L’Isis cancella l’arte, a pezzi le statue antiche

Pubblicato il 27 Febbraio 2015 in da redazione grey-panthers
L'Isis cancella l'arte, a pezzi le statue antiche

Il Corriere della Sera: “Scintille tra Salvini e Berlusconi”. “Verso le regionali”. “Il segretario del Carroccio: niente patto con Forza Italia. La replica: è inaffidabile, fa il gioco del Pd”. “Strappo di Bersani con il premier: cambia la riforma del Senato o non voto l’Italicum”. “L’Isis cancella l’arte, a pezzi le statue antiche”. “Il boia John è londinese”. “In Siria uccisi 15 cristiani, altri 200 in ostaggio”.  “Renzi: Rai Way, decide il mercato. Spunta un ruolo per Telecom”. E poi: “Via libera al riassetto dei Tg. Gubitosi: cade un muro”.

La Repubblica: “Scontro finale nel Pd. Bersani attacca Renzi: non sono un figurante”, “Le minoranza sull’Aventino: Jobs Act incostituzionale. L’ira del premier: Pierluigi vuol fare il Bertinotti del 2015”. “La Rai: irricevibile l’Opa di Mediaset. Viale Mazzini approva la riforma dei tg”. Il fotogramma in grande evidenza in apertura viene dalla città irachena di Mosul, dove l’Is ha distrutto antiche sculture assire: “’Jihadi John’, il boia con la laurea. L’Is devasta i tesori millenari di Mosul”.

Umberto Veronesi: torna sul tema dell’eutanasia: “Quelle morti decise in ospedale nella latitanza dello Stato”.

La Stampa: “’L’Italia promossa solamente a metà. Riforme più veloci’”, “Moscovici (Ue): piani ambiziosi ma quel che conta è realizzarli”, “Quote latte, si rischia una nuova multa”.
“Un londinese di 27 anni. Ecco il boia del Califfato”.“Bersani sfida Renzi: non va al summit Pd”, “L’ex segretario boccia il Jobs Act: non faccio la parte del figurante. Il premier ‘stupito’”.
“Rivoluzione Rai. Ai Tg solo due direttori invece di sei”, “E il premier apre a Grillo”.

L’Avvenire: “Uccidono i cristiani, cancellano la storia”, “In Siria 15 assassinati nei villaggi attaccati dall’Is”, “Le vittime si erano opposte alla furia jihadista. Sarebbero 350 gli ostaggi in mano alle milizie. In Iraq devastato il museo di Mosul”. “’Soffiate’ e appalti: corruzione nel mirino”, “Dopo la Svizzera c’è l’intesa anche con il Liechtenstein: cade un altro muro”.Pierluigi Bersani: “Sfida al premier: confronto serio, un’ora non basta”.
“Uniamo le migliori esperienze per avere un Bes a livello mondiale”, dice Fitoussi.

Il Sole 24 Ore: “Corsa ai Btp, cala lo spread”. “Il differenziale con i Bund scende a 106”. “Borse in rialzo (Milano + 1 per cento)”. “In vista del QE Bce salgono gli acquisti di bond ‘periferici’. Il Tesoro colloca i decennali al minimo storico all’1,36 per cento”.  “I brevetti made in Italy tornano a crescere”. “Per la prima volta dal 2010”.  “Rai Way frena l’offerta di EI Towers. Il consiglio, informativo, prende tempo sull’Opas Mediaset. In Borsa il titolo perde solo il 2,8 per cento”. “Renzi: valgono le regole di mercato ma il 51 per cento resta pubblico”. “Mancata scorta a Biagi: Scajola e De Gennaro indagati”. “Dopo 15 anni, ora possibile la prescrizione”.  “E’ scontro aperto tra Bersani e Renzi. L’ex segretario: Jobs Act incostituzionale”.

Il Giornale: “Ennesimo regalo. De Benedetti fallito e salvato”. “I giudici danno il via libera: il buco da 1,8 miliardi di Sorgenia sarà rilevato dalle banche”. Il quotidiano racconta la vicenda della società energetica di De Benedetti, che evita il fallimento e passa sotto il controllo delle banche.  “Ma con Rai Way il premier fa lo statalista: ‘il 51 per cento resterà pubblico’”. “Bersani strappa: non voglio vedere Renzi”. “L’ex leader duro: ‘Non voto l’Italicum’. Berlusconi a Salvini: ‘Così fai vincere la sinistra’”.
E ancora: “Tutti a caccia del nome del boia. E intanto Isis fa strage di cristiani”.

Il Fatto: “Trattativa Stato-Mediaset”, “Il Biscione aveva sondato il governo prima di lanciare l’offerta sulle torri di trasmissione di Rai way. Nessuna resistenza dal consiglio di amministrazione della televisione pubblica. L’opposizione del premier è solo di facciata: l’accordo alla fine si farà, Berlusconi ne è sicuro”.
Milena Gabanelli , intervistata, dice: “Serve una televisione dei migliori”.
“Soldi ai partiti, niente decreto. Incassano senza dichiarare”, “manca la norma attuativa della legge che prevede la trasparenza delle donazioni alla politica e poi c’è la privacy che consente di tenere segreti i finanziatori. Infine c’è un contrasto tra ‘l’obbligo’ e ‘l’esenzione’ sul termine di 3 mesi entro cui indicare gli autori dei versamenti. E non riesce a chiarire neppure chi elaborò il progetto: Quagliariello”.
Sulla Lega Nord: “Tosi vuole andare con Passera e Alfano”.
Sulla responsabilità civile dei giudici, il richiamo ad un’intervista a Piercamillo Davigo: “Hanno fatto una legge per mettere le mani sui giudici”, dice..

Rai Way

Su Il Giornale – a proposito della operazione Rai Way – si legge che – visti i risultati di Borsa (Rai Way ha perso, ma non tanto quanto ha guadagnato l’altroieri) “il mercato ritiene, comunque, la società contendibile (e l’operazione non del tutto naufragata) nonostante le parole del premier Matteo Renzi che ha dichiarato ‘immodificabili’ le regole fissate. Il risultato è che il governo dovrà restare al 51% azionista di Rai Way. Il resto per Renzi è mercato”.
Le parole di Renzi: “‘Ei Towers ha fatto la sua proposta – ha affermato – ma il governo su Rai Way ha messo delle regole chiare che vanno rispettate. La discussione è finita qui’. La domanda che ieri tutti si ponevano era: perché Ei Towers ha fatto un’offerta che non può essere accettata? Il problema, ha spiegato un addetto ai lavori, è che è partecipata al 40% da Mediaset e quindi l’alzata di scudi da parte della maggioranza di governo era praticamente obbligata. Ed era attesa anche dai vertici di Cologno Monzese, che si è trovata davanti una controparte marcatamente statalista. Il sasso, comunque, è stato lanciato: l’unione delle due società consentirebbe la crescita del business, facendo economie di scala”. Ieri intanto si è tenuto il cda Rai che “non ha dato nessuna indicazione e si è limitata a prendere atto della comunicazione effettuata da Ei Towers”.
Sul Sole Alessandro Plateroti scrive che “banchieri, giuristi ed esperti di fusioni e acquisizioni sono infatti rimasti interdetti e spiazzati da un’operazione che – per ora apparentemente – è partita già con la prospettiva di essere respinta”. Plateroti ricorda che “nel 1992, il Financial Times definì il mercato italiano come ‘murky water’, acqua torbida: da allora, e non solo a Londra, ci sono stati riconosciuti enormi progressi sia nella governance delle imprese e della Borsa sia nella riduzione dell’ingerenza politica sul mercato”.
Plateroti ricorda anche che la quotazione in Borsa di Rai Way è altrettanto equivoca: “Nel documento di quotazione approvato dalla Consob e recepito da Borsa Italiana” non si parlerebbe mai del vincolo del 49 per cento di cui parlano tutti: “si parla solo di mantenimento del controllo della maggioranza del capitale anche dopo l’esercizio della «green shoe» e c’è solo un riferimento generico all’assenza di accordi su un eventuale cambio di proprietà. Su questa base, alcuni esperti ritengono che l’atto potrebbe essere contestato per falsa informativa al mercato: in tal caso, tanto la Consob quanto Rai Way e i suoi azionisti – la Rai e in ultima istanza il Tesoro – potrebbero essere chiamati direttamente in causa per aver omesso informazioni cruciali. È forse questa la provocazione di Berlusconi? Trascinare in tribunale il Governo e la Rai per esporli al pubblico ludibrio?”.

Bersani, Pd

Il presidente del Consiglio e segretario Pd Matteo Renzi ha invitato i gruppi parlamentari del partito ad una riunione per discutere di Rai, fisco e scuola. “Bersani dichiara guerra e non va al summit Pd. Renzi prepara il blitz”, titola La Stampa. La Repubblica: “Bersani-Renzi ai ferri corti”, “La minoranza diserta l’assemblea convocata oggi dal leader. L’ex segretario stronca Jobs Act (‘incostituzionale’) e Italicum”. In basso, il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “L’ira del premier: Pierluigi come Bertinotti, ma non ha i voti”. Dove si legge che “il premier ha vissuto lo strappo come una reazione isterica dei suoi oppositori. ‘Se non si fanno riunioni, non va bene. Se siamo collegiali e ascoltiamo non va bene uguale’, dice ai collaboratori riuniti nel corridoio davanti alla sua stanza a Palazzo Chigi. L’altra verità di Renzi è che stanno andando in porto molti provvedimenti e i numeri della minoranza per farli fallire non ci sono”. “L’ultima finestra della Ditta dopo lo schiaffo del Jobs Act” è il titolo dell’analisi che Stefano Folli dedica al tema nella sua rubrica “Il punto” (“ora il premier ha tre strade: o rivive il Nazareno, o lo aiutano i dissidenti di Fi e M5S oppure tratta con Bersani”, scrive Folli).
L’Avvenire intervista lo stesso Pierluigi Bersani: “In un’ora non si fa il futuro del Paese”. “Stiamo entrando in una democrazia ipermaggioritaria, con una leadership comunicativa, partiti liquidi, dove il partito è più uno spazio politico che un soggetto politico e la cancellazione dei corpi intermedi -dice Bersani- Ma dove si cono sviluppate queste democrazie, la finanza ha prevalso sull’economia reale. Noi, senza discussione alcuna, stiamo andando verso l’asse Thatcher-Blair. Io preferisco quello Schroeder-Merkel. In Germania c’è pluralismo politico, c’è leadership competente, ci sono partiti strutturati, ci sono corpi intermedi forti e c’è una grande manifattura”. Sul caso Rai Way-Mediaset: “Sia chiaro che non ce l’ho con Berlusconi. Ma tutti vedono che c’è un duopolio televisivo con i due polisti legati alla politica. Dobbiamo avere un operatore indipendente. Il modello è terna, quello del sistema elettrico. Mi aspetto che Antitrust e Agcom dicano che serve un operatore indipendente. Non necessariamente pubblico”. Sulla legge elettorale: “L’Italicum va cambiato. Produce una Camera di nominati. Non sta in piedi. Il combinato disposto tra norme costituzionali e legge elettorale rompe l’equilibrio democratico. Se p deciso che la riforma della Costituzione non si può modificare, io non accetterò mai di votare questa legge elettorale senza modifiche”.
Su Il Giornale: “Bersani sgambetta Renzi su Italicum e Jobs Act”. “L’ex segretario guida gli anti Matteo. ‘Non voterò la legge elettorale e la riforma del lavoro è incostituzionale”. Nasce la corrente dei fedelissimi al premier: cento parlamentari”. Secondo il retroscena firmato da Laura Cesaretti la minoranza interna Pd non ha intenzione di votare la legge elettorale, che sarà in Aula alla Camera prima dell’estate, “ma i voti della fronda non bastano” per bocciarla e “la speranza è riposta sia nella Boldrini”, che può “assicurare copertura ai franchi tiratori con il voto segreto” che “soprattuto in Berlusconi, che i messi della sinistra stanno cercando, per vie traverse, di convincerlo a rinunciare ai capilista bloccati e a far saltare l’Italicum”.Quanto alla “corrente”, si chiamerò Spazio Democratico, e si tratta di un “laboratorio di idee” formato da un centinaio di parlamentari che vanno da ex Scelta Civica come Maran o Romano, ex dalemiani come Agostini o Tidei, ex PPi come Fioroni, ma anche i fuoriusciti di Sel. Operazione benedetta come “intelligente” e “neomorotea”, con ironia, da Sergio Chiamparino.
Sul Corriere: “Così il premier controllerà il Pd in Aula. Ma ora Bersani gli dà l’ultimatum”. Nel retroscena firmato da Maria Teresa Meli si legge che Renzi si prepara allo scontro “in cui toglierà definitivamente le chiavi della Ditta dalle mani di chi le ha conservate religiosamente”. Renzi vorrebbe agire sul rinnovo dei presidenti di Commissione e dei capigruppo, che di solito si fa a metà legislatura. Sarebbe questo “il motivo per cui la minoranza è entrata in ebollizione”. Si cita una dichiarazione di Nico Stumpo: “‘Se uno decide di fare il Califfo poi deve essere pronto a vedersi rispondere con le armi del califfato”. In questo senso la nascita del “laboratorio” di Spazio Democratico è formato dai “renziani che non fanno parte del cosiddetto Giglio magico”, è composto dai “renziani dialoganti” che “stanno attirando pezzi della minoranza”. Anche da qui nascerebbe il “nervosismo” della minoranza stessa.

Responsabilità civile

Su La Repubblica, un’intervista al Guardasigilli Andrea Orlando: “La responsabilità civile non è una punizione, più poteri ai magistrati con l’anticorruzione”, “Chi attacca le nuove norme non le ha lette bene. E ricordo che il testo è stato votato da una maggioranza tutt’altro che ‘nazarena’”, “Il filtro di ammissibilità dei ricorsi era una muraglia da eliminare. E’ falso che trattiamo i giudici come una casta da delegittimare”.
Il Fatto intervista Piercamillo Davigo: “Con questa legge addio indipendenza”, la riforma della disciplina sulla responsabilità civile dei giudici è “pericolosa e dannosa. Non ci sono governi amici dei giudici. Domani a Roma nasce la nostra corrente ‘Autonomia e Indipendenza’”.

Isis e Jihadi John

Le pagine 2 e 3 de La Stampa sono dedicate all’Isis: “I caccia francesi mancano per un soffio Al Baghdadi. Nuova strage di cristiani”, “Missili su un raduno di capi jihadisti, il califfo la scampa. Gli islamisti uccidono almeno 19 degli ostaggi catturati”. Maurizio Molinari spiega che la tv araba “Al-Arabya Al-Hadath” ha dato notizia del raid aereo francese: i velivoli partiti dalla portaerei Charles De Gaulle in navigazione nel Golfo avrebbero colpito cinque diverse località distruggendo dozzine di edifici lungo l’Eufrate. L’obiettivo era un raduno di jihadisti cui avrebbe dovuto partecipare il “califfo” Al Baghdadi: è sfuggito a numerosi attacchi ed attentati e, secondo fonti arabe , la sua sicurezza darebbe garantita da ex ufficiali dell’intelligence di Saddam.
Su La Repubblica, 4 pagine dedicate al tema, a partire dall’identità di Jihad John, autore degli sgozzamenti ripresi nei video Is: “Il ‘bravo ragazzo ‘ di Londra diventato il boia del Califfo, ecco chi è ‘Jihadi John’”, “identificato dal Washington Pos: un informatico di 27 anni. L’ong Cage: ‘Ma sono stati i servizi a farne un estremista’”. Asim Qureshi, direttore dell’organizzazione umanitaria Cage, che si occupa delle ‘comunità colpite dalla guerra al terrorismo’, descrive Mohammed Emwazi, colui che è stato identificato in Jihadi John come un ragazzo “gentile, modesto”. “Una delle persone migliori che conosco”, dice. Emwazi è nato in Kuwait ma è cittadino britannico, ha sempre vissuto nel Regno Unito; il padre è un tassista, la famiglia vive in un quartiere della classe media, lui ha una laurea in ‘computer science’ dell’Università di Westminster. La sua, scrive il corrispondente da Londra Enrico Franceschini, è la storia tipica di un tranquillo musulmano occidentale che ad un certo punto si radicalizza. Nel 2009 vola con coetanei in Tanzania, ma viene rimandato indietro perché sospettato di volersi unire ai gruppi alleati di Al qaeda in Somalia. Ad Amsterdam viene interrogato da un agente britannico che prova a reclutarlo come informatore. Lui rifiuta e da allora viene tenuto sotto controllo. Nel 2012 si trasferisce in Kuwait, dove trova lavoro e si appresta a sposarsi, ma quando rientra a Londra viene bloccato dall’antiterrorismo. Poi scompare, riappare in Siria con il cappuccio in testa nei panni di Jihad John. Qureshi dice invece che dopo il 2001, ovvero dopo l’attacco delle Torri Gemelle, “i servizi segreti occidentali criminalizzano i giovani musulmani in Occidente e contribuiscono a radicalizzarli, facendo di loro degli outsider”. Dice anche che Emwazi è stato ripetutamente molestato e, in un caso, quasi strangolato in un interrogatorio.
La Stampa: “Ha 27 anni il boia dell’Is. Cresciuto a Londra e laureato”, “E’ Mohammed Emwazi, nato in Kuwait, di buona famiglia, studi in informatica” (ne scrive Maurizio Molinari).
Si legge sul Corriere che era un giovane “benestante” (ma il padre è autista, ed ha tre fratelli e una sorella). Una laurea in informatica, religioso “magari ai limiti del fanatismo”. Si legge anche che nel 2010 i servizi segreti britannici gli avrebbero chiesto di collaborare con loro. Rifiuta. E’ stato fermato nel 2012, quando voleva trasferirsi in Arabia Saudita per – disse – insegnare inglese. Qualche mese dopo è andato in Siria.
Con copyright Washington Post i lettori troveranno su La Repubblica l’articolo scritto da Souad Mekhennet e Adam Goldmann: “Da Greenwich alla Siria, Mohammed simbolo di barbarie”.
Su La Repubblica, due pagine dedicate a quello che il quotidiano definisce “lo scempio” di Mosul, dove sono state distrutte le statue dell’antica Ninive. A questo tema è dedicata la riflessione di Adriano Sofri: “Quell’odio cieco che vuole cancellare anche la Storia”.

E poi

L’Avvenire intervista il filosofo canadese Charles Taylor: “Nell’età secolare la fede fiorirà”, dice al quotidiano lo studioso del multiculturalismo, che Avvenire presenta come uno dei maggiori esponenti della corrente filosofica che va sotto il nome di ‘comunitarismo’ e di cui ricorda come negli ultimi anni abbia incentrato il suo studio sul rapporto tra religione, spazio pubblico e cultura. Sottolinea che in Nord America Papa Francesco è visto come un grande propugnatore del rinnovamento della Chiesa perché “ha rotto con le istanze di un’autodifesa conservatrice e di un’autogiustificazione che prima apparivano prevalenti”. Taylor ha lavorato alla Commissione governativa del Québec sulla laicità e il pluralismo culturale e religioso e risponde a una domanda su questo e sullo choc causato dalla strage di Charlie Hebdo e dall’attacco al supermercato kosher di Parigi, in che modo si può operare un’integrazione positiva dei musulmani in Europa. Per Tyalor “il primo punto dovrebbe essere smetterla di prendere di mira e colpire gli immigrati, come ha fatto di recente la legge francese in materia”. Sul terrorismo islamista: è il segnale di quel che sarà l’Islam domani o è una reazione estrema all’età secolare? L’Is “è una reazione estrema – dice Taylor- Si tratta di una minaccia per chiunque, ma soprattutto per le società islamiche e in modo particolare per le società arabe. Non rappresenta in realtà una reazione all’epoca secolare, ma alla percezione della dominazione delle società occidentali sulle società arabe o che un tempo erano colonie dell’Occidente”.
Sul Sole 24 Ore Leonardo Maisano scrive del dibattito nel Regno Unito sul finanziamento ai partiti, e si ricorda delle vicende di Malcom Rifkind e Jack Straw, uno tory e l’altro laburista, criticati per aver ricevuto fondi come consulenti per agevolare affari di imprenditori cinesi. La vicenda ha riaperto il dibattito sul finanziamento ai partiti. IL Financial Times chiede da tempo che i partiti abbiano fondi pubblici “per mantenere i partiti lontani dalla contaminazione con il mondo degli affari”. Il quotidiano spiega anche come questo dibattito si incroci con quello sulla legge elettorale, e cita l’Economist che da tempo sostiene necessario introdurre un po’ di proporzionale nel sistema elettorale del Regno. “Proporzionale e finanziamento pubblico per i sudditi di Elisabetta II?”, si chiede Il Sole.
La Repubblica intervista il commissario Ue all’Economia Pierre Moscovici: “Dall’Europa semaforo giallo. Ora l’Italia deve accelerare”, “Riforme ambiziose, però bisogna realizzarle”.