dal Parlamento che consente ai gruppi d’élite, come gli specialisti del Xomsubin e del Col Moschin ma anche i parà della Folgore, di entrare in azione. Il giorno strategico dovrebbe essere lunedì, quando cento parlamentari di Tobruk potrebbero far nascere un governo di unità nazionale che solleciti le Nazioni Unite ad agire per la stabilizzazione del Paese”. E il tema è stato al centro della riunione del Consiglio della Difesa, ieri, con il Presidente Mattarella: “Intervento in Libia. Ok a missioni segrete dei nostri corpi speciali”.
Su Il Fatto: “La Difesa Suprema: senza l’ok di Tobruk tutti fermi”, “I nostri vertici confermano la linea attendista sull’intervento in Libia”, scrivono Giampiero Gramaglia e Wanda Marra.

Il caso Regeni

Su La Stampa se ne occupa Grazia Longo, riferendo di una email inviata dal ricercatore ad un amico pochi giorni dopo l’assemblea sindacale degli ambulanti egiziani l’11 dicembre scorso: “Non vorrei sembrarti paranoico -scriveva- ma ho paura di essere stato schedato”. L’autopsia avrebbe confermato 20 fratture. Smentite invece le scariche elettriche.
Su La Repubblica, con foto del sit-in che si è tenuto a Roma ieri davanti all’ambasciata egiziana: “’Stop ai depistaggi sul caso Regeni, l’Italia pretenda verità dall’Egitto’”, “Roma, da Erri De Luca ad Amnesty”.

Iran

Si vota oggi in Iran per rinnovare il Parlamento e l’Assemblea degli Esperti. Il Corriere della Sera se ne occupa con una corrispondenza di Elisabetta Rosaspina da Teheran, che si sofferma sulla candidatura di Mohamed Reza Aref, che si è ritirato dalla corsa, tre anni fa, alla presidenza, per cedere il passo ad Hassan Rouhani. Spiega come essere riformatore non significhi rinnegare la rivoluzione islamica, che definisce “l’unica, vera rivoluzione”. “Il Parlamento -spiega- va cambiato, ma restando all’interno del sistema sancito dalla rivoluzione”. Il nuovo Parlamentoche i riformisti, alleandosi ai moderati, sperano di dominare, secondo Aref dovrebbe avere due obiettivi: “Combattere le povertà e le discriminazioni, in una società preoccupata da disoccupazione, dipendenza dalle droghe, divorzi e calo di matrimoni”. Secondo Aref sotto la presidenza dei conservatori con Ahmadinejad, è stata dilapidata la florida situazione economica lasciata dal presidente riformista Khatami.
(Leggi su Reset.it l’articolo di Marina Forti : “Iran, elezioni 2016: le candidature, gli scontri di potere e la posta in gioco)

Usa (primarie)

Su La Stampa: “Romney e le tasse di Trump: ‘Lì dentro c’è una bomba’”, “Il candidato alla casa Bianca del 2013 solleva dubbi sulla dichiarazione dei redditi”. E Paolo Mastrolilli cita le dichiarazioni di Romney nel corso di un’intervista a Fox tv: “Io penso che abbiamo ragioni per credere che ci sia una bomba nelle tasse di Donakd Trump. O non è ricco come dice, o non ha pagato le imposte che avrebbe dovuto, oppure non ha dato i soldi che sostiene di aver donato ai veterani e ai disabili”, “il fatto che sia così aggressivo nell’evitare qualunque discussione sulle sue tasse, e non sia disponibile a pubblicarle, suggerisce che ci sia qualcosa che non vuole farci vedere”. Poi ha invitato tutti i candidati a rivelare le proprie dichiarazioni. Trump gli ha risposto via Twitter: “Romney, che ha buttato un’elezione vinta e le cui tasse lo fanno apparire come uno stupido, ora gioca a fare il duro”, “Romney è un pupazzo dell’establishment, geloso del mio successo”. E ha promesso di rivelare la propria dichiarazione dei redditi, ma non prima del “Supermartedì”. L’attacco di Romney, sottolinea Mastrolilli, è stato rilanciato da altri nemici di Trump, come il senatore della South Carolina Lindesy Graham: e dimostra la disperazione con cui l’establishment sta cercando di fermarlo. Il Washington Post ieri ha invitato il Partito repubblicano a impedire la nomination di Trump, perché sarebbe una minaccia per il Paese. Da più parti si sente parlare di una “brokered Convention”, ossia di usare il congresso del Partito a luglio per bocciare Trump e imporre un altro candidato.
Su La Repubblica: “L’accusa di Romney: ‘Una mina vagante tra le tasse di Trump’”, “il candidato repubblicano del 2012: ‘Renda pubblico il suo reddito, troppi sospetti’. La replica: ‘Pago tanto’”. Ne scrive Federico Rampini. Neppure Rubio e Cruz hanno divulgato le proprie dichiarazioni dei redditi. A sinistra, più volte Bernie Sanders ha rinfacciato ad Hillary Cliton i 657mila dollari per le conferenze di Goldman Sachs. Tanto lei che il marito, Bill Clinton, hanno reso note le loro dichiarazioni dei redditi risalendo indietro di un decennio. Qualche zona d’ombra resta sui fondi versati do governi stranieri alla loro Fondazione: tutti dichiarati, ma suscettibili di aver creato dei conflitti di interessi, soprattutto quando Hillary era Segretario di Stato.

Wikileaks-Usa

“Obama: ‘Non spieremo gli alleati’”. Arturo Zampaglione su La Repubblica scrive della telefonata del presidente Usa a Renzi: “impegno a fare chiarezza sulle intercettazioni rivelate da Wikileaks”.
Il Giornale: “E Obama ora corre ai ripari: privacy anche per gli alleati”, “Dopo il caso Wikileaks il presidente Usa vara la legge anti-intercettazioni. Ma su Berlusconi glissa: acqua passata. E in serata telefonata con Renzi”.

Unioni civili

Il Corriere della Sera, pagina 2: scrive che la fiducia è passata con i voti di Ala (gruppo dei verdiniani) ma senza quelli dei senatori Pd Luigi Manconi e Felice Casson. “Renzi: ha vinto l’amore. Alfano: evitate scelte contronatura. E’ polemica”.
Sulla stessa pagina: “La rabbia a sinistra per l’abbraccio mortale’ di Verdini: ora il Congresso”.
A pagina 5 intervista al ministro della Giustizia Andrea Orlando: “La battaglia sulle adozioni è servita a spingere la legge fino alla meta”, sul tema adozioni “il Pd assumerà l’iniziativa al più presto”. Sul voto di fiducia dei verdiniani: “a parte il fatto che su questa vicenda mi pare che il gruppo si sia posizionato, per così dire, a sinistra di Ncd, questa legislatura è cominciata con Forza Italia tutta intera dentro la maggioranza di governo; oggi ce n’è solo un pezzo, è un passaggio di merito, non capisco da dove nasca il problema”.
La “nota” di Massimo Franco: “un esito che fa rispuntare il Partito della Nazione”.
La Repubblica a pagina 3 ha un colloquio con lo stesso Renzi: “Ho rischiato l’osso del collo, ora convincerò gay e cattolici”, “se tre mesi fa ci avessero detto che oggi avremmo avuto una cosa attesa da trent’anni, onestamente non ci avrebbe creduto nessuno”.
A pagina 2: “Unioni civili, sì al Senato. Verdini vota la fiducia. Bersani: ora congresso”. In basso: “E Alfano torna agli anni ’50: ‘Abbiamo impedito manovre contro natura’”. A pagina 41 i commenti di Francesco Merlo (“La nuova breccia di Porta Pia”) e di Stefano Folli (“Il trasformismo e i diritti di libertà”). Il riferimento in questo secondo caso è ai voti di Denis Verdini: “il suo è autentico trasformismo parlamentare, tuttavia molto astuto. E’ entrato di fatto nella maggioranza (benché lo neghino sia i renziani sia i non renziani, come il ministro Orlando), ma ha usato la porta dei diritti civili, ossia un ingresso virtuoso”, una riforma progressista “per nascondere l’allargamento della maggioranza a un gruppo controverso, ma ben determinato a giocare un ruolo di qui alla fine della legislatura”.
Il Fatto: “Altro che civili, a vincere è l’unione con Verdini”, pagina 2. In basso: “Re Giorgio detta la linea: ‘Ala? Loro solo aggiuntivi. Nessuno salga al Colle”. Pagina 3: “Il lupo Denis: ‘Il nostro aiuto è stato essenziale’”.
Il Giornale: “Nasce il governo Renzi-Verdini con la benedizione di Re Giorgio”, “Napolitano: ‘ I voti di Ala solo aggiuntivi’”.

E poi

Su La Repubblica un lungo commento dell’ex direttore Ezio Mauro sui “populisti d’Europa”. Alle pagine 10 e 11 (con richiamo in prima): “Da Le Pen a Johnson la destra populista che gioca sulle paure e soffoca i moderati”, “Xenofobi austriaci e Afd in Germania sono alti nei sondaggi. E poi ci sono movimenti nati a sinistra che pendono a destra” (è il caso, secondo Mauro, del presidente russofilo e xenofobo della Repubblica ceca, che nasce di sinistra; del premier socialdemocratico di Slovacchia Robert Fico, ma anche del M5S in Italia). La crisi economica, l’emergenza migranti, Daesh, alimentano le spinte a forzare confini e sostanza della democrazia. In Italia, spento il fuoco di Berlusconi, le sue ceneri passano a Salvini, l’Asterix padano del lepenismo: Prezzolini sancirebbe la sconfitta del “vero conservatore” come lo idealizzava lui: “capace di non confondersi con i reazionari”; “oggi la neodestra italiana” sembra cercare disperatamente “un diavolo qualunque da scritturare”; “il problema, naturalmente, non riguarda solo la destra ma l’intero sistema, cioè la cultura di governo. Perché senza un vero conservatore non può esserci un vero riformista. E infatti…”.