Il Corriere della Sera: “’Case e auto con i soldi pubblici’. Fiorito in carcere. Il gip: ora si indaghi anche sulle feste. Regione Lazio: tutte le accuse all’ex capogruppo Pdl: ‘Le fatture distrutte nel tritacarte’”. In alto, lo sciopero dei trasporti di ieri: “Uno sciopero così non è da Paese civile”, dice il quotidiano, parlando in particolare dell’assalto ieri ai cancelli del metrò a Milano per prendere l’ultima corsa prima della ripresa dello sciopero.
La Stampa: “Fiorito arrestato, trema il Pdl”. “Lazio, l’ex capogruppo avrebbe sottratto fondi per 1,4 milioni”, “Meglio in carcere che nel mio partito’. Il Gip: poteva fuggire all’estero”. E poi: “Piemonte: dietrofront sul taglio dei gettoni”.
Il Giornale, sull’arresto di Fiorito: “Il cinghialone paga per tutti”, “l’ex capogruppo laziale del Pdl in carcere. Ma con lui dovrebbe essere punito l’intero magna magna. Blitz della Finanza in consiglio regionale: l’Emilia rossa trema”.
Libero: “La casta dei cretini. Al di là delle responsabilità penali, l’ostentazione e l’arroganza del magna magna dimostrano scarsa intelligenze. E riffiutare i tagli come hanno fatto in Piemonte vuol dire non aver capito nulla”:
La Repubblica: “Via i condannati dal Parlamento”, “pronta la legge delega. Fiorito in carcere: ‘meglio qui che con il Pdl’”.
A centro pagina: “Vendola si candida alle primarie Pd. Lite Bersani-Casini”.
L’Unità: “Bersani-Casini, lite su Vendola”.
Il Fatto quotidiano: “Sicurezza all’italiana: 80 milioni per i braccialetti dei detenuti”. Il quotidiano ricorda i fondi spesi dal Ministero della giustizia per acquistare i dispositivi elettronici forniti da Telecom per chi sta agli arresti domiciliari”.
Il Sole 24 Ore: “Fisco e rifiuti, un miliardo preteso e non dovuto di Iva”, “il governo non paga i rimborsi anche se c’è il sì della Consulta”.
Fiorito
Il Gip Stefano Aprile ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri, decidendo l’arresto dell’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito. “In carcere starò meglio che nel Pdl”, ha commentato Fiorito prima di entrare a Regina Coeli, dove resterà in isolamento e sotto stretta sorveglianza almeno fino a domani, quando sarà sottoposto all’interrogatorio di garanzia. Scrive il Corriere che è stata accolta in pieno dal Gip la linea dei pm: sia per la configurazione del reato, poiché si è riconosciuto a Fiorito il profilo di soggetto pubblico e non privato (per questo l’accusa di peculato e non l’appropriazione indebita, contro cui il suo avvocato farà ricorso) sia per l’esigenza delle misure cautelari in carcere. Secondo il Gip Fiorito ha dimostrato la ferma volontà di inquinare le prove, attraverso la loro distruzione, la ritardata consegna ai Pm e la produzione di dossier falsi (per cui è stato indagato a Viterbo). Libero legge l’ordinanza del Gip, che parla della opera messa in campo da Fiorito di “depistaggio mediatico” nei confronti dei suoi avversari politici, grazie “al massiccio utilizzo dei mezzi di informazione”, diretto “non solo a rendere nota la propria versione dei fatti” e a tutelare la propria immagine, ma anche a “ondizionare le persone della sua cerchia politica, familiare e personale”: insomma, secondo Libero, gli interventi pubblici di Fiorito sono un passaggio importante nelle 29 pagine della ordinanza, che li definisce “a chiaro contenuto mistificatorio e ad alto potenziale probatorio”. L’ordinanza risale inoltre al 14 settembre, giorno in cui era in corso una perquisizione del nucleo di polizia valutaria: Fiorito dice ai militari che arriverà in venti minuti ma nel frattempo, secondo l’accusa, distrugge documenti (“frammenti di fatture destinate al gruppo consiliare del Pdl sono state trovate nel tritacarte e nella pattumiera dell’abitazione di Fiorito”).
Anticorruzione
Scrive La Repubblica che se il governo Monti riuscirà a vincere la difficile sfida contro il tempo, già nella prossima competizione elettorale per la Regione Lazio potrebbero valere le nuove norme sul divieto di far correre rappresentanti su cui grava una condanna passata in giudicato per pene superiori ai due anni. Lo si potrebbe fare con una legge delega, prevista nel ddl anticorruzione all’articolo 17. Nuove regole per le elezioni al Parlamento europeo, regioni, province, comuni e circoscrizioni. Stop anche per gli incarichi di governo. L’idea salterebbe fuori da un colloquio riservato che La Repubblica riferisce: il ministro Patroni Griffi e il Guardasigilli Severino si trovavano al banco della presidenza delle Commissioni affari costituzionali e giustizia, impegnate a discutere degli emendamenti richiesti sul ddl anticorruzione. Griffi avrebbe detto a Severino: “Qui la sfida è far partire subito le norme sull’incandidabilità. Non si deve più andare a votare con i condannati in lista. Non dobbiamo perdere questa occasione”. E la Severino: “Hai ragione, dobbiamo farcela assolutamente”. Patroni Griffi: “Bisogna anticipare al massimo i tempi della delega. Questo ci chiede Monti”. Idv vorrebbe che restassero ai margini anche quanti hanno soltanto una condanna in primo grado. Il presidente della Camera Fini e la presidente della Commissione giustizia Bongiorno sono sulla linea Monti, nel rispetto della Costituzione, che ha nella condanna definitiva uno spartiacque decisivo, scrive il quotidiano.
Il Sole 24 Ore riferisce così le parole del ministro della Giustizia Severino sulla contrapposizione con il Pdl, che intende presentare alcuni emendamenti al ddl anticorruzione: “C’è l’impegno a rimodulare le norme sul traffico di influenze e sulla corruzione tra privati”: due reati che, come riferisce La Repubblica, gli esperti di Berlusconi considerano ancora troppo generici e che lascerebbero ai Pm una eccessiva discrezionalità. Ma il quotidiano evidenzia anche un altro orientamento della Severino: non ci sarà alcun emendamento ‘salva-Ruby’.
L’Unità riferisce della trattativa in corso tra governo e Pdl, che metterebbe “nell’angolo” Pd e Idv. Il quotidiano scrive: “Il Pdl avrebbe, nei vari emendamenti, sbandierato lo spettro di norme salva Ruby cercando di alzare il prezzo e puntando in realtà al vero obiettivo: depotenziare i due nuovi reati, la corruzione tra privati introducendo la querela di parte e il traffico di influenze specificando le fattispecie dei comportamenti delittuosi. Di fronte a ciò, Pd e Idv dovrebbero in ogni caso rinunciare ai loro emendamenti che vanno nella direzione di aumentare le pene, la prescrizione, e introdurre altri reati chiave come il falso in bilancio e l’autoriciclaggio.
Giustizia
Ieri la Corte di Cassazione ha diffuso le motivazioni della sentenza sui fatti dello scuola Diaz, per i quali sono state confermate le condanne per 25 agenti e funzionari di polizia. I giudici parlano dell’irruzione e del pestaggio del 2001 come di un “puro esercizio di violenza” nel corso del quale la polizia tenne “una condotta cinica e sadica in nulla provocata dagli occupanti della scuola”. Citando le parole della motivazione il Corriere riferisce che i giudici parlano di violenze “indiscriminate contro persone inermi” ed evidenziano che gli arresti illegali sostenuti da falsi verbali e coperti dai vertici della Polizia “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Le sentenze hanno colpito il capo dell’Anticrimine Francesco Gratteri e quello dell’intelligence Luperi, e dello Sco Caldarozzi: una decapitazione dei vertici dell’Anticrimine e dell’Intelligence, intervenuta in primavera, legata alla condanna all’interdizione per cinque anni dei pubblici uffici. La pagina 147 della motivazione della Cassazione è un atto d’accusa contro coloro che “in posizione di comando a diversi livelli, come i funzionari, una volta preso atto che l’esito della perquisizione si era risolto nell’ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli, dissociandosi così da una condotta che aveva gettato discredito sulla nazione agli occhi del mondo intero, e di rimettere in libertà gli arrestati, avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze”. Un capitolo è poi dedicato anche all’attuale sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega ai servizi Gianni De Gennaro: “L’esortazione rivolta dal capo della Polizia Gianni De Gennaro (a seguito dei gravissimi episodi di devastazione cui Genova era stata sottoposta) ad eseguire arresti anche per riscattare l’immagine della polizia dalle accuse di inerzia, ha finito con l’avere il sopravvento rispetto alla verifica del buon esito della perquisizione stessa”. Secondo la Cassazione le violenze possono configurarsi come tortura.
A difesa del direttore dimissionario de Il Giornale Alessandro Sallusti (condannato a 14 mesi di carcere per diffamazione) scende in campo oggi sul quotidiano l’editore, Paolo Berlusconi: ribadisce di averne respinto le dimissioni e conferma di non avere alcuna intenzione di “rinunciare a Sallusti come direttore”. Chiede al Parlamento, al governo e al Quirinale di cambiare “una volta per tutte una legge illiberale”.
Il quotidiano continua ad offrire un “conto alla rovescia”: “Meno 24 giorni al carcere”.
Primarie
L’Unità: “Il sì di Nichi. ‘In campo contro il Monti bis’”. La Repubblica sintetizza: “Primarie, Vendola si candida. Casini: orrendo allearsi con lui. Bersani: tu stavi con Berlusconi”. E poi: “I filoMonti del Pd in allarme: confondiamo gli elettori”. Beppe Fioroni parla di Babele: “No alle intese con Vendola, facciamo un congresso straordinario. Scalpitano i veltroniani, Ceccanti dice: “la coalizione così non sta in piedi”.
Sullo stesso quotidiano, la decisione del capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi, che annuncia di voler disobbedire alle indicazioni di Di Pietro: voterà Bersani alle primarie.
Ampio spazio ai commenti sulle primarie su Il Sole 24 Ore. Stefano Folli: “Vendola alle primarie può aiutare Bersani (e condizionarlo)”. Il “corpo estraneo”, in queste primarie, non è certo Vendola ma Renzi, secondo Folli: quindi Renzi è il nemico da battere e Vendola un alleato, o quantomeno un compagno di strada. Malgrado la sua ostilità dichiarata a Monti, per Bersani Vendola non è un gran problema, visto che sul Monti bis i due non la pensano molto diversamente. Insomma, la rotta bersaniana verso la presidenza del consiglio poggia anche sull’alleanza tra il Pd e Vendola: la candidatura che arriva alla vigilia dell’assemblea del Pd in cui dovranno essere fissate le regole della consultazione, somiglia ad una operazione congegnata, che ha l’obiettivo non di destabilizzare il Pd (a quello che pensa Renzi) ma, al contrario, di rimettere in sella Bersani, pur condizionandolo a sinistra. Una analisi di Roberto D’Alimonte sulla stessa pagina analizzi i rischi di rottura dei Democratici: malgrado l’isolamento di Renzi nel gruppo dirigente, il sindaco di Firenze è tutt’altro che isolato tra gli elettori del partito, dove il suo messaggio sta facendo breccia. Renzi può vincere, ed è cosa saggia chiedersi cosa potrà succedere dopo. D’Alimonte invita il sindaco e i suoi avversari a trovare un accordo sul “dopo” per evitare danni al partito: se è sbagliata l’enfasi eccessiva di Renzi sulla rottamazione, è altrettanto sbagliato opporre ai suoi argomenti la minaccia che una sua eventuale vittoria segnerebbe la fine del Pd e del centrosinistra. “E’ un ricatto che serve a scoraggiare il ricambio di uomini e di idee”.
