Le aperture
La Repubblica: “Giustizia, ecco la riforma. Oggi Alfano porta al Colle il testo della legge”. E poi: “Via libera di Bossi. Berlusconi invade gli spazi tv”. “Al premier nei tg il doppio del tempo di tutti gli altri leader”. L’editoriale, firmato da Barbara Spinelli, è titolato: “Le Procure sotto tutela”.
A centro pagina l’8 marzo: “Napolitano, basta donne oggetto; il governo blocca le quote rosa”. Di spalla la Libia e “l’ultimatum dei ribelli. ‘Gheddafi salvo se se ne va”. “La Ue congela le azioni di Tripoli”.
Il Corriere della Sera: “Il governo frena la legge sulle quote rosa in azienda. Parere negativo sui tempi di attuazione, si apre un caso al Senato. Napolitano: basta donne oggetto”. A centro pagina: “I ribelli a Gheddafi: hai 72 ore. Offerta di immunità in cambio dell’uscita di scena. Piano di Frattini per pattugliare la costa libica”. Sotto: “Giustizia, la bozza al Quirinale. Aperture da finiani e Udc”. A fondo pagina il richiamo ad una intervista a Gabriele Moratti, figlio del sindaco di Milano: “‘Ma quale bat-casa, è una montatura”.
Il Sole 24 Ore: “Bloccati 45 miliardi libici. Da venerdì sanzioni Ue sui fondi, analoghe a quelle degli Usa. Ultimatum dei ribelli a Gheddafi: via in tre giorni”. In evidenza nella parte alta della prima pagina le parole di Napolitano: “Basta donne oggetto. Sulle quote rosa il governo frena”.
La Stampa: “I ribelli a Gheddafi: ‘Via entro 72 ore’. Ma lui li bombarda. Il rais: la Lega mi chiese soldi per la secessione. Bossi: assurdo”. E poi: “Napolitano: basta donne oggetto. Il Colle: parità lontana, e in piazza coccarde rosa invece delle mimose”. A centro pagina: “Giustizia, passa la linea morbida. Domani il Consiglio dei Ministri, oggi il testo della riforma al Quirinale. La Lega: avrà i voti. Nessuna norma ad personam. Azione penale stabilita per legge”.
Europa: “Un ultimatum a Gheddafi, richieste chiare all’occidente. Nuove offensive di Tripoli, ma ormai è stallo militare. Anche l’Onu è paralizzata. I libici di Bengasi: ‘Riconosceteci, aiutateci, non venite qui in armi”. Sulla riforma della giustizia un editoriale firmato da Montesquieu: “Di epocale c’è il suo interesse”.
L’Unità: “Il rimpasto dell’impunità”, “spartizione. Enti e ministeri per una ‘riforma epocale’ contro i giudici. Rai, informazione commissariata e azienda al palo”. E in riferimento all’8 marzo: “Il governo rovina la festa”. “La farsa delle quote rose. Al Senato l’esecutivo boccia la sua maggioranza sulle presenze femminili nei Cda. E’ il loro regalo per l’8 marzo”. Un richiamo anche per le dichiarazioni di Napolitano: “Basta donne oggetto”.
Il Foglio: “Carriere separate e Csm sdoppiato, se è così va bene anche a Fini. Attesto con curiosità e un po’ di sospetti il Cdm di domani. Il cambio di passo di Fli. Il 20 marzo assemblea nazionale”. In evidenza in prima pagina anche un “appello bipartisan” contro la legge in discussione in Parlamento sul testamento biologico (“Disposizioni Anticipate di trattamento”): “Dat, appello di Bondi e Manconi. Autodeterminazione e sacralità della vita i principi ispiratori. Un emendamento al disegno di legge per salvare volontà individuale e alleanza terapeutica”.
Il Riformista: “Una riforma della giustizia senza leggi ad personam. Perché no? Domani arriva in Consiglio dei Ministri la bozza Alfano. Il Guardasigilli la presenta oggi a Napolitano. Per non creare problemi al Colle, Berlusconi accetta di tenere fuori tutte le norme in conflitto di interessi. Si può dire niet a scatola chiusa?”. L’editoriale, firmato da Alessandro Campi, spiega. “Magari è un bluff, ma bisogna prima andare a vedere”.
Il Giornale: “Le email segrete dei magistrati. ‘Sistemiamo zietto Silvio e i suoi fan’. Tira aria di golpe: le toghe si scambiano minacciosi messaggi contro il governo. E hanno paura che persino la sinistra le abbandoni. L’inchiesta sulla fantomatica P4 arriva a Milano: perquisito il finanziere Micheli”. A centro pagina, con foto: “C’è Bocchino dietro lo scandalo Noemi. D’Agostino rivela: la macchina del fango anti Cav fu messa in moto dal falco finiano”.
Libero: “Vogliono colpire Letta. Non si fermano più. Fallito l’assalto con l’inchiesta sulla cricca, i pm ci riprovano con la P4. Non ci sono grandi indagati, né reati né prove. L’unica certezza è l’obiettivo: attaccare il cuore del potere berlusconiano”. A centro pagina, con caricatura di D’Agostino: “Spiego io perché Bocchino è in bambola”.
Giustizia
Oggi il ministro della giustizia salirà al Quirinale per illustrare al Capo dello Stato il disegno di legge di riforma della giustizia che il Pdl considera “epocale”. Ma, secondo Il sole 24 Ore, Alfano potrebbe non trovare Napolitano ma il segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra: perché dal Colle trapelerebbe una certa “irritazione” per la scelta del governo di portare alla sua attenzione la riforma a poche ore dal Consiglio dei Ministri (previsto per domani), quasi si trattasse di un passaggio puramente formale o “di cortesia” (come lo definivano ieri alcuni berlusconiani) e non di un atto dovuto in base a una consolidata prassi costituzionale. Il quotidiano illustra poi i punti cruciali dell’ultima bozza: i giudici sono “un ordine autonomo e indipendente da ogni potere” e sono “soggetti solo alla legge”, mentre i Pm diventano un “ufficio”, organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che “ne assicura l’indipendenza”. Chiosa il quotidiano: “Messa così, l’indipendenza è garantita all’ufficio, più che ai singoli. Sarebbe il primo passo verso la trasformazione del Pm in quell’ “avvocato dell’accusa” voluto dal premier. Non a caso il Pm disporrebbe della polizia giudiziaria non più “direttamente”, come è adesso, ma “nelle forme stabilite dalla legge”, il che significherebbe che si muove su input della polizia, ovvero dell’esecutivo.
Anche per quel che riguarda l’azione penale, si precisa che sarà esercitata “secondo modalità stabilite dalla legge”: potrebbero quindi essere le maggioranze politiche di turno a decidere quali reati perseguire con priorità. Si parla poi di un “Csm dei giudici” presieduto, come oggi, dal Capo dello Stato, mentre quello dei Pm avrebbe a capo il Procuratore generale della Cassazione, eletto dal Parlamento. Il Csm dei pm non sarà più quindi di “autogoverno”. E sarebbe composto da metà togati (sorteggiati tra gli eleggibili per arginare il correntismo) e metà laici. Al Csm saranno vietati atti di indirizzo politico e pareri su ddl governativi. La corte disciplinare sarà esterna e formata da membri nominati per un terzo dal Capo dello Stato, un terzo dal Parlamento, un terzo da giudici e Pm. Il ddl prevederebbe anche l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione (salvo eccezioni previste dalla legge) mentre contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l’appello.
Anche il quotidiano La Repubblica racconta l’irritazione del Colle e considera “il ddl una débâcle per le toghe” che li rende indifesi. E sottolinea che se il potere dei magistrati scende, sale quello del Guardasigilli, che ne avrà anche uno ispettivo sui giudici, scritto addirittura in Costituzione. La Lega, che ha dato il via libera alla riforma, incassa solo la possibilità di eleggere direttamente i magistrati onorari, mentre ha perso sulla elezione diretta dei Capi degli uffici.
Il Corriere della Sera si sofferma sulle reazioni delle toghe che, dopo la dichiarazione di guerra del sostituto procuratore di Milano Spataro dei giorni scorsi (“A riforme epocali, risposte epocali”), ora avrebbero scelto in qualche modo la cautela. Anche in attesa di conoscere il testo domani. Il Riformista offre ai lettori le prime tre pagine di commenti, raccolti attraverso sei interviste sull’argomento: Luciano Pellicani è convinto che il Pd sbagli, ricorda che alla fine degli anni 90 il Pds votò a favore di un documento del Partito socialista europeo sulla separazione delle carriere tra giudici e pm; Luigi Manconi è convinto che la riforma della giustizia non si farà, almeno in questa legislatura, sottolinea l’intento punitivo del governo nei confronti dei magistrati, ma dice che non sarebbe affatto scandalizzato dalla separazione delle carriere, fatto salvo il rifiuto della dipendenza dei Pm dal potere esecutivo; sono gli stessi elementi sottolineati dal Presidente dell’Unione delle Camere penali Valerio Spigarelli (“Mi piacerebbe che, se alla fine davvero arrivassero delle proposte, si riuscisse a discuterle e casomai a migliorarle, non a distruggerle”). Gerardo D’Ambrosio, senatore del Pd ed ex magistrato milanese, che sottolinea comunque quanto fortunatamente le riforme annunciate, essendo di natura costituzionale, dovranno superare il referendum previsto dalla Costituzione, a meno che non ottengano i due terzi dei voti in Aula, ma rifiuta nettamente la separazione delle carriere; Marco Cappato, radicale, si rallegra che “Alfano abbia ripreso questioni che noi radicali stiamo portando avanti da tempo”; Roberto Giachetti, deputato del Pd, dice che non è un tabù la separazione delle carriere, “il punto è vedere come si realizza”, e rivendica comunque la centralità del Parlamento, “il nostro compito è quello di legiferare”.
Secondo il quotidiano arancione, Alfano può salire al Colle tentando una ricucitura anche perchè sono stati di fatto “sterilizzati” i due disegni di legge della discordia con le toghe, con il Colle e con Fini. E’ pronto un emendamento che ammorbisce il ddl sulle intercettazioni e c’è una nuova versione del processo breve senza la norma transitoria cucita su misura per i guai giudiziari del premier.
La Stampa riassume così la riforma: “Niente norme ad personam, intercettazioni meno dure. La linea morbida del premier”. Sull’ultima pagina del quotidiano le tradizionali “domande e risposte” sui punti cruciali della riforma.
Il Giornale occupa le prime tre pagine alle reazioni delle toghe, con una incursione tra le email che i magistrati si scambiano in una mailing list dedicata ai temi della giustizia.
Libia
La Stampa intervista un ex agente Cia, a Tripoli fino al 1970. Dice che sono “poco credibili i negoziati tra Colonnello e insorti”, ma la verità “è che nessuno ne sa molto. L’unico ad avere realmente rapporti con loro è l’ambasciatore libico negli Stati Uniti , che ha scelto di voltare le spalle al regime”. Dice che le tribù sono decisive nella guerra civile in atto perché Gheddafi ha distrutto in 40 anni sistematicamente ogni tipo di istituzione. Il governo, i ministeri, il Parlamento e anche le forze armate sono stati in varia maniera depotenziati, indeboliti”. L’unica forma di autorità sul territorio che non è riuscita ad intaccare sono le tribù: Anderson dice anche che nessuna delle tribù libiche si è schierata con Gheddafi, tranne la sua, nella Sirte. Ora, dopo 40 anni di obbedienza, le tribù vedono la possibilità di rovesciare l’equilibrio di forze.
Cosa vogliono? “Non sono partiti politici o governi”, quindi “desiderano che i loro singoli membri abbiano incarichi più importanti, maggiori beni, insomma diventare più forti o più ricchi”. E comunque non è escluso che Gheddafi decida di trattare anche con l’Occidente, pur di garantirsi la sopravvivenza.
Esteri
Ieri l’ex presidente iraniano Rafsanjani ha perso il posto di Presidente di un organo costituzionale centrale nella complessa architettura istituzionale iraniana, ovvero la presidenza dell’assemblea degli esperti. Compito di questo organismo è eleggere, sorvegliare ed eventualmente rimuovere dalla carica la massima autorità costituzionale della repubblica islamica, ovvero la Guida Suprema. Ne parla La Repubblica: “Iran, cacciato lo squalo Rafsanjani. Ahmadinejad ora è senza avversari”. Nei titoli si scrive che al suo posto subentrerà “un uomo del regime”, nella persona dell’Ayatollah Khani, considerato unanimemente un corservatore. Il quotidiano considera Rafsanjani il più pericoloso antagonista del presidente Ahmadinejad. Rafsanjani ha ritirato la propria candidatura a quell’organo, dopo aver subito attacchi nei mesi scorsi, dopo aver assistito tra l’altro all’arresto della figlia. “La triste fine del clan Rafsanjani” è invece il titolo di una analisi che compare oggi su Europa: l’ex presidente aveva spesso “sibilinnamente” manifestato il proprio dissenso, sin dal 2005. Esce quindi indebolita l’area “riformista” che vedeva in lui una sponda.
Anche su La Stampa si descrive il declino di Rafsanjani, l’ex presidente che “criticò la repressione”.
Una descrizione del personaggio si trova su Il Sole 24 Ore: il mullah miliardario rampollo di una famiglia di commercianti di pistacchi, con interessi dal petrolio alle auto, all’imbottigliamento della Coca Cola. Fu lui, da presidente, a liberare “gli spiriti animali del capitalismo all’iraniana”. Presidente del Parlamento per otto anni, manovratore di trame segrete, fu al centro delle trattative con gli americani negli anni della guerra contro l’Iraq.
Sulla stessa pagina, attenzione anche per l’ayatollah che gli subentrerà, ottantenne e malato.
Su La Repubblica si racconta invece la brutta avventura delle donne egiziane che, in migliaia, ieri hanno tentato di marciare verso piazza Tahrir, luogo simbolo della rivoluzione: per rivendicare il loro ruolo nella protesta e nel futuro del Paese. Ma la marcia è stata fermata da gruppi di uomini che hanno strappato loro i cartelli e le hanno respinti, convinti che non fosse “il momento giusto” per quella manifestazione. Titolava ieri Al Jazeera: “il nuovo Egitto lascia indietro le donne”. La notizia è in prima anche su Europa, che riferisce persino di uno slogan circolato ieri tra gli aggressori, che recitava: “abbasso le donne”. Se La Repubblica parlava di un migliaio di manifestanti, Europa scrive che erano duecento. Le donne hanno testimoniato dell’aggressione attraverso i loro cellulari sui social network. Una di loro, scrittrice e giornalista, su Twitter, dice: “Sia chiaro: non si trattava di islamisti. Erano più dei teppisti”.
Amministrative
Alla sfida nel centrodestra è dedicata una pagina de La Stampa, dopo la decisione dello stato maggiore della Lega di presentarsi in coalizione con il Pdl nelle grandi città come Milano e Torino: “Lo strappo della Lega spaventa il Pdl. Il Carroccio minaccia la corsa solitaria a Pavia, Treviso, Ravenna. Verso un candidato lumbard a Bologna”.
E poi
Nelle pagine della cronaca de Il Corriere della Sera, la vicenda di una ragazza di 17 anni, che si è vista rifiutare uno stage in un hotel di lusso di Rimini perché coperta con il velo. Le si chiede di rispettare la divisa. Il buffo è che parla romagnolo perfettamente.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)
Molte sono le notizie diffuse dai media a proposito delle recenti proposte sulla riforma della Giustizia, ma a volte sono inesatte o incomplete
perciò suggerisco di consultare direttamente il sito http://www.adifesadellacostituzione.it e sentire il parere degli esperti costituzionalisti.