La sinistra e il lavoro

Pubblicato il 27 Marzo 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Liti tra i partiti, nuovo vertice. Il premier dalla Corea: non si tira a campare. Alfano, Bersani e Casini si rivedono”. “Richiamo di Monti: il governo potrebbe non restare”.

La Repubblica: “Monti: posso anche lasciare. ‘Se il Paese non è pronto non tirereremo a campare’. In prima pagina anche un richiamo alle proteste dei tibetani in esilio (ieri un monaco tibetano si è dato fuoco a New Delhi): “I monaci tibetani sfidano la Cina”:

La Stampa: “Monti, ultimatum ai partiti. Il presidente del Consiglio: lo scarso gradimento non è per noi. ‘Se il Paese non è pronto il governo potrebbe lasciare, non tireremo a campare”. A centro pagina la foto del regista James Cameron, regista di molti film tra cui “The Abyss”, che è andato da soloo in un sottomarino fino a 11 mila metri di profondità, nella Fossa delle Marianne.

Libero: “A ottobre si vota. Il Pd non può far passare la legge sul lavoro e si prepara a staccare la spina al governo. L’ha capito anche superMario, che avverte: ‘Non tiro a campare, potrei lasciare”.

Europa: “Monti accetta le modifiche ma poche e in poco tempo. Anche nel viaggio asiatico del premier esce fuori l’articolo 18. Pd unito per cambiarlo. Da Seoul un invito e una mezza minaccia. Pdl e Udc ne approfittano”.

Il Giornale: “E’ arrivata la botta. Oggi gli italiani scoprono i sacrifici richiesti da Monti: negli stipendi la stangata delle addizionali. E il prof alza la voce col Pd: ‘Se il Paese non è pronto me ne vado, non tiro a campare”. A centro pagina, con foto: “Tanzi è pentito e malato. Ma non riesce a impietosori. Nessuno dimentica la truffa”.

Lavoro 

Ieri si è riunita la direzione del Pd e l’argomento centrale è stata la riforma del lavoro. Diverse le letture dei quotidiani. La Repubblica riassume: “Tutti contro la Fornero, il Pd ritrova l’unità”. Secondo il quotidiano, contro la riforma Fornero tutto il Pd è unito sulla linea di Bersani, che ha detto: Vogliamo la riforma, ma ci sono lacune da correggere”. Il voto sulla relazione di Bersani è stato unanime, e la soluzione condivisa sull’articolo 18 – secondo La Repubblica – è il cosiddetto modello tedesco, ovvero la possibilità di risarcimento o di reintegro decisa dal giudice per i licenziamenti individuali per motivi economici. Si punta quindi sul lavoro in Parlamento. Nei capannelli il malumore è forte nei confronti del governo o del ministro che viene definita “talebana”.
Lo stesso quotidiano dedica all’argomento un dossier al capitolo “Lavoro” che riassume: “La Ue vuole l’indennizzo per chi viene licenziato, ma solo per i nuovi contratti”, e parallelamente pretenderebbe che il risarcimento sia commisurato all’anzianità. Si cita un rapporto della Commissione della Ue dedicato al tema (contenuto nella “Commission note”, intitolata “A proposal for a single open ended contract).

Per La Stampa “Bersani frena i radical”. E del segretario cita la frase: “Vogliamo mandare in porto la riforma”. Il quotidiano sottolinea che è mancato l’applauso rituale al Presidente Napolitano. Il quotidiano sottolinea come siano venute a galla le diverse impostazioni tra laburisti e liberal nel partito, e come Bersani abbia spronato il Pd a non mostrarsi come “il partito delle cento voci”. Propone una task force per seguire la trattativa, il Pd fa quadrato intorno al segretario, che evita di trasmettere una immagine barricadera e di mostrarsi appiattito sulla Cgil.
Su Il Corriere della Sera: “Bersani mediatore tra le anime del Pd. Isolati i ‘pasdaran’. Sì unanime alla relazione studiata con Letta”. Il riferimento è ad Enrico, considerato un ‘montiano’. Lo stesso quotidiano offre ai lettori una ricostruzione in cui si rievocano i tempi in cui “il Cnel di Lama e Benvenuto bocciò il reintegro”. Era il 1985, e il 4 giugno il Cnel approvò un documento preparato dalla commissione lavoro, della quale facevano parte esponenti del sindacato come Piero Boni (Cgil), Giorgio Benvenuto (Uil), Luciano Lama (Cgil) e Danilo Beretta (Cisl). C’era anche Vittorio Merloni, che aveva presieduto Confindustria dal 1980 al 1984. Il documento, al quale in un primo tempo aveva lavorato come relatore il padre dello Statuto dei lavoratori Gino Giugni, poi dimessosi perché eletto al Senato per il Psi, addebbitava già allora all’articolo 18 “assurde disparità di trattamento”, perché “contrappone un’area ristretta di lavoratori iperprotetti a un’area molto più vasta di lavoratori privi di qualunque protezione”, ovveri quelli delle aziende sotto i 15 dipendenti. Il documento si concludeva così: “L’esperienza applicativa dell’articolo 18 dello Statuto non suggerisce un giudizio positivo sull’istituto della reintegrazione, che nei termini generali in cui è previsto nel nostro diritto non trova riscontro in nessun altro ordinamento”. La commissione guardava quindi al modello tedesco, proponeva di limitare il reintegro ai soli licenziamenti discriminatori, come era previsto nel testo originario dello Statuto presentato dal ministro del lavoro Giacomo Brodolini, poi modificato in Parlamento. Per gli altri licenziamenti, si suggeriva la riassunzione o l’indennizzo a scelta del datore di lavoro, per le aziende con più di cinque dipendenti.

Internazionale 

Continua a Seoul il vertice sulla sicurezza nucleare. Secondo La Stampa Obama ha delineato ieri la sua strategia per il traguardo finale per un “mondo senza armi nucleari”, prospettando nuove riduzioni dell’arsenale nucleare Usa: continueremo a dialogare con la Russia verso un passo che non abbiamo mai compiuto prima: ridurre non solo le nostre testate nucleari strategiche, ma anche le armi tattiche e le testate di riserva”. Obama ha spiegato di voler affrontare il tema con il presidente russo Putin in maggio. Un fuorionda tra Obama e l’ancora in carica presidente russo Medvedev ha fatto il giro del mondo: il primo dice al secondo che dopo l’auspicata rielezione sarà più flessibile. Probabilmente si riferiva al controverso progetto di scudo che gli Usa intendono costruire in Europa.

In prima pagina su La Repubblica oggi la foto dei manifestanti anti-Obama davanti alla Corte Suprema Usa, che deve decidere sulla riforma della sanità. Il candidato Repubblicano Santorum arringa la folla. Il quotidiano sottolinea che la decisione dei magistrati può determinare l’esito della campagna elettorale. La destra ha voluto portare l’Obamacare davanti alla Corte Suprema contestandone la costituzionalità.
Da Il Foglio: “Il legal drama sull’Obamacare”, dove si legge estesamente della prima udienza, a porte chiuse, per discutere della riforma sanitaria, con uno scontro preliminare sulla legittimità stessa della Corte a pronunciarsi sulla costituzionalità di una legge che entrerà in vigore non prima del 2014 e che prevede soltanto a partire dal 2015 l’irrogazione di una multa per chi non acquista una polizza assicurativa.

Su La Stampa si riferisce del rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte: secondo il rapporto in medio oriente c’è stato un aumento del 50 per cento delle esecuzioni rispetto al 2010. In cima alla lista l’Iran, con almeno 360 persone finite al patibilo. Segue l’Arabia Saudita, poi l’Iraq (68), lo Yemen (41). I dati più incerti riguardano l’Iran, dove in realtà le esecuzioni sarebbero il doppio. Il grande buco nero nel rapporto di Amnesty è rappresentato della Cina, dove migliaia di persone sarebbero state giustiziate nel 2011, ma dove la pena di morte resta un segreto di Stato. Di positivo c’è il fatto che la stessa Cina ha eliminato la pena di morte per 13 reati.

Il partito di maggioranza tunisino Ennahda, di ispirazione islamista, ha espresso ufficialmente la volontà di non modificare l’articolo 1 della Costituzione del 1959, secondo cui la Tunisia è “uno stato libero, indipendente e sovrano: la sua religione è l’islam, la sua lingua l’arabo, il suo regime è la Repubblica”. Secondo La Repubblica questa decisione di confermare l’articolo 1 della Costituzione voluta da Bourghiba, da parte della Commissione incaricata di rivedere la legge fondamentale dello Stato, riesce a respingere i richiami delle frange radicