Le aperture
In alto: “Conti pubblici. Linea Moscovici sull’Italia. La flessibilià è possibile”.
L’editoriale, firmato da Maurizio Ferrera: “Previdenza e diritti. La difficile tutela dei giovani”.
A centro pagina: “Liguria, un testa a testa. In Campania Pd avanti”.
A fondo paigna uno spazio dedicato al Medio Oriente: “Gelo sulla Palestina tra Israele e Vaticano”, di Gian Guido Vecchi, e “‘Ucciso il vice califfo’. Giallo sul leader Isis”, di Guido Olimpio.
La Repubblica: “’Azione militare anti-scafisti’”, “La Ue trova l’accordo sulle quote di accoglienza, via libera al programma per fermare i barconi. Mogherini: ‘No a interventi di terra in Libia’. La missione con le navi e i blitz con gli incursori”.
A sinistra, foto del presidente del Consiglio alla lavagna: “Renzi: ‘Basta boicottaggi’. Video-show sulla scuola. Scrutini, sindacati divisi”.
A centro pagina: “L’Istat: Italia fuori dalla recessione. Salva-banche, il governo sfida la Ue”.
In prima anche “il caso”: Mossa del Vaticano: ‘La Palestina è uno Stato’. Abu Mazen va dal Papa. L’ira di Israele: ‘Adesso reagiremo’”.
A fondo pagina, Vittorio Zucconi da Washington sull’Isis: “’Ucciso il vice del califfo ferito’. La lunga caccia al killer della Jihad”.
Sulla colonna a destra: “Il bambino di nove anni sotto scorta per la mafia”, “Sicilia, protetto dagli agenti dalla classe alla palestra, ‘E’ un obiettivo delle cosche’”, di Alessandra Ziniti.
E un intervento di Roberto Saviano: “Il giornalista licenziato dai boss”. Si tratta di Enzo Palmesano, che ha denunciato gli interessi dei Lubrano sul Corriere di Caserta. Per questo -scrive Saviano- ha perso il lavoro e per la prima volta una sentenza ha dimostrato cosa è accaduto al cronista e come i clan condizionano i giornali.
La Stampa: “Migranti, navi contro i trafficanti”, “Arrivano le quote: in Italia l’11,8% di chi chiede asilo. Ungheria, referendum per dire no”, “La Commissione approva l’agenda sull’immigrazione. Mogherini: finalmente una risposta europea, Roma non è più sola”.
Di spalla, il richiamo ad un intervento del premio Nobel per l’Economia Amartya Sen: “La nostra sfida alla fame nel mondo”.
In prima anche la Palestina: “Il Vaticano riconoscerà lo Stato palestinese”.
A centro pagina: “Fuori dalla recessione. L’inflazione preoccupa”, “Il Pil cresce dello 0,3%, ma in Europa di più”, “Sei richieste dell’Ue all’Italia”.
Il Fatto: “De Luca insulta Saviano: ‘Dice sciocchezze, non prendo lezioni da lui’”, “Il condannato-candidato Pd in Campania sbraita contro lo scrittore che aveva ricordato la sfilza di indagati e personaggi vicini ai boss inseriti nelle liste collegate: ‘Paradosso dire che Cantone è di facciata e Roberti non serve’. Ma il procuratore antimafia aveva chiesto facce limpide ‘a costo di perdere qualche voto’”.
A centro pagina, ancora sulla discarica di Bussi: “Bussi, due cene per un inganno. Si muovono il ministro e il Csm”, “La sentenza che ha prescritto Montedison per la discarica: 15 giorni prima avvocati dello Stato e parti civili erano stati informati che ‘la partita è chiusa’. E la giuria popolare era stata avvertita: ‘Se condannate rischiate grosso’”.
In prima anche il premier alla lavagna: “Renzi, televendita sulla scuola. Più soldi, ma via i sindacati”, “Niente slide, per difendere la sua riforma il premier usa un videomessaggio e il gesso. Il punto chiave: cari insegnanti, vi darò 500 euro, ma basta muro contro muro. Al Senato ci sarà fiducia sul disegno di legge”.
A fondo pagina: “Grillo attacca l’Eni davanti ai suoi azionisti”, “Il leader M5S contro l’ad Descalzi e il ‘sistema corruttivo’ intorno all’azienda”.
E sul tema immigrazione: “Agenda dei migranti. L’Europa prova a fare sul serio”.
Il Giornale invece titola: “L’Italia si arrende a Bruxelles. Porte aperte agli immigrati. La Gran Bretagna dice no al piano Ue: bisogna respingerli anche contro la loro volontà”. E poi: “Pil, +0,3 per cento col trucco. Pensioni, pronti migliaia di ricorsi”.
Il Sole 24 ore: “L’Istat rialza il Pil: +0,3 per cento sul primo trimestre 2015”. “Squinzi: è un dato positivo, non entusiasmante. Delude la crescita tedesca (+0,3 per cento).
Di spalla: “Pd al 36 per cento, bene Grillo e Lega, il lavoro preoccupa ancora. No all’uscita dall’euro”.
In alto: “Il piano Ue: via alle quote e navi contro gli scafisti. No a interventi di terra in Libia”.
A centro pagina: “Sarà approvato lunedì il Dl con l’acconbt sul’Imu 2015 per sostenere le casse degli enti. Comuni, anticipo da 1,2 miliadi. La Ue all’Italia: ok alla flessibiltà ma ancora squilibrki sul debito”.
In evidenza in prima: “Scuola, per il Garante degli scioperi illegittimo il blocco degli scrutini. Renzi: dialogo ma no ai boicottaggi”.
E poi: “Vaticano a tutto campo: dopo Cuba, la Palestina”.
La Repubblica, pagina 2: “Profughi, l’Ue dà il via libera alle quote. E prepara l’opzione militare in Libia”, “La Commissione approva le misure sull’immigrazione: i rifugiati saranno ridistribuiti. Ma c’è già chi si sfila”.
La Stampa, pagina 2: “L’Unione cambia rotta. Navi contro i trafficanti e quote per i Paesi”, “La Commissione europea vara il piano sui migranti. I profughi ‘da ricollocare’ potrebbero essere 40 mila”. Scrive il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin che la Commissione ha scovato la base giuridica della decisione nell’articolo 78/3 del Trattato Ue che consente di attivare un meccanismo di emergenza se i flussi sono eccessivi. Il meccanismo -ponderato su Pil, popolazione, disoccupazione, impegno precedente- sarà definito con una proposta entro dine mese che, si spera, verrà approvata insieme col resto al vertice Ue del 26 giugno, in modo che funzioni da base per un sistema definitivo dal 2016 in poi. A differenza del reinsediamento profughi -20 mila di cui 1989 in Italia- la riallocazione dei migranti non ha cifre. Ci sono le percentuali di ripartizione (Germania 18,42%, Francia 14,17%, Italia 11,84%, Spagna 9,10%, Polonia 5,64%, Olanda 4,35%, Portogallo 3,89%, Romania 3,75%, Svezia 2,92%), ma Federica Mogherini ha convalidato le anticipazioni dicendo che “Italia e Grecia saranno esonerate” perché hanno fatto abbastanza. Detto che i migranti verranno presi proprio da questi due Paesi, spicca l’assenza di un numero, fa notare Zatterin: si era detto 20mila, ora le fonti suggeriscono che saranno di più, quarantamila, forse 50. Si saprò con i testi attuativi entro fine mese.
Il Giornale, con Fausto Biloslavo, scrive dei “bidoni” che la Ue avrebbe rifilato all’Italia: intanto il “niet” di Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda al sistema delle quote tanto decantate nella presentazione a Bruxelles del nuovo piano. “Questi paesi possono chiamarsi fuori grazie a clausole previste dal trattato di associazione solo per loro. Altre nazioni come la Repubblica Ceca e la Slovacchia, pur non avendo la stessa scappatoia, sono le prime ad avere già detto di no alla ‘ricollocazione’ dei migranti. In pratica la Ue ha stabilito le quote per paese dei richiedenti asilo già presenti in Europa o che entreranno nel territorio comunitario. Per l’Italia è previsto l’11.84%, una percentuale simile a quella dei 20600 accolti lo scorso anno secondo i dati Eustat”. Inoltre è “un buco nero” la parte del piano sull’operazione navale. “Il quotidiano inglese Guardian aveva fatto trapelare la notizia di possibili operazioni di terra in Libia, ma Mogherini ha seccamente smentito. Se non mandiamo i corpi speciali a catturare i boss del traffico o distruggere i barconi sul bagnasciuga resta solo l’arma aerea. Caccia e droni sono esclusi per l’armamento troppo pesante. Gli elicotteri, come propongono gli inglesi, con poche mitragliate possono rendono inservibile un barcone”: Infine, “il via libera definitiva al nuovo piano, previsto per fine giugno, dovrà passare al vaglio dei ministri degli Esteri e della Difesa Ue, del Parlamento europeo ed infine del Consiglio dei capi di Stato e di governo”.
La Repubblica, pagina 4: “Il Viminale: 30 mila profughi via dall’Italia”, “La Commissione Ue non fissa un tetto alla ridistribuzione. ‘Se il Consiglio non lo introduce nei nostri centri ne rimarranno 50mila’. Mogherini: Roma sarà esonerata dall’accoglienza dei nuovi arrivati. Ma per l’estate si prevede un boom di sbarchi”.
Sulla stessa pagina, un’intervista a Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, che, sulle quote tra i Paesi dell’Ue dice: “I rifugiati non sono pacchi postali o container, non si possono mandare da uno Stato all’altro in base a un semplice calcolo matematico”, “L’anno scorso sono sbarcati in Italia 170 mila migranti, due terzi dei quali fuggiti poi in altri Paesi. Se non prevediamo dei sistemi di integrazione efficaci, sarà impossibile evitare gli spostamenti all’interno dell’Europa. Faccio un esempio: difficilmente chi sarà trasferito in Slovacchia o in Lituania rimarrà lì. A meno che i rifugiati siano integrati”. Dunque il piano è sbagliato? “No, alcuni passi importanti sono stati fatti: è la prima volta che la Commissione europea riconosce apertamente il non funzionamento del Trattato di Dublino”. Altri punti positivi? “Mi sembra buona anche l’idea di costruire dei punti di contatto nei Paesi terzi, partendo dal Niger, dove le persone possono rivolgersi per chiedere protezione internazionale. E, sebbene venga menzionato in modo vago, finalmente si parla della previsione dello status di ‘rifugiato europeo’”. La Commissione proporrà un sistema di reinsediamento in tutti i Paesi Ue di 20mila rifugiati. Hein: “Meglio di niente. Ma il numero è insufficiente rispetto, ad esempio, ai 3,5 milioni di siriani in fuga”.
Sul Sole Adriana Cerretelli scrive che oggi l’Europa “sembra disposta a rivedere la Convenzione di Dublino e i criteri di smistamento delle richieste di asilo, visto che l’anno scorso più di due terzi delle domande presentate si sono dirette in solo 4 paesi dei 28 dell’Unione: in Germania, seguita dalla Svezia e da Francia e Italia con numeri tra loro equivalenti. Ma se alla fine della partita negoziale si scoprisse che un paese come il nostro dovrà assumersi un dovere di accoglienza più pesante dell’attuale, mentre i paesi del nord avranno alleggerito il loro fardello? L’ipotesi non è peregrina. Al contrario. Potrebbe anche spiegare come mai la Germania, tradizionalmente l’arci-nemica delle quote nel timore di veder ulteriormente accentuato il suo ruolo di grande casa europea dei rifugiati, ora mostri disponibilità”. Cerretelli ricorda che lo scorso anno la Germania ha accettato “quasi il 30% del totale delle domande di asilo. La Svezia circa il 18%. Francia e Italia poco più dell’11%. Se passeranno i criteri di ripartizione della Commissione Ue che formalizzerà la proposta solo a fine mese, i paesi più popolosi e al tempo stesso più ricchi (Pil totale) dovranno aprire le proprie porte più degli altri, sia pure tenendo in conto di fattori attenuanti come i livelli di disoccupazione e il numero di rifugiati già accolti”
Strettamente collegato al tema dei rifugiati è quello su un possibile intervento in Libia. La Repubblica, pagina 2: “L’Italia vuole i blitz nei porti, pressing sugli alleati. Incursori già ‘in allerta’”, “Le Forze armate hanno già preparato diversi tipi di intervento. Ma prima serve il passaggio all’Onu”, “Allo studio il testo di una risoluzione che possa ottenere l’ok anche da Russia, Cina e Usa”. L’Italia, spiega il quotidiano, punta a mandare gli incursori nei porti libici per distruggere i barconi dei trafficanti. Sulla stessa pagina un intervento del generale Fabio Mini: “Ma il rischio ‘danni collaterali’ sarà molto alto”: “nel momento in cui si fa saltare un barcone sulla spiaggia con il dubbio che sia occupato da innocenti si decide di sacrificarli”, “il piano è pura tattica, prevede l’intervento in un solo tratto del Mediterraneo e in Libia che, a torto, si considera terra di nessuno. Non prevede di spingere l’intervento armato in profondità, nei luoghi di afflusso e smistamento tra i mercanti di schiavi. Non è disegnato per disciplinare il flusso proteggendo i migranti, semmai per dirottarlo altrove”.
Il Fatto: “Migranti, il meno è fatto. Piano Ue di guerra e aiuti”, “Bruxelles vara l’agenda per contrastare gli scafisti e accogliere i richiedenti asilo. I 28 ora devono metterlo in pratica in tempi brevi”, “Escluso intervento in Libia: per distruggere i barconi serve l’ok dell’Onu. E chi non vuole concedere ospitalità potrà sfilarsi”. Secondo quanto riferito dal quotidiano britannico “The Guardian”, il piano antiscafisti consisterebbe soprattutto in interventi aerei e navali nel Mediterraneo e nelle acque territoriali libiche con il via libera dell’Onu, ma non escluderebbe “azioni di terra in Libia”.
Pensioni
Secondo il Corriere sarebbe pronta la bozza di decreto del governo sulla questione pensioni. L’idea cui l’esecutivo sta lavorando “è quella di rimborsare tutto o quasi fino a 4/5 volte il minimo. Sopra questa soglia gli arretrati si ridurrebbero molto velocemente. Un’ipotesi potrebbe prevedere il rimborso pieno per quella parte di assegno fino a 1.500 euro lordi al mese (tre volte il minimo), per poi scendere all’80% del dovuto tra i 1.500 e 2 mila euro, al 60% tra i 2 mila e i 2.500 (cinque volte il minimo), per poi essere rapidamente azzerato per gli assegni più alti”. “Il consiglio dei ministri, come previsto, è convocato per lunedì prossimo. Al momento l’ordine del giorno non c’è. E forse non è un caso. Nel governo, e anche nel Pd, c’è chi preferirebbe rinviare la soluzione a dopo le elezioni regionali di fine maggio. Per questo non è ancora escluso che lunedì, sul tavolo del consiglio dei ministri, arrivi un testo che parli sì di pensioni. Ma che stabilisca solo i principi generali dell’operazione, senza fissare fin da ora soglie e percentuali, senza dire esattamente quanto sarà rimborsato e a chi”.
Secondo Il Sole 24 ore il governo pensa a un “rimborso in due tappe”: prima un decreto, forse lunedì, con l’introduzione di un tetto attorno ai 3.000-3.200 euro lordi oltre il quale il blocco potrebbe esser confermato, e con l’ipotesi di restituire solo uno dei due anni bloccati. Il quotidiano riferisce anche delle informative fatte dal governo ieri, in due diversi momenti parlamentari, dal viceministro Morando e dal ministro Poletti. Il ministro del lavoro ha detto: “Non c’è il problema della data delle elezioni’ per varare il decreto, l’obiettivo è di ‘arrivare molto prima alla decisione'”.
La Repubblica, pagina 19: “’La Palestina uno Stato’, la mossa del Vaticano. Ira di Israele: ‘Reagiremo’”, “Il riconoscimento in testa a un documento ufficiale. Abu Mazen in udienza da Bergoglio domenica prossima”. Il documento in questione è un accordo stipulato ieri, per l’appunto, tra il Vaticano e lo “Stato di Palestina” che prevede la firma, “nel prossimo futuro”, di un’intesa bilaterale che definisca lo statuto giuridico della Chiesa cattolica nel Paese mediorientale. Di fianco, intervista a padre Samir Khalil, prorettore del Pontificio Istituto Orientale di Roma: “Basta con il conflitto, il Papa vuole la pace tra questi due popoli”, “Le scelte della Santa Sede in linea con tutte le dichiarazioni delle Nazioni Unite: ora via al dialogo”.
La Stampa: “Accordo in Vaticano sul riconoscimento dello Stato palestinese”, “Nuova pagina nelle relazioni bilaterali. La delusione di Israele: non agevola la pace”.
Il Corriere della Sera: “Intesa globale Vaticano-Palestina. Israele esprime la sua delusione”. “La Santa sede rilancia la soluzione ‘due popoli, due Stati’. ‘Cristiani tutelati'”. . Il Vaticano rivendica la “continuità” della politica sulla questione palestinese, visto che già al momento dell’ingresso della Palestina come Stato osservatore all’Onu il delegato vaticano firmò una dichiarazione favorevole. Ma è sicuramente il primo “accordo firmato” tra Santa Sede e Palestina. Un accordo che sarà firmato “in futuro” ed auspica una soluzione sulla base del principio dei due popoli-due Stati, rinviando a una intesa tra le parti.
Sul Sole 24 ore Ugo Tramballi ricorda che “fra i punti programmatici del nuovo governo israeliano, pubblicati ieri, non esiste la trattativa con i palestinesi per raggiungere la soluzione dei due stati, come chiedono Barack Obama, l’Europa e la comunità internazionale. Non è nei piani di un governo nel quale molti ministri vogliono, al contrario, moltiplicare gli insediamenti ebraici nei Territori occupati. È anche questo che ha spinto lo stato Vaticano a decidere di firmare con ‘lo Stato Palestinese’ e non solo con l’Autorità amministrativa palestinese, un accordo sulla libertà di culto dei cristiani in Terra Santa. Il riconoscimento statuale è più che esplicito. Sabato Abu Mazen, il presidente dell’Autorità palestinese della Cisgiordania, andrà in Vaticano per firmare l’accordo con papa Francesco”. Dopo i simbolici riconoscimenti di diversi parlamenti europei, scrive Il Sole, la scelta vaticana è piena di contenuti politici. D’ora in poi anche per Barack Obama sarà difficile porre il veto contro ogni risoluzione Onu che riguardi Israele”.