Le aperture
Il Corriere della Sera: “Ultimo avviso a Gheddafi: in esilio. La Casa Bianca evoca una via d’uscita ma avvicina le navi alla costa. L’Europa vara le sanzioni. Il Colonnello intervistato risponde ridendo: il popolo mi ama”. Di spalla, l’Afghanistan: “Trappola per l’alpino che portava medicine. Afghanistan: muore un tenente, quattro feriti”. A centro pagina: “Berlusconi: staff del Quirinale. Il premier accusa anche magistrati. Consulta e opposizione”.
La Stampa dedica la parte alta della prima pagina all’attentato in Afghanistan: “Bomba uccide un alpino. Quattro feriti gravi. Il premier: mi chiedo se il sacrificio serva”. Il titolo più grande: “L’America schiera le navi davanti alle coste libiche. Obama: Gheddafi in esilio. Il Colonnello: non me ne vado, ingannato dagli amici occidentali”. “Clinton: accelerare in ogni modo la fine delle violenze”. A centro pagina: “Berlusconi attacca ‘lo staff del Colle’. Bagnasco: stima e fiducia in tutta la scuola”.
Il Sole 24 Ore: “Gli Usa congelano i beni libici. Bloccati oltre 30 miliardi di dollari. La Ue vara l’embargo sulle armi. Roma valuta la messa in sicurezza delle quote di Tripoli in aziende italiane. One e Nato preparano una no-fly zone”.
Il Foglio: “Cordone finanziario attorno a Gheddafi. Per lui ‘it’s time to go’. Hillary Clinton usa parole dure contro il rais libico. Al vaglio l’ipotesi dell’esilio. Bombardamenti su Bengasi. ‘Il mio popolo mi ama’”.
Europa: “Gli Usa in Libia vogliono chiudere il conto col rais. Si stabilizza il fronte fra rivoltosi e fedeli a Gheddafi. Lui: ‘Obama vuole occuparci’. Consiglieri occidentali in Cirenaica. Clinton: nessuna ipotesi esclusa”. A centro pagina: “Il premier contumace attacca il Quirinale: sono stroppo puntigliosi, mi bocciano tutto”.
La Repubblica: “Berlusconi attacca il Quirinale. ‘Staff del Colle troppo puntiglioso'”. “Fini: non conosce la Costituzione’. Via al processo Mediaset senza il Cavaliere”. E poi: Bagnasco: fiducia in tutta l’istruzione, statale e no”. E ancora: “Mobilitazione per difendere la scuola”. A centro pagina: “Missili di Gheddafi sugli insorti. Gli Usa: esilio per il Colonnello. Il rais: tradito da Paesi amici”. Ancora a centro pagina: “Bomba in Afghanistan, muore un altro alpino”.
In prima una lunga analisi dello scrittore Tahar Ben Jelloun dedicato alla primavera araba, che arriva in un mondo in cui “l’individuo non è riconosciuto come tale”, e soppiantato dal clan, la tribù, la famiglia.
Libero: “Napolitano non mi fa lavorare. Il premier: ‘se una legge non gli piace la rimanda indietro e il suo staff interviene su tutto’. Così, a partire da Scalfaro, il Quirinale è diventato il contropotere che paralizza i governi”. A centro pagina, con foto: “Da oggi in regalo i Diario di Mussolini”. Il direttore Belpietro in prima pagina firma l’editoriale sulle parole del premier su Napolitano. In prima anche un articolo che spiega la scelta di offrire i Diari del Duce: “Useranno Benito per colpire Silvio”.
Il Giornale pure oggi offre l’ultimo fascicolo collezionabile che contiene il “Testamento politico di Mussolini”. Il titolo di apertura è: “Il Cav all’attacco: Napolitano e i giudici bloccano il governo. Quanti veti dal Colle”. Il titolo più grande è per la vicenda “affittopoli”: “Affittopoli, pacchia finita. Lo scandalo delle case scontate. Dopo quelli di Roma, anche i pm di Milano finalmente aprono una inchiesta per truffa. La procura mette le mani sulle liste dei privilegiati: tremano politici, imprenditori e giornalisti”.
Libia
Su La Stampa una intervista all’ex premier Romano Prodi sulle rivolte nel mondo arabo: “Ora la missione dell’Europa è di guardare verso sud”, “serve una partnership per far germogliare i semi della democrazia”.
Secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore i ribelli della Cirenaica, che hanno nominato un comitato nazionale, avrebbero precisato di avere il controllo sull’85 per cento dei pozzi di petrolio libici. E presto dovrebbero riprendere le esportazioni. Un fiume di dollari che permetterebbe la rinascita della regione, ora paralizzata. Nel 2010 il petrolio ha portato nelle casse del Paese oltre 40 miliardi di dollari.
Sullo stesso quotidiano si sottolinea quanto il futuro sia nelle mani delle tribù, poiché Gheddafi può contare su 20 – 30 mila uomini e sull’aviazione, che possono bastare a difendere Tripoli e l’ovest, ma non per una controffensiva in Cirenaica. E ancora, sul quotidiano di Confindustria si scrive che il governo sta elaborando un provvedimento per mettere in sicurezza le partecipazioni dello stato libico in Italia, che vorrebbe congelare. (Unicredit, Eni, Finmeccanica, Juventus, Fiat).
Gli scenari del Paese per un eventuale dopo-Gheddafi vengono analizzati con due interviste dal quotidiano Europa: Paul Sullivan, della Georgetown University, dice che la nuova leadership sarebbe rappresentanta da una “combinazione di capi tribali, politici dell’opposizione, manager e generali”, “Gheddafi ha fatto piazza pulita, ha smantellato tutto, ha indebolito l’esercito e ha impedito alla opposizione di crescere”. Arshin Adib-Moghaddam, della School of oriental and Africa studies di Londra, dice che esistono formazioni di diverse ideologie “dai liberali-secolari ai monarchici, dagli islamici ai nazionalisti”, ma al momento li unisce solo l’anti-gheddafismo. Sull’allarme islamista: “In Libia ci sono movimenti sufi di origine tribale, che politicamente sono però molto marginali. Ci sono i Fratelli Musulmani che hanno rapporti con i “cugini egiziani” e con il Fis algerino, ma sono per lo più moderati, nonostante alcune correnti radicali (comunque non jihadiste).
Antonio Ferrari, sul Corriere della Sera, ricorda che le transizioni del mondo arabo non saranno facili, come Tunisia ed Egitto stanno dimostrando. Ma in Libia sarà ancora più arduo e pericoloso. Va però attirata l’attenzione sulla “Intifadah” diplomatica disarmata, con decine di ambasciatori e consiglieri che abbandonano il Colonnello: “si schierano con i rivoltosi, e sostituiscono il verde vessillo della Jamairiha voluto da Gheddafi con la bandiera tricolore (nero, rosso e verde) della Libia monarchica e indipendente dei tempi di re Idris”. E quel vessillo tricolore sventola a Bengasi, in gran parte del Paese, e con esso si coprono pietosamente i cadaveri delle vittime. Il fatto è che la “ragnatela di tribù” caratteristica della Libia potrebbe far riemergere odii antichi, in assenza di un punto di riferimento istituzionale per il Paese. Ecco perché taluni ipotizzano il ritorno di un sovrano, di un monarca, che potrebbe essere il principe Idris al Senussi, erede designato al trono da suo nonno, o un suo cugino, che vive a Londra: entrambi provengono dalla tribù più rispettata di Libia.
Da Tripoli l’inviato de Il Giornale racconta invece i pestaggi e gli arresti verificatisi in Libia nei confronti di immigrati dell’Africa nera: alcuni vengono bastonati e fatti prigionieri con l’accusa di essere mercenari al soldo di Gheddafi. Altri sono davvero arruolati dal regime, ma a forza. Anche il vescovo di Tripoli, Giovanni Martinelli, conferma la paura di questi immigrati: “Sta prendendo piede il pregiudizio che africano significhi mercenario”. La situazione è particolarmente difficile per migliaia di eritrei di passaggio a Tripoli, presenti con mogli e bambini. Anche su Libero si racconta la storia dei tanti africani che vivono e lavorano in Libia, a rischio di linciaggio. Ma il titolo: “I ribelli uccidono i neri. E quelli scappano qui”.
Berlusconi
Il premier ieri ha concesso una intervista al quotidiano Il Messagger sulla situazione libica: “Siamo e saremo perfettamente in linea con quanto decidera’ la comunità internazionale. Prima di decidere vediamo che cosa accede a Tripoli. In questo momento occorre molta cautela perche’ la situazione in Libia è in continua evoluzione. Qualunque sarà il governo che i libici vorranno darsi, questo manterrà un rapporto con l’Italia, con il suo popolo e le sue imprese”. Sull’idea di esilio di Saddam: “Procederemo in stretto contatto con Bruxelles e Washington. Prima di decidere vediamo cosa accade a Tripoli. Si tratta di due situazioni diverse”. Berlusconi parla di contatti “stretti” con Obama e con il Presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, ma ribadisce la necessità di aspettare: “Abbiamo molti interessi nell’area oltre ad essere anche geograficamente molti vicini alla Libia. Noi siamo amici del popolo libico, e io ho chiesto personalmente perdono al popolo libico, parlando al parlamento libico, per ciò che avevano fatto i nostri predecessori nel tentativo di sottomettere quel popolo. Noi abbiamo avuto il coraggio di prendere le distanze dal nostro passato colonialista.
Berlusconi ieri ha parlato a Milano. Libero lo descrive come “un fiume in piena”: “Quando il governo decide di fare una legge, questa prima deve passare” dal Capo dello Stato – ha detto Berlusconi. Deve passare il vaglio “di tutto l’enorme staff che lo circonda, che interviene puntigliosamente su tutto. La legge, la mandiamo poi in Parlamento, dove tra commissioni ed aula viene più volte modificata e deve fare la spola tra le due Camere”. E ancora: “Noi abbiamo a che fare con un impianto costituzionale che è stato così fatto dai padri costituenti, che avevano la preoccupazione di non consentire al governo di essere forte dopo venti anni di regime fascista. In effetti hanno dato tutto il potere al Parlamento, al capo dello Stato e alla Corte Costituzionale, e hanno assolutamente imbrigliato in tutti i modi il governo e il presidente del Consiglio. Poi, a meno di un chilometro di distanza, infiamma un convegno della Confcommercio e si riferisce ancora all’imbrigliamento, tirando in causa la Corte Costituzionale: “mentre si svolge l’iter di una legge ci sono giudici che dicono la loro e altre autorità che intervengono anche se non dovrebbero farlo”. Poi su Fini: “Se il governo e la maggioranza non sono ancora riusciti a fare la riforma della giustizia e una nuova legge sulle intercettazioni è perché Fini aveva un patto con i magistrati per bloccare le leggi non gradite”. Berlusconi è convinto che la diaspora di Fini abbia fatto perdere elettori al Pdl, ma soltanto nell’area “degli indecisi”. Sullo stesso quotidiano si sottolinea la reazione della Lega, che considera quelli di Berlusconi attacchi “fuori tempo”, non condivisibili: “Con alcuni decreti sul federalismo che devono ancora passare, nessuno di noi si sognerebbe di attaccare il presidente della Repubblica, dice un anonimo ed autorevole esponente del Carroccio.
In una intervista a La Repubblica il costituzionalista Gaetano Azzariti commenta: ”il premier continua nella sua opera di delegittimazione degli organi di garanzia” e ”ora non si salva più nessuno, Parlamento, giudici, Quirinale”. Berlusconi “calpesta il ruolo degli organi di garanzia e perfino del supremo garante della Costituzione”. Queste “tendenze di stampo populistico non potranno che accrescere le tensioni istituzionali già rilevate dal Colle”
E poi
L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato a “gli integrati”: ci si riferisce agli immigrati di seconda generazione, che si dimostrano laici e tolleranti, meno obbedienti ai precetti tradizionali, ribaltando così molti pregiudizi. Si tratta del contenuto di una inchiesta pubblicata da Il Mulino dal titolo “la generazione dopo”, firmata da Marzio Barbagli e Camille Schmoll. La ricerca si basa su una raccolta di dati compiuta tra 4000 studenti medi dell’Emilia Romagna. Un ragazzo su tre di quelli nati in Italia da genitori stranieri dichiara di sentirsi italiano. L’obbligo di pregare tutti i giorni è rispettato da meno di un figlio di immigrati su due. Se poi quel figlio è nato in Italia, la sua propensione alla preghiera scende al 42 per cento. Insomma, integrazione come antidoto all’integralismo. Sul tema si interpella Yahya Pallavicini, imam a Milano. Dice: “L’integrazione è un aspetto positivo e maggioritario, ma c’è sempre una minoranza che iper-assimila i valori della società in cui vive per paura di non venire accettata.
Per restare in tema, dallo stesso quotidiano, segnaliamo il resoconto di uno scontro a distanza tra il premier turco Erdogan e il governo della Cancelliera tedesca Merkel. Erdogan era in visita ai 10000 suoi connazionali a Dusseldorf ed ha dichiarato: “Nessuno riuscirà mai a strapparci la nostra cultura e la nostra civiltà”, “i nostri bambini devono imparare il tedesco ma prima di tutto il turco”. Risponde il vice cancelliere Westerwelle: “Chi cresce da noi deve imparare per primo il tedesco”. In Turchia si vota il 12 giugno e i turchi in Germania sono oltre 2.5 milioni. Elettori potenziali.
Il Giornale dedica due articoli ad un dibattito così titolato: “Arabi pronti per la democrazia?”. Si confrontano le opinioni di Giordano Bruno Guerri (“Sì, aiutiamoli a crescere dall’economia alla cultura”), e di Maria Giovanna Maglie (“No, finché domina l’islam è assurdo parlare di diritti”).
La parte femminile
In prima su La Repubblica i dati Ocse e Ispo che attestano come gli uomini possano contare su 83 minuti di libertà in più delle loro compagne.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)