Corriere della Sera: “Piano di Monti per le cessioni. In vendita immobili e partecipazioni di Comuni e Regioni”.
La Repubblica apre con le parole di Monti: “‘Beni pubblici in vendita’”. “Monti: ‘parte l’operazione crescita, no a nuova manovra’”.
Stessa scelta per La Stampa: “‘Beni pubblici, sì alla vendita’”.
Il Fatto punta sul disegno di legge anticorruzione: “L’ultima beffa: condannati ineleggibili. Ma dal 2018″.
L’Unità: “Condannati via dalle Camere”. Il quotidiano evidenzia le rassicurazioni del ministro della Giustizia Severino: in vigore le norme già nel 2013.
Il Sole 24 Ore: “Tensione sui BoT: tassi al 3,97%”, “Moody’s declassa la Spagna, Bonos al 6,8%: Madrid chiede ‘più velocità’ alla Ue”.
Il Giornale: “L’Europa ci minaccia”, “Monti bacchettato da Bruxelles per i tagli insufficienti, ora promette di vendere il patrimonio pubblico”. E poi: “Corruzione, passa alla Camera la norma salva Penati. Il Pdl promette barricate”.
Crisi
Il Sole 24 Ore scrive che il presidente francese Hollande proporrà al vertice europeo del 28 giugno un ‘pacchetto’ di misure di stabilità finanziaria a sostegno dell’eurozona: la prima misura è l’affidamento alla Bce del compito di sorvegliare le banche di importanza sistemica e di gestirne la chiusura ordinata in caso di fallimento; la seconda è l’utilizzo dell’Esm come strumento per ricapitalizzare le banche che non superino gli stress test organizzati dalla stessa Bce.
Il quotidiano dà conto del negoziato della Cancelliera in patria, con l’opposizione: proprio ieri la Merkel ha incontrato socialdemocratici e verdi, del cui sostegno ha bisogno per approvare con i due terzi del Bundestag sia il fiscal compact che il trattato costitutivo del meccanismo di stabilità Esm. L’Spd – scrive il Sole – è pronta a votare a favore del nuovo accordo di disciplina di bilancio, purché la Germania si faccia promotrice di aiuti alla crescita. Sul fronte di una unione bancaria europea, da Berlino il messaggio è che qualsiasi passaggio che richieda un trasferimento di denaro tra i Paesi membri superiore a quello già deciso, impone una cessione di sovranità a istituzioni sovranazionali. Insomma, una mutualizzazione dei debiti per salvare una banca deve essere associata ad una unica sorveglianza bancaria. Ampio spazio viene poi dedicato dal quotidiano alla proposta dche potrebbe avanzare il presidente Hollande di un vigilanza bancaria che potrebbe affiancarsi alla Bce.
Sul Corriere della Sera è Franco Venturini ad analizzare la situazione creatasi in Europa, con le resistenze della Merkel e l’arrivo del socialista Hollande alla presidenza della Repubblica francese. Oggi peraltro Hollande è in visita in Italia, incontra Monti e Napolitano. La Francia – sottolinea Venturini – non ha mai avuto una forte cultura dell’integrazione, semmai è “nazionalista e dunque gelosa della sua sovranità”. “La ricetta Merkel è piena di spine per Parigi, e senza Parigi l’Europa non può esistere. Ma Hollande è un figlio politico di Jacques Delors, è un europeista convinto, anche se il suo ministro degli esteri Fabius fece campagna contro il Trattato costituzionale – e lo affondò – nel referendum del 2005. C’è il rischio che dopo il referendum in Francia ne possa servire un altro, in futuro, ma intanto le prime risposte francesi, da verificare durante i colloqui di Roma, sono di puro buonsenso: va bene una maggiore integrazione economico-finanziaria, anche su quella politica siamo pronti a parlare, possiamo accettare le due velocità, ma oggi l’euro rischia di affondare e servono misure d’urgenza, nel settore bancario, per la crescita, con l’adozione della tassa sulle transazioni finanziarie, con quale tipo di bond europeo”. Insomma, per Venturini, l’Europa “gioca la carta Hollande” ed è “l’ultimo appello per frau Merkel”.
La Stampa intervista l’economista francese Jean-Paul Fitoussi e riassume così il suo pensiero: “L’Europa ce la farà solo se nessuno esce dall’euro”. Secondo Fitoussiè necessario autorizzare la Bce ad acquistare i titoli di Stato nei vari Paesi: “Pensi all’Italia, che ha appena emesso obbligazioni per 6 miliardi e mezzo di euro. Le avesse comprate la Bce, il tasso di interesse sarebbe stato senz’altro più basso. E invece adesso la Bce presta alle banche chiedendo loro di comprare titoli di Stato. Ma così lo spread aumenta, il valore dei titoli diminuisce, le banche si impoveriscono e non possono fare il loro mestiere, cioè finanziare l’economia”. Sulla Grecia: “l’Europa è sempre in ritardo. Atene andava aiutata già dopo le elezioni precedenti, senza dare ai greci l’idea che Bruxelles voglia punirli”.
Anticorruzione
La Repubblica scrive che “é bufera sul ddl anticorruzione approvato alla Camera con tre voti di fiducia”. Le persone condannate non potranno più essere candidate al Parlamento, ma la norma scatterà solo dal 2018 e non dalle prossime elezioni politiche. Il ministro della Giustizia Paola Severino assicura però che l’esclusione sarà in vigore già dal 2013 e quindi il governo cambierà la norma.
Ieri il governo ha incassato tre distinte fiducie sul ddl anticorruzione. Ha incassato – spiega Il Sole – un sì all’articolo 10, che dà un anno di tempo all’esecutivo per reintrodurre l’incandidabilità a cariche elettive dei condannati con sentenza definitiva. in teoria la delega, se sfruttata in pieno, potrebbe portare alla approvazione delle nuove regole – divieto di candidatura a chi abbia una condanna definitiva per più di due anni – fuori tempo massimo per la legislatura del 2013, con rinvio quindi al 2018. Rischio che costringe a parole rassicuranti il ministro Patroni Griffi (“norme in vigore appena approvato il ddl”) e del ministro Severino (“cercheremo di varare le nuove norme entro il 2013″). Sì anche all’articolo 13, che definisce i nuovi reati di corruzione per induzione e traffico illecito di influenze. Il Ddl deve tornare in Senato per la seconda lettura, e già qui sono avanzate richieste di modifica da parte Pdl sulla questione traffico di influenze perché – come spiega il capogruppo Cicchitto – rischia di dare ai pm una discrezionalità del tutto eccessiva. L’analisi del quotidiano si sofferma sulla nuova “concussione per induzione”, su cui il governo avrebbe scelto una soluzione “indiretta”: di fronte al veto del Pdl di rivedere la ex Cirielli, ha aumentato qua e là le pene di alcuni reati e – di riflesso – della prescrizione. Per questo reato – contestato, tra gli altri, a Silvio Berlusconi e all’ex presidente della Provincia di Milano Penati – la pena è stata diminuita, otto anni invece di dodici, e quindi anche la prescrizione (dieci anni invece di quindici). Se si riduce la pena di un reato, i processi muoiono prima del previsto, ma questo fatto è silenziato da maggioranza, governo, Anm e Csm. Il caso Penatiè emblematico: con la riforma, l’accusa di concussione per la vicenda delle aree Falck risulterebbe già prescritta (se si fa riferimento a quando Penati era sindaco) o si prescriverebbe al massimo a fine 2013 (se si fa riferimento all’ultima data in cui avrebbe percepito tangenti).
Internazionale
La Stampa intervista Amr Moussa, ex segretario della Lega araba nonché ex ministro degli Esteri di Mubarak, che al primo turno delle elezioni presidenziali in Egitto è stato sconfitto, nonostante avesse sondaggi favorevoli. Entra comunque nell’Assemblea che dovrà riscrivere la Costituzione e dice che è meglio “esser dentro al processo di cambiamento che fuori”. Dice: “Voglio servire il mio Paese e lavorare con gli egiziani che la pensano come me per difendere la natura civile dello Stato e prevenire il ritorno alle politiche del vecchio regime”. Voterà al secondo turno delle presidenziali per il candidato dei Fratelli musulmani Morsi o per Shafiq (l’ultimo premier di Mubarak, candidato dell’esercito)? Risponde Moussa: “Andrò a votare e incoraggio tutti gli egiziani a fare lo stesso. Uno degli aspetti deludenti del primo turno è stata la bassa affluenza. Non ho ancora deciso quale nome indicherò sulla scheda. Entrambe le scelte sono complicate e presentano dei rischi. Ma se vogliamo vivere in democrazia dobbiamo rispettare il risultato delle urne. Raccomando agli egiziani di votare per uno Stato civile (l’autrice dell’articolo spiega che “civic” è la parola che gli egiziani usano per “liberale”) e di una Repubblica che si fondi sulla democrazia e lo stato di diritto e abbia come solo riferimento la Costituzione.” Moussa sottolinea che la nuova Costituzione “deve limitare il diritto dello Stato di imporre lo stato di emergenza. E urgono leggi che assicurino l’indipendenza della magistratura”.
Si fida delle credenziali democratiche dei Fratelli Musulmani? “I Fratelli Musulmani – dice Moussa – sono attori importanti sulla scena egiziana e giocheranno un ruolo decisivo in futuro, anche perché hanno la maggioranza in Parlamento e una seria possibilità di conquistare la presidenza. Ma devo ammettere che finora la loro performance non è stata soddisfacente. Non è del tutto chiaro il livello del loro impegno per uno stato civile. Ripetono di volerlo. Mi auguro che le nostre definizioni di Stato civile coincidano. Molti temono che stiano ancora operando come una organizzazione clandestina la cui unica preoccupazione è il conseguimento dei propri obiettivi a breve termine, con buona pace di quelli altrui”.
Lo stesso quotidiano informa che sul candidato alle presidenziali Shafik pende il verdetto della Corte Costituzionale, previsto per oggi, sulla legge che impedisce agli uomini del regime di Mubarak di rientrare nella vita politica.
Il Corriere della Sera alla pagina delle opinioni si occupa di un sondaggio planetario del Pew research center sul crollo della popolarità in tutto il mondo di Barack Obama. Il calo era già stato verificato in America, ma non in Europa, dove la sua popolarità cala ma “tiene”, mentre crolla in Cina e in Medio Oriente. Le cause sono diverse: negli Usa il Presidente è sotto accusa per la gestione della crisi, mentre all’estero paga soprattutto la mancanza di leadership nel conflitto palestinese, le strategie antiterrorismo spesso brutali, l’uso sempre più diffuso dei droni armati. Lampante il caso del Pakistan, Paese rifugio delle cosiddette multinazionali del terrore e per questo bersagliato senza tregua dai droni Usa: è l’unico nel quale i consensi per Obama sono scesi addirittura sotto il livello dell’ultimo Bush.
Secondo l’analista del Corriere Massimo Gaggi, la molla psicologica della perdita di popolarità e la “Obama delusion”, ovvero l’enorme gap tra le promesse dell’uomo nuovo della politica americana e la realtà deprimente di una crisi che non ha dato tregua, mentre l’America, indebolita e stremata dalle guerre, ha visto la sua leadership andare in fumo. Obama dopo l’elezione aveva promesso multilateralismo e un ‘nuovo inizio’ con l’Islam, un discorso memorabile al Cairo. Non è un caso se dal sondaggio Pew emerge che tra i più delusi, nel mondo arabo, ci siano gli egiziani.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini