Le Regionali scuotono i partiti

Pubblicato il 25 Novembre 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Le Regionali scuotono i partiti. Tensione nel Pd e in Forza Italia”. L’editoriale di Angelo Panebianco è dedicato al “voto di chi non vota”.
A centro pagina: “Mossa di Obama nella lotta all’Isis”. “L’America e le crisi. Chuck Hagel costretto alle dimissioni. Colloqui con l’Iran sul nucleare: spiragli, ma l’intesa è rinviata”. “Il Presidente insoddisfatto della risposta allo Stato Islamico ‘licenzia’ il capo del Pentagono”.
A fondo pagina: “Il virus Ebola contagia un medico italiano”. “In Sierra Leone per Emergency, sarà curato allo Spallanzani di Roma. ‘Ce la farò'”.

La Repubblica: “Regioni, un terremoto elettorale, a rischio il patto Renzi-Berlusoni”, “Forza Italia, doppiata dalla Lega, allo sbando. Il premier: avanti da soli per l’Italicum”.
A centro pagina, foto dell’ospedale di Emergency in Sierra Leone: “Il primo italiano contagiato da Ebola”.
In taglio basso: “Silurato il capo del Pentagono, troppe divergenze con Obama”.

La Stampa: “Renzi-Salvini, parte la sfida”, “Il leader Pd ai suoi: è l’avversario ideale. Il leghista: pronto al voto”, “Sono i due vincitori delle Regionali. Il presidente del Consiglio: 5-0 per me, l’astensionismo problema secondario”.
A centro pagina, foto da Parigi della cattedrale di Notre-Dame: “Putin paga l’albero di Natale a Notre Dame”, “Dopo il maxi-prestito al Front National. ‘Nessun gioco politico distruggerà l’amicizia tra Francia e Russia’”.

Il Fatto, con foto in prima di un seggio elettorale pressoché vuoto: “La grande fuga”, “Regionali: 1,1 milioni di votanti in meno rispetto alle Europee. In Emilia Romagna eletto il pd Bonaccini, ma quasi 7 elettori su 10 sono rimasti a casa. In Calabria vince Oliverio (area Bersani) ma alle urne solo il 45%. Renzi: ‘Astensione problema secondario’. Cgil e sinistra all’attacco”.
A centro pagina: “Collasso Forza Italia, Salvini si prende la destra”, “Solo 200mila con l’ex Cav, Fitto alla resa dei conti. La Lega sfiora il 20% e mangia parte del M5S”.

Il Giornale: “La verità sul voto (a perdere)”. “Non vince nessuno tranne la Lega che ora chiude ad Alfano e aspetta Forza Italia”. “Renzi dimezza i voti del Pd, Berlusconi tira dritto: a febbraio torno e cambia tutto”. “E la Merkel prepara un nuovo colpo a Draghi e all’Italia”.
A centro pagina, con foto: “Due belle figlie e pochi amici. Lo zar racconta Casa Putin”. E poi il primo contagio da Ebola del medico italiano in Sierra Leone, “curato in patria nonostante i proclami di Gino Strada”

Il Sole 24 Ore: “Btp in rally. I mercati puntano sull’aiuto Bce”. “Tassi ai minimi per l’Italia (2,16 per cento): scende lo spread ma Piazza Affari cede”. “Fiducia sul QE di Draghi malgrado i ‘no’ tedeschi”. Di spalla: “Per Pd e FI un’emorragia di voti. Renzi: conta vincere e governare”. “In Forza Italia parte il processo, Salvini esulta”. “Vittoria dei Democratici, ma rispetto alle Europee persi 700 mila elettori”.
A centro pagina: “Riccometro, il deposito pesa di più. Per il nuovo Isee necessario calcolare la giacenza media dei conti correnti”.
A fondo pagina: “Ebola, ora l’Italia affronta il ‘paziente zero'”. “Contagiato un medico in Sierra Leone, oggi arriva a Roma”.

Regionali 1

La Stampa, pagina 2: “Giovane e militante. Il partito di Salvini ora guarda lontano”, “E sabato il segretario parlerà al comizio della Le Pen a Lione”. In basso: “E il leghista lancia la sfida: ‘Noi siamo pronti al voto’”, “’L’altro Matteo’ vuole il duello con il leader dem”. Alla pagina seguente: “Renzi canta vittoria e non teme il confronto: ‘E’ l’avversario ideale’”. E anche La Stampa descrive una Forza Italia “in rivolta contro Berlusconi”. Nella sua analisi Fabio Martini scrive che “si realizza il sogno di Renzi. Un Partito della Nazione più di governo che di sinistra”. Se il centrodestra è “a trazione leghista”, questo garantirà la vittoria del Pd alle elezioni.
Il Fatto: “Non c’è più nulla, vince Renzi” e, alla pagina seguente: “Il Cavaliere dimezzato mette a rischio Matteo”. Per il quotidiano “Le urne ridimensionano Forza Italia” e “scoppia la rissa interna contro il patto del Nazareno, ora ci sono ben due minoranze” nel partito di Berlusconi.
A pagina 4 de Il Fatto: “Salvini si mangia Forza Italia. Il Pd cade, Grillo precipita”.
In taglio basso, intervista a Bruno Papignani, segretario della Fiom in Emilia Romagna, che aveva lanciato via Facebook il messaggio “Fate una sorpresa a Renzi, non votate Bonaccini”. Ora dice: “Ci hanno ascoltati, il premier è stato rottamato”. Che fine hanno fatto i lavoratori domenica? Papignani: “Il voto delle fabbriche corrisponde a quelle percentuali. Le fabbriche non hanno votato Renzi”. E un’analisi di Antonello Caporale, ancora su Il Fatto: “E’ la Cgil il primo partito d’opposizione. Ma virtuale”. Dove si legge che la fuga dalle urne in Emilia Romagna ha trasformato un sindacato in un movimento politico di resistenza passiva.
Il Corriere: “La Fiom contro, i pensionati delusi. L’Emilia rossa a caccia dei ‘disertori’. Il partito scosso dal crollo dei votanti. L’autocritica di Bonaccini”. Si cita Bruno Papignani, leader della Fiom regionale, che ieri “aveva la voce impastata dalla soddisfazione mista alla paura di chi ha fatto Bingo e al tempo stesso l’ha combinata grossa: ‘Renzi è venuto qui a mostrare i muscoli contro i deboli, a recitare la litania liberista-gaullista, e adesso dovrebbe meditare: ha perso'”.
“Eppure il Paese si sta spostando a destra”, è il titolo del commento di Giovanni Orsina, in prima su La Stampa, dove si sottolinea che nessuno sia riuscito a coprire lo spazio che il presidente del Consiglio lascia scoperto a sinistra. E sullo stesso quotidiano Francesco Olivo scrive che è lo spagnolo “Podemos” il modello di partito degli “orfani della nostra sinistra”: “un po’ tsipras, un po’ Grillo, il movimento nato dagli Indignados è primo nei sondaggi. Un ‘partito’ che aiuta i cittadini e combatte la ‘casta’. Può funzionare in Italia?”. Su La Stampa, intervista a Vincenzo Colla, segretario regionale Cgil Emilia Romagna dice che il non voto ha una carica mai vista in questa Regione.
Roberto D’Alimonte firma il suo “Osservatorio” sul Sole, con il titolo: “Pd penalizzato dall’astensione, ma non ha rivali”. L’analisi del politologo si sofferma sulle cause dell’astensione, dalla inchiesta sulle “spese allegre” regionali alla crisi economica. Ma aggiunge che il voto “accentua” quanto accaduto alle europee, ovvero che il Pd di Renzi “non ha rivali”, essendo sparito il polo di centrodestra e “sta sparendo anche il terzo polo, quello di Grillo”, che per esempio in Calabria “praticamente non esiste più”.
Su La Repubblica, intervista a Mario Oliverio, che ha vinto al fida delle Regionali in Calabria con il 61,4 per cento: “Rivendico gli anni nel Pci, non amo la rottamazione, ma ho fatto felice il premier”. E Ilvo Diamanti firma un’analisi del voto così riassunta: “Quando l’elettore non fa più atti di fede, così la Calabria si scopre più rossa dell’Emilia”.
Su Il Fatto: “I Cinque Stelle sprofondano ma non vogliono ammetterlo”, “Delusione in Emilia, dove il movimento era nato. Zero eletti in Calabria. I dissidenti in rivolta, ma il blog parla d’altro: Matteotti e Mussolini”. E il quotidiano descrive i grillini come “chiusi in se stessi”: “M5S ha lasciato il campo ai Matteo”, scrive Andrea Scanzi.
Sul Sole 24 Ore: “Bonaccini, una vittoria senza festa”. Ieri il vincitore ha detto. “Non festeggeremo un solo minuto, c’è molto da fare, a partire dal ricucire con chi non è venuto a votare”.

Regionali 2

Sul Corriere l’editoriale firmato da Angelo Panebianco (“Il voto di chi non vota”) scrive che in Emilia Romagna “una affluenza del 37,7 per cento (contro il 68 delle precedenti Regionali) fa effetto”, ricorda che nonostante tutto “sono andati a votare, e a votare democratico, per pura disciplina di partito, anche tanti che forse non apprezzavano troppo Stefano Bonaccini, il candidato (vittorioso) del Partito democratico alla presidenza della Regione” e per contro non sono andati a votare quelli che “hanno accolto l’appello della Cgil contro il premier Renzi”, e infatti “la sinistra pd, antirenziana, ha già cominciato a usare contro Renzi l’astensionismo regionale”. Ma aggiunge che “fra gli elettori (ma di tutta Italia ) è ormai cresciuta moltissimo l’insofferenza per l’istituto regionale: se la sorte delle Regioni venisse affidata a un referendum, è probabile che la maggioranza ne proporrebbe l’abolizione. È inevitabile che ciò favorisca l’astensione”.
Il Corriere intervista il sindaco di Parma Pizzarotti: “Italiani stufi anche di noi. Mi aspetto un chiarimento da Grillo”. Dice che l’astensionismo ha penalizzato anche il Movimento e dire che si sono presi pochi più voti del 2010 vuol dire “accontentarsi”. Il Movimento deve chiedersi “quale messaggio sta mandando” ed eventualmente “riformularlo”, visto che c’è anche chi – come la Lega – è riuscito ad “interloquire” con gli elettori. Non crede che abbiano pesato nel voto le espulsioni dal Movimento, semmai sulla voglia di partecipare al voto. La presenza di Grillo avrebbe forse aiutato, “ma non tanto da raccogliere tutto lo scontento di chi ha preferito disertare le urne”.
La Repubblica, pagina 2: “Il patto del Nazareno ora rischia di saltare. Renz: ‘Avanti anche da soli, alla palude dico no’”, “Dopo le elezioni regionali Berlusconi non garantisce la tenuta. Contatti con il premier. Ritorna l’ipotesi del voto anticipato”. E’ quel che spiega una lunga analisi di Claudio Tito, dove si legge che “la sostanziale implosione di Forza Italia” sta mettendo nell’angolo “la sostanza e la tempistica” dell’accordo del Nazareno. Il presidente del Consiglio avrebbe inviato allo stato maggiore forzista un messaggio di questo tenore: “Avanti con voi o senza di voi. Di certo non accetto la palude”, “noi andiamo avanti anche senza di voi, non stiamo dietro alle fobie di Brunetta. La riforma elettorale sta in piedi anche senza di voi”. Perché -spiega Tito- la potenziale palude non può essere più prosciugata dal Cavaliere: Forza Italia ha più che dimezzato i voti in Emilia Romagna e in Calabria e, nel primo caso, è stata doppiata dalla Lega di Salvini. Insomma, il Carroccio si sta trasformando nel “motore” del centrodestra, Forza Italia si è balcanizzata, si è formata una corrente maggioritaria che vuole cancellare la leadership di Berlusconi e i gruppi parlamentari stanno assumendo sempre più una struttura anarchica, dove tutti vanno in ordine sparso. Ne scrive sullo stesso quotidiano anche Stefano Folli, descrivendo “le 24 ore che hanno cambiato la legislatura”: il voto di due sole Regioni ha terremotato la scena politica e costringe Renzi a correre, è in corsoi un suo sforzo per verificare quanto Berlusconi sia in grado di controllare i suoi parlamentari, il voto in Emilia Romagna ha dato il senso a molti parlamentari di Forza Italia che la partita è finita, che l’era di Arcore è finita e che il domani appartiene probabilmente a Salvini. Renzi -scrive Folli- si muove in questo “day after” con l’ansia di arrivare presto ad un risultato: che oggi può essere solo la riforma della legge elettorale secondo lo schema tracciato nell’ultimo incontro con Berlusconi. Na pochi credono che il centrodestra voglia impegnarsi in questo senso: legge elettorale vuole dire infatti elezioni anticipate a breve, in una situazione in cui Forza Italia è quasi azzerata.
Alle pagine seguenti, ancora su La Repubblica: “Partito in rivolta contro Berlusconi. E, in basso, un’intervista a Maurizio Gasparri, che viene così titolata: “Se Silvio non può candidarsi serve un altro leader”. Pagina seguente, intervista al leader della Lega Matteo Salvini, che dice: “Noi i soli a crescere, andiamo alle urne e vediamo chi vince”, “Il leader del Carroccio si candida alla guida della destra: ‘Pronto a correre alle primarie’”, “Berlusconi la smetta di tenere un piede nella maggioranza e uno all’opposizione. Basta con il patto del Nazareno”, “Nel fine settimana vedrò la Le Pen per gettare le basi dell’Europa che verrà, quella dei produttori”.
Sul Corriere il “retroscena” di Maria Teresa Meli dà conto delle parole di Renzi, ma aggiunge che ora “si complica la strada delle riforme”. In ogni caso il premier non vuole minimizzare o sottovalutare il dato dell’affluenza – scrive il quotidiano. E confida di riuscire a portare a casa la riforma elettorale.
Secondo Francesco Verderami, ancora sul Corriere “si prepara il mese della passione per il patto del Nazareno, che proprio alla vigilia di Natale non festeggerà la sua epifania nell’Aula del Senato, ma sarà accompagnato da un ‘de profundis’ con il voto contrario di Forza Italia alla legge elettorale. Fino ad allora Berlusconi continuerà a ripetere con una certa dose di ambiguità che l’accordo con Renzi resta, perché una separazione lenta tatticamente gli serve. Tuttavia la decisione è presa, e non da ieri: non è stato infatti il crac di Forza Italia alle Regionali a determinare la sua decisione, semmai il voto ha evidenziato l’ineluttabilità della futura mossa”. E poi “la battaglia sulla legge elettorale si trascinerà ai supplementari con la corsa al Colle. E siccome (quasi) tutti in Parlamento sono tifosi del Consultellum che non piace a Renzi, (quasi) tutti punteranno su un capo dello Stato che non piaccia a Renzi”.
Secondo Il Giornale: “‘Barra dritta’. La sconfitta non spaventa Berlusconi”. “Il Cavaliere dopo la debacle di FI: ‘Non ho potuto fare campagna elettorale, ma appena potrò tornare vedremo un altro film’. Oggi l’ufficio di Presidenza”.
Il Corriere: “Forza Italia nel caos. Duello Fitto-Berlusconi”. “L’ex ministro: errori clamorosi, azzerare le nomine. La rabbia del leader: è già pronto a spararmi contro”.
Un altro articolo de Il Giornale: “Ora cresce la voglia di urne” tra i renziani, alla luce dei cattivi risultati di M5S e Forza Italia.

Juncker

Sul Sole 24 Ore: “Strasburgo difende Juncker. I principali partiti preannunciano la fiducia al voto di giovedì. Contro il Presidente della Commissione il M5S, l’Ukip e il Fronte Nazionale.  Socialisti, popolari e liberali d’accordo: occupiamoci del piano di investimenti”.  Il quotidiano spiega che “per la seconda volta in due settimane Juncker è stato costretto a difendersi in Parlamento per il suo operato quando era premier in Lussemburgo e il suo Paese concedeva tanto generosi quanto controversi accordi fiscali a numerose multinazionali”. C’è una mozione parlamentare che appunto verrà votata giovedì, presentata dal Movimento 5 Stelle.
L’editoriale dello stesso quotidiano, firmato da Adriana Cerrettelli, è titolato: “La crescita non diventi il gioco delle tre carte”.  “Troppi progetti in passato sono cominciati con grandi clamori retorici per poi finire con un nulla di fatto”. Cerretelli si riferisce al piano Juncker, che dovrebbe essere annunciato domani, e che “rischia di rivelarrsi l’ennesimo gioco delle tre carte costruito nella speranza di mobilitare capitali privati e finanziare grandi progetti infrastrutturali Ue, evitando esborsi di denaro pubblico fresco” e “riciclando” risorse e fondi Bei o previsti nel bilancio Ue.

Internazionale

“Obama silura il capo del Pentagono”, titola La Repubblica: “Chuck Hagel costretto a dimettersi a causa delle divergenze sulla strategia di lotta all’Is. Una donna, l’ex sottosegretaria alla Difesa Michèle Fournoy, favorita per la successione”. L’articolo è firmato dal corrispondente a New York Federico Rampini: dopo meno di due anni Hagel, ex senatore repubblicano del Nebraska cooptato nell’esecutivo, è forse diventato un capro espiatorio di fronte all’imprevista e folgorante ascesa dell’Is. Di certo -scrive Rampini- non ha giovato al segretario uscente le troppo frequenti esternazioni di generali che continuano ad ipotizzare un invio di truppe terrestri in Siria o in Iraq. I generali usano “la lezione irachena” per spingere Obama a non scegliere la via del ritiro prematuro da fronti che possono esser riconquistati dal nemico in poco tempo, come accade in Afghanistan e nello stesso Iraq. Ma il presidente non tollera che la pressione dei generali si trasformi in un vero e proprio lobbying politico, con la sponda dei repubblicani, che hanno la maggioranza nei due rami del Congresso. Il segretario alle Difesa dovrebbe quindi essere un “uomo del presidente”. Non a caso a difendere Hagel ieri è intervenuto il compagno di partito John Mc Cain. Ma Rampini ricorda anche che, a suo tempo, lo stesso Hagel fu sotto tiro anche dei suoi compagni di partito: fecero ostruzionismo contro la sua nomina, rendendolo fin dall’inizio ancora più debole.
Su La Stampa: “Scontro sull’Isis. Obama silura il capo del Pentagono”. A scriverne è Paolo Mastrolilli, che spiega come Hagel volesse un impegno militare contro il presidente siriano Assad: “Hagel, repubblicano e veterano del Vietnam, era stato voluto da Barack, che aveva stretto un rapporto con lui quando erano senatori e si erano opposti all’intervento in Iraq. La sua conferma in Congresso era stata difficile, proprio perché gli ex compagni di partito come John Mc Cain lo accusavano di aver tradito”. L’offensiva in Iraq ha però cambiato la situazione, secondo Mastrolilli: Hagel è entrato in contrasto con il consigliere per la Sicurezza nazionale Susan Rice. Le ha scritto una lettera nell’agosto scorso criticando la strategia adottata in Siria e sostenendo la necessità di far cadere il regime di Assad.
Su La Repubblica: “Iran-Usa, niente accordo sul nucleare”, è il titolo dell’articolo firmato da Vanna Vannuccini sui negoziati, che sono stati prolungati ancora: l’intesa quadro dovrà essere pronta per marzo, i dettagli da stabilire entro giugno.
Su La Stampa segnaliamo anche un’analisi di Roberto Toscano: “Fumata grigia sul nucleare. Ma con l’Iran il dialogo va avanti”, “Teheran è cruciale nelle sfide in Medio Oriente, nessuno può permettersi una rottura”.
Sul Sole 24 Ore Alberto Negri: “Gli errori di Obama in Medio Oriente”. Si legge che la coincidenza tra le dimissioni di Hagel e il rinvio dei negoziati con l’Iran rivelano una “incipiente debolezza” dell’Amministrazione Usa. Obama “rischia di diventare un’anatra afona o muta se non saprà riprendere le redini della politica estera e chiarire cosa vuole fare”.
Sul Corriere Massimo Gaggi: “La brusca scossa dell’anatra zoppa”, sulla decisione di Obama di chiedere ad Hagel le dimissioni: “Capro espiatorio sacrificato per mascherare gli errori di valutazione di Obama o ministro incapace di funzionare da cerniera tra Pentagono e Casa Bianca, finito in rotta di collisione con il team del Presidente?”. Hagel sarebbe accusato di non aver “segnalato in tempo” il rischio rappresentato dall’Isis, ma – ricorda Gaggi – era stato lo stesso Obama a non volere al Pentagono “personaggi troppo indipendenti”, e per questo aveva scelto l’anziano ex senatore repubblicano. Ieri la “messa in scena” della “uscita concordata” “non ha convinto nessuno”. E non è detto che ora non tocchi a Kerry, pure “criticato nei corridoi della Casa Bianca per ‘scarso rendimento'”.
Altro articolo sul quotidiano milanese: “L’Isis canta vittoria” per il licenziamento di Hagel. Si ricorda anche che i toni apocalittici usati da Hagel per descrivere la guerra ai terroristi aveva fatto “infuriare” i consiglieri della Casa Bianca che “insieme a Obama, hanno sempre scelto il profilo basso”.
Il Giornale scrive che Hagel non sarà rimpianto, ricorda alcune posizioni controverse dell’es Segretario alla Difesa sui gay e sulla “lobby ebraica” e scrive per il Pentagono “ora in pole position c’è una donna”, l’ex segretario alla Difesa Michèle Flournoy.

Su La Stampa, attenzione per il presidente Putin, che ha regalato a Parigi l’albero di Natale: “Alfiere della cristianità. L’ultima mossa di Putin per aggirare l’Occidente”. Se ne occupa il corrispondente Cesare Martinetti. Sulla stessa pagina si ricorda che oggi Papa Francesco sarà al Parlamento europeo. Poi il suo viaggio proseguirà in Turchia: “Da Strasburgo alla sfida islamica in Turchia. Il Papa in cerca delle radici del Continente”. Di Andrea Tornielli.