Michele Salvati su Europa scrive che se passerà una legge elettorale proporzionale (anche se corretta da un piccolo premio per il partito maggiore) è improbabile che Bersani o Renzi abbiano qualche possibilità di esser nominati presidenti del Consiglio. Probabilmente non ci sarà una maggioranza parlamentare di sinistra o di centrosinistra, l’ipotesi più probabile sarebbe di nuovo un premier tecnico. “E allora che primarie sono? Solo un censimento di simpatie e antipatie tra i due (per ora) protagonisti? In questo caso sarebbe opportuno un congresso, in cui si discuta in modo approfondito di programmi e di orientamenti politici e culturali”. Se invece, prosegue Salvati, “la riforma non si fa e si resta con il porcellum, le primarie designerebbero effettivamente il candidato premier, ed è possibile che una coalizione organizzata dal Pd sia in grado di conquistare il premio elettorale e avere una sicura maggioranza alla Camera”. Ma con quali alleati? Bersani potrebbe contare sui consensi di Vendola e forse anche su Di Pietro: ma Salvati considera questa eventualità dannosa per il Paese. In questo caso, “farei la scelta che più contribuisce ad evitarla, e sceglierei Renzi. Per come il partito è diventato – certo non il partito dei miei vecchi e ingenui sogni – la vittoria di Renzi sarebbe traumatica, ma sarebbe un bene per l’Italia.
Labour
Su Europa i lettori troveranno il testo del discorso pronunciato al congresso Laburista da Ed Miliband, ieri a Manchester: “Noi, il partito della nazione”. Ha citato il considervatore Benjamin Disraeli, leader dell’opposizione 140 anni fa: “Aveva una vision della Gran Bretagna. Una vision in cui patriottismo, lealtà, fedeltà alla causa comune scorrono nelle vene di tutti e nessuno si sente lasciato fuori. Una vision della Gran Bretagna che fa gruppo, per superare le sfide che affrontiamo. Disraeli la chiamò “One nation”. E ancora: “nella One nation il Labour non può tornare all’old labour. Dobbiamo essere il partito del settore privato tanto quanto del pubblico, il partito delle piccole imprese che combattono contro la crisi, e quello delle famiglie che combattono coi tagli, il partito del nord e del sud, il partito della classe media in difficoltà e dei poveri. E dobbiamo andare oltre il New Labour che, nonostante le sue grandi conquiste, è stato silenzioso nei confronti delle responsabilità di quelli che stavano ai piani alti e troppo timido nei confronti di quelli che stavano al potere”. Sulle banche: “La prima questione è risolvere il problema delle banche, risolverlo una volta per tutte. Non solo prevenire una nuova crisi ma fare quello che non è mai stato fatto: far pagare loro il posto che occupano nel mondo. Le banche devono essere al servizio del Paese”. Sull’istruzione: “Dobbiamo puntare l’attenzione su quel 50 per cento dimenticato che non va all’università”. Sull’immigrazione: “sono enormemente fiero di essere figlio di immigrati”, “nella gran Bretagna multietnica che ci ha fatto vincere la candidatura alle Olimpiadi, ma sull’immigrazione il mio approccio sarà diverso sia dai governi laburisti del passato che dai governi conservatori. L’immigrazione porta benefici economici enormi, ma non quando viene usata per indebolire i lavoratori che sono già qui e per sfruttare quelli che arrivano. Per questo il governo Labour attuerà un giro di vite sui datori di lavoro che non pagano il salario minimo agli immigrati”.
Sullo stesso quotidiano si racconta che Miliband ha parlato a braccio con un discorso ambizioso non limitandosi a critiche a determinati provvedimenti del governo in carica, ma producendosi in una critica radicale e profonda dell’impostazione politica dell’attuale governo. E un’altra analisi racconta come dietro lo show si stia lavorando al programma, e la parola d’ordine è pre-distribution. Elaborata nella biblioteca dell’Università di Yale dal giovane Jacob Hacker (economista trentenne che ha lavorato al programma di riforma sanitaria di Obama) la teoria viene presentata come “una riforma dei mercati che favorisce una maggiore distribuzione del potere economico e dei suoi benefici, anche prima che il governo raccolga le tasse e distribuisca i sussidi”. Owen Jones, altro astro nascente dei giovani intellettuali di sinistra: “E’ la possibilità di limitare lo sfruttamento ei lavoratori e dei consumatori da parte dei proprietari e dei gestori delle grandi cooperazioni finanziarie, attraverso un controllo dei profitti, un limite ai guadagni delle società, un miglioramento delle paghe, un abbassamento dei prezzi”. Un allontanamento anche dal New Labour perché, come spiega Jones, “Peter Mandelson una volta disse che lui non si preoccupava se qualcuno diventava indecentemente ricco, purché pagasse le tasse”: questo ha fatto crescere “quella cultura dell’ingordigia che così tanti danni ha poi prodotto nel settore bancario e finanziario”.
Anche su La Repubblica, attenzione per il Congresso laburista. Il discorso di Miliband viene sintetizzato così: “Basta scuole d’élite, il futuro sia per tutti. Miliband gioca la carta dell’istruzione”. Il suo problema è che – mentre il Labour è largamente in testa come partito – lui ancora non convince come futuro primo ministro. Solo il 20 per cento degli elettori si fiderebbe di dargli un incarico.
Internazionale
Il Corriere della Sera si occupa di Egitto: “Costituzione egiziana, i diritti delle donne nel mirino dei religiosi”. La nuova Carta fondamentale potrebbe dare il via libera alle nozze delle minorenni e al traffico delle spose. Ci si riferisce ai resoconti della riunione della Costituente, in cui salafiti e Fratelli Musulmani sono maggioranza. Gli estremisti fautori della sharia nella interpretazione più retriva vorrebbero imporre una serie di norme che vanno dalla abolizione del minimo di 18 anni per il matrimonio, alla depenalizzazione delle mutilazioni genitali, da considerare una “questione privata”. Non perseguibili devono essere le moleste sessuali alle donne, e va cancellato l’obbligo per lo Stato di “cercare la parità dei diritti tra i sessi” perché “anti-islamico”.
L’Unità riferisce della vicenda che in Tunisia ha visto coinvolti una coppia tunisina: una ragazza di 27 anni stuprata da due poliziotti che l’avevano fermata mentre era insieme al proprio fidanzato. La coppia veniva accusata di esser stata sorpresa “in posizioni immorali”. La ragazza è stata trascinata in un’auto della polizia e stuprata da due agenti, mentre un terzo teneva fermo il fidanzato. Mobilitazione di duecento attiviste davanti al tribunale che deve decidere se processarla o meno. Il ministero della giustizia dice che la vittima non può beneficiare di nessuna immunità “se ha commesso atti sanzionati dalla legge”.
Su La Repubblica reportage dall’Afghanistan: “Droghe e sharia, torna la legge dei taleban”. Giampaolo Cadalanu dice che presto i militari occidentali si ritireranno, ma gli attacchi si moltiplicano e la pace è lontana. L’economia è ferma, la corruzione dilaga. E nei villaggi la gente ricorre di nuovo ai tribunali del mullah Omar.
Questa sera il primo dei tre dibattiti tv tra il presidente Usa Obama e il suo sfidante repubblicano Romney. Da Denver, all’università del Colorado. Ora locale, le 19.00 (le tre di notte in Italia). Se ne occupano ampiamente La Repubblica, La Stampa e il Corriere della Sera.
Il Foglio si dedica invece al Michigan “dipinto di blu”: “qui è nato il Gop, ma da anni i democratici vincono le presidenziali. Romney ha un’eredità da difendere, i sondaggi ora sono tutti per Obama (ma ci si fida?)”.
di Ada Pagliarulo e Paolo Martini