Le aperture
“Il giuramento. Anche Grillo apprezza il capo dello Stato: deve guardarsi dai politici. Il leader azzurro al premier: birichino. La replica: tu di più”.
“Tanti applausi, tutti sinceri?” è il titolo dell’editoriale di Massimo Franco.
A centro pagina: “Le atrocità dell’Isis, bruciato vivo il pilota giordano”. “Il video. Il militare ucciso il 3 gennaio. La risposta di Amman: pronti a giustiziare i terroristi che abbiamo catturato”.
In alto: “Tsipras a Roma. ‘Io e Matteo, stessa lingua’. Svolta sulla crescita”.
La Repubblica: “Gli applausi di tutti per Mattarella. Renzi: sull’Italicum non tratto più”, “Il capo dello Stato: sarò un arbitro imparziale ma i giocatori mi aiutino. Consensi anche da Berlusconi e Grillo”. Nella foto, Mattarella e Matteo Renzi a bordo della Lancia Flaminia.
A centro pagina: “Il premier media tra Tsipras e la Ue. Atene: non vi conviene farci fallire”.
Di spalla a destra: “Is, il pilota bruciato vivo. La Giordania: sarà vendetta”.
A fondo pagina: “Via libera del Parlamento inglese: ‘Sì al bambino con tre genitori’”, “Svolta sulle malattie genetiche. Ma è polemica”.
A fondo pagina anche la notizia che la scrittrice Harper Lee ha deciso di rendere pubblico il suo secondo romanzo: “Il buio oltre la siepe 55 anni dopo, il sequel del capolavoro antirazzista”.
La Stampa: “Mattarella: solidarietà e giustizia”, “Il Presidente alle Camere: sarò arbitro imparziale, ma voi giocatori dovete aiutarmi”, “Quarantadue applausi nel discorso dopo il giuramento: in mezz’ora ha illustrato cosa significa rispettare la Costituzione”.
A centro pagina, una foto sorridente del pilota giordano Moaz al Kaseasbeh (ritratto, ci pare, davanti alla moschea blu di Istanbul): “Isis, orrore senza fine: il pilota bruciato vivo”. Con un commento di Domenico Quirico: “Non cediamo al ricatto, ricordiamolo così”.
Di spalla: “Tsipras da Renzi: ‘Ue e crescita, parliamo la stessa lingua’”.
Il Fatto: “E’ caduta la monarchia”, “Il neopresidente Sergio Mattarella si insedia con un discorso distante dall’interventismo di Napolitano. Esalta la Costituzione, l’autonomia del Parlamento (‘No a interessi particolari’) e i giovani eletti: ‘Sarò un arbitro imparziale, ma i giocatori siano corretti’. Severo su mafia e corruzione, interrotto da 42 applausi”.
Il quotidiano descrive un “Caimano ammansito”: “Parla B.: ‘Sergio io volevo votarlo, ma poi Matteo è stato birichino’”. Si tratta di un’intervista di Carlo Tecce a Silvio Berlusconi.
A centro pagina: “Coppie di fatto: la Boschi: ‘Alt, aspettiamo Ncd’”.
In prima anche la “escalation di sangue”: “L’Isis brucia vivo il pilota giordano. Amman: vendetta”.
Un editoriale di Antonio Padellaro spiega oggi ai lettori il cambio di direzione della testata, che passa a Marco Travaglio.
Il Giornale: “Il colle democristiano”. “Il primo giorno di Mattarella”. “Con il neopresidente tornano linguaggio e volti della vecchia Dc: da De Mita a Rognoni. Nel discorso accontenta tutti, destra e sinistra. Poi si definisce ‘arbitro'”. “Forza Italia, il patto del Nazareno sta saltando”.
A centro pagina: “Bruciato vivo dall’Isis dopo il televoto islamico”, di Magdi Cristiano Allam.
Di spalla un articolo di Francesco Forte: “Ossessionati dal Cav. La riforma fiscale e la soglia del 3 per cento ‘contra personam'”.
Il Sole 24 Ore: “‘Lavoro e imprese, Paese più coeso'”. “Mattarella: riforme elettorali ed economiche e legge elettorale”. “‘Io arbitro imparziale, voi collaborate'”. “Il Presidente ha giurato: penso alle aziende, piccole medie e grandi, che, tra difficoltà, trovano il coraggio di innovare e competere sui mercati internazionali”.
Di spalla: “Squinzi: giusto appello a unità e riforme”. “‘Confindustria farà la propria parte'”. “Legalità e lotta alla corruzione priorità delle imprese”.
A centro pagina: “Il piano di Atene spinge i mercati”. “Vertice Renzi-Tsipras, spazi per l’intesa europea, insieme per la crescita”. “La Borsa greca guadagna l’11 per cento”. “Piazza Affari riconquista quota 21 mila. Petrolio in rialzo”.
La Repubblica, pagina 2: “Il nuovo stile di Mattarella, la politica a voce bassa: ‘Sarò un arbitro imparziale’”, “I richiami alle riforme, alla Resistenza e alla crisi economica. Gli applausi bipartisan, anche dal M5S. In tribuna la famiglia”. Scrive nella sua cronaca della giornata di ieri Concita De Gregorio che c’è un cambio di clima, un cambio di passo. Anche Maroni e Zaia smettono di ridere e La Russa un paio di volte si alza in piedi. Alle pagine seguenti, ampi stralci del discorso pronunciato ieri a Camere riunite. Il passaggio evidenziato nei titoli: “’Contro crisi e sfiducia dobbiamo riavvicinare i cittadini alla politica’”. Stefano Folli, nella sua rubrica ‘Il punto’ evidenzia “l’antiretorica di Mattarella il Professore” e lo descrive come “un uomo estraneo all’establishment” che nel suo discorso “si è rivolto poco alla politica e invece molto alla società italiana”. Filippo Ceccarelli, alla pagina seguente: “La solitudine del presidente che nel Palazzo sfida se stesso”. Scrive Ceccarelli che “ieri si avvertiva la distanza tra Mattarella e il mondo circostante di fanfare e rombi di moto. Anche il suo sorriso sembrava lieve” e “la compostezza del nuovo Capo dello Stato costituisce un segno di contraddizione per gli odierni canoni turbo-ridanciani”.
“Un discorso semplice e autorevole” è il titolo dell’analisi di Luigi La Spina che compare in prima su La Stampa. E, a pagina 2, Ugo Magri scrive che dal capo dello Stato sono arrivati “pochi accenni alla politica, solo un velato invito a ridurre i decreti”.
Su Il Fatto, in prima, il commento di Marco Travaglio, neo-direttore del quotidiano: “Il Re è morto, viva l’arbitro”. Scrive Travaglio: “Se i presidenti si giudicassero dai loro discorsi, Sergio Mattarella sarebbe un presidente perfetto”. C’era qualcosa “di non rituale e dunque di sincero” nel suo discorso ieri: “quei richiami insistiti e competenti alla Costituzione e alla legalità andavano al di là della retorica del cerimoniale”. “Per ora -dice Travaglio- godiamoci l’esordio di un Presidente che, a differenza dell’altro, non attacca le opposizioni, anzi ne elogia la carica giovanile; non dà ordini al Parlamento, anzi esalta la separazione dei check and balances; e non blatera di guerra e pace fra magistrati e politici, per magnificare le larghe intese”.
A pagina 2, ancora su Il Fatto: “Mattarella vuol fare l’arbitro: fine della monarchia di Giorgio”, “Il capo dello Stato giura alla Camera e rilancia il ruolo del Parlamento”.
A pagina 5: “M5S spera, la Lega sulle barricate”.
La Stampa interpella tre rappresentanti dei partiti che non hanno votato per Sergio Mattarella presidente: Lega, M5S e Fratelli d’Italia. Per la Lega parla Nicola Molteni, che ha trovato l’intervento “pieno di ovvietà” ed è rimasto “deluso” dall’assenza di “riferimenti alle autonomie locali”. Per il M5S parla Danilo Toninelli: “Quando le parole si trasformeranno in fatti, allora potremo dire che avremmo fatto bene a votarlo. La nostra per ora è un’apertura di credito”. Cosa chiedete? “Che si esprima sull’assenza di preferenze nell’Italicum”. Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, dice che ha apprezzato tre riferimenti: ai marò, alla legalità e alla lotta alla mafia, alla tutela della famiglia.
Su La Repubblica, pagina 8: “Quirinale, il dietrofront di Grillo”, “Il leader del Movimento elogia Mattarella e chiede di incontrarlo. Di Maio scherza: ‘Si è proprio innamorato’. I Cinquestelle ‘pronti a dare un contributo’, ma c’è chi si rammarica: ‘Nella partita per il Colle siamo regrediti’”.
