Le aperture
Corriere della Sera: “L’Onu dà il via all’attacco a Gheddafi”, “Il Consiglio di sicurezza vota l’intervento per proteggere i civili basato sulla ‘no-fly zone’. Il Colonnello minaccia rappresaglie nel Mediterraneo”, “Francesi e inglesi: raid subito. A Roma vertice nella notte tra premier e capo dello Stato”.
A centro pagina, le celebrazioni del 150 anni dell’Unità d’Italia: “Napolitano: ‘Viva l’Italia unita’”, “Contestazioni per Berlusconi. Molti legisti assenti. Bossi: io ci sono”.
Il Giornale: “Via alle bombe su Gheddafi”, “Venti di guerra alle porte d’Europa”, “La Francia arma i suoi caccia, l’Italia mette a disposizione le basi”.
A centro pagina, la cerimonia ieri alla Camera dei 150 anni, con una foto che ritrae il capo dello Stato accanto a Fini: “Se la Patria unisce il rosso e il nero”, “L’ex cominista Napolitano e l’ex fascista Fini”.
Il Sole 24 Ore: “Via libera Onu ai raid in Libia. Gli Usa: ruolo chiave per l’Italia. Berlusconi e La Russa a consulto”. E poi: “Acqua sul reattore, ma Tokyo teme il blackout”.
La Repubblica: “L’Onu: sì ai raid sulla Libia”, “La Francia: colpiamo subito. Tripoli: pronti al cessate il fuoco”. A centro pagina, foto dal disastro in Giappone sotto il titolo: “Gli Usa, il Giappone mente, è una catastrofe”. Si riferisce poi di un “dietrofront” del ministro allo Sviluppo Romani, che dice: “Fermiamoci sull’atomo”.
Di Spalla: “Napolitano: l’Italia è una. Bossi lo applaude. Fischi a Berlusconi”.
La Stampa: “‘Pronti a bombardare Gheddafi'”, “Via libera alla risoluzione Onu per proteggere i civili. Tripoli: Roma si tenga fuori”. Sotto la testata: “Italia 150”, “Una festa di popolo. Napolitano: uniti reggeremo le prove”.
In taglio basso: “Centrali nucleari, ora l’Italia frena”.
Il Fatto: “L’Italia in festa fischia B. che scappa”, “le celebrazioni dei 150 anni si trasformano in un flop per il governo: il premier contestato ovunque al grido di ‘vattene’. La Lega diserta. Applausi solo per Napolitano”.
Il Foglio: “Così Napolitano celebra l’Italia unita superando le ‘cieche partigianerie’. Motivi per ‘essere fieri’, federalismo per rafforzare l’unità, esame di coscienza sul sud. Rapporto positivo con la Chiesa”.
Europa: “Napolitano unisce l’Italia, a Berlusconi resta la Lega”.
Libia
Come scrive il corrispondente del Sole 24 Ore dagli Usa, gli Stati Uniti hanno ottenuto ieri il passaggio di una risoluzione storica contro la Libia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Con una maggioranza di 10 voti e l’astensione di cinque Paesi (tra cui la Cina e la Russia) l’Onu ha autorizzato l’utilizzo di tutte le misure necessarie, inclusa la no-fly zone, per proteggere da subito la popolazione civile in Libia. Un alto funzionario Usa – riferisce il quotidiano – ha detto ieri che “gli Stati Uniti si sentiranno autorizzati a partecipare con la comunità internazionale all’applicazione della risoluzione”. All’Italia non viene chiesto solo di partecipare solo a operazioni militari attive, ma di svolgere un ruolo molto importante nella fase della ricostruzione, perché – dice il funzionario – “noi manchiamo dalla Libia da troppi anni, in pochi conoscono la Libia come gli italiani, sia per le relazioni personali, politiche e di affari”. Il Sole 24 Ore ha un inviato a Bengasi che – scrive – “si aggrappa al suo sogno di libertà”.
Inviato a Tobruk – a pochi chilometri da Bengasi – è anche Bernardo Valli per La Repubblica: “Tobruk, tra i ribelli allo stremo che aspettano l’aiuto occidentale. E dopo il voto del Palazzo di vetro esplode la festa degli insorti.
Per il Corriere della Sera a Tobruk c’è Lorenzo Cremonesi. Anche qui si racconta la gioia dei ribelli che non si sentono più soli, e scrive che è filtrata l’informazione che i capi degli insorti sono stati portati al sicuro da un blitz dei servizi segreti occidentali. Nella zona sono presenti anche agenti del Sismi.
Spiega La Repubblica che la svolta sulla risoluzione Onu per la no-fly zone è avvenuta con la pressione Usa, dopo che Francia e Gran Bretagna avevano sostenuto una prima bozza, portata avanti dal Libano a nome della Lega Araba. Sarebbe stata proprio la richiesta degli arabi il punto di svolta anche per la Clinton. Ieri, frenavano Russia e Cina, ma quando il presidente di turno del consiglio di sicurezza, l’ambasciatore cinese Li Baodong ha ammesso che l’Onu doveva “agire presto” è stato chiaro che il freno cinese si sarebbe trasformato in astensione. Si sono astenuti anche Russia, India, Brasile e Germania. Intanto il viceministro degli esteri del regime libico, Kaim, ha provato a giocare l’ultimo trucco dichiarando: “accettiamo la risoluzione Onu, siamo pronti a rispettare il cessate il fuoco, aspettiamo i dettagli tecnici della risoluzione, ma speriamo che l’Italia si tenga fuori da questa iniziativa”.
Il Foglio titola: “Ora che Obama reagisce, si capisce come è inattivo il mondo senza America”. La primavera araba “ha mostrato al mondo – scrive il quotidiano – come è la politica internazionale quando gli Usa rinunciano alla loro leadership. Indecisa, divisa, inefficace, lenta. Ieri infine l’Amministrazione Obama ha abbandonato la riluttanza nei confronti della questione libica e, con piglio aggressivo, si è presentata al Consiglio di sicurezza Onu chiedendo di andare oltre alla no-fly zone e mettere a punto blitz mirati e immediati sui carri armati e sull’artiglieria pesante delle forze del colonnello”. L’amministrazione Obama aveva finora deciso di lasciare l’iniziativa all’Europa, alla Nato, ai Paesi della regione, all’Onu, cioé al multilateralismo. Il vuoto di leadership è stato così riempito da Gheddafi, che ne ha approfittato per arrivare fino a Gheddafi per fare giustizia dei rivoltosi, uno per uno.
“L’errore del rais” è il titolo dell’analisi che Franco Venturini firma sul Corriere della Sera: l’errore è stato quello di ricorrere alle minacce nella serata di ieri (stiamo per prendere Bengasi, e con chi resiste non avremo pietà). E’ stata una scossa arrivata direttamente al Consiglio di sicurezza Onu, dove le parole di Gheddafi sono cadute pesanti come un macigno. La risoluzione prevede che possano essere applicate in Libia tutte le misure necessarie alla protezione dei civili, con la sola esclusione di un intervento ad opera delle forze terrestri. La no-fly zone farà parte del dispositivo, “ma è evidente che nella attuale situazione essa sarà interpretata in maniera molto più offensiva di quanto inizialmente e vanamente discusso”:
La Stampa intervista Leonardo Tricarico, che è stato capo di Stato Maggiore dell’aeronautica, e ricostruisce l’ultima esperienza di no-fly zone durante la guerra contro la Serbia di Milosevic, per difendere la popolazione albanese del Kosovo. Ha dubbi sull’operazione: “Premesso che mi sembra una decisione davvero tardiva, e che si interviene solo ora che i buoi sono quasi tutti scappati”, bisognerà schierare un’ampia gamma di velivoli: gli aerei caccia, per impedire che i jet violino il divieto Onu. Ma poi anche aerei radar, aerei cisterna, aerei spia, fondamentali per la guerra elettronica, aerei Sead per distruggere le loro difese ed eliminare radar e missili. Insomma, un’operazione molto complessa, secondo Tricarico: “Soltanto la Nato, con i suoi mezzi e le sue procedure, è in grado di muoversi presto e bene e di pianificare bene l’operazione”.
Sullo stesso quotidiano, una intervista al ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle, che dice: “Nessun soldato tedesco combatterà in Libia”, “la Germania dice no ai raid. La nostra linea privilegia l’applicazione di sanzioni finanziarie ed economiche”. Sostiene Westerwelle che è necessario fermare “i flussi finanziari e di denaro a favore del sistema di Gheddafi”. Bisogna mettere all’ordine del giorno anche “la questione delle restrizioni per le compagnie, comprese quelle energetiche e petrolifere”, è “necessario che tutti i pagamenti non ancora saldati confluiscano in un conto speciale e non finiscano in Libia, affinchè si blocchino i flussi di denaro”.
Giappone
L’Unità titola: “Usa e Cina: Tokyo deve dire la verità sul rischio radiazioni”. Scrive il quotidiano che i due Paesi hanno accusato Tokyo di sottovalutazione del pericolo. Il Pentagono intanto ha autorizzato le famiglie dei militari e degli impiegati civili che si trovano sull’isola di Honshu a lasciare il Paese. In serata Obama, assicurando pieno appoggio al Giappone, ha rassicurato gli americani che non vi sarà nessuna contaminazione per la costa ovest degli Usa. Il Presidente americano ha avuto diversi contatti con le autorità giapponesi, con il premier Khan, per spiegargli che – sulla base delle informazioni raccolte dai tecnici della Nuclear Sources Commission – ha preso la decisione di “consentire agli americani che lo desiderano di lasciare il Paese”. Per La Stampa questa decisione è la conferma del disaccordo sull’interpretazione dei dati sulla radioattività. Se 24 ore prima aveva portato il Pentagono a stabilire l’area di rischio in un raggio di 80 chilometri dalla centrale di Fukushima, rispetto ai 20 indicati dai giapponesi, ora portava ad organizzare voli charter per far partire “gli americani che lo vogliono”, come comunicato dal Dipartimento di Stato. Corriere della Sera: “I dubbi di Obama sui dati del Giappone”. Su La Repubblica un dossier: “Pericoli minimizzati e allarmi in ritardo, così Tokyo ha nascosto la catastrofe”. A firmarlo è Carlo Bonini, che ricostruisce le tappe della escalation della paura dall’incidente locale all’incubo contaminazione. L’inviato a Osaka de La Stampa firma un retroscena dal titolo: “Il nucleare nipponico, storia di scandali e bugie”, “il gestore degli impianti, uno stato nello stato che gode di coperture e omertà”. Si tratta della ditta Tepco, la società che possiede la centrale, cui erano in pratica state delegate tutte le operazioni e che – secondo La Stampa – ha una lunga storia di disinformazione, sempre con la connivenza dell’amministrazione incaricata di controllarla. Irregolarità preoccupanti, come microfratture nelle tubature per l’acqua di raffreddamento del reattore 3, furono notate nel 1991, ma seguì insabbiamento. Altra irregolarità nel 1992, su cui l’agenzia per la sicurezza nucleare e industriale intervenne a distanza di 10 anni, provocando le dimissioni dei vertici. Poi nel 2006 si scoprì che a Fukushima 1 la Tepco aveva falsificato i dati sulla temperatura dell’acqua di raffreddamento, nel 1985 e nel 1988. E via di seguito.
Quanto ai riflessi dei timori sul nucleare in Italia, rispetto ai piani del governo, va registrata la reazione negativa contenuta in un editoriale de Il Giornale. Nicola Porro non condivide la “pausa di riflessione” decisa dal governo sulla costruzione delle centrali. Non serviva il Giappone per ricordare quanto i manufatti dell’uomo siano pericolosi, resta l’imperativo della diversificazione delle nostre fonti di approvvigionamento e “se c’è un unico, misero vantaggio che abbiamo verso il resto del mondo nuclearizzato, è che sul nostro territorio non ci sono e non ci saranno mai impianti di vecchia concezione”. Un fatale errore riguarda poi il nostro futuro energetico, dati i costi del petrolio e suoi simili, senza dimenticare quanto siano costosissime le fonti rinnovabili. La pagherebbero gli italiani con le bollette: insomma, è impensabile credere che questo governo stia radicalmente cambiando la sua politica energetica”, “se invece è un modo per passare la nottata, il rischio di far perdere ancora tempo al piano nucleare è comunque troppo elevato”.
Unità
Il Foglio propone ai lettori l’intervento integrale che ieri il capo dello Stato ha pronunciato alla Camera in occasione della festa dell’Unità d’Italia. Ma anche il quotidiano Europa pubblica integralmente l’intervento di Napolitano.
Il Corriere della Sera, in una nota di Massimo Franco, descrive l’intervento di Napolitano così: “Un discorso alto che ha piegato anche le resistenze leghiste”. “Si percepiva un rispetto ostentato – scrive Franco – negli applausi frenetici che Silvio Berlusconi ha tributato ieri a Giorgio Napolitano dopo il suo discorso alla Camera dei Deputati. Batteva le mani insieme all’intero Parlamento, e persino alla sparuta pattuglia leghista. Rendeva omaggio a un Presidente della Repubblica che ieri è apparso il vincitore politico del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La sensazione è che nessuno potesse sottrarsi al riconoscimento del suo ruolo in una giornata segnata da tensioni. Lo stesso Bossi ha detto: “E’ una garanzia”. E pensare che qualche ora prima, dopo i fischi a Berlusconi, il capo leghista aveva risposto: “Peggio per lui”. Per Franco si trattava della ammissione di un disagio nel Carroccio, legato anche alla precarietà in cui si trova il governo. Anche se nessuno prevede scossoni o elezioni anticipate, i processi del premier, il rinvio del rimpasto, lo stop del governo sul nucleare, sono indizi di una “tendenza al galleggiamento”: non è casuale che Berlusconi torni a parlare del coinvolgimento di Pier Ferdinando Casini.
Sul Sole 24 Ore il notista Stefano Folli racconta la giornata di ieri: “Un nuovo patriottismo per ridare l’Italia agli italiani”, “Lega isolata, premier contestato”. La giornata di ieri avrebbe potuto sfociare in un fallimento, mentre invece le città si sono riempite di cittadini, e si è visto che il sentimento nazionale “è più diffuso e meno superficiale di quanto comunemente si creda”. Di chi il merito? Secondo Folli bisogna riconoscere la “lunga seminagione” cui si sono dedicati gli ultimi due Presidenti, ovvero Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Con un merito speciale all’attuale Capo dello Stato, che ha reso un omaggio senza precedenti al Pantheon alla tomba del primo re d’Italia e poi ha ricordato la Repubblica romana al Gianicolo a Roma. Napolitano ha avuto il merito di “insistere per l’inserimento della ‘prospettiva federalista’ dentro la cornice di una solida coesione nazionale, così da renderla fattore di dinamismo e di vitalità per l’intero Paese”, sottolinea Folli. Parallelamente Folli sottolinea quanto stridessero gli applausi tributati a Napolitano con i “borbottii” riservati al premier. Il fatto è che la giornata di ieri ha visto il presidente della Repubblica parlare a nome della nazione come garante dell’unità. Per quanto si possa dire che questo fa parte del suo ruolo, era evidente la distanza tra “lo spirito nazionale incarnato dal Quirinale e un potere esecutivo defilato sullo sfondo, prigioniero delle sue incertezze”, prima fra tutte “l’incapacità o la non volont di impedire a un partito alleato come la Lega di assumere iniziative che intendano svilire il ruolo di patria”.
E poi
Brasile. “Obama alla conquista del Brasile” titola Il Sole 24 Ore. Domani comincia la visita del Presidente in America Latina. Incontrerà la presidente Dilma Roussef con l’idea di recuperare un rapporto privilegiato.
Al Brasile è dedicato l’inserto R2 de La Repubblica. Il Paese esporta auto, aerei, telefonini, attirando ogni anno investimenti esteri per 45 miliardi: “Il colosso sudamericano è la locomotiva dell’economia mondiale. Ma è anche un esempio di socialdemocrazia. Adesso il governo si riprende le favelas, dove Obama va in visita”, scrive l’inviato Federico Rampini.
Restando alla Repubblica, va segnalato un intervvento della filosofa Agnes Heller, molto dura contro l’attuale governo ungherese. “Così l’Ungheria criminalizza gli intellettuali”. La Heller parla di una campagna di diffamazione organizzata dal governo di Viktor Orban.
(Fonte: La Rassegna italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)