Il Corriere della sera: “Smog, l’appello dei sindaci. Fondi e regole, dieci richieste al governo. Delrio: piano ecologico per i condomini”. “Primo giorno senza auto a Milano, 300 multe. Domani il vertice con Galletti”.
Di spalla il quotidiano si occupa degli Usa: “Quell’eredità chiamata Bill. Farà bene o male a Hillary Clinton?”. E’ la “strategia anti-Trump” della candidata Democratica.
A centro pagina: “M5S, una nuova espulsione. Verdetto via web per Fucksia. Il trentasettesimo caso: ‘Non versa parte dello stipendio’. La senatrice: falso”.
A fondo pagina il quotidiano offre due riflessioni sul tema “diplomazia”: una è una conversazione con il “premier designato” libico Fayez Al-Serraj (“’Roma è centrale nella nuova Libia’”); e poi Paolo Salom che parla delle scuse del Giappone alla Corea per le “schiave del sesso” durante la Seconda guerra mondiale.
L’editoriale è firmato da Paolo Mieli: “La lezione elettorale di Madrid. Meglio l’Italicum”.
La Repubblica: “Smog, nasce il fronte dei governatori, ‘No blocchi selvaggi, ecco le regole’”, “Città svuotate dallo stop alle auto, oggi si replica. Da Milano a Bari un piano comune anti-crisi”.
E Benedetta Tobagi racconta “le vie deserte sotto la nuvola”, a Milano.
In apertura a sinistra un’analisi sul caso banche di Ferdinando Giugliano: “I quattro errori sulle banche e quell’obbligo di trasparenza”.
A centro pagina: “Renzi: pronti a intervenire contro l’Is in Libia”, “Vertice a Roma con il premier designato. In Iraq l’esercito in marcia verso Mosul”.
All’impegno italiano sul fronte Libia è dedicata la rubrica “Il punto” di Stefano Folli: “Il rischio calcolato”.
In prima, ancora sulla politica italiana, “la polemica”: “Caos tra i 5Stelle, espulsa la Fucksia, ‘Troppe critiche al movimento’. La Replica: Grillo è fuori controllo”.
A fondo pagina, intervista al presidente dello sporting Locri: “Locri, la sfida del presidente: ‘Le mie ragazze ancora in campo’”.
Di spalla a destra, “la copertina” di R2: “’Io, cacciata da Pechino per aver detto la verità’”, “Parla la reporter francese Ursula Gauthier: ‘Parigi m’ha tradito per gli affari’”.
E un intervento del dissidente cinese Ai Weiwei: “’Conosco la morsa della censura’”.
La Stampa oggi intervista il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “Part-time agli over 60 per assumere”, “Il provvedimento nella legge di Stabilità. ‘Torneremo ai livelli di occupazione pre-crisi’. Ma dal 2016 alle donne serviranno ventidue mesi di anzianità in più per andare a riposo”, “Parla il ministro Poletti: stipendio al 65% ma pensione piena per i dipendenti privati cui mancano tre anni al ritiro”.
Sul caso banche e le inchieste sul credito: “Etruria, si prospetta il reato di bancarotta”, “Il procuratore di Arezzo Roberto Rossi convince il Csm: la sua consulenza a Palazzo Chigi non è incompatibile”, “Civitavecchia, i bancari temono l’ondata di avvisi”, “Verso la chiusura dell’indagine per truffa e istigazione al suicidio del pensionato, ‘Vedrete, i primi a pagare saremo noi’” (a dirlo sono i bancari allo sportello, ndr.).
A centro pagina, foto di Fabiola Giannotti, la scienziata italiana che dal 1 gennaio guiderà il Cern (e che il quotidiano intervista): “Giannotti: al Cern come in paradiso”, “La sfida della scienziata italiana: nuove particelle dopo il Bosone di Higgs”.
A centro pagina anche la vicenda della donna morta all’ospedale Sant’Anna di Torino: “Torino, morte in sala parto. Lorenzin invia gli ispettori”, “La primaria: la madre ha rifiutato il tracciato”, “Il pm indaga per omicidio colposo”.
“A volte la medicina non ce la fa”, scrive in un commento Eugenia Tognotti.
Sull’emergenza smog: “Chiamparino: blocco totale quando si sfora”, “La proposta al vertice con il governo: soglie di allarme pre-definite”.
Alla “strategia di Renzi” è invece dedicato il commento di Giovanni Orsina in apertura del quotidiano: “Quindici mesi difficili in agenda”.
