Le Borse perdono altri 194 miliardi. Obama: ‘Fiducia nell’Italia’

Pubblicato il 22 Novembre 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Le Borse perdono altri 194 miliardi. Monti: misure specifiche in tempi brevi. Obama telefona: ho fiducia. Milano la piazza peggiore in Europa: ha ceduto il 4,7 per cento. Il crollo innescato dai timori su Usa e Francia”. Di spalla le inchieste giudiziarie su Finmeccanica, con parole dei “pentiti”: “Tutti i politici che hanno avuto soldi e favori”. A centro pagina: “Egitto, il governo offre le dimissioni ai militari”. L’articolo di Franco Venturini è titolato: “Le stragi, il caos, i giochi nascosti”. In prima pagina anche la notizia sulla Fiat, che “dà la disdetta agli accordi sindacali. La mossa di Marchionne e il dilemma della Cgil sul modello Pomigliano”.

La Stampa: “Borse in caduta libera. Obama chiama Monti: ‘Fiducia nell’Italia”: Di spalla: “Piazza Tahrir travolge il governo”. E poi: “Fiat disdice gli accordi sindacali: ‘Ora discutiamo nuovi contratti'”. E l’inchiesta Enav-Finmeccanica: “Ecco i favori ai big della politica”.

Libero: “Monti, sveglia. Il primo atto del Professore è Roma capitale. Poi si occupa di sottosegretari ma non vara le misure economiche. Intanto la Borsa affonda e lo spread vola”.

La Repubblica: “‘Così pagavamo i politici”. Si parla di una “svolta nell’inchiesta Enav”, e dai verbali spunterebbero i nomi di Casini, Matteoli, Alemanno. “I verbali del faccendieri delle tangenti. Il leader Udc: io non c’entro. Selex, lady Guarguaglini non si dimette”. A centro pagina: “Fiat, addio accordi sindacali, modello Pomigliano ovunque. Cancellati i patti dal primo gennaio. La Cgil esclusa dalle fabbriche”. Di spalla, l’Egitto: “Strage in piazza Tahrir, il governo si dimette”. “Sangue sulle elezioni” è il titolo del commento di Bernardo Valli. Per l’Italia, un richiamo alla situazione dei mercati.

Anche Il Giornale apre con le inchieste giudiziarie: “‘Portai i soldi a Casini’. Un imprenditore accusa il leader dell’Udc e il segretario del partito Cesa: le mazzette erano per loro. I pm non mollano Berlusconi: le testimoni diventano vittime”. A centro pagina, sul governo: “Monti non decide, Fiat non aspetta”. Ci si riferisce alla scelta di Machionne di recedere da tutti gli accordi sindacali appolicati dal gruppo: ‘”L’ad Marchionne dal 2012 vuole estendere il modello Pomigliano”.

Finmeccanica

Racconta La Stampa che ci sono almeno tre “pentiti” dietro l’inchiesta sulle tangenti Enav-Finmeccanica. Sta collaborando infatti Lorenzo Borgogni, l’addetto alle relazioni esterne di Finmeccanica che teneva i contatti con la politica. I pm scrivono che è di solare evidenza che il ruolo di Borgogni fosse anche quello di occuparsi di contribuzioni illecite al sistema dei partiti. Un altro che sta svelando i meccanismi più segreti è Lorenzo Cola, ex consulente personale del presidente di Finmeccanica, Guarguaglini: in un verbale Cola dice che “Guarguaglini autorizzava tali operazioni. Ovviamente non caso per caso. Borgogni aveva una investitura ad effetturare questo tipo di operazioni per conto del gruppo”. Cola si riferisce in questo caso ad un versamento da 300 mila euro in contanti che sarebbero stati consegnati al membro del cda di Finmeccanica in quota Udc, Bonferroni. Lo stesso Cola avrebbe chiarito ai magistrati perché mai degli sconosciuti imprenditori come Tommaso di Lernia siano stati sistematicamente favoriti nelle commesse pubbliche di Enav e Finmeccanica. Io e Borgogni preferivamo sulle opere civili tali soggetti, senza una particolare caratura imprenditoriale, perché maggiormente disponibili ad accogliere le richieste che venivano fatte e soprattutto perché privi di protezione a livello istituzionale, cosa assai probabile con altri soggetti imprenditoriali maggiormente affermati.
Tra i pentiti c’è anche proprio il costruttore Tommaso di Lernia, che racconta del favoritismo Enav verso una società privata, la Optimatica, società che descrive come vicina al ministro Matteoli e sospettata di erogare finanziamenti alla Fondazione a lui riconducibile.
Sarebbe attraverso questi favori fatti ad Optimatica che l’Ad di Enav, Pugliesi, si sarebbe garantito l’appoggio per la riconferma per l’incarico da parte dell’ex ministro Matteoli. Di Lernia, ricorda La Stampa, ha messo nei guai anche il tesoriere dell’Udc Giuseppe Naro, per un versamento da 200 mila euro: “Pugliesi mi disse che erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere perché erano assenti sia Cesa che Casini”. Di Lernia è anche l’imprenditore che materialmente sborsa i soldi per comprare lo yacht dell’onorevole Milanese, ex consigliere politico di Tremonti, pagandolo il doppio del valore: “Cola mi chiama a casa sua nel novembre 2009 e mi dice che avrei dovuto procedere all’acquisto di una barca”. Di Lernia aveva infatti bisogno di un favore relativo ad un accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate.
Anche su La Repubblica, ampi resoconti sulle implicazioni di Marco Follini, di Gianni Alemanno, dell’ex ministro La Russa, dell’ex ministro Brancher: finanziamenti alle correnti, finanziamenti alle fondazioni, e via dicendo.
Casini si difende, racconta La Repubblica: “Non mi sembra che le accuse a Naro vengano da santa Maria Goretti.

Egitto

Ieri sera il primo ministro egiziano Essam Sharaf ha rassegnato le dimissioni, dopo le violenze che avrebbero portato alla morte di almeno 40 persone. Ma i militari le hanno respinte. Oggi – racconta La Repubblica – per l’Egitto sarà un’altra giornata storica. 35 tra organizzazioni, partiti tradizionali, gruppi sociali, movimenti giovanili, hanno convocato un’altra manifestazione a piazza Tahrir per chiedere alla giunta militare un calendario politico chiaro per il passaggio dei poteri. A una settimana dal voto, sono forti anche le pressioni per il rinvio delle legislative: molti partiti sono d’accordo, ma non certamente i vincitori annunciati della tornata elettorale, i Fratelli Musulmani.
Scrive La Stampa che è finita la luna di miele tra i militari e l’opinione pubblica: i manifestanti chiedono la fine del dominio della Giunta e la nomina di un governo di salvezza nazionale, oltre ad elezioni presidenziali entro la prossima primavera e non nel 2013. Alla manifestazione indetta per oggi i leader dei 35 partiti si sono offerti di fare da scudi umani: gli islamici, invece, traccheggiano, poiché il caos potrebbe portare all’annullamento del voto. Sono infatti quasi assenti da piazza Tahrir, adesso, i Fratelli Musulmani e i salafiti, che invece avevano partecipato alle manifestazioni dello scorso venerdì. Si limitano ad invitare i manifestanti alla calma, pur contestando il ricorso alla violenza da parte della polizia.
Sul Corriere della Sera si ricorda che sulla Costituzione futura i generali hanno preteso di esercitare un decisivo controllo di legittimità. E se la protesta continuasse a mietere vittime, i militari potrebbero sacrificare colui che guida il Consiglio supremo delle Forze Armate, il maresciallo Tantawi, come fecero con Mubarak, in modo da non mollare la presa sulla stanza dei bottoni. Ma secondo Franco Venturini, il dato politico fondamentale si è delineato con chiarezza in questi giorni: i Fratelli Musulmani, grandi favoriti delle elezioni, che si diceva avrebbero governato in accordo con i militari, hanno invece celebrato a piazza  Tahrir la loro rottura con i militari. Se all’inizio della rivoluzione i Fratelli Musulmani erano stati presi incontropiede dalla protesta, questa volta l’hanno nutrita ed alimentata. Sponsorizzano la nuova rivolta anche perché alla loro “destra” diventa sempre più consistente un processo di erosione verso gli ultrà radicali salafiti: “Anche per frenare questa emorragia si scende in piazza e si evitano i riferimenti, prima frequentissimi, al ‘modello turco’, capace di coniugare democrazia e islam”.
Anche Bernardo Valli, su La Repubblica, si occupa della “rivoluzione incompiuta” che va alla prova del voto, sottolineando che negli ultimi mesi i Fratelli Musulmani erano apparsi come i principali interlocutori, se non proprio gli alleati dei militari. Ma l’emergere di formazioni islamiste radicali (salafite) più concorrenti che rivali, ha creato scompiglio nella Fratellanza, ansiosa di mostrare moderazione ma anche preoccupata di perdere voti. Venerdì scorso la Fratellanza è scesa in piazza. Ma quando le dimostrazioni sono diventate violente, si è ritirata, poiché non chiedeva l’immediata rinuncia al potere da parte dei generali, ma si limitava a rifiutare la loro pretesa di collocarsi al di sopra della Costituzione. Inoltre temeva che la violenza avrebbe ritardato le elezioni ed è stata chiara nell’avvertire che la rivolta non poteva impedire il voto.
Gian Micalessin su Il Giornale, irride all’entusiasmo arrivato da sinistra in Italia al momento della rivoluzione egiziana, quanto alla solidarietà espressa in quel momento dal Presidente Usa Obama: “Basta balle sulla Primavera. Più che rivolta fu vero golpe”. Secondo Micalessin si tratta di una “spietata lotta per il potere, dove le elezioni semmai si faranno, saranno solo l’intermezzo verso il sanguinoso regolamento di conti finale tra i Fratelli Musulmani e i generali, poiché il Paese si è trasformato, dopo la caduta di Mubarak, in un campo di battaglia su cui nessuno è più in grado né di imporsi né di governare”.

Fiat 

Ieri è arrivata la lettera di disdetta al contratto nazionale di lavoro da parte della Fiat: “Modello Pomigliano per tutti”, scrive il Corriere, spiegando che da gennaio verranno aboliti tutti i vecchi contratti. Si va verso un contratto Fiat. A breve dal Lingotto partirà una missiva di convocazione dei sindacati (tutti, Fiom compresa) ad “incontri finalizzati” per rimpiazzare il vecchio contratto nazionale dei metalmeccanici “con l’obiettivo di assicurare trattamenti individuali complessivamente analoghi o migliorativi rispetto alle precedenti normative”. Lo schema che il Lingotto metterà sul tavolo sarà “il contratto integrativo di primo livello” firmato nel dicembre 2010 a Pomigliano, dove già viene applicato e dove in questi giorni è stata avviata la produzione pre-serie della Panda. Schema approvato poi dal referendum anche a Grugliasco e Mirafiori. Il 31 dicembre 2011 scaderà l’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici siglato anche dalla Fiom. A quel punto, se l’organizzazione vorrà mantenere una rappresentanza nelle fabbriche, dovrà firmare gli accordi aziendali, cosa che, come ha detto lo stesso segretario Fiom Landini, non farà mai. Il rischio, per la Fiom, è restare fuori dagli stabilimenti. Per questo la Cgil, insieme a Cesare Damiano del Pd, ha subito definito la mossa Fiat “destabilizzante”. Sullo stesso quotidiano, si dà conto del tentativo della segretaria Cgil Susanna Camusso di spingere la Fiom a partecipare al negoziato cui verrà convocata.
La Repubblica sottolinea come la questione Fiat potrebbe trasformarsi nella prima grana per la ministra del Welfare Fornero stimata anche dalla Fiom, e riferisce le parole di Vincenzo Scudiere, segretario nazionale Cgil, secondo cui potrebbe esserci uno scontro “in grado di far scoppiare le contraddizioni di tutti: del governo, perché non partirebbe bene, e di Cisl e Uil”. Ancora per la Fiom, Cremaschi la accusava di “fascismo aziendalistico”. La Repubblica sottolinea che l’effetto dell’estensione a tutto il gruppo Fiat (sia Fiat spa che Industrial) dell’accordo di Pomigliano (o similari) è che settantamila lavoratori italiani, non potranno essere rappresentati in fabbrica dal sindacato che hanno votato di più nei 112 anni di vita della Fiat.

E poi

Torna ad occuparsi delle elezioni in Spagna La Repubblica, sottolineando che il trionfo dei Popolari di Rajoy è in realtà dovuto al crollo dei socialisti. I Popolari hanno infatti guadagnato soltanto 500 mila consensi rispetto alle precedenti elezioni del 2008. Concita De Gregorio scrive che “la rabbia degli elettori vale quattro milioni di voti”, ed in questo modo la sinistra ha perso la classe media.

Il Corriere della Sera parla della “agonia infinita del Belgio”, poiché anche il premier designato Elio Di Rupo ha deciso di rinunciare, a 527 giorni dalle elezioni politiche. I partiti non sono riusciti a trovare l’accordo sul bilancio del 2012.

L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato alle donne afghane. Sotto il mullah Omar non potevano lavorare, oggi, dieci anni dopo, siedono in Parlamento, vanno a scuola, indossano i jeans. Ma nei villaggi la situazione è diversa, le mogli vengono chiuse in casa e la condotta non conforme viene punita con la morte. Oggi uscirà il rapporto delle Nazioni Unite che, pur sottolineando i progressi fatti, evidenzia quanto sarebbe utile una sorveglianza continua (oltre a nuove risorse), anche perché le ombre sono soprattutto i rilasci rapidi degli uomini condannati per abusi ai diritti femminili.

La Stampa racconta della ammissione da parte di “fonti statunitensi” della cattura in Libano, di “dozzine di persone” che avrebbero fatto parte della rete informativa Cia in Libano: il leader di Hezbollah Nasrallah lo scorso giugno aveva annunciato in tv la cattura di due agenti Cia. Ora sembrerebbe che siano molti di più gli informatori, prevalentemente libanesi o arabi di altri Paesi, nonché iraniani, oltre che cittadini americani, ad essere nelle mani di Hezbollah.
Sulla prima de La Repubblica, Nadia Urbinati sottolinea quanto, malgrado si continui a definirlo tecnico, il governo di Mario Monti “sia politico, a tutto tondo”, molto più di quello che lo ha preceduto: politico nel senso più pregnante del termine, perché “ha riportatole questioni che interessano il nostro destino” al primo posto.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini