Le parole pronunciate da Silvio Berlusconi nel corso della presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa fanno l’apertura di gran parte dei quotidiani di oggi
Il Corriere della Sera: “’Pronto al passo indietro se c’è Monti’, Berlusconi e l’ipotesi di un leader del fronte moderato ‘aperto alla Lega’”. Nell’occhiello: “Non escludo neppure una candidatura a Palazzo Chigi di Alfano”. “Il Pd lancia le primarie per scegliere i parlamentari”.
La Repubblica, virgolettando le parole dell’ex premier: “’Se c’è Monti non mi candido’, Berlusconi: Dell’Utri non sarà in vista”. “Pd, primarie per il Parlamento”.
Nell’occhiello: “L’ex premier: patto con la Lega o saltano Veneto e Piemonte. Maroni: barzellette”. “Schäuble: l’attuale governo migliore del precedente”.
La Stampa: “Berlusconi, sfide e minacce”, “’lascio se Monti guiderà i moderati. Ma io resto in campo. La Lega si allei con noi o faccio saltare Piemonte e Veneto’”. “Duello con Dell’Utri: ‘non lo candido’, ‘no, ci sarò’”.
Il Giornale: “Berlusconi sfida Monti: candidati con noi”, “Spiazza nemici e alleati: ‘Farò un passo indietro se il premier guiderà i moderati. Mai stato anti-europeista’. Messaggio alla Lega: ‘Senza accordo cadono Piemonte e Veneto’”.
Libero: “Voilà, il Berlusmonti”.
Il Foglio: “C’è del metodo nel caos organizzato dal Cav., ma lo conosce solo lui”.
L’Unità: “Pd e Sel: primarie sotto l’albero”. E in prima si parla di “destra alla deriva” titolando: “Berlusconi: mi ritiro se Monti si candida”.
Europa: “Primarie tutto l’anno, primarie a Capodanno”, “candidati per Camera e Senato scelti da iscritti ed elettori a fine dicembre. Bersani vuole un’altra scossa, regole da definire”.
Il Sole 24 Ore: “BoT ai minimi da marzo”. Il quotidiano scrive che c’è stato un pieno di richieste per i Bot collocati ieri dal Tesoro (6,6 miliardi di titoli a 12 mesi), con tassi in discesa. Da 1,762 per cento a 1,456 per cento, minimo da marzo.
Pdl, Monti
“Il vero obiettivo del Cavaliere” è il titolo di una analisi che compare sulla prima de La Stampa, a firma di Marcello Sorgi: “La complicata strategia del Cavaliere ha un solo obiettivo, rimettere insieme il centrodestra, da Casini a Maroni, ancora maggioritario nel Paese, e una infinità di varianti”. La migliore sarebbe che Monti rompesse gli indugi e si candidasse, impegnandosi per federare i moderati schierandosi contro Bersani e il centrosinistra, e preparandosi a succedere a se stesso, ma non più alla guida di una larga coalizione come quella che ha sostenuto il governo dei tecnici. La subordinata è un accordo tra Pdl o Lega, o tra la Lega e le rinate Forza Italia e An, ribattezzata “centrodestra nazionale” per “salvare il nord e prendere più senatori possibile con l’aiuto dei premi elettorali regionali”. Il segretario della Lega Maroni ha lasciato capire che si potrebbe fare se Alfano, e non più Berlusconi, fosse il candidato alla presidenza del consiglio.
I quotidiani continuano ad occuparsi di come sulla scena internazionale si guarda alla situazione politica italiana dopo le dimissioni del governo Monti. Il Sole 24 Ore: “Da Usa e Germania sostegno al premier”. E si parla di un “affondo” del ministro delle finanze tedesco Schäuble. Le sue parole: “L’Italia ha fatto grandi progressi, che non abbiamo visto con il suo predecessore. E’ un grande Paese, con un governo che ha fatto bene, ma ora ci sono le elezioni”. Come governo non commentiamo gli affari interni dei Paesi, ma tutti sanno che con Monti l’Italia ha fatto grandi progressi”. Si riferiscono poi le parole del ministro delle finanze francesi Moscovici, socialista: “Ho piena fiducia nell’Italia, Mario Monti ha fatto un lavoro formidabile, è ancora Presidente del consiglio. Le riforme non si fermeranno. Il Corriere della Sera racconta il ricevimento che si è tenuto presso l’ambasciata americana per lo scambio di auguri nelle festività natalizie, ed evidenzia le parole dell’Ambasciatore Usa David Thorne: “E’ auspicabile che chiunque vada al governo continui il processo di riforme, in una prospettiva di stabilità e crescita di lungo periodo”, “il 2012 è stato un anno importante anche in Europa e in Italia, dove il governo ha avviato un processo di riforme che ha creato le basi per la crescita economica. Il Presidente del Consiglio Monti ha dimostrato grande leadership e coraggio durante il suo mandato, rafforzando la posizione dell’Italia e dell’Europa nel resto del mondo”.
Pd
“Democratici col botto” è il titolo dell’editoriale che compare oggi sulla prima pagina di Europa, a firma del direttore Menichini: “Per adesso è soltanto una mossa politica, da riempire di regole” e quindi di significato e di conseguenze. “Che mossa politica, però…”. Bersani prova a replicare il miracolo delle primarie per la coalizione, “con una acrobazia organizzativa di forte impatto mediatico”. Il messaggio è: “Guardate che operazione di democrazia siamo disposti e siamo in grado di allestire, mentre Grillo epura i suoi dissidenti, Berlusconi annaspa tra pacchi e spacchettamenti e il centro – chissà quanto montiano – continua ad avere tanti generali senza essere un esercito”. Si ricorda il mantra bersaniano “la ruota deve girare”, e si commenta: “Il segretario per primo sa però benissimo che la ruota non gira da sola”, e che bisognerà giocare abilmente tra dinamiche locali ed esigenze nazionali, “ovviamente difendendo il requisito essenziale: e cioè che la decisione finale spetti davvero agli elettori”.
La data prevista per le primarie che dovranno decidere la scelta dei Parlamentari Pd è il 29, forse 30 dicembre, in previsione di elezioni da tenere il 17 febbraio, data peraltro non certa. Saranno primarie aperte, spiega La Repubblica, poiché potranno votare gli iscritti al partito ma anche tutti gli elettori che si sono registrati alla scorsa tornata del 25 novembre, seguita dal ballottaggio. Il compito è affidato in prima battuta ai segretari sul territorio, incaricati di stendere la prima bozza di regolamento, che poi passerà sul tavolo della direzione del Partito, convocata per lunedì prossimo. Il quotidiano parla di un “terrore trasversale” interno al Pd, che attraversa tutte le correnti, soprattutto tra i nominati, anche perché restano da definire le regole.
Il Fatto: “Il Pd fa le primarie a Capodanno, ma i candidati chi li decide?”. E poi: “Il Pd riapre i gazebo, aspettando le regole”. Dato che si voterà con il Porcellum, è necessario scegliere i parlamentari. E a fare le liste, saranno gli organismi provinciali. Secondo Il Fatto alcuni potranno candidarsi alle consultazioni raccogliendo le firme – ma non si sa ancora quante – e alcuni saranno decisi dal partito. Poi c’è la cosiddetta riserva nazionale, cioè una quota esente da primarie che sarà gestita e decisa da Bersani, insieme ai segretari regionali. Si raccolgono anche le obiezioni di alcuni eletti nelle liste del Pd. Per esempio, Ermete Realacci dice: “Ho mantenuto rapporti con il territorio, ma certo il consigliere regionale che sta lì ha maturato una rete più ampia”. I renziani fanno notare che “in mezzo alle feste di certo non si favorisce la partecipazione”.
La Stampa: “Pd, sì alle primarie anche per i big”, “nessuna eccezione. Pronti alla sfida i renziani doc, che però polemizzano sulla data”.
Grillo
Anche le dichiarazioni di Beppe Grillo sono sulle prime pagine dei giornali. Il Fatto quotidiano dedica a questo l’apertura: “Il Grillo furioso perde voti”, “il fondatore di 5Stelle espelle i consiglieri Favia e Salsi: è l’ultimo atto dello scontro con i contestatori interni. Sul web si discute della trasparenza nel Movimento e dei metodi del capo che, costretto ad alzare la voce dall’accerchiamento politico-mediatico, rischia un calo di consensi”. Anche in taglio basso su L’Unità: “Grillo furioso dà il via alle epurazioni”.
E’ certamente Il Fatto il quotidiano che dedica più attenzione a quel che accade nel Movimento 5Stelle, poiché due intere pagine commentano le scelte di Grillo. “Espulsi Favia e Salsi, adesso il leader lancia il ‘firma day’ e mette le mani avanti: ‘Se non riusciremo a presentare le liste sarà colpa dei partiti e delle istituzioni’”, si scrive a pagina 2 in riferimento al fatto che servono almeno 60 mila firme. E per il prossimo week end quindi Grillo invita a una mobilitazione per raccoglierle. Sulla stessa pagina, un’occhiata ai sondaggi: Roberto Weber, presidente della Swg, dice che il bacino del movimento 5 Stelle adesso sfiora ancora il 20 per cento, ma potrebbe subire scossoni “solo per un magnete di ritorno, all’interno del campo di centrodestra, o per qualcosa di imprevedibile all’interno del centrosinistra. Al momento il quadro politico sembra in continuità con il recente passato. E questo è indubbiamente lo scenario migliore per un buon successo alle politiche. Certo, una piccola flessione dello 0.5-1 per cento negli ultimi giorni c’è stata”. Nicola Piepoli, invece, vede un calo del 3 per cento per il Movimento di Grillo. E traduce: “Non è cosa da poco, parliamo di un milione di voti. Oltre alle polemiche interne ci sono il ritorno di Berlusconi e il grande successo delle primarie del centrosinistra. Se la politica viene percepita come una cosa seria, è facile che il consenso a una forza politica che lo nega venga rosicchiata”. Secondo Piepoli Grillo è attualmente al 15 per cento, mentre a novembre sfiorava il 20. Poi si interpella Carlo Freccero, cui viene chiesto un commento alla linea scelta da Grillo nei confronti dei dissidenti: “Chi vota per il movimento 5Stelle non si fa impressionare dal linguaggio del fondatore”, “lui non vuole che il Movimento diventi un partito”.
La Repubblica evidenzia le parole di Giovanni Favia “Ho preso 160mila voti alle regionali, non si possono cancellare così, con due righe postate su un blog”.
La Stampa intervista Davide Bono, capogruppo del Movimento in Piemonte, di cui si riassumono così le parole: “Democrazia? Quisquilie che ci danneggiano”. Dice che Favia “ha fatto di tutto per cacciare Casaleggio, e poi voleva far fuori anche Grillo. Voleva impadronirsi del Movimento”. Chiedeva democrazia. Bono: “Voleva candidarsi in Parlamento. Altro che ideali e democrazia. Puttanate”. Sulla stessa pagina, stesso quotidiano, focus anche sulla Germania, dove il partito dei Pirati, che aveva conquistato 4 laender, sta scivolando sotto il 5 per cento: “I Pirati affondano. Militanti e hacker: ci avete delusi”.
Arancioni
Scrive La Stampa che ci sarà anche Antonio Ingroia nelle fila del movimento arancione, presentato ieri a Roma da Luigi de Magistris. Il sindaco di Napoli ha già sgombrato il campo da ogni polemica spiegando che non si candiderà personalmente, che continuerà a fare quel che sta facendo “perché credo sia ora di dire basta ai partiti personali dei Berlusconi, dei Di Pietro, dei Casini, dei Fini. Ci vogliono partiti di persone che hanno la loro storia sul territorio, e i leader li devono decidere i cittadini sul territorio”. Antonio Ingroia ha parlato in collegamento telefonico dal Guatemala: “Ci vuole una rivolta morale contro mafia e corruzione, che ci hanno privati dei nostri diritti. Facciamo la nostra rivoluzione civile, io sarò della partita, ci sarò, anche dal Guatemala”.
Su Il Fatto: “De Magistris battezza il movimento arancione. Idv incerta. Ingroia: io sono della partita”. Scrive il quotidiano che la platea era ricca ieri di personaggi che guardano a quella che il quotidiano definisce una “forza potenziale di una aggregazione spontanea della società civile”: “C’erano il segretario di Rifondazione Ferrero, quello del Pdc Diliberto, quello dei Verdi Bonelli, e poi Agnoletto, Russo Spena, Giulia Rodano, Antonello Falomi, il sindaco Orlando, e, naturalmente, Antonio Di Pietro”. Su La Repubblica: “De Magistris e Ingroia: ‘Pronti alla rivoluzione’. Duri attacchi al Colle”. La questione è sempre quella della Trattativa Stato Mafia. Parole di De Magistris: “Se Scalfari definisce eversivo uno come Ingroia, allora io sono eversivo, scelgo di stare con lui e i magistrati palermitani, come Vittorio Teresio e Di Matteo e non con chi ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale per evitare che si faccia luce sulla trattativa Stato mafia. Secondo il quotidiano “Di Pietro si sfila”, anche perché non vorrebbe rinunciare al proprio marchio.
Internazionale
L’Unità: “Siria, la svolta di Obama. Sì al governo anti-Assad”. Dove si spiega che il presidente Usa ha deciso di riconoscere la coalizione degli oppositori come legittimo rappresentante del popolo siriano. E l’Italia ha deciso di fare altrettanto. E’ critica invece la Russia, che parla di grave forzatura internazionale. Anche sul Corriere: “L’occidente riconosce i ribelli siriani”, “anche l’Italia sulla scia degli Usa: ‘Unici rappresentanti del popolo’”. Gli amici della Siria, cartello che riunisce oltre 100 Paesi, Italia compresa, hanno riconosciuto la “coalizione nazionale siriana” come unico rappresentante. L’annuncio è arrivato al vertice di Marrakech. Washington ha subito invitato negli Usa il capo della coalizione Moaz Al Khatib. Sul piano militare, scrive il Corriere, è probabile che aumenteranno gli aiuti agli insorti. Tuttavia gli Usa hanno fatto precedere il riconoscimento dalla scomunica chiara e netta della fazione qaedista Al Nusra, inserita nella lista del terrore, per evitare che l’America aiuti chi un giorno potrebbe minacciare la sua stessa sicurezza. Al Nusra starebbe guadagnando molto terreno, e secondo le analisi dell’intelligence è formata da siriani, jihadisti iracheni e volontari stranieri. Nello schieramento ribelle rappresenterebbe tra il 7 e il 9 per cento.
Sullo stesso quotidiano, in una analisisi, si spiega che l’America “punta sull’islam sunnnita contro i radicali”. Si parla di un potenziale contrasto con Arabia Saudita, Qatar ed Emirati, sostenitori del salafismo e di un islam tradizionale: il rapporto stretto con le monarchie del Golfo e l’Arabia Saudita potrebbe esser destinato a ridimensionarsi, soprattutto se gli Usa si affrancheranno, come hanno annunciato dalla dipendenza energenetica da altri Paesi. Il riconoscimento Usa è riconoscimento del ruolo politico della Fratellanza Musulmana e dell’Islam cosiddetto moderato, dalla Tunisia all’Egitto, e nel resto del mondo islamico: “Questa apertura di credito verso il sunnismo e la Fratellanza musulmana, anche in chiave anti-iraniana, appare oggi la novità più significativa delle scelte di Obama nella regione mediorientale”, scrive Roberto Tottoli.
La Repubblica ha un reportage da Aleppo: “I ribelli di Aleppo contro Obama, “ci riconosce solo dopo 40 mila morti’”.
E poi
Gianni Riotta, alle pagine della cultura de La Stampa, si occupa di Henry Kissinger, che fu segretario di Stato Usa con Nixon e Gerald Ford. Il suo biografo, Walter Isaacson, ricostruisce la sua formazione, leggendo anche la tesi di dottorato di Kissinger ad Harvard, e arriva fino ai tempi dei neoconsservatori della scuola di Leo Strauss, convinti che la libertà fosse mezzo di governo del mondo. Il “realista” Kissinger li avverserà, perché non si interrompe mai la “stabilità” in una avventura come l’invasione dell’Iraq se non si ha la “forza imperiale” di riempire il vuoto provocato. Perché “l’europeo” Kissinger non crede al destino “speciale” per l’America: gli Usa sono “solo” una delle tante potenze imperiali che la Storia ha visto imporsi e declinare.
Su tutti i quotidiani, spesso anche in prima pagina, le notizie relative al censimento 2011 in Gran Bretagna, secondo cui i bianchi inglesi non sono più la maggioranza della popolazione della capitale: “Londra, l’homo britannicus diventa minoranza”, scrive La Repubblica. I cosiddetti wasp sono stati superati dall’ondata di immigrati: 4 milioni nell’ultimo decennio.
Anche su La Stampa, una emblematica foto del cambio della guardia a Buckingam Palace, dove compare la prima guardia reale con il tradizionale turbante sikh.
di Ada Pagliarulo e Paolo Martini