Di spalla a destra: “L’Isis ripiega ma non è una vittoria”, scrive Maurizio Molinari.
Il Manifesto ha in prima una foto di Milano deserta, con uomo in bici (e mascherina): “Aria fritta”, “Milano soffocata dallo smog chiude al traffico. Ma solo dalle 10 alle 16. Auto ferme anche oggi e domani. Una risposta virtuosa che però non risolve l’annoso problema dell’aria avvelenata nelle città. Pisapia: ‘servono risposte a livello nazionale e regionale’. A Roma solo targhe alterne. Il governo batta un colpo”.
Il quotidiano intervista Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera: “Ermete Realacci al suo partito: ‘Il Pa vada oltre la danza della pioggia. Contro lo smog serve un cambiamento culturale’”.
E più in basso un intervento di Valerio Calzolaio: “Cop21 e smog”, “Un mondo dal respiro corto”.
A centro pagina, “Banche rotte”: “Etruria, la furia dei risparmiatori. Il Csm assolve il procuratore”.
E un intervento di Alfonso Gianni sulla proposta di istituzione di una commissione parlamentare: “Perché serve la voce del Parlamento”.
Sul M5S: “Grillo espelle Fucksia, ‘Non ha rendicontato’. La senatrice: ‘I 5Stelle sono fuori controllo’”.
A fondo pagina: “Chicago, Natale di sangue. Il Wp: la polizia ha ucciso nel 2015 mille civili”.
Poi, dai Territori Occupati: “Peace Now: 55mila nuove case per i coloni israeliani”.
Un richiamo in prima anche per un articolo di Silvio Messinetti, inviato a Rosarno: “vecchie ingiustizie e nuovi raid xenofobi a Rosarno”, “Sfruttati negli agrumeti, costretti a vivere in condizioni indegne e ora di nuovo aggrediti. Lavoratori stagionali, le promesse del governo restano sulla carta”.
Il Giornale: “Ecoballe. Ecco la verità sullo smog. Dicono che l’inquinamento è colpa del disboscamento ma in Italia non ci sono mai stati tanti alberi. E anche sull’aumento dei morti nel 2015 raccontano le solite bufale ambientaliste”.
A centro pagina: “Ora Renzi si fa pure la banca. Sfrutta la paura per Etruria & C. per portare i soldi alla Cassa Depositi e prestiti”.
Da segnalare in prima anche: “La Cina è l’inferno dei cristiani. Mai così colpiti dai tempi di Mao”.
Sulla politica interna il quotidiano offre un articolo di Arturo Diaconale dal titolo “contro le leggi del premier il no dei moderati” e un articolo su Sandro Bondi “senza vergogna”.
Il Sole 24 ore: “Lavoro, i nuovi bonus per le assunzioni 2016”. “Sconto sui contributi prorogato ma in misura ridotta”. “Da gennaio cambiano le agevolazioni alle imprese per i contratti a tempo indeterminato”.
Di spalla: “L’America avverte la Ue: non date alla Cina lo status di economia di mercato”. “Governo Usa schierato con l’industria europea”. “’A rischio le difese commerciali’”.
In apertura il quotidiano offre due editoriali: Jean Claude Juncker (“La vera forza dell’Europa è la sua perseveranza”) e Raghuram Rajan, governatore della Banca centrale indiana (“Il mondo ha bisogno di una pace monetaria”).
A centro pagina: “Con Popolari e good bank sul mercato 720 miliardi di asset”. “Completati gli aumenti e superati i test Bce, nel 2016 partono le fusioni”. Sulle inchieste: “Etruria, dal Csm primo ok su Rossi. Pm pronto a valutare nuovi indagati”.
Smog
Il Manifesto, pagina 2: “Smog elettorale a Milano”, “Il sindaco Pisapia ferma il traffico, Maroni convoca un ‘tavolo’ e le polemiche infuriano. Ma le cifre dei Pm 10 sono le stesse da anni”. Scrive Luca Fazio che quest’anno a Milano sono stati superati i limiti per 98 giorni, erano stati 68 nel precedente anno piovoso (ma la normativa prevede comunque che i superamenti non possano essere più di 35), 81 nel 2013, 104 nel 2012, 129 nel 2011, 128 nel 2007, 145 nel 2006, 151 nel 2003 e 162 nel 2002. Insomma, “si soffoca, ma nella norma. Lo sanno tutti che Milano, e la pianura padana, sono da sempre tra i luoghi più inquinati d’Europa, anche per colpa delle auto e di una mobilità insostenibile a livello strutturale (il traffico provoca circa il 50% dell’inquinamento complessivo)”.
E Angelo Mastrandrea si sofferma sulle “alternative”: Dalla bicipolitana di Pesaro al pedibus, come disintossicare le città dalle auto”, “Decine di iniziative locali, ma non c’è un piano nazionale. I Radicali: carbon tax”.
A pagina 3, intervista ad Ermete Realacci, Pd, presidente della Commissione Ambiente della Camera: “Il Pd vada oltre la danza della pioggia”, “Governo inadeguato al cambiamento culturale”.
La Stampa, a pagina 6, concentra l’attenzione sulla proposta del presidente della Regione Piemonte: “Smog, la proposta Chiamparino: ‘Blocchi automatici quando si sfora’”, “Domani al tavolo con il ministro Galletti l’idea di un semaforo della qualità dell’aria. ‘Prescrizioni per aree climatiche, non secondo i confini delle amministrazioni locali’”.
La Repubblica, pagina 2: “’Chiuso per smog’. Milano si ferma. Ma Maroni insiste: ‘Blocco inutile’”, “Prime sei ore di divieto alle auto, trecento trasgressori multati nella città deserta. Ancora Grillo: Pisapia come Attila”.
Il “retroscena” di Paolo Griseri, con foto di Sergio Chiamparino: “Il piano in dieci punti di sindaci e governatori: ‘Regole uguali per tutti’”, “Domani il vertice convocato dal ministro con gli enti locali: ‘Basta stop in ordine sparso, ecco le nostre richieste’”. Quello del coordinamento, anche nelle emergenze -scrive Griseri- è il punto su cui insiste Sergio Chiamparino. Che dice: “Penso che sarebbe utile stabilire un codice di comportamento uguale per tutti nelle aree meteorologicamente omogenee”. E fa l’esempio del sistema di allerta delle alluvioni: quando le centraline segnalano un livello di precipitazioni superiore alla media, scattano allarmi che comportano misure di protezione da parte delle amministrazioni.
Il quotidiano tona poi sulle parole di Beppe Grillo, che ha collegato l’aumento di 45mila morti nei primi otto mesi del 2015 all’inquinamento. E lo fa intervistando Marco Marsili, demografo dell’Istat: “Nessuno può dire che quei morti in più siano dovuti ai veleni”, dice. “L’aumento c’è stato -spiega Marsili- ma non è possibile dire se quelle morti sono dovute allo smog, alla crisi, all’influenza o ad altro. Troppo presto”, “non siamo in grado di fare analisi approfondite, né riguardo all’età delle persone coinvolte e nemmeno, soprattutto, alla causa dei decessi”.
A pagina 7, intervista al Direttore del Programma Ambiente delle Nazioni Unite Achim Steiner: “Auto elettriche e bici in centro, così salveremo le nostre città”, Purtroppo tutte le le previsioni inducono al pessimismo. Serve subito il taglio delle emissioni serra”, per battere lo smog “bisogna rafforzare il sistema del trasporto pubblico e creare aree totalmente libere dal traffico”.
Sul Corriere Sergio Rizzo intervista il ministro Delrio che ricorda le agevolazioni per rendere più efficienti gli edifici nelle città. Di Milano dice che è “un esempio positivo”, “ha puntato sull’efficienza del trasporto pubblico ed è riuscita a ridurre in misura significativa il numero di auto per abitanti, che com’è noto in Italia è il più alto del mondo se si eccettua forse il Lussemburgo”. Diversa la situazionedi Roma, che ha “un bisogno disperato di cambiare passo”. Dice che “per dare una svolta al trasporto pubblico locale servono quattro miliardi e mezzo. In questi ultimi due anni siamo riusciti a sostituire circa 700 treni, ma quasi tutti in Emilia-Romagna, Veneto e Toscana. Abbiamo il tema del Sud, che è in condizioni disastrose e bisogna agire con estrema tempestività. In Campania si sono perduti metà dei passeggeri e metà dei ricavi”.
In attesa della conferenza stampa di fine anno del presidente del consiglio, si legge sul Giornale, “Matteo Renzi si tiene ben lontano dall’emergenza smog. Nella sua ultima enews celebra i successi del governo sorvolando, per spirito natalizio, sui problemi aperti”. Sullo smog insomma Renzi “delega la risposta del governo ai ministri competenti: peccato che almeno una di loro, la titolare della Sanità Beatrice Lorenzin, si tiri fuori assicurando di non avere competenze in materia. Così la patata bollente resta nelle mani del ministro dell’Ambiente Galletti, che domani riunirà a Roma sindaci e presidenti di regione per tentare una risposta coordinata. Nel frattempo, come sempre in Italia, si passa rapidamente dal dramma alla farsa e ognuno ha la sua ricetta miracolosa da vendere o il suo colpevole da additare: così in Lombardia si litiga tra Regione (centrodestra) e Comune di Milano (centrosinistra) su chi sia più responsabile per la mancata prevenzione dell’emergenza”.
Sul Corriere Gian Antonio Stella si sofferma sul ministero dell’Ambiente, “Quel ministero ‘di consolazione’ dato a Galletti con il manuale Cencelli”. “Aveva definito la legge anti-condoni di Errani «un crimine». Ha cambiato idea”. “Per decenni il dicastero è stato considerato uno strapuntino per partiti minori”.
Libia-Italia
Ieri a Palazzo Chigi Matteo Renzi ha ricevuto il premier libico incaricato di formare il nuovo governo di unità nazionale.
La Stampa, pagina 12: “Il futuro premier libico da Renzi: ‘Aiuti senza ledere la sovranità’”, “Fayez el Serraj sceglie l’Italia come prima tappa del suo tour di consultazioni. ‘Lotta a Isis e trafficanti’, ma Roma e Tripoli frenano su interventi affrettati”, scrive Guido Rutolo.
La Repubblica: “Tripoli: ‘Via al Trattato con l’Italia’. Renzi: ‘Pronti a intervenire’”, “Il premier libico in visita. Roma valuta di riaprire l’ambasciata”.
Ne scrive anche Stefano Folli: “Quel rischio calcolato tra Libia e Parlamento”, “La scelta di sostenere l’impegno a Tripoli rilancia il ruolo italiano e crea coesione con le opposizioni”.
Anche sul Sole si dà conto dell’incontro di ieri tra il presidente del consiglio Renzi e il primo ministro libico designato Fayez Al-Serraj: “L’Italia sarà protagonista nel percorso di stabilizzazione in Libia e nella ricostruzione del Paese e del suo tessuto economico, a partire dal settore dell’oil and gas e dalle infrastrutture” e “contribuirà anche nel ruolo di consulente nel delicato compito di mettere in sicurezza il territorio libico con l’invio di istruttori per l’addestramento delle milizie del governo di Tripoli”, si legge. Si legge anche che il neonato governo di Tripoli sta lavorando per “riattivare il ‘Trattato di amicizia e di cooperazione’ tra Italia e Libia firmato il 30 agosto del 2008 dall’allora premier Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi e poi sospeso nel 2011 dopo l’inizio della rivolta contro il rais. Quell’accordo, frutto di una lunga negoziazione bipartisan avviata dal governo Prodi, mise la parola fine al contenzioso coloniale italiano e aprì un’epoca di cooperazione in campo economico (energia e infrastrutture) e di lotta all’azione clandestina: l’intesa prevedeva in particolare un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche da parte italiana”. Da Palazzo Chigi si sottolinea che “non è certamente un caso” se il giro del premier libico sia iniziato da Roma.
Sul Corriere si dà spazio alle parole di Al Serraj: “L’Italia avrà un ruolo centrale nella stabilizzazione e nel futuro della Libia”, non solo nel settore della sicurezza ma anche nella “ricostruzione economica”. Al Serraj ha auspicato la riapertura di ambasciata e consolato italiani in Libia e la ripresa di voli commerciali tra Roma e Tripoli. Renzi ha detto che l’Italia “rispetterà sempre il principio della vostra sovranità” evitando di “ripetere gli errori del passato” e dunque “qualsiasi tipo di intervento militare, economico o umanitario avverrà sempre come risposta ad una vostra precisa richiesta. Non faremo mai nulla di unilaterale”.
Iraq, Siria, Isis
Sul Sole: “Con la conquista di Ramadi l’inizio di una possibile svolta”, di Alberto Negri. “Decisiva a questo punto la gestione politica di Baghdad”. Dove si legge che il governo centrale di Baghdad dovrà “rimediare agli errori del passato” che “hanno contribuito nelle aree sunnite all’ascesa prima di Al Qaeda e poi dei Califfato”. Negri si sofferma sul “Siraq”, quella nazione di legami tribali e profondi tra l’occidente iracheno e l’oriente siriano, area sunnita che si oppone ai due governi: quello siriano, dove i sunniti sono maggioranza, e quello iracheno, dove sono minoranza. “L’intuizione di Baghdad è stata quella di unire i due campi di battaglia”.
Sul Corriere Lorenzo Cremonesi (“Sciiti e sunniti assieme per battere l’Isis in Iraq”) scrive che “le prime mosse del governo iracheno dopo la vittoia a Ramadi” “paiono per una volta andare nella direzione giusta”. Il premier Al Abadi “promette che il controllo della città verrà affidata a unità miste di poliziotti reclutati sul posto e miliziani delle tribù sunnite locali”. Al Abadi mostra di “aver compreso” dunque che “solo l’inclusione dei sunniti nella amministrazione delle loro regioni” può “battere l’Isis”, perché “non è un mistero che gran parte della minoranza sunnita” simpatizza con lo Stato islamico. Cremonesi però ricorda che Nouri Al Maliki, pure dello stesso partito di Abadi ed ex premier, ha lavorato “con coerente determinazione” per “marginalizzare e perseguitare i sunniti” ed è oggi ancora vicepresidente del Paese e “mette i bastoni tra le ruote” al premier.
La Repubblica intervista Peter Bergen, uno dei massimi esperti di terrorismo, nonché l’unico ad intervistare Osama Bin Laden. Dice: “A Ramadi una svolta strategica ma in Occidente cresce il rischio attentati”, “L’Is vorrà dimostrare con attacchi di avere ancora rilevanza”, “I consulenti militari Usa un ‘surrogato’ dei soldati sul terreno”, “La bandiera irachena sulla città conferma che è finito lo stallo tattico nella guerra al Califfato”, “Per ora lo Stato islamico e Al Qaeda sono nemici ma di fronte a una possibile sconfitta potrebbero riunirsi”.
Su La Stampa, Maurizio Molinari scrive: “L’Isis ripiega ma non è una vittoria”, l’Is termina l’anno in condizioni peggiori rispetto a come lo aveva iniziato ma la sua sconfitta appare ancora lontana perché il Califfo combatte con la tattica delle tribù del deserto: ritirarsi e limitare i danni per preparare la rivincita. Perché per le tribù del deserto “ciò che più conta non è il possesso di città o territori ma il controllo di risorse, prima fra tutte quelle degli uomini armati, addestrati, fedeli”.
Terrorismo e democrazia
La pagina 13 de La Stampa è dedicata al dibattito sulle scelte da compiere sul fronte della guerra al terrorismo: “La scelta fra sicurezza e libertà”. Paolo Mastrolilli, inviato a New York: “I proclami dell’Isis fanno vacillare l’America liberal”, “Primo emendamento a rischio” (e il primo emendamento della Costituzione recita: “Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento di qualsiasi religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”). Cesare Martinetti, da Parigi: “Egalité addio. La Francia litiga sui doppi passaporti”, “Via la cittadinanza ai terroristi”.
Poi la Cina (“Web blindato e silenzio sugli Uiguri”, popolazione musulmana), la Russia (“La stretta di Putin sui blogger”), la Turchia (“Un bavaglio per zittire l’opposizione”) e la Gran Bretagna (“Siti estremisti bloccati e censurati”).
Populismo in Europa, immigrazione in Italia
Su La Repubblica, a pagina 30, un’analisi di Nadia Urbinati: “L’anno del populismo”. Secondo la studiosa, quello che sta per chiudersi è stato “l’anno d’oro dell’era populista”. “Movimenti diversi fra loro hanno in comune lo scontento per i partiti tradizionali”. E Urbinati sottolinea quanto il termine “populismo” sia impreciso e controverso: usato spesso come accusa e più raramente come orgogliosa autodescrizione. Nato negli Usa alla fine dell’Ottocento, dove il People’s Party ha significato un processo di democratizzazione della società americana, il populismo ha preso sembianze quasi fasciste nell’Argentina di Peròn. Con l’eccezione degli Usa, che non hanno mai avuto rovesciamenti di regime, “il populismo, quando è emerso in contesti di transizione democratica, ha fatto deragliare i Paesi verso forme di potere cesaristico”.
Sul Sole da segnalare la riflessione di fine anno di Jean Claude Juncker in cui si legge che “i politici di destra e di sinistra hanno continuato ad alimentare il populismo” in Europa rispetto al tema dell’asilo in una sorta di “gara al ribasso” in cui ogni Paese membro “tenta di ridurre la qualità” del suo sistema di accoglienza per “renderlo meno attraente rispetto al Paese vicino”.
Da Il Manifesto segnaliamo anche il reportage di Silvio Messinetti da Rosarno: “Vecchi fantasmi e nuovi raid”, “A Rosarno, malgrado gli annunci del governo Renzi, gli ‘invisibili’ lavoratori immigrati sfruttati nella raccolta degli agrumi sono sempre lì, nelle loro baracche invivibili, in balìa dei caporali e delle aggressioni xenofobe”.
E a pagina 9 la lettura del rapporto Istat: “Se la crisi parla straniero”, “I dati impietosi sull’integrazione nel nostro mercato del lavoro di chi non è nato in Italia”, “Tanto più alto è il titolo di studio tanto più rischia di escludere o di impedire l’accesso a un’occupazione”.
Riforme
Sul Corriere Paolo Mieli, partendo dalla notizia che la Spagna dopo le elezioni è ancora senza governo e scrive che la grande coalizione che la Spagna potrebbe prendere in considerazione non è tanto una “coalizione naturale” ma qualcosa di simile agli “accrocchi di emergenza come quelli che hanno sostenuto in Grecia Antonis Samaras (2012-2015) e in Italia Mario Monti (2011-2013) i quali, indipendentemente da come hanno governato, hanno avuto l’effetto di dar fiato alle formazioni anti sistema di Alexis Tsipras e Beppe Grillo, proprio perché Tsipras e Grillo si presentavano da antagonisti delle suddette combinazioni di governo”. Scrive anche che le cosiddette grandi coalizioni “sfavoriscono inevitabilmente il partito di sinistra che ad esse partecipa (i socialisti sono usciti distrutti dall’accordo con la Merkel in Germania e con Samaras in Grecia) e favoriscono partiti e movimenti che le hanno osteggiate”. Per questo, ovvero per “ovviare a questo incoveniente e trasformare le maggioranze relative in maggioranze assolute nascono “i sistemi elettorali a doppio turno” ed è dunque “difficile da comprendere la ricorrente obiezione: a Matteo Renzi e ai suoi ministri interessa solo che ci sia un vincitore chiaro, non che il vincitore rappresenti la maggioranza dei cittadini (Luca Ricolfi)”. Mieli ricorda che “l’inte. ro centrosinistra” da almeno venti anni sostiene il doppio turno e “sarebbe un grave errore cambiare ora il modo di votare per impedire l’eventualità che qualcuno sia messo in condizione di governare così da costringerlo a piegarsi a coalizioni di emergenza”.
Sul Sole Roberto D’Alimonte firma un articolo dal titolo “Italicum e tripolarismo, non vince il caso ma chi prende i ‘secondi voti’” in cui pure risponde alle obiezioni fatte domenica da Luca Ricolfi alla legge elettorale che premierebbe “a caso” uno dei tre competitori. Ricolfi spiega che con quasi tutti i sistemi elettorali “le elezioni possono essere decise da pochi elettori”. Accadde anche con il presidente degli Stati Uniti “eletto pochi anni fa da una manciata di elettori di una ignota contea della Florida”, accadde anche con Prodi e con Bersani. E scrive che “il vero problema non è il caso” ma il timore di alcuni che vinca “il partito ‘sbagliato’”, ovvero il M5S, e per eliminare il “rischio” alla radice, per costoro, è meglio “delegittimare l’Italicum”: “meglio un sistema in cui non vince nessuno”.
Sul Giornale, di Arturo Diaconale: “Serve il no dei moderati contro le ‘leggi renzissime’”, dove si evocano le leggi fascistissime degli anni 20 in Italia. Dove si lancia l’idea di un comitato per il no alla riforma costituzionale voluta dalla maggioranza per evitare che il referendum “si trasformi in un plebiscito acritico e irresponsabile”. Occorre spiegare che “la battaglia non è contro le riforme” ma “contro le riforme sbagliate”.
Da segnalare sul Resto del Carlino una intervista a Maurizio Sacconi. Anche lui evoca un referendum, quello che si dovrebbe convocare nel caso in cui passasse la legge Cirinnà sulle unioni civili. “Siamo pronti a raccogliere le firme per un referendum” e a “manifestare in un nuovo Family Day in difesa della famiglia tradizionale”, dice. Il ddl, se passasse, “sarebbe la classica palla di neve che si fa valanga travolgendo tutto”, aggiunge Sacconi a proposito delle sorti del governo.
Banche
La Stampa, pagina 4: “Banca Etruria, per il pm indizi chiari. Ora si prospetta il reato di bancarotta”, “Il procuratore di Arezzo Roberto Rossi convince il Csm: ‘Nessuna incompatibilità tra inchiesta e consulenza a Palazzo Chigi’. Richieste le relazioni di Bankitalia”. E si citano le parole di Renato Balduzzi, membro laico del Csm: “allo stato dei fatti non c’è un caso Rossi e non esiste incompatibilità. E’ stato lineare e convincente. Un magistrato indipendente e imparziale”.
Più in basso, il reportage da Arezzo di Gianluca Poalucci racconta la protesta davanti alla sede storica di Banca Etruria: “I risparmiatori traditi: ‘Spostiamo i soldi negli istituti stranieri’”.
Da Civitavecchia, sede della filiale Etruria presso cui erano depositati i risparmi del pensionato che si è ucciso, racconta Maria Corbi: “Bancari allo sportello: ‘Vedrete, saremo noi i primi a dover pagare’”, “La procura di Civitavecchia pronta a chiudere l’indagine. In filiale si temono avvisi di garanzia per l’anno nuovo”.
La Repubblica, pagina 8, articolo di Liana Milella: “Via libera al pm Rossi. Csm: ‘E’ sereno, proceda, non c’è incompatibilità’”, “Il Consiglio chiede gli atti di Bankitalia. Il magistrato su Pierluigi Boschi attende relazione liquidatore”.
Il Manifesto: “Un conflitto trasparente”, “Tensione sulla commissione parlamentare. Il capo dello Stato preoccupato, ma Renzi (per ora) deve insistere su un’inchiesta vera. Brunetta: ma la presidenza spetta all’opposizione”.
E Alfonso Gianni scrive che “è sul tappeto una grande questione di politica economica”, citando l’esempio delle inchieste sui casi Cirio e Parmalat: “la commissione bicamerale p uno strumento in più. Potrebbe avere un indirizzo ‘politico’ o più ‘legislativo’. Dipende dalla legge istitutiva”, ricorda.
Da Arezzo la cronaca di Riccardo Chiari: “Lanci di uova su Banca Etruria”, “protesta dei correntisti e risparmiatori truffati e lasciati a secco dal Salvabanche”.
Su La Repubblica un’analisi di Ferdinando Giugliano: “è stato un errore -scrive- scaricare la colpa del provvedimento sull’Europa creando la sensazione che potessero esserci alternative indolori”, “Un sistema che voglia mantenere la fiducia dei cittadini deve necessariamente indagare su se stesso a partire dai supervisori”.
Sul Corriere Enrico Marro mette in evidenza i dubbi sulle modalità dei risarcimenti per chi ha sottoscritto obbligazioni subordinate delle quattro banche e scrive che “la situazione non è chiara neppure per gli addetti ai lavori”. Per esempio ieri, intervistato dallo stesso Marro, il responsabile economico Pd diceva che i rispariatori truffati potranno rivalersi anche con le nuove banche, mentre secondo i nuovi istituti di credito questo non è vero perché c’è discontinuità aziendale. La legge di Stabilità appena approvata rimanda alle nuove banche attività e passività delle vecchie e “dunque non le nuove passività derivanti da un contenzioso futuro”, ma questo non toglie che il giudice civile possa dare ragione al risparmiatore “truffato” e decidere che la nuova banca “qualora non possa” farlo quella in liquidazione. Neppure è chiaro se il lodo dell’Anac sia appellabile oppure no. In ogni caso “l’arbitrato sarà la strada maestra”, scrive il quotidiano milanese, mentre saranno “stretti i margini per ottenere i rimborsi in tribunale”.
Il Giornale dà spazio alla campagna pubblicitaria di Cassa Depositi e prestiti che da diversi giorni propone in tv i Buoni fruttiferi postali con lo slogan “ci vuole un buono per garantire i tuoi risparmi”. “La Cdp è il bancomat usato da Palazzo Chigi per finanziare la ripresa”, ricorda il quotidiano.
Lavoro, pensioni, economia
La Stampa dedica le prime tre pagine alla questione occupazione e previdenza. Pagina 2: “Pensioni, dal 2016 le donne dovranno lavorare 22 mesi in più”, “Scattano gli scaglioni previsti dalla riforma Fornero: penalizzeranno le nate nel 1953. e a causa del taglio dei coefficienti per gli uomini l’assegno sarà più leggero dell’1%”. A scriverne è Federica Schianchi. Mentre Maria Teresa Martinego, da Torino, racconta il caso della signora Enza, 62 anni, una vita nel settore pulizie: “’Ho la schiena a pezzi, stavo per smettere e invece dovrò andare avanti fino al 2020’”.
A pagina 3 un’intervista al ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “’Part-time agevolato per gli over 60. Il ricambio in azienda sarà più facile’”, “Il ministro Poletti: ai dipendenti nel privato salario al 65% ma la pensione al 100%. Col Jobs Act i contratti a tempo indeterminato sono saliti dal 18 al 27% del totale”, “Pensate si possa fare lo stesso lavoro nelle stesse modalità a 30 come a 60 anni? Io credo proprio di no”.
Sul Sole un articolo di Maria Carla De Cesari. Si legge che “l’agevolazione per le assunzioni a tempo indeterminato non ha avuto effetti miracolistici sull’occupazione, ma sicuramente ha segnato una piccola inversione di tendenza, che la proroga del bonus deve alimentare”. Insomma: “qualcosa si è rotto nell’incantesimo che imprigionava il mercato del lavoro a un altissimo tasso di disoccupazione”. Per “cambiare abitudini, anche giuridiche, occorre tempo ed esperienza” ed è dunque giusta la scelta di “prorogare la decontribuzione anche per le assunzioni effettuate nel 2016”.
Su La Repubblica, alle pagine dell’economia (pagina 25): “Pensioni donne, si cambia, due anni in più al lavoro”, di Roberto Mania.
Sul Corriere Federico Fubini dà conto di una analisi pubblicata su Voxeu.org, portale con i contributi del Centre for economic policy research e dedicata all’Italia, Paese “con la più bassa quota di laureati fra le trenta democrazie industriali, che ne spinge uno ogni dieci a emigrare (anche) perché il costo di aprire un’impresa è fra i più alti al mondo”. L’analisi è firmata da Dino Pinelli, István P. Székely e Janos Varga. “Nessuno dei tre è noto in Italia, ma le loro idee contano perché questi analisti sono al cuore del lavoro che la Commissione europea sta svolgendo sulla Legge di stabilità e sul programma di riforme del governo di Matteo Renzi. Soprattutto il primo, Dino Pinelli: è il capo del ‘desk Italia’ della direzione generale Affari economici di Bruxelles, l’ufficio da cui parte la valutazione sulla manovra in deficit del governo”. Secondo l’analisi l’Italia perde terreno in Europa soprattutto perché “la ‘produttività totale dei fattori’ è in calo (in media dello 0,3% l’anno) dalla fine del secolo scorso. È un caso praticamente unico, mentre cresce quasi ovunque nel resto d’Europa e ancora di più negli Stati Uniti. Questo è l’indicatore che riassume la ricchezza che si crea in un’ora di attività produttiva, una volta sommati tutti i fattori che vi contribuiscono: l’organizzazione e le regole del lavoro, le competenze, gli investimenti e la tecnologia, la burocrazia, l’apertura del mercato, le infrastrutture o le forniture energetiche. La ‘produttività totale dei fattori’, più del debito o della crescita, è il termometro del sistema. È in Italia, caso quasi unico, va giù da 15 anni”. “Pinelli, Székely e Varga riconoscono le riforme di Renzi sulla scuola o con il Jobs Act. Ma aggiungono che restano ‘debolezze strutturali fondamentali’” e che per tornare alla crescita occorrerà uno “sforzo straordinario”.
E poi
Il Manifesto, pagina 11, recensione di Marta Fana: “Benvenuti nel paese delle disuguaglianze crescenti”, “’Gli italiani e la crisi’, un libro-inchiesta di Roberta Carlini per Laterza.
Sul Manifesto Chiara Cruciati si occupa del saggio di Bruno Nassim Aboudrar: “’Come il velo è diventato musulmano” (“Una ‘stoffa’ dalle radici cristiane”).
Su La Repubblica, intervista di Giampaolo Caladanu a Ursula Gauthier, la corrispondente del Nouvel Observateur, “dopo che la Cina le ha negato il visto da giornalista. Un suo articolo sulla protesta nello Xinjiang ha fatto infuriare il Partito. ‘Ho raccontato la solidarietà dopo gli attacchi di Parigi: un’ipocrisia per nascondere la repressione. Mi hanno messa alla gogna”.
E il dissidente Ai Weiwei, che ormai vive in Germania, scrive: “Perché il mondo non urla quando Pechino cancella i diritti”.