Il Fatto sottolinea le parole dedicate da Mattarella ai “giovani parlamentari” che “portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei”. Essi rappresentano anche -ha detto ancora Mattarella – “con la capacità di critica e persino di indignazione, la voglia di cambiare”. Scrive Fabrizio D’esposito che “è la cesura più netta con la monarchia dell’ex comunista realista che, fino all’ultimo, si è scagliato contro l’antipolitica, indicata come ‘patologia eversiva del sistema’”.
Il Fatto intervista il politologo Giorgio Galli, che dice che si è trattato di un “discorso da Dc, ma sull’Italicum potrà stupirci”. Ha stupito il ricordo di Stefano Taché, il bimbo ucciso in un attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982. Risponde Galli: “Forse è un segnale a Israele, la garanzie che Mattarella non è filo-arabo, a differenza di tutti i principali nomi della Dc di sinistra, la sua area di provenienza. Parliamo di personaggi come Gronchi e Fanfani, per arrivare a Moro, che trattò con i palestinesi per evitare che l’Italia fosse oggetto di attentati”.
Di fianco, un’intervista al linguista Tullio de Mauro: “Ha usato termini semplici per farsi capire”, “Non ha mai oltrepassato la soglia limite delle 25 parole. Solo una volta ha ceduto alle 28 ed eccezionalmente si è avventurato in una frase da 41 parole”.
Secondo Massimo Franco, che firma l’editoriale del Corriere, “impressionano gli applausi arrivati da gran parte dei parlamentari del Movimento 5 Stelle e dalle file di Forza Italia, oltre che dal Pd” al discorso di Mattarella. La cui elezione “chiude due ferite. Quella del Pd che meno di due anni fa aveva bruciato la candidatura di Romano Prodi, e prima di Franco Marini; e in parallelo quella delle dimissioni anticipate di Napolitano, uscito di scena anche perché non sentiva più intorno a sé l’appoggio che gli era stato garantito al momento della conferma”. Bene che sia un presidente “radiofonico” più che televisivo, perché “di grandi comunicatori l’Italia ne ha anche troppi”.
Il Giornale: “Destra, sinistra e grillini. Il discorso fa contenti tutti”. “Dai marò da riportare a casa all’elogio delle cooperanti, le parole del capo dello Stato sono un saggio di equilibrismo”.
Sul Corriere è Aldo Cazzullo a raccontare “il giorno del giuramento”. Sul rapporto con Renzi si cita il giudizio di Emanuele Macaluso: “Sarà un dialogo tra contrari. Uno è rigoroso, l’altro spregiudicato, uno prudente l’altro svelto, uno trattenuto l’altro disinvolto”. I due, scrive Cazzullo, “non si elidono, si sommano”
Il Corriere intervista Roberto Fico, parlamentare del Movimento 5 Stelle e presidente della Commissione di Vigilanza Rai. “‘Bene la discontinuità al Colle. Ma il Patto del Nazareno resiste. Hanno inscenato un finto divorzio”. Fico di aver applaudito Mattarella “non certo 46 volte” ma in alcuni “passaggi interessanti”, “per esempio quando ha parlato del pluralismo dell’informazione”. Quanto al ruolo di “arbitro”, ricorda che “il presidente ha il potere di rimandare le leggi alle Camere”, e dunque “la prova del nove saranno la legge elettorale, i decreti omnibus, la decretazione d’urgenza”.
Sul Sole Lina Palmerini scrive che il discorso di Mattarella è una “sponda al percorso delle riforme” nel senso che la legislatura diventa “più ‘blindata’ rispetto alla scadenza naturale del 2018”. Dopo le battute su Alfano e i partitini, dopo gli aut-aut a Forza Italia, “ora ricomincia l’iter dei due provvedimenti e la conta nelle commissioni e in Aula impone il disgelo. In qualche modo comincia la fase due della legislatura e il nuovo capo dello Stato si trova in assoluta continuità rispetto al suo predecessore. Ma anche Renzi dovrà porsi in continuità contribuendo a ripristinare un dialogo innanzitutto dentro il Governo e con il Nuovo centro-destra”. Quanto al passaggio in cui Mattarella ha detto che è un “arbitro imparziale”, “quella frase è diretta a tutti quelli che vorranno tirarlo per la giacca. Da una parte o contro una parte. Si è avvertito – invece – il modo in cui si pone rispetto una cultura di governo e non rispetto ai singoli verso i quali non sembra subire alcun condizionamento. Del resto le prossime prove sono imminenti, la firma su alcuni provvedimenti e anche l’iter di legge elettorale e riforma del Senato”.
Secondo Il Giornale “il Quirinale non sarà il notaio di Palazzo Chigi”- Si ricorda che il governo Renzi ha “stracciato ogni precedete record” in materia di decreti legge, decreti legislativi, fiducie.
Il Giornale racconta il “ritorno show” di Berlusconi in Parlamento, che “si riprende il centro della scena politia”, “rilassato, di buon umore, sorridente, pronto alla battuta”. Il quotidiano scrive che il leader di Forza Italia “si tiene distante da Angelino Alfano con il quale il gelo post-quirinalizio non sembra essersi ancora sciolto”. Gli chiedono come sta il patto del Nazareno. “‘Francamente non lo so. Abbiamo sempre avuto uno spirito di Stato e siamo convinti che ci vogliano le riforme. Vedremo’”.
Durante il ricevimento al Quirinale per l’insediamento di Mattarella, Carlo Tecce de Il Fatto ha avvicinato Silvio Berlusconi ed ha avuto con lui un colloquio che viene sintetizzato così nei titoli: “’Matteo è birichino. Voi chiamatemi B. e non ex Cavaliere”. Berlusconi;: “Vi devo mandare un documento”. Che ha scoperto? “Mi sono riletto la sentenza di condanna per Mediaset e mi sono appuntato 35 nefandezze”. Come Sta il Nazareno? “Non abbiamo votato sì per amore di riforme, per spirito di Stato, ora valutiamo l’accordo con Renzi. Se ci conviene, diciamo sì”. Perché avete votato scheda bianca a Mattarella? “Il metodo Renzi ci ha delusi. Il problema non è il nome di Mattarella. Sapete che gli ho formulato i migliori auguri per primo? Oggi non ci siamo parlati, ma sono convinto che mi darà presto udienza al Quirinale”. Denis Verdini ha tradito? “No, io sono sicuro della fedeltà di Denis”.
Sul Corriere: “L’ex premier si gode il ritorno in scena. Vertice con Fitto, ma la tregua non c’è”. “Su Mattarella giudizio molto positivo. Due ore con Verdini e Letta, sotto accusa FI”.
Secondo il quotidiano, che cita tra virgolette i “berlusconiani della cerchia più stretta”, l’incontro è stato “molto teso” e Verdini sarebbe “con un passo fuori dalla stanza dei bottoni”. Ridimensionano “I verdiniani”, che dicono che Verdini mantiene la fiducia di Berlusconi e che tutto rimarrà come prima.
“A Renzi: è un piacere conoscere il ministro Padoan, spero sia meno birichino di te. La replica: il fatto è che io lo sono meno di quanto lo sia tu”.
Sul Giornale si legge che oggi sono previste due riunioni di vertice di Forza Italia, entrambe presiedute da Berlusconi: “le comunicazioni, secondo quanto si apprende, potrebbero cambiare profondamente il quadro politico. Il Cavaliere è rimasto profondamente insoddisfatto della partita del Quirinale e della gestione delle trattative sulle riforme”. Secondo Il Giornale sarebbe stata “molto negativa” la riunione con Alfano, e forse il “vento” sta cambiando a favore di Fitto. “In realtà, le distanze tra Berlusconi e Fitto sono rimaste immutate perché il Cav non ha mai gradito le intemerate critiche dell’ex governatore pugliese. È stata, tuttavia, rinnovata la disponibilità a coinvolgere Fitto nella tolda di comando del partito”
La Repubblica: “Renzi: non mi faccio ricattare, l’Italicum non si tocca più’. Berlusconi: ‘Sì se ci convincono’”, “Il premier avanti fino al 2018: niente verifiche o richieste dai partitini. L’Ncd? Nessuno lo conosce. La riforma del Senato slitta di una settimana”.
La Stampa: “Ncd squassato, l’ira di Lupi. E metà partito vuole rompere”, “Andare col Pd o col centrodestra versione Salvini?”.
Su La Repubblica, un “retroscena” di Goffredo De Marchis sulla minoranza Pd e il premier: “La mossa di Bersani: ‘Matteo confermi il metodo Quirinale e non avrà più problemi’”.
Sul Corriere. “Renzi: Ncd? La verifica si fa a scuola. Berlusconi decida, nessuno mi ricatta. Elogia Mattarella e rivela: gli avevo chiesto di restare in corsa anche dopo un voto negativo”. Le parole sulla verifica Renzi le ha pronunciate ieri sera da Vespa, dove ha anche detto che la verifica si fa a scuola e che comunque “Alfano non la chiede”, e il governo durerà fino al 2018. Ha anche parlato di Letta (“se fosse stato sereno sarebbe rimasto lui il premier, io avevo detto si va avanti fino al 2018”, “ma poi loro hanno bloccato l’azione del governo perché puntavano al voto nel 2015”) e di come è nata la candidatura di Mattarella: “Una settimana fa l’ho cercato, gli ho detto beviamo un caffè e gli ho chiesto la sua disponibilità e la cortesia di mantenerla se il primo scrutinio non fosse andato bene. Ha funzionato”.
Sul Sole si legge che Renzi è pronto a mettere la fiducia sul decreto sulle banche popolari, “che toglie le banche dalle mani dei signorotti locali”. Su questo decreto Ncd ha forti perplessità. Sul Sole si legge anche che ieri Renzi ha ribadito che il patto del Nazareno riguarda le riforme, e che “tanto per chiarire” ha ribadito che la legge Severino “non si tocca”.
La Repubblica dedica grande attenzione al rogo del pilota giordano: “Il rogo, poi la ruspa sui resti, l’Is brucia vivo il pilota. Amman: ‘Giustiziamo Sajida’”, “I giordani: ‘Ucciso il 3 gennaio. Un bluff la trattativa per liberarlo’”. Scrive Alberto Stabile che il sovrano hashemita, re Abdallah II, dopo aver incontrato il presidente Usa, ha condannato l’atto di terrore “codardo” e ha interrotto la visita per rientrare ad Amman, Sin dall’inizio, la cattura del pilota aveva proovocato critiche contro la corona, accusata di aver voluto unirsi troppo frettolosamente alla coalizione contro l’Is. Il sacrificio del pilota Al Kaseasbeh riaccenderà gli animi. Anche perché nel filmato della sua morte i jihadisti hanno incluso un elenco con nomi, cognomi e città di provenienza dei 5o piloti giordani che partecipano alla guerra contro l’Isis.
Alla pagina seguente, un commento di Gad Lerner (“Quelle morti sempre più shock nel videogioco medievale dei registi dello Stato Islamico”).
“Il supplizio del pilota giordano. Dato alle fiamme in una gabbia”, come scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere, che scrive che la scena “ricorda i roghi degli eretici in piazza”. Nel video, con le immagini dell’esecuzione brutale, appaiono i volti di re Abdallah di Giordania e di dirigenti Usa, e il “disegno è ovvio”, ovvero i giordani devono ribellarsi “contro il loro re che si allea con gli ‘infedeli'”. Muat Al Kasabeh era stato catturato il 24 dicembre in Siria, il suo jet era stato colpito dai miliziani dell’Isis. Si ricorda che tre settimane orsono le autortà giordane si erano dette disponibili a trattare per la sua liberazione. A detta di dirigenti giordani, citati dalla tv, il video sarebbe una “gigantesca montatura”, perché il pilota “sarebbe morto nel corso di un blitz lanciato dalle forze speciali americane insieme a quelle giordane lo scorso tre gennaio”. Questo spiegherebbe la richiesta insisistente delle autorità di Amman di avere, in questi giorni, una prova tangibile della esistenza in vita del pilota. “L’impossibilità di ottenere quelle prove avrebbe bloccato la trattativa”.
Su La Stampa è Maurizio Molinari a raccontare la notizia. “Trattare un pilota da guerra come un animale o un infedele da arrostire è un messaggio nel linguaggio delle tribù del deserto che evoca quanto Omar el Muktar, leader della guerriglia libica anti-italiana, faceva ai Carabinieri negli anni 30, usando le loro schiene per cuocere il tè ai propri uomini”.
Secondo Molinari la Giordania ha deciso di “giustiziare” oggi la terrorista dell’Isis detenuta ad Amman di cui il movimento islamico voleva la liberazione.
Secondo Guido Olimpio sul Corriere Sajida al Rishawi, insieme ad un altro terrorsta, Ziad al Karbouli, sono già stati giustiziati dalla Giordania “in risposta all’uccisione del suo pilota da parte dell’Isis”. Si ricorda che la donna era detenuta dal 2005, quando aveva partecipato ad un attentato suicida ad Amman. “Doveva farsi saltare per aria ma la sua cintura esplosiva non si era attivata”. L’uomo “era stato condannato a morte nel 2007 . Le autorità giordane lo avevano accusato di essere coinvolto in una serie di omicidi e di aver svolto un ruolo di pianificatore di attacchi”.
La Repubblica intervista il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis: “’La Grecia è già fallita dal 2010 e oggi non c’è alcuna ripresa, non serve a nessuno affondarci”, dice. E sottolinea: “Rispetteremo le scadenze con Bce, ma a Fmi e Paesi europei ridaremo i soldi quando il Pil crescerà”, “Con l’Fmi abbiamo avviato il negoziato: non vedo perché non debba accettare una dilazione”, “Il problema non è la Grecia, ma la gestione complessiva dell’eurozona che è concepit amale”.
Sul Sole Vittorio Da Rold spiega “come funzionano o meglio dovrebbero funzionare” quelli che sono già stati battezzati “Varoufakis bond”, ovvero la “soluzione proposta dal ministro delle Finanze greco per ristrutturare il debito di Atene, circa 315 miliardi di euro in mano per due terzi a governi europei e istituzioni”. In una intervista al Financial Times Varoufakis ha proposto uno scambio (swap) con due nuovi tipi di obbligazioni: una legata alla crescia reale della Grecia: “il bond si trasforma così in una sorta di azione che paga dividendi solo se il Paese debitore va bene. Il creditore viene coinvolto nel destino del debitore e ne partecipa al rischio. Certo si tratta di obbligazioni da paese in via di sviluppo non certo da paese dell’eurozona, ma sono tempi particolari”.
L’altro tipo sarebbe invece fatto da obbligazioni “perpetue”. “Si tratta di bond che pagano una cedola all’anno e non vengono mai rimborsati avendo scadenza all’infinito. È un grosso aiuto al debitore. Ce ne sono ad esempio in Portogallo e seguono fasi di ristrutturazione del debito o eventi bellici. L’ipotesi che possa essere accettata dalla Bce è molto vicina allo zero, in quanto assomiglia molto alla “monetary financing”, cioè al finanziamento del debito da parte della Banca centrale, azione vietata dai Trattati europei”. La proposta sembra comunque un “ammorbidimento” della linea greca, visto che fino a qualche giorno fa si parlava di “taglio” (haicut) di buona part edel debito. Il quotidiano cita Zsolt Darvas, un economista ungherese che lavora al Think tank Bruegel di Bruxelles, secondo il quale l’ipotesi di uscita della Grecia dall’euro non sarebbe una soluzione, è “molto improbabile” una ristrutturazione, e resta solo un allungamento dei tempi di rimborso dei prestiti concessi alla Grecia. “Credo che i leader europei debbano prendere seriamente il progetto del ministro Varoufakis, e il governo greco dovrebbe mettere da parte le proprie riserve per un nuovo programma di ESM”, dice Darvas.
Sullo stesso quotidiano si dà conto della posizione italiana: “La soluzione per quel che riguarda il debito della Grecia va concordata nelle istituzioni europee, a partire dall’Eurogruppo e dall’Ecofin. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan incontra il suo omologo greco Yanis Varoufakis e implicitamente chiude la porta a possibili ‘assi’ in funzione antirigore che potrebbero unire i paesi mediterranei dell’Unione”.
“Argentina, c’era un mandato d’arresto per la Kirchner”, titola La Stampa spiegando che a casa del procuratore Nisman, morto il 19 gennaio, è stata trovata una versione preliminare della querela in cui si chiedeva l’arresto del capo dello Stato. Il motivo di questa misura cautelare era che il pm temeva che gli indagati “esercitassero il loro potere per inquinare le prove”. Ne scrive Filippo Fiorini, da Bienos Aires.
La Repubblica: “Svolta nel caso Nisman: ‘Il giudice voleva arrestare la presidente Kirchner’”, “Nel cestino del magistrato trovato morto due settimane fa la bozza di un mandato nei confronti del capo dello Stato”, di Alessandro Oppes. L’ipotesi di accusa, si ricorda, era di favoreggiamento nell’indagine sulla strage del ’94 nel centro ebraico.
Su La Repubblica un’analisi di Adriano Sofri a pagina 17 su Serbia e Croazia: il tribunale Onu che giudica le controversie tra Stati si è pronunciato sugli eccidi e la pulizia etnica del ’91 e del ’95, dopo un processo durato 15 anni. Belgrado e Zagabria si augurano reciprocamente un nuovo inizio. “’Vukovar e Krajina, non fu genocidio. La Corte dell’Aja archivia la guerra”.