La strategia sulle pensioni di reversibilità

Pubblicato il 15 Febbraio 2016 in da redazione grey-panthers

Il Corriere della Sera: “Le chat di Regeni con la fidanzata svelano i depistaggi”, “Il mistero dei report chiesti dall’università”.
La grande foto in prima è per la diga di Mosul, in Iraq, la cui riparazione è stata affidata a tecnici italiani: “I turchi attaccano i curdi in Siria. Obama e Putin cercano il disgelo”, “Guerra e diplomazia dopo Monaco”, “Diga di Mosul, rischio crollo. Bagdadd finirebbe sott’acqua”. Ne scrive Lorenzo Cremonesi, inviato a Gaziantep.
In prima anche un articolo di Giuseppe Sarcina dagli Stati Uniti sulla morte del giudice della Corte suprema Antonin Scalia: “Scalia e la lite istituzionale per il controllo della Corte”.
L’editoriale è firmato da Angelo Panebianco: “Noi in Libia: saremo mai pronti?”.
A centro pagina, le unioni civili: “L’ultima mossa dei cattolici per esclude le adozioni”, “Alfano cerca alleati. Caso pensioni di reversibilità”.
E Aldo Cazzullo scrive che “E’ il rapporto padri-figlie il vincitore di Sanremo”, “leggendo il testo degli Stadio”.
A fondo pagina: “Il ‘Dio a modo mio’ dei Millennials”, “Indagine sulla fede degli under 30: il cattolicesimo? Più un volersi bene che una religione”. Di Paolo Foschini.
In prima anche un’intervista di Dario Di Vico all’economista Nicola Rossi: “Così ho modificato la riforma delle Bcc”.
La Repubblica: “Egitto, Giulio tradito dai dossier finiti nelle mani degli 007”, “Regeni preso di mira per i suoi report universitari”, “Gentiloni: pretendiamo la verità in tempi brevi”. Degli sviluppi dell’inchiesta si occupano Carlo Bonini e Giuliano Foschini.
Di fianco, un commento di Gabriele Romagnoli: “Chi si arrende alle bugie diventa un complice”.
La foto-notizia è per la Siria: un bambino accanto a macerie a Duma, vicino alla capitale Damasco. Il titolo: “Obama-Putin, disgelo al telefono: ‘Stop ai bombardamenti in Siria’”.
Fabio Scuto racconta “L’assedio di Aleppo”.
Sulla colonna a destra un intervento di Roberto Saviano: “Basta muri, sono castelli che scatenano nuovi assedi”, “Dobbiamo fermare i soldi della criminalità, non gli esseri umani”.
A centro pagina, le unioni civili: “Alfano: patto contro la stepchild. Pensioni, caos sulla reversibilità”, “Unioni civili, il Pd accelera: subito il taglia-emendamenti”.
Sulle elezioni amministrative, “Le mappe” di Ilvo Diamanti: “Quei sindaci senza territorio”.
La Stampa: “Damasco: le truppe turche ci invadono”, “Obama chiama Putin, stop alle bombe sui ribelli. Monito dei russi: Assad non si tocca”, “La Siria accusa di sconfinamento i soldati di Ankara, colpite le postazioni al Nord. Gli Usa pensano a un’armata curda per prendere Raqqa”.
“Zar Vladimir gioca d’anticipo”, scrive in un commento Stefano Stefanini.
Sulla Corte Suprema Usa: “A Obama il rebus del dopo Scalia”, “E’ battaglia sul sostituto del grande giudice Usa”, di Gianni Riotta.
Il quotidiano ha in prima l’intervista a Daniel Cohn-Bendit, che dice: “Meglio un’Europa più piccola ma solidale”, “L’ex leader del ’68 francese: ‘Deve ridefinirsi come federazione di Paesi’”.
Sulla situazione della finanza mondiale: “La grande paura dell’orso” (“gli investitori sono paralizzati dalla paura di un ‘bear market’, un mercato dell’orso”, scrive Francesco Guerrera).
A centro pagina, foto dalla Cina dove, malgrado l’abolizione della legge che vietava di avere più di un figlio, le nascite non sono ripartite: “’Single e felici’, così cambia Pechino”, “I giovani non vogliono sposarsi, ma il Paese invecchia e serve forza lavoro”. Sui manifesti delle metro di Pechino sono comparsi manifesti il cui messaggio è: “’Cari mamma e papà, per essere felici non è necessario sposarsi”.
Sull’omicidio di Giulio Regeni in Egitto: “Giulio, l’ombra del depistaggio degli egiziani”, “Timori dei nostri investigatori. E Letta accusa: ‘Media e istituzioni indifferenti’”.
Sulle unioni civili: “Il ministro Alfano: via le adozioni dalla legge”, “Il leader Ncd avvisa il premier e si appella a catto-dem e M5S”, “Unioni civili, in Senato pronto il canguro”.
E un commento di Massimiliano Panarari: “Liberalismo cercasi con urgenza”.
A fondo pagina: “Dal Cottolengo al set, otto disabili in cerca d’autore”, “La storia. Al festival di Berlino ‘Dust’, che racconta i sogni dei ricoverati dell’istituto di Torino”. Ne scrive Maria Teresa Martinengo.
Per restare a temi sociali, segnaliamo anche l’articolo di Pierangelo Sapegno: “Italia, raddoppiano le mogli-badanti”, “Le nozze fra over 65 e straniere sono 5 mila l’anno”.
Il Fatto: “La strategia della pensione”, “Reversibilità. Il governo medita di tagliarle per coprire il fondo sulla povertà”, “A fine gennaio l’esecutivo ha approvato il ‘piano di lotta alla povertà’. Ma i soldi non ci sono. E così Palazzo Chigi prova a chiedere al Parlamento l’ennesima delega in bianco per ‘razionalizzare’ le future pensioni di reversibilità e fare cassa. Sindacati in allarme. E anche il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano (Pd) avverte Renzi: ‘Ipotesi inaccettabile’”.
Di fianco, intervista a Sergio Boccadutri, ex tesoriere di Sel, ora deputato Pd: “Soldi ai partiti, la nostra legge è un colabrodo”.
Sotto la testata: “Allarme Zika: tra esperimenti, industrie e pericolo per i baci”, “Dal Brasile al mondo. Si trasmetterebbe con i baci”.
Di fianco: “Il volto feroce dell’Egitto sulla pelle di Regeni”, “Roma-Cairo. 11 giorni dopo, ancora depistaggi”.
A fondo pagina, la “storia di copertina”: “Corleone Caffé a Londra, by Riina”, “Nella capitale inglese non c’è solo la società della figlia del Capo dei Capi: anche il rampollo di Carminati ha tentato il business con gli ex Nar. Ma la star dei ristoranti italiani è un indagato per riciclaggio”.
Il Giornale: “Ci aspettano altre tasse”, “Il governo non esclude più una manovra: ‘Piccoli aggiustamenti’. Ma la Ue spinge per un salasso”, “Imprenditori europei in rivolta contro la Cina”.
Poi il “retroscena” di Francesco Cramer: “’Torna ad Arcore’. Renzi è stufo e ‘licenzia’ Alfano”.
Più in basso un’intervista alla moglie del marò Salvatore Girone: “’Mio marito Salvatore è innocente. E’ ora che torni a casa’”.
E un articolo di Giuseppe Marino sui temi della giustizia: “Risarcimenti tripli alle toghe che querelano”, “Quanti riguardi per i magistrati nei processi”, “Uno studio analizza sette anni di cause per diffamazione. Con i soliti favoritismi”.
L’editoriale firmato da Vittorio Macioce: “Il partito di Sanremo, l’unico ad avere la maggioranza assoluta”.

Siria, Russia, Turchia (e curdi), Isis.

Sul Corriere della Sera, pagina 2: “Siria, telefonata Putin-Obama. Intanto l’artiglieria turca continua a colpire i curdi”, “Il Cremlino: ‘D’accordo per cooperare contro il terrorismo’. La Casa Bianca: ‘La Russia smetta di bombardare i ribelli’”.
Su La Stampa, pagina 2: “Obama chiama Putin: ‘Basta bombardare i gruppi ribelli in Siria’”, “Mosca: ‘Serve un fronte comune contro il terrorismo’. America in pressing sui turchi perché fermino i raid anti-turchi”. E’ un articolo di Francesco Semprini da New York. Sulla stessa pagina, l’analisi di Stefano Stefanini: “Zar Vladimir gioca d’anticipo”, “Il dilemma del Cremlino”, “Nato, Ucraina e sanzioni. L’anno decisivo dello zar”, “Vladimir dovrà scegliere se alzare la posta con Damasco e Kiev o sfruttare le finestra della Casa Bianca ancora aperta al dialogo”. Vengono sottolineate da Stefanini due scadenze importanti in vista: il vertice Nato di Varsavia dell’8 e 9 luglio e il rinnovo delle sanzioni Ue, che scadono il 31 luglio. Washington “sarà l’ago della bilancia del vertice Nato. Mosca lo sa benissimo; gli altri alleati, Germania compresa, sono comprimari. Questo vertice è l’ultimo con l’amministrazione Obama; poi, alla Casa Bianca, ci sarò un nuovo (o una nuova) Presidente. Trattare con Obama o aspettare? Ecco la terza scadenza: il cambio della guardia a Washington”.
Su La Repubblica: “Obama chiama Putin: ‘Basta bombe’”, “Colloquio ‘distensivo’ sulla Siria. Il senatore repubblicano Mc Cain: ‘Quella dei russi è una trappola’. Medvedev replica: ‘Assad legittimo presidente’. Damasco: ‘La Turchia ci attacca’. Ankara colpisce i curdi”.
Su La Repubblica Fabio Scuto racconta “L’assedio di Aleppo”: “Ribelli, esercito e jihadisti, lo scontro finale che può decidere la guerra”, “Sfiancati dai bombardamenti russi, i miliziani si preparano a battersi strada per strada”.
A pagina 7 un’analisi di Renzo Guolo: “Truppe di terra per fermare l’Is, l’ultimo azzardo di Ankara e Riad”. Il bersaglio vero -scrive Guolo- “non è tanto l’Is, quanto il futuro geopolitico della regione. A preoccupare Ankara e Riad è la vittoria dell’asse sciita sponsorizzato da Putin. L’intervento del Cremlino, che guida una coalizione dagli obiettivi strategici chiari -proteggere gli interessi russi in Medio Oriente e nel Mediterraneo, consentire all’Iran di agire come potenza d’influenza in un’area in cui la presenza sciiita è vitale, evitare che il Libano in cui Hezbollah esercita ormai un ruolo nazionale possa gravitare verso una Siria dominata dai sunniti -ha mutato radicalmente il quadro. Minacciare di entrare in Siria con truppe saudite e turche , punta ad impedire che il disegno russo-iraniano si realizzi: l’Is è così il grimaldello che consente alle due potenze sunnite di perseguire il proprio disegno. A partire dalla liquidazione del fantasma del Grande Kurdistan per Ankara e della necessità di Riad di impedire quella stabilizzazione del regime di Assad, o chiunque gli succeda, che segnerebbe la vittoria dell’odiato Irab e potrebbe generare tensioni interne con le correnti wahabite filo-Is”.
Su La Stampa: “Damasco accusa la Turchia: ‘I vostri soldati entrati in Siria’”, “Colonne di pick up e centinaia di uomini schierati nel Nord. Ancora colpi sui curdi. Jet sauditi nella base di Incirlik: i russi non salveranno Assad. Mosca: senza di lui il caos”. Ne scrive Giordano Stabile.
E sulla stessa pagina il “retroscena” di Francesco Semprini e Giordano Stabile: “Un’armata curda per prendere Raqqa. Gli Usa puntano sul modello ‘Kobane’”, “Ma se il Peshmerga riuscissero a liberare la capitale dell’Isis il fronte del conflitto sarebbe tra Washington e Ankara”. Il modello Kobane, la vittoriosa difesa della città curda dal settembre 2014 al gennaio 2015, ha spinto Washington a formare le Syrian Democratic Forces (SdF). E’ un’armata di 40 mila uomini (30 mila curdi) che controlla la striscia a Nord della Siria, tranne una fetta in mano ai ribelli filo-turchi, con il posto di frontiera di Bab al-Salama, e un’altra in mano all’Isis, con il valico di Jarabulus. L’SdF è stato protagonista di un’offensiva a Nord di Raqqa- Ma la battaglia di Aleppo ha scombussolato i piani: i curdi hanno approfittato delle difficoltà dei ribelli filo-turchi per strappargli la loro fetta di confine. Nella battaglia sono entrati anche gli alleati arabi di Jaish al-Thuwar, anche se hanno specificato che l’obiettivo finale è di battere l’Isis. Vero, scrive il quotidiano: ma intanto ora l’SdF è in guerra con la Turchia. E il sogno del grande Kurdistan, incubo di Ankara, si avvicina. Anche perché nel modello Kobane i curdi iracheni sono intervenuti a fianco di quelli siriani, come racconta Twafiq Duski, colonnello dei Peshmerga che ha guidato i primi rinforzi dall’Iraq: “Il 28 ottobre 2014 -racconta- mi ha chiamato il presidente Barzani, ordinando di andare a Kobane e aiutare i fratelli siriani impegnati contro gli uomini del Califfo”. Sono stati 175 i Peshmerga a partecipare alla spedizione: “Il 29 ottobre ci siamo posizionati a ridosso del confine, attraversando un pezzo di Turchia. Ma Ankara ci ha fatto attendere prima di darci il via libera ed entrare”. Allora, si ricorda, il 75% della città era in mano all’Isis.

Caso Regeni, Egitto.

Su La Repubblica le pagine 2 e 3 sono interamente dedicate all’omicidio del giovane ricercatore italiano in Egitto. A pagina 2, in riferimento alle parole del nostro ministro degli Esteri: “Gentiloni all’Egitto: ‘Pretendiamo chiarezza, verità in tempi brevi’”, “Il pressing di Palazzo Chigi: vogliamo i responsabili. Casini: ‘Non si possono accettare versioni di comodo’”, “L’esecutivo punta ad accettare i fatti senza mettere a rischio i rapporti bilaterali”.
A pagina 3: “Giulio tradito dai suoi report sui gruppi di opposizione, ‘Intercettati dagli apparati’”, “La nuova pista sul movente punta sugli ultimi studi. ‘Gli uomini della sicurezza ossessionati da quello che circola negli atenei’”. Carlo Bonini e Giulio Foschini scrivono che il lavoro di Regeni aveva cambiato “format”: non più una ricognizione analitica dei movimenti sindacali, ma una ricerca “partecipata”. Usano l’espressione “enbedded” per spiegare insomma che c’era una partecipazione diretta alla vita e alle dinamiche interne delle organizzazioni da studiare
Sulla stessa pagina si ricorda la vicenda di Shaimaa el-Sabbagh, attivista del partito ‘Alleanza popolare socialista’, uccisa l’anno scorso, in occasione della manifestazione che il 24 gennaio si tenne al Cairo nel quarto anniversario della rivoluzione di Piazza Tahrir. La Cassazione ha annullato la condanna a 15 anni di reclusione per l’uccisione dell’attivista.
Il Corriere dedica un’intera pagina a questa vicenda: “Annullata la condanna dell’agente per l’uccisione dell’attivista-icona”. E Viviana Mazza ricorda che tre giorni dopo il ritrovamento del corpo di Regeni il ministro degli Esteri egiziano Shoukri aveva citato il caso di Shaima al-Sabbagh sottolineando che quando ci sono prove, gli eccessi vengono puniti.
Sul Corriere della Sera: “I ‘report’ di Giualio sull’opposizione forse trasmessi fuori dall’Università”, “E gli orari degli ultimi sms smentiscono la versione del supertestimone sui tempi dell’arresto”. Si fa notare poi che la procura egiziana ha ordinato l’esame delle telecamere, ma le registrazioni sono state cancellate.
Su La Stampa: “Caso Regeni, Letta sferza l’Italia: ‘Troppa indifferenza per Giulio’”, “Su Twitter l’ex premier attacca istituzioni e mass media: ‘Non c’è lo sdegno che il livello delle notizie terribili che arrivano dall’Egitto richiederebbero’”.
E sulla stessa pagina un’analisi di Grazia Longo: “I dubbi dei servizi sugli egiziani. Si teme il tentativo di depistaggio”, “Dai differenti risultati dell’autopsia al supertestimone. Il nostro team non ha potuto visionare alcuni video né i tabulati”.
Su Il Fatto: “Giulio testimone e vittima del volto feroce dell’Egitto”, “Dagli ultimi attimi di vita ai testimoni, alle bugie delle autorità: ecco cosa è accaduto al ricercatore sequestrato, torturato e ucciso”. Scrive Leonardo Cohen che “ogni giorno spunta un tassello di falsa verità”.

Unione europea

Su La Stampa, intervista a Daniel Cohn-Bendit: “Meglio un’Europa con meno Stati e più solidarietà”, “Un sistema che sulle funzioni fondamentali si basa sul principio dell’unanimità e sulla somma di sovranità nazionali rischia uno stallo permanente. La crisi dei profughi non fa che dimostrarlo. La Commissione è impotente ma non è per colpa sua. E’ la colpa degli Stati. Quando si dice che l’Europa non funziona, bisogna avere presente che è l’Europa delle nazioni che non funziona”. Per Cohn-Bendit “L’Europa deve ridefinirsi con una federalizzazione di alcuni Stati. Quelli che non vorranno partecipare faranno solo parte di un mercato comune attraverso accordi privilegiati senza avere voce in capitolo sul piano politico”, “La federalizzazione deve portare a un vero governo europeo rappresentato dalla Commissione. Questo governo sarebbe controllato da due Camere, il Parlamento europeo e una Camera federale dove siederanno i governi europei”.
Su La Repubblica Andrea Tarquini dedica una pagina al “fronte dell’est” che oggi si riunisce a Praga: “Il fronte dell’Est: ‘No all’accoglienza’”, “Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia: oggi vertice anti-profughi”. Tarquini sottolinea quindi che “il gruppo di Visegrad” creato dai quattro Paesi “in nome dell’integrazione europea” diventa fronte del rifiuto.

Usa

Su La Repubblica: “Corte Suprema, è scontro tra Obama e Repubblicani sul successore di Scalia”, “’Lo scelgo io’. Trump: ‘No, sei a fine mandato’. In gioco il controllo del massimo organo giudiziario”. Ne scrive Federico Rampini. E Vittorio Zucconi, di fianco, descrivendo “il personaggio”: “La dura legge di Antonin l’italiano che tolse la Casa Bianca ad Al Gore”, “Scelto da Reagan per il suo rigido conservatorismo, nel 200 negò il riconteggio dei voti in Florida: e così vinse Bush”, “la sua è l’ascesa del figlio di immigrati che realizza il sogno americano”, “Aveva 9 figli e diceva: ‘Da buon cattolico uso i contraccettivi del Vaticano’”.
Sul Corriere della Sera ne scrive Giuseppe Sarcina: “L’eredità di Scalia apre uno scontro tra poteri”, “I repubblicani chiedono a Obama di non nominare un nuovo giudice e aspettare il nuovo presidente”.
E “il ritratto” che ne fa Massimo Gaggi: “Quell”italiano’ del Queens che ha spostato a destra giustizia (e politica) americane”, “Il suo richiamo ai Fondatori ha favorito la nascita di movimenti come i tea Party”.
Su La Stampa ne scrive Gianni Riotta: “Nino Scalia, il conservatore dell’America ostile a Barack”, “Dopo la morte del giudice italo-americano, il presidente potrà nominare il sostituto. E la scelta cambierà il Paese per anni”.