Le aperture
La Repubblica: “Alfano e Bossi ai ribelli del Pdl: ‘Berlusconi non si tocca’. Nuova polemica nel centrodestra, che rompe con il Terzo Polo. Il Senatur fischiato dalla base del Carroccio”. Di spalla: “Patto Merkel-Sarkozy. ‘L’Europa è pronta a ricapitalizzare le banche’. Svolta al vertice bilaterale: così si uscirà dalla crisi dei debiti sovrani”. A centro pagina: “Condono, no di Confindustria: ‘E’ solo un premio ai furbi”. “Anche la Lega contraria. Monito di Napolitano sulle vittime del lavoro”.
Il Corriere della Sera: “Non si accantona Berlusconi”. “Il Pdl respinge la richiesta di Casini. E Bossi frena sulle elezioni: prima le riforme”. Nel sottotitolo si legge: “Alfano con il premier. Marcegaglia: sanatorie? Premiano i furbi”. Anche l’editoriale, firmato da Gian Antonio Stella, è dedicato alla ipotesi di un nuovo condono fiscale: “Basta condoni, sono una truffa”, il titolo. “Una lunga e amara contabilità”. A centro pagina: “Merkel e Sarkozy promettono di salvare le banche”. E poi: “Strage di cristiani in Egitto”. Le proteste sono nate in seguito alla distruzione di una chiesa. Violenti scontri nelle strade con l’esercito, venti morti secondo fonti non ufficiali.
Il Giornale: “Formigoni come Veronica. Piccoli ingrati crescono. Il governatore lombardo affida a ‘Repubblica’ l’aut aut a Berlusconi, esattamente come fece l’ex moglie del Cav. Alfano difende il premier. Intanto la Procura di Bari stronca i teoremi di Woodcock: ma ora chi paga per il fango?”. A centro pagina, con foto, si parla di Emma Marcegaglia: “Emma si dà della furbetta”, perché ha criticato il condono ma in passato il suo gruppo aziendale ha usufruito di un altro condono.
La Stampa: “Alfano chiude al Terzo Polo. ‘Non si può accantonare Berlusconi’. L’Udc: impossibile collaborare”. E poi: “Marcegaglia e Bossi: niente condoni. Tagli, braccio di ferro Tremonti-ministri; il decreto sviluppo resta al palo”. In evidenza sul quotidiano torinese anche un “reportage nel cuore della Lega”, a Varese, dove ieri è stato eletto il nuovo segretario, “un bossiano”: “Scoppia la protesta della base”. Di spalla il quotidiano si occupa di Egitto: “Scontri tra esercito e cristiani copti. Strage al Cairo”.
Pdl
Ieri a Saint Vincent il segretario del Pdl Alfano ha – secondo il Corriere – “sbarrato la strada a quanti chiedono un ritorno indietro di Berlusconi” e, rivolgendosi all’Udc di Casini e a quanti nel Pdl suggeriscono il passo indietro del Cavaliere, ha risposto: la condizione che ci viene posta è “accantonate Berlusconi”, ma è una condizione che io ritengo impraticabile ed ingiusta.
Il Corriere della Sera intervista Denis Verdini, secondo cui Scajola “non romperà” perché “non è nella sua natura, nella sua storia, e perché non avrebbe senso”. Aggiunge che sarebbe “un errore clamoroso” accettare la richiesta che Berlusconi si faccia da parte”.
Scrive Marcello Sorgi su La Stampa che “incredibile quanto si vuole”, la situazione è che “le sorti del governo, ogni giorno di più, dipendono da un gruppetto di democristiani che vorrebbero democristianizzare Berlusconi”. Si parte dal luogo della riunione dello scorso fine settimana, Saint Vincent, già luogo di incontro della corrente di Donat Cattin, e si spiega che “i nuovi Dc hanno tentato in tutti i modi di convincere il democristianissimo e contrarissimo segretario del Pdl Alfano che il Cavaliere deve trovare il coraggio di dimettersi”. Spiega Sorgi che è vero che il governo dovrebbe “affrontare i problemi”, “senza divagare o tergiversare”. “Ma è assai più improbabile che possa riuscirci un nuovo governo che nascerebbe – ammesso che il parto sia possibile – sulla base del pensionamento forzato del premier e di una maggioranza raccogliticcia almeno quanto quella attuale”.
Cattolici
Ieri, nel corso di una visita pastorale in Calabria, il Papa, secondo quanto racconta La Stampa, ha fatto appello all’impegno di “cattolici in politica non per interessi di parte”: a una settimana dall’assemblea di Todi, che prevede la presenza del Presidente della Cei Bagnasco, il Papa ha reclamato “una nuova generazione capace di promuovere il bene comune”.
Dell’appuntamento di Todi si occupa ampiamente anche Il Giornale: secondo Magdi Cristiano Allam, con le sue parole il Papa ha bocciato una nuova Dc e la riesumazione di un partito dei cattolici. Parallelamente Mario Giordano, sullo stesso quotidiano, sottolinea che Tremonti, ribattezzato “il pio Giulio”, ieri ha incassato la benedizione dei vescovi: questo perché l’Avvenire in prima pagina, all’indomani di una intervista che lo stesso ministro dell’Economia aveva concesso al quotidiano, esaltava l’opposizione alla ipotesi di un condono, che il ministro stesso aveva bocciato (“promossa la strategia Tremonti”, titolava l’Avvenire).
Merkel
Entro fine mese “presenteremo un piano complessivo” per difendere l’Euro: questo hanno detto in un vertice la Cancelliera tedesca e il Presidente francese Sarkozy, ieri a Berlino. La “leadership a due”, scrive La Repubblica, è ripartita per tentare di salvare l’euro, gli istituti di credito e l’economia, poiché hanno sottolineato l’urgenza di ricapitalizzare le banche europee per garantire crediti all’economia reale. Per far questo – hanno detto – ci vogliono profonde modifiche ai trattati europei, molta più integrazione, coordinamento, vigilanza di Bruxelles.
Spiega La Repubblica che nei giorni scorsi la Germania si era detta contraria alla richiesta di Parigi di ricorrere alle riserve del Fondo Salva Stati per soccorrere gli istituti transalpini in grave difficoltà. La Cancelliera e il suo ministro delle finanze, Schauble, avevano risposto che i salvataggi vanno fatti con mezzi nazionali. Ma dal vertice di ieri è emersa l’immagine di una unità ritrovata: secondo i media tedeschi il compromesso permetterebbe che qualsiasi Stato possa ricorrere al Fondo se le banche da salvare sono esposte al rischio Grecia. “Un governo unico dell’economia, l’ultima sfida dell’asse franco-tedesco”, si riassume nel titolo. Secondo il corrispondente da Bruxelles le promesse del vertice sono “tanto importanti quanto vaghe”, ma forse quello dell’indeterminatezza è un prezzo inevitabile da pagare per una coppia che si è arrogata il ruolo di leader dell’Ue senza averne i titoli né, forse, la capacità, visto che il pilotaggio congiunto durante la tempesta finanziaria è quantomeno modesto e i mercati non hanno mai dato credito alle loro assicurazioni.
Ma la stessa debolezza della coppia può paradossalmente trasformarsi in un elemento di forza: entrambi in gran difficoltà sul fronte interno, consapevoli del fatto che la loro leadership sta arrivando al termine, si impegneranno a presentare proposte forti al prossimo vertice europeo.
La cronaca del Corriere della Sera sottolinea soprattutto il sì alla modifica dei trattati, per raggiungere l’obiettivo di una maggiore integrazione dell’eurozona: la Merkel ha detto che è necessaria “una cooperazione più stretta e vincolante nella zona euro per evitare politiche di spese eccessive”.
Egitto
“Oltre 20 morti e 170 feriti negli scontri tra copti ed esercito”: così titola il Corriere della Sera dando conto delle ultime esplosioni di violenza in Egitto e raccontando come sia finita in strage la protesta dei cristiani copti, scesi in piazza ieri, dopo l’incendio della ennesima chiesa, nella provincia di Aswan, la scorsa settimana. Almeno 4 soldati e 19 manifestanti sono morti negli scontri tra esponenti della minoranza cristiana (circa il 10 per cento) e l’esercito. Non è ancora chiaro come sia degenerata una protesta iniziata in modo pacifico per chiedere l’allontanamento del governatore della regione, Mustafa El Sayyed: quest’ultimo, dichiarando la chiesa “abusiva”, avrebbe scatenato l’attacco dei musulmani salafiti, che hanno poi dato alle fiamme l’edificio. I manifestanti hanno riferito di esser stati assaliti: “‘Volevamo tenere un sit in pacifico, come sempre. Poi siamo stati attaccati: prima da teppisti, poi un veicolo militare è passato sopra un marciapiede schiacciando almeno dieci persone'”. La minoranza copta accusa il capo consiglio supremo delle Forze Armate Tantawi di non impegnarsi a sufficienza per far rispettare i loro diritti. Gli scontri sono poi arrivati nel luogo simbolo della rivolta, piazza Tahrir. E proprio nei dintorni della piazza, si sono radunati in serata anche tremila musulmani e copti, scandendo slogan come ‘musulmani e copti, una sola mano'”. Cecilia Zecchinelli ricorda come avessero sperato, i copti, che la rivoluzione avrebbe cambiato profondamente l’Egitto anche per loro: ricorda come, già dopo l’attentato alla messa di Capodanno uno degli slogan fosse “né copto, né musulmano, solo egiziano”. Ora la parola che più corre nella minoranza copta è “tradimento”, poiché gli attacchi dei salafiti contro di loro sono aumentati, come quelli contro le confraternite sufi di cui poco si è parlato, ma che sono spesso oggi a fianco dei cristiani, come è accaduto anche ieri nelle proteste del Cairo. La giunta militare e le autorità non hanno rivisto le rigidissime norme per permettere la costruzione di nuove chiese o l’ampiamento di quelle esistenti, uno dei motivi di attrito più forte con l’ex regime e ancora alla base degli scontri di ieri.
La Stampa scrive che la paura, oggi dilagante, è che l’esercito giochi su più tavoli e usi il pugno di ferro contro chi si oppone alla restaurazione: che si tratti di laici, di partiti di sinistra o, all’occorrenza, copti.
Polonia
Incassa la sconfitta in Polonia la destra conservatrice di Jaroslaw Kaczynski, che si ferma al 30 per cento. Resta quindi il secondo partito, visto che la Piattaforma civica del premier liberale Tusk ha vinto di nuovo le elezioni legislative, ottenendo il 39.6 per cento dei voti. Terzo partito è il movimento di Janusz Palikot, che ha presentato un programma anticlericale, ottenendo il 10,1 per cento. Palikot chiede il diritto all’aborto, è favorevole alle unioni omosessuali e alla legalizzazione delle droghe leggere.
Il Corriere della Sera intervista Adam Michnik, ora giornalista, esponente dell’ala moderata e liberale di Solidarnosc. Gli si chiede di spiegare il 30 per cento di Kaczunski, e Michnik risponde: “C’è una Polonia che percepisce il mondo esterno come pericolo, e si rifugia nell’estremismo, in ambiti che vanno dalla religione allo sport, fatta di fondamentalisti cattolici, chiamati a raccolta da Radio Maryja, di Hooligan e giovani convinti di non avere prospettive. Questa Polonia esiste”. Quanto alla vittoria di Donald Tusk, primo capo di governo che è riuscito a guadagnare il secondo mandato consecutivo in Polonia, Michnik dice: “è il pragmatismo di un governo che ha dato un deciso indirizzo liberale, democratico e pro-europeo”. Qual è il pericolo maggiore? “Il vento che soffia nei Paesi ex comunisti, dove si sta affermando un modello autoritario che mescola populismo e nazionalismo”. Come nella Budapest di Viktor Orban, che ieri sera Kaczynski ha citato come modello? “L’Ungheria di oggi ricorda molto la Polonia sotto il governo Kaczynski. Il voto di ieri va in direzione contraria, e ci dice che questa retorica da noi non fa più presa”. Poi una domanda sul risultato dell’anticlericale Palikot (che peraltro potrebbe essere l’ago della bilancia e andare al governo al posto del partito dei contadini, fermo all’8,2 per cento): “La sua tenuta resta da verificare, di certo ha dato risposte agli insoddisfatti, sarà chiamato a sostenere il prossimo governo, potrebbe influenzarne le scelte in modo significativo”.
La Repubblica riferisce che, festeggiando la vittoria, il premier Tusk si è lasciato sfuggire una frase pensantissima: “Un giorno vinceremo, porteremo Budapest a Varsavia. Un chiaro riferimento al nazionalista ungherese Orban”.
E poi
“Barack Obama ci ha deluso: forza Europa”: così è intitolata una analisai dell’intellettuale israeliano Abraham B. Yeoshua su La Stampa. Dove si legge che l’impressione è che Obama abbia rinunciato a tentare di convincere Israele e i palestinesi a raggiungere un accordo: il suo fallimento nell’ottenere da Netanyahu un nuovo blocco nella costruzione degli insediamenti e nell’impedire ai palestinesi di presentare una richiesta di riconoscimento del loro stato all’Onu (evitando il veto americano in Consiglio di sicurezza) fa pensare che le speranze riposte in questo presidente fossero eccessive, soprattutto presso la sinistra israeliana. Secondo Yehoshua è l’Europa a dover prendere in mano le redini del processo di pace: servirebbe l’insediamento di “una forza di pace europea che assicuri la smilitarizzazione dello Stato palestinese e scoraggi un eventuale esercito proveniente da oriente dal mettere a repentaglio la sicurezza di Israele”. E che presidi “sofisticate apparecchiature elettroniche in posizioni strategiche, così da evitare il lancio di missili su centri abitati israeliani”. Una forza europea “potrebbe anche garantire la sicurezza dei coloni ebrei che decidano di prendere la cittadinanza palestinese piuttosto che essere sradicati dalle loro case”.
La Repubblica riproduce, alle pagine della cultura, il colloquio tra Enrico Berlinguer ed Eugenio Scalfari, pubblicato dal quotidiano stesso nel 1981. Ora torna in libreria con il titolo “La questione morale”. Con prefazione di Luca Telese.
Il Giornale recensisce il saggio di Ernesto Paolozzi “Croce e il metodo liberale”. Il quotidiano spiega: “Uno studio su come il marxismo censurò l’intellettuale. Troppa libertà all’individuo, e il Pci oscurò don Benedetto. Il pensiero di Croce faceva troppa paura a Togliatti, che già a partire dall’immediato dopoguerra demonizzò il filosofo. Solo negli anni 90 la Adelphi riportò le sue opere in libreria”.
Sul Corriere della Sera si menziona un convegno che si terrà domani a Roma, dedicato alla impresa di Tripoli: fu in Libia la prima guerra mediatica, fu quella la culla della propaganda bellica moderna. Vi fu una esplosione della fotografia di guerra, si cominciò a usare il cinema a scopo propagandistico, furono utilizzate una sorta di cinecartoline attraverso le riprese di parenti dei soldati che salutavano i loro cari impegnati al fronte.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini