Le tre riforme chiave di Renzi

Pubblicato il 18 Febbraio 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Le tre riforme chiave di Renzi. ‘Lavoro, burocrazia, Fisco’. L’obiettivo: governo entro sabato”. “Il premier incaricato e il nodo dei ministri. Lo spread ancora giù. L’Europa: l’Italia rispetterà i vincoli”. A centro pagina, con foto: “Copilota & dirottatore, paura sul volo per Roma. L’aereo era decollato dall’Etiopia, a Ginevra la richiesta di asilo”.

La Repubblica: “Renzi: il governo tra una settimana”, “’Ho bisogno di tempo, prometto una riforma al mese’. Scoppia il caso Barca”. A centro pagina: “Il co-pilota dirotta l’aereo, terrore per 139 italiani”. Con foto dei passeggeri in grande evidenza.

La Stampa: “Tasse, ecco la riforma Renzi”, “Tagli all’Irpef e via l’Irap in 4 anni: la priorità è rilanciare i consumi. Sorpresa in Sardegna: vince il centrosinistra, Pigliari presidente”. A centro pagina, con foto: “Il bambino in fuga dagli orrori della guerra”, “Marwan, 4 anni, ha superato il confine tra Siria e Giordania. Si era separato dalla famiglia che poi ha ritrovato”.
Il Fatto: “La guerra dei ministri. Renzi finisce in Barca”. A centro pagina: “La Sardegna affonda il Caimano: ora il Pd deve salvare l’isola”.

L’Unità: “Renzi c’è, la squadra ancora no”. “Il segretario Pd accetta l’incarico con riserva. I paletti di Napolitano: maggioranza certa ed Europa. ‘Farò una riforma al mese’. Per il governo resta il nodo Economia: il no di Barca diventa un caso”.  A centro pagina: “Pigliaru: così ricostruirò la Sardegna”.
Il Giornale: “Pressioni sporche su Renzi”. “De Benedetti (con l’Annunziata) interferisce nella scelta dei ministri. E Berlusconi avvisa: Matteo stai attento ai traditori”. L’editoriale è firmato da Nicola Porro: “Oggi in piazza 40 mila imprenditori. Ecco perché noi siamo con loro”.
Il Sole 24 Ore: “Incarico a Renzi: subito le riforme”. Di spalla: “Rehn: l’Italia rispetti il 3 per cento. Sul bonus investimenti tempi scaduti”. A centro pagina: “Spread a 193, minimo dal 2011”.

Barca

Il Corriere della Sera racconta della telefonata ieri alla trasmissione La Zanzara su Radio 24 di un finto Nichi Vendola a Fabrizio Barca, uno dei nomi che si sono fatti in questi giorni per il ministero dell’Economia. Barca dice a Vendola di essere “sotto pressione”, di non amare “gli assalti”, di aver parlato “ancora 48 ore fa con Graziano del Rio e pensavo di averla stoppata questa cosa” di un suo possibile coinvolgimento nel governo. “se fallisce anche questa è un disastro, però non possono pretendere che le persone facciano violenza ai propri metodi, ai propri pensieri. Quindi sono stato proprio chiarissimo”. Barca dice che il governo è nato male, “con un livello di personalismo..”, e poi, parlando di De Benedetti, dice: “E’ iniziata la sarabanda del padrone della Repubblica che continua. Lui non si rende conto che io più vedo un imprenditore dietro una operazione politica più ho la conferma di tutte le mie preoccupazioni. Si fa sentire, con un forcing diretto di sms, attraverso uno suo giornalista…”. Su Renzi: “Nichi, è una cosa priva, dove non c’è una idea, c’è un livello di avventurismo… Non essendoci una idea siamo agli slogan. Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupato perché vedo uno sfarinamento impressionante”.
La Repubblica racconta così nel titolo la vicenda Barca: “Totoministri, Barca cade nella trappola del finto Vendola, ‘Ho rifiutato l’economia’. ‘Pressioni da De Benedetti’. La replica: non è vero”. E così riferisce la smentita dell’editore del quotidiano Carlo de Benedetti: “Da molti anni conosco e stimo Fabrizio Barca. Sempre che siano vere le dichiarazioni attribuitegli, rimango sbalordito. Non lo vedo, non lo sento e non scambiamo messaggi da diverso tempo. Non capisco pertanto da chi abbia ricevuto queste presunte pressioni a fare il ministro dell’Economia, certamente non da me. Non mi occupo di nomine politiche perché non è il mio mestiere. Ho sempre rispettato l’autonomia della politica”.
Il Giornale, a pagina 2: “Le pressioni di De Benedetti per imporre i suoi ministri. Barca cade nel tranello della ‘Zanzara’: svela a un vinto Vendola le spinte del ‘padrone di Repubblica, con forcing diretto di sms’ per fargli accettare il dicastero dell’Economia”. Il quotidiano scrive che Barca, credendo di parlare con Vendola al telefono, gli ha detto degli “assalti”, del suo “io non ci penso proprio a entrare al governo”, e alla domanda del finto Vendola ‘Ma di chi parli?’, risponde: “Del padrone di Repubblica, con un forcing diretto di sms, attraverso un suo giornalista, con una cosa che hanno lanciato sul sito – ‘chi vorresti come ministro dell’Economia – dove ho metà dei consensi. Questo è il modo di forzare, di scegliere, di discutere. Non una volta chiedendomi: ma se lo fai cosa fai? Se io dico che vogliono fare una patrimoniale da 400 miliardi, che secondo me va fatta, tu cosa rispondi? Mi dici che va bene?”. “Nichi, c’è un livello di avventurismo. Non essendoci una idea siamo agli slogan. Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perché lo sfarinamento è impressionante”. Barca aggiunge che “attraverso la Annunziata mi è arrivato un messaggio: ma se ti chiama il presidente? Ho dovuto mandare un sms: vi prego di non farmi arrivare nessuna telefonata”. Barca dice anche che Renzi non lo ha mai chiamato: “Se mi chiami, ci vediamo mezz’ora, ti do qualche consiglio. Invece tutto attraverso terzi, quarti, quinti un imprenditore”.
Per tornare al Corriere, si dà conto che Barca a fine giornata “dopo che la frittata è fatta”, dice di sentirsi “violato, come se fossero entrati i ladri in casa”.  E anche la Annunziata – scrive il Corriere – chiarisce: “Ho fatto come sempre solo il mio mestiere, fare telefonate nessuna pressione”.
Il Fatto dedica due intere pagine alla vicenda Barca, che viene descritto così: “Uno studioso nel deserto della sinistra”, “Ne nuovo partito ‘liquido’ e ‘ambizioso’ il professore è sempre stato considerato come un’anomalia”. Il quotidiano riproduce per ampi stralci la telefonata tra Barca e il finto Vendola, sintetizzando nel titolo le sue parole: “’Fra trenta giorni, quando si capisce che non c’è niente…’”. E sulla stessa pagina, ancora le sue parole: “’De Benedetti mi voleva nel governo: ho detto no’”, “Tranello de ‘La Zanzara’ all’ex ministro della Coesione territoriale, che confessa: ‘L’insistenza è il segno della loro confusione e disperazione
Napolitano
La Stampa riferisce delle preoccupazioni del presidente Napolitano: “La raccomandazione del Colle: continuità nei ministeri chiave”, “Napolitano chiede che sia garantita la stabilità”. E i ministeri chiave sono Economia e Giustizia.
La Repubblica: “I consigli del Colle al leader Pd: ‘Punta a un programma di legislatura’, i nomi verranno ma serve tempo’. Possibile sabato il giuramento del nuovo governo”.
Anche sul Corriere si scrive dei “consigli di Napolitano sulla squadra”. Nell’articolo, firmato dal quirinalista Marzio Breda, si riferisce del lungo incontro di ieri del Presidente con Renzi, “un’ora, un’ora e un quarto, un’ora e mezza: cosa si staranno mai dicendo?”,  si chiedevano i cronisti, a proposito della “insolita lunghezza” del colloquio. Il faccia a faccia, però, non si sarebbe sviluppato sui “nomi”, ma “sull’ordine logico che sempre si segue in questi casi”. Plasmato il programma, “resterà da affrontare la questione dei ministri, che sarebbe stato toccato ieri solo per linee generali. Napolitano ha dedicato e dedicherà particolare attenzione a tre dicasteri: 1, la giustizia, per la sua veste di presidente del Csm e perché riguarda un fronte politicamente molto sensibile; 2, gli esteri, perché condivide con l’esecutivo la rappresentanza dell’Italia sulla scena internazionale; 3 l’Economia, casella fondamentale per la credibilità del Paese in Europa. Il suo suggerimento è che quelle caselle siano assegnate a politici di buon profilo (come del resto hanno domandato quasi tutti i partiti) possibilmente anche con esperienza parlamentare capaci di controllare la macchina amministrativa (per inciso: questo è stato forse il lato più debole del governo Letta). Un triplo identikit sul quale, se e quando Renzi gli chiederà nuove indicazioni, il capo dello Stato offrirà consigli precisi”.
Il Fatto: “Il dettato di Napolitano al nuovo premier-studente”, “il presidente gli ha imposto tre paletti. Primo: chi guiderà l’economia”. Per il quotidiano, nella “gerarchia dei nodi” ci sono Economia, Esteri e Giustizia (“B. è vivo e lotta nella Terza Repubblica”, chiosa il quotidiano). Per Il Fatto il capo dello Stato vuole dunque continuità anche agli Esteri e alla Giustizia.
Nella pagina di fianco si scrive poi che Angelino Alfano e Graziano Delrio sono le uniche certezze della squadra che Renzi si accinge a formare. Per La Repubblica “Alfano sfida Renzi per restare all’Interno” e “chiede modifiche alla legge elettorale”.
Il Giornale: “Sull’Economia il Colle vuole un premier sotto tutela. Napolitano preme per un politico navigato a via XX settembre. Ma Renzi deciderà sa solo”. Il Giornale scrive che a Napolitano andrebbe “benissimo” “uno come Giuliano Amato”, oppure Letta (“peccato che non se la senta”) o Prodi. Ma Renzi “avrebbe idee diverse: come potrebbe accettare di essere commissariato da un Giuliano Amato?”. Renzi avrebbe “un identikit già chiaro nella sua testa”, un “personaggio di garanzia per le istituzioni europee, uno che abbia in mano la macchina dello Stato ma che al tempo stesso incarni la novità. Matteo è sicuro: il ministro dell’Economia sarà individuato in fretta. Anzi, forse l’ha già trovato”.

Partiti

La Repubblica intervista il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti: “Fiducia no, decideremo legge per legge e sia chiaro che l’Italicum non si tocca”. Dice Toti: “Se Renzi fa tutto quel che ha promesso, a cominciare dalle quattro riforme in quattro mesi, ci spelleremo le mani anche noi, da ora al 2018. Ma se fallirà, se lui e i suoi alleati peneranno di trasformare il patto di legislatura in un’occupazione delle poltrone per quattro anni, la nostra opposizione sarà molto dura”. Toti ribadisce che l’Italicum “non si tocca, deve essere approvato così com’è stato scritto dall’accordo Renzi-Berlusconi”. Ma la modifica dell’Italicum è una delle condizioni poste dal Nuovo Centrodestra di Alfano per restare al governo. Toti: “L’accordo è stato chiuso tra Renzi e Berlusconi. E quello dev’essere approvato in aula. Noi, a differenza del Pd, non abbiamo presentato alcun emendamento”.
Su L’Unità si parla della minoranza Pd, “divisa tra no alla fiducia, sostegno pieno e sì condizionato a Renzi”. Nelle prossime ore Gianni Cuperlo sarà a colloqui con Renzi, e gli consegnerà un documento elaborato con Stefano Fassina, Guglielmo Epifani e Cesare Damiano che “mette in chiaro i desiderata della minoranza per dare contenuti a quel ‘cambiamento profondo’ che è ‘l’unica giustificazione per le decisioni assunte negli ultimi giorni’”. Modifiche alla legge elettorale, dal superamento delle liste bloccate alla parità di genere; rinegoziazione degli obiettivi  di finanza pubblica con l’Ue, per sostenere lavoro e imprese; servizio civile per il lavoro, una sorta di indennità di disoccupazione per gli under 32, per sei-otto mesi. E una “soluzione strutturale” del problema degli esodati. Il documento però non è stato condiviso da tutta l’opposizione: “Non abbiamo ancora letto nulla”, dicono ad esempio Matteo Orfini e Stefano Verducci. Il quotidiano del Pd sintetizza: “i giovani Turchi per ora non firmano”.
Il Giornale riassume così: “La sinistra del Pd smobilita e sale sul carro del segretario. Ma minoranza si allinea a Renzi: anche l’ex tesoriere Sposetti passa col sindaco. Solo Civati pensa ancora alla scissione. Brucia il flop delle primarie regionali”.
Per tornare a L’Unità, si parla del deludente esito delle primarie per eleggere i segretari regionali Pd in molte regioni italiane: “Primarie, polemiche di denunce e brogli”. La trasparenza della consultazione è stata messa in discussione in Calabria, in Liguria e nel Salernitano. Viene intervistato il segretario regionale lombardo Alfieri, che ha avuto un buon risultato ma non è stato “plebiscitato” come era lecito attendersi, mentre la candidata opposta, la “civatiana” De Marchi, ha conquistato il 42 per cento (era accreditata di un 15).

Sardegna 

Il Corriere della Sera dedica una pagina al voto regionale in Sardegna, che “boccia Cappellacci” e assegna la vittoria all’economista Francesco Pigliaru. “Al candidato Pd oltre il 40 per cento. Murgia al 10 è fuori dal consiglio”. Il dato significativo è che il centrodestra ha avuto il 44 per cento dei consensi, contro il 42,2 del centrosinistra. Ma il candidato presidente del centrodestra, Cappellacci, ha avuto solo il 39 per cento dei voti.
Per concludere con L’Unità, una intervista a Francesco Pigliaru, neopresidente della Sardegna, che “riporta il centrosinistra al governo dell’Isola”. “Scuola e lavoro, così ripartirà la Sardegna”.
Il Giornale: “Il Pd strappa la Sardegna, ma l’isola diserta le urne”.  Il quotidiano, analizzando i dati dei votanti, scrive anche che Forza Italia nel complesso ha tenuto (meno 2,4 rispetto alle politiche dell’anno scorso) , tenuto conto che a febbraio era ancora Pdl. E che sicuramente ha pesato la candidatura di Mauro Pili contro Cappellacci, che ha avuto il 5,9 per cento. Premiato dagli elettori lo spostamento a destra dell’Udc, che appoggiava Cappellacci: ha avuto il 5 per cento in più rispetto alle politiche dell’anno scorso.
Per La Repubblica: “La sinistra si riprende la Sardegna. Pigliaru primo trofeo di Renzi. Il flop di Fi travolge Cappellacci”, “Pd: è l’Italia che cambia verso. Murgia ferma al 10%”.

Rehn

Alle pagine dell’economia de La Repubblica le parole del commissario europeo agli Affari economici: “Rehn: sono certo che l’Italia rispetterà il 3%”. Ieri a conclusione dei lavori dell’Eurogruppo, Renh ha incontrato il ministro dell’Economia Saccomanni. La corrispondenza da Briuxelles di Andrea Bonanni inizia così: “Il nuovo governo di Matteo Renzi deve proseguire il risanamento dei bilanci, la riduzione del debito e mantenere il deficit entro i limiti concordati. E’ un messaggio senza equivoci quello che il commissario europeo” consegna al ministro uscente Saccomanni”, “una insistenza che tradisce il timore che il nuovo esecutivo possa rinunciare all’impegno di Monti e Letta di tenere l’Italia fuori dalla procedura per deficit eccessivo”. Rehn ha molto insistito sul fatto che la riduzione del debito è una condizione necessaria per ridare competitività al Paese: “stabilizzare e cominciare a ridurre l’alto debito pubblico è interesse dell’Italia per recuperare competitività, liberare il potenziale di innovazione e di crescita economica per creare posti di lavoro. Questa è la vera sfida per ogni governo in Italia, presente e futuro”.
Il Sole 24 Ore spiega che la data di metà febbraio per la presentazione da parte dell’Italia delle misure chieste da Bruxelles, a partire dalla spending review, “è da considerarsi alla stregua di una ‘scadenza tecnica’. Dunque, almeno sulla cara la partita sulla clausola di flessibilità che consente di scomputare dal calcolo del deficit strutturale la spesa di circa 3 miliardi dal computo degli investimenti, si può riaprire”. Nella dichiarazione congiunta emessa ieri dai due portavoce di Saccomanni e di Rehn – spiega il quotidiano – si “conferma la sospensione di giudizio da parte di Bruxelles, basata fondamentalmente sulla convinzione che nel 2014 il Pil crescerà non oltre lo 0,7 contro l’1,1 previsto dal governo. Se nel 2013 e 2014 il citerio del deficit è soddisfatto, il debito al contrario è in aumento. 134 per cento nella stima della Commissione contro il 132,8 del governo”.

Internazionale

La Stampa intervista Moses Naim, che è stato in passato ministro del governo del Venezuela: dice che il presidente Maduro sta uccidendo il Paese: “E’ impopolare, schiaccerà le proteste”. Naim racconta così la situazione: “Il Venezuela è ricchissimo, ha le riserve petrolifere più grandi del mondo. Il governo però non sa come gestire l’economia e lo ha portato alla catastrofe. Nei negozi non c’è neppure il latte per i bambini. Abbiamo l’inflazione più alta al mondo, distruzione del lavoro e paralisi. Vi do un esempio pratico: la differenza fra il cambio ufficiale e quello nero del dollaro è 1 a 10: chiunque riceve un dollaro dal governo da investire, si limita a rivenderlo sul mercato illegale per intascare dieci volte di più”. Il presidente Maduro “è paralizzato -dice Naim- perché non ha la stessa forza di Chavez. Il governo è diviso fra vari gruppi con interessi contrastanti”. Intanto sono stati espulsi 3 diplomatici Usa e oggi l’opposizione sarà in piazza.
Sul Corriere: “Il Venezuela alla resa dei conti. Espulsi anche tre diplomatici Usa. Studenti in piazza, inflazione alle stelle: casse dello Stato vuote”.
Grande attenzione da La Repubblica e La Stampa per il rapporto pubblicato dalla Commissione Onu sui diritti umani sulla Corea del Nord. Le testimonianze raccolte dal rapporto descrivono la presenza di lager simili a quelli nazisti, come riferisce La Stampa. Le Nazioni Unite accusano quindi il Paese di aver commesso crimini contro l’umanità e ne raccomandano il deferimento alla Corte penale internazionale. In alternativa, suggeriscono la creazione di un tribunale ad hoc. Si legge nel rapporto che “la gravità, la scala e la natura di queste violazioni rivelano uno Stato che non ha alcun parallelo nel mondo contemporaneo”: i “kwan-li-so”, ovvero i campi di lavoro, “somigliano agli orrori dei lager dei peggiori totalitarismi del XX secolo”.
Anche su La Repubblica, un’intera pagina: “’Genocidio in Corea del Nord’. Onu, rapporto shock sul regime. L’accusa a Kim Jong-un: ‘Voi criminali come i nazisti’”. Nei quattro campi di concentramento ancora aperti, secondo il rapporto, sono rinchiusi tra 80 e 120 mila prigionieri politici. Tra i crimini accertati: omicidio, infanticidio, riduzione in schiavitù, tortura, stupro, aborto forzato, carestie deliberate, trasferimento e sparizione forzata, lavoro forzato, persecuzioni politiche, razziali, religiose e di genere.
Il Giornale: “I campi nordcoreani come i lager nazisti”. “l’Onu: “’Kim Jong.Un responsabile di crimini contro l’umanità”.
Il Corriere della Sera si occupa di Saif Gheddafi, “prigioniero dimenticato”, dal novembre 2011 nelle mani delle milizie e detenuto nel carcere di Zintan, “sottoposto a processo segreto”. “Per sua stessa ammissione, la cella è ‘adeguata’. Ha accesso ad una tv fornita dei canali satellitari, gli portano libri religiosi, può scrivere. Ma per il resto gli iunici, rari incontri sono con i suoi accusatori, che gli ordinano insistentemente di confessare, di firmare gli atti di impugnazione”. E le accuse sono terrificanti: organizzazione di assassini, autobomba, squadre della morte destinate  a torturare, violentare e intimorire i nemici del regime, distruzione metodica di infrastrutture civili fondamentali come acquedotti e rete elettrica per ricattare la popolazione e molto altro”. Ha ricevuto una visita (una delle rarissime) da Human Rights Watch il 23 gennaio.