Le aperture
La Stampa apre con “il racconto” della figlia dodicenne di Osama Bin Laden: “La figlia di Osama: ‘L’hanno ucciso a sangue freddo'”. Il racconto della ragazzina contraddice la ricostruzione di Washington. Scontro Usa-Pakistan: chi ha protetto Bin Laden? Obama: le foto del corpo resteranno top secret”: A centro pagina la politica interna: “Berlusconi: se lascio c’è Tremonti”. E poi: “Via libera della Camera alla mozione Pdl Lega sulla Libia. Oggi il rimpasto di governo”. “A giugno manovra da 8 miliardi. Il premier: ‘Tasse giù? Impossibile”
Il Corriere della Sera: “Non mostrerò la foto di Bin Laden”. “Annuncio di Obama che spiega: l’America non ha bisogno di esultare ed esibire trofei. Ma da Pakistan arrivano le immagini degli altri corpi”. Il titolo di apertura è dedicato alla politica interna: “Berlusconi: se lascio Tremonti candidato. Il premier ricuce con la Lega e lancia il ministro. Libia, sì alla mozione della maggioranza”. A centro pagina si torna ad Osama Bin Laden, e alle “contraddizioni della versione ufficiale, l’accusa della figlia dello sceicco”. “Preso e poi ucciso. I misteri del raid”.
Il Riformista mostra una foto in cui Berlusconi abbraccia Tremonti. “L’abbraccio fatale”. Si parla della “ultima trovata del Cavaliere”, definita anche “la contromossa”: “Berlusconi indica il nemico alla successione”. Secondo il quotidiano lo scopo della mossa è quello di “dividere il Carroccio”.
Europa: “C’è una sola guerra in corso: fatto fuori anche Tremonti. Da Berlusconi investitura velenosa, con addosso la paura delle comunali. Sulla Libia votazione farsa alla Camera, Bossi incassa. Pd e Terzo polo sempre uniti”.
La Repubblica apre con le parole di Obama (“Non darò le foto di Bin Laden. La diffusione metterebbe a repentaglio la sicurezza nazionale”. “L’America, che oggi si ritrova a Ground Zero, si divide sulla decisione della Casa Bianca”). “Il diritto di sapere” è il titolo del commento di Vittorio Zucconi. A centro pagina: “Pdl, Berlusconi incorona Tremonti. Napolitano: il Pd sia credibile o resterà all’opposizione”.
Il Giornale: “Basta alibi, ora si governa. Libia, la maggioranza c’è. Pdl e Lega superano l’ennesimo ostacolo. Oggi il Consiglio dei ministri fa partire il piano sviluppo”.
Libero: “Indistruttibile Silvio. La mozione Pdl-Lega sulla Libia stravince, quella del Pd raccoglie meno voti di quella di Casini e Di Pietro e fa flop. L’opposizione è frantumata. E Fini perde la trebisonda”. A centro pagina Giampiero Mughini su Bin Laden: “Che errore nascondere le foto di Osama”.
L’Unità: “SputtaNato. Pdl-Lega votano una mozione e subito l’Alleanza la boccia”.
Il Foglio: “Così Marcegaglia cerca di rilanciarsi mentre prepara il suo addio. Sabato l’assise di Bergamo senza politici. La sponda dei piccoli e l’indifferenza dei grandi. Dissidi e mire”. Si parla della “assise confindustriale” prevista per sabato, dove la presidente degli industriali intende “rilanciare l’azione di Confindustria”.
Sulla politica estera: “Obama sta perdendo due alleati strategici a Islamabad e al Cairo. La crisi con il Pakistan sorpreso con Bin Laden in casa e la fuga dell’Egitto nelle braccia degli iraniani”.
Il Sole 24 Ore dedica il titolo più grande al decreto sviluppo che sarà varato oggi: “Illecito l’eccesso di controlli. Fisco semplificato in 20 misure. Bankitalia potrà vietare i dividendi. Oggi il decreto, a giugno manovra da 7 miliardi in due anni. Il premier: il rigore è necessario”.
Osama
Spiega La Stampa che il capo della Cia Leon Panetta ha spiegato alle Commissioni intelligence riunite a porte chiuse perché tenere all’oscuro l’Isi, i servizi segreti pakistani, è stata la chiave del successo: “I pakistani o sono stati complici di Bin Laden o sono stati incompetenti” – ha detto Panetta. “In entrambi i casi si trovano in una posizione non molto comoda”. Il blitz è stato “una operazione unilaterale” per scongiurare il rischio che “qualcuno nel network che proteggeva Bin Laden lo avvertisse in tempo per consentirgli di fuggire”. Panetta ha trasmesso ai servizi segreti pakistani la richiesta di informazioni su “chi ha costruito la villa e le sue fortificazioni” e per “raccogliere testimonianze tra i vicini su chi entrava e chi vi usciva”.
La Casa Bianca ha fatto sapere che Obama si riserva il diritto di agire ancora in Pakistan. Il consigliere antiterrorismo della Casa Bianca John Brennan ha fatto sapere all’ambasciatore pakistano a Washington che gli Usa vogliono sapere “chi ha protetto Bin Laden nel vostro Paese”. E il Congresso minaccia di rivedere i tre miliardi di dollari annuali assegnati al Pakistan.
Panetta peraltro ha rimarcato come gli Usa non abbiano ancora potuto contattare i familiari di Bin Laden trovati nella villa e consegnati ai pakistani.
Il Corriere della Sera, tra gli “approfondimenti” dedicati alla lotta al terrorismo, offre due pagine dedicate al dibatitto sulla tortura. “I repubblicani hanno celebrato come un successo degli interrogatori ‘rinforzati’ propugnati da Bush”. Christopher Hitchens, in una analisi pubblicata dal quotidiano, sottolinea come ora sia arrivato il momento della resa dei conti con i militari pakistani. Hitchens qualche anno fa si sottopose al waterboarding e scrisse: “L’annegamento non è una sensazione. Stai annegando. O meglio ti stanno affogando”. Bernard Kouchner, ex ministro degli esteri francese, intervistato, dice che “Guantanamo e la tortura sono stati un errore, perché ci hanno avvicinato al nemico, hanno ridotto la distanza tra noi e i barbari”. Obama “non è riuscito a chiudere Guantanamo, ma sono certo che non lo avrebbe mai aperto. E credo che l’America avrebbe comunque individuato Bin Laden”.
E’ lo stesso concetto sottolineato oggi dallo studioso Tzvetan Todorov, intervistato da La Repubblica: “Non possiamo difendere i diritti dell’uomo e contemporaneamente non rispettarli”. Per combattere il terrorismo “non basta eliminare un simbolo”, “è molto più utile sostenere le rivolte nei Paesi arabi”. Lì i giovani – dice Todorov – “sono mossi dal desiderio di partecipare pienamente alla vita del mondo contemporaneo, rifiutando la logica dello scontro con l’Occidente che è alla base del terrorismo islamico”. Ma oltre ad aiutare pacificamente tali rivolte, dovremo rinunciare “all’arroganza del vecchio colonialismo che pretendeva di imporre agli altri i propri valori”.
Ancora su La Repubblica si ricorda che – da candidato, nel 2008 – Obama definì “tortura” il waterboarding, cui si era dato il via nel 2002. Si spianò così la strada – per esempio – alle 183 sedute di tortura inflitte dalla Cia a Khalid Sheik Mohamed, considerato la mente dell’11 settembre. A difendere il via libera di quegli anni è l’alto consigliere della Casa Bianca di allora, John Yoo: “Se Obama può prendersi il merito della vittoria contro Bin Laden, lo deve alle decisioni prese da Bush”.
Per tornare alla decisione della Casa Bianca di non divulgare le foto dell’uccisione di Bin Laden, segnaliamo una intervista del Corriere della Sera all’avvocato americano Alan Dershowitz che considera questo l’ultimo atto di una serie di errori commessi nell’operazione: Dershowitz è convinto che sia un errore occultare i dettagli in un caso simile, che si sarebbe dovuto effettuare una autopsia attraverso cui un medico legale stabilisse con certezza scientifica le circostanze della sua morte, appurando in modo esatto il punto esatto di entrata e uscita delle pallottole, stabilendo se gli hanno sparato di fronte o da dietro, da fermo o in movimento. E fotografando meticolosamente ogni dettaglio del cadavere, come è prassi per tutti i casi criminali. Al fine di prevenire i dubbi dei cospirazionisti.
Esteri
Oggi si vota in Gran Bretagna per il referendum sul sistema elettorale che spacca il governo. La vittoria del sì permetterebbe – spiega Europa – di trasformare definitivamente il sistema bipartitico inglese in un sistema multipartitico in cui anche i partiti minori – finora marginali – acquisterebbero nuova rilevanza. Il nuovo sistema avrebbe ricadute non solo sui collegi cosiddetti marginali, ma su quelli considerati sicuri, e costringerebbe tutti i parlamentari a cercare un consenso che va oltre il tradizionale elettorato di partito. Ecco perché il viceprimo ministro LibDem Clegg, sperando che la sua formazione diventi essenziale per qualsiasi vittoria elettorale, preme per il sì, puntando al fatto che i LibDem potrebbero, con il loro secondo voto di preferenza, influenzare il risultato in molti collegi. Il metodo si chiama Alternative Vote: gli elettori potrebbero indicare tutti i candidati in ordine di preferenza, e i voti verrebbero contati fino al raggiungimento della maggioranza assoluta. Contrari i tories di Cameron. Il labour è diviso: il leader Miliband è per il sì, sperando di forzare i LibDem a spostarsi in una alleanza con la sinistra. Sembrano contrari i vecchi leoni del Labour, sembra contraria anche la maggioranza degli elettori labouristi. L’affluenza è una incognita.
Se ne occupa anche Stampa, sottolineando come il LibDem Clegg “rischia tutto sul ‘suo’ referendum”. E i sondaggi lo danno perdente. Il nuovo sistema copiato dall’Australia spacca il governo, il voto alternativo, che permette di scegliere più candidati, “lucra” sugli esclusi.
“In Siria chi manifesta proviene dall’estero”. Così l’Avvenire sintetizza le dichiarazioni del vescovo caldeo di Aleppo, secondo cui “in generale il popolo siriano è molto calmo”, “non vuole lo sconquasso del Paese, come è avvenuto in Iraq e altrove”. La minoranza cristiana, ovvero il 10 per cento dei siriani, “sta dalla parte del Presidente Assad”, dice Antoine Audo. E aggiunge: “Quelli che manifestano vengono da fuori, sono prezzolati e asserviti a interessi stranieri”.
Paolo Scaroni, in una lunga intervista con il direttore de La Stampa Mario Calabresi, parla anche della guerra in Libia: “Noi non temiamo un cambio di governo, la cosa che ci preoccupa di più e l’instabilità, è il rischio di una somalizzazione della Libia, una situazione in cui sarebbe impossibile per chiunque operare”. Sui ribelli di Bengasi dice: “Abbiamo sentito troppi discorsi senza costrutto e troppe chiacchiere da bar, anche se ci sarà un nuovo governo siamo fiduciosi di mantenere le nostre posizioni”. Perché – spiega Scaroni – “abbiamo buoni rapporti con il Comitato rivoluzionario transitorio”, e perché “sulla base dell’esperienza storica sappiamo che quando c’è un cambio di regime, chi va al potere vuole ripartire in fretta con le produzioni”. E poi: “Io sono stato l’unico italiano che non ha partecipato alla feste delle tende berbere a Roma, ma mi sento di dire che di Gheddafi nel mondo ce ne sono tanti e che in situazioni analoghe si è scelto di non intervenire. Certo vedo difficile un futuro per lui in Libia”.
Politica
Secondo Il Giornale, dietro le dichiarazioni di Berlusconi sul suo possibile successore, ci sarebbe un aut-aut dello stesso Tremonti. Il premier avrebbe raccontato così, in privato, la prospettiva che aveva di fronte a sé: “Giulio mi ha detto che è pronto allo sciopero bianco. Che è pronto a non firmare più un decreto, compreso quello sullo Sviluppo, a meno che io non faccia una dichiarazione pubblica in cui lo indico come mio successore. E secondo lui devo anche smorzare i toni e gli entusiasmi su Alfano”. Secondo il quotidiano l’investitura esplicitata ieri dal premier in una intervista a Porta a Porta è stata accolta nel Pdl con un entusiasmo paragonabile a quello dei giapponesi di fronte allo tsunami.
Secondo L’Unità “Silvio fa imbufalire i suoi pasdaran. Alfano china il capo”.
La Repubblica parla di un “patto di non aggressione” tra il Cavaliere e il ministro dell’Economia, sugellato nel corso di una cena a Palazzo Grazioli. Ma all’indicazione di Tremonti come successore nessuno nel governo sembra dare eccessivo peso, e da chi lo ha chiamato per spiegzioni il premier ha risposto quasi cadendo dalle nuvole: “Ho solo detto che c’è anche Tremonti tra chi può prendere il mio posto, non era una investitura”. Secondo gli uomini vicini al premier, le dichiarazioni a Porta a Porta sarebbero solo un riconoscimento del ruolo positivo e di mediazione svolto da Tremonti in questi giorni di conflitto con la Lega. Solo in caso di vittoria, nel 2013, con un Berlusconi che andrebbe al Quirinale, si potrà aprire la vera partita della successione tra Tremonti, Alfano e Maroni.
Per il Corriere della Sera l’obiettivo del Cavaliere era “ricucire ed assicurare il ministro, allentando le tensioni con la Lega”. Secondo il retroscena del quotidiano, il Cavaliere conosce la forza di Tremonti, ed è per cautelarsi da lui, ma anche per esporlo, che lo ha lanciato.
Ieri il Presidente Napolitano ha preso parte ad un incontro su Antonio Giolitti, che La Repubblica ricorda come padre nobile dei riformatori italiani, nel primo anniversario della morte. E citando il pensiero di Giolitti, secondo il quotidiano, avrebbe strigliato il centrosinistra. Il quotidiano riassume così le sue dichiarazioni: “Se non diventa affidabile, la sinistra resterà all’opposizione”. Napolitano legge Giolitti e dice: “Bisogna essere capaci di esercitare l’azione di governo”. E poi, sull’affidabilità: “Bisogna togliersi di dosso il sospetto di volersi insediare al potere come una alternativa senza alternativa”.
Il capo dello Stato – ricorda Il Sole 24 Ore – ha citato la definizione che Antonio Giolitti diede dell’alternativa: “Credibile, affidabile, praticabile”. Il capo dello Stato ha anche sottolineato che nel nostro Paese, nel corso degli ultimi anni, c’è stata “una drastica sottovalutazione e non conoscenza dell’esperienza della socialdemocrazia. Ma c’era il partito socialista di Craxi e qualcuno, con tutti i discorsi sulla socialdemocrazia, avrebbe detto che lì c’è Craxi”.
Riassume il Corriere della Sera: “Il monito di Napolitano alla sinistra: ‘sia credibile o resta all’opposizione'”. Peraltro i giornali riferiscono della morte di un amico di vecchia data del Presidente Napolitano, anche in quanto storico esponente della corrente dei miglioristi del Pci napoletano, Andrea Geremicca.
Nella pagina che La Stampa dedica alle dichiarazioni di Napolitano trova posto anche una intervista al leader Idv Di Pietro, sollecitato a commentare le parole del Capo dello Stato. Sbaglia Napolitano ad esortare la sinistra ad essere credibile se vuol essere vera alternativa? Di Pietro: “Diamo a Cesare quel che è di Cesare: l’Idv è iscritta alla internazionale liberaldemocratica, il Capo dello Stato parla a quella sinistra di cui lui è stato un importante dirigente. Io invece rifiuto di essere iscritto alla categoria della sinistra”. E poi: “L’Idv sta alla sinistra come la Lega sta alla destra. A nessuno viene in mente di dire ‘voi della destra’ parlando alla Lega. E io oggi ho scelto di stare in questa coalizione per costruire una difesa delle fasce sociali più deboli. Ma se gli altri dovessero intestardirsi in quello statalismo, dirigismo e centralismo tipici dell’era brezneviana, noi non ci staremo”. Sullo stesso quotidiano, si intervista il veltroniano Paolo Gentiloni, il cui pensiero viene riassunto così: “Guardiamo al terzo polo e lasciamo stare l’alleanza con Idv e Vendola”. La Repubblica intervista il Democratico Fioroni, che dice: “Sono alleati come Di Pietro che ci rendono meno autorevoli”. E ricorda che il Pd è nato proprio per fare ciò che dice il Capo dello Stato. Spera che le parole di Napolitano siano una stella polare per poter vincere le resistenze al cambiamento. Il retroscena del quotidiano descrive come uno shock per i vertici del Pd la dichiarazione di Napolitano. Pierluigi Bersani dice che non credibile è il governo attuale e che il Pd sta lavorando proprio per avere le credenziali di cui parla Napolitano. Non poco ha contato, naturalmente, la divisione verificatasi ieri in Parlamento sulle mozioni sulla Libia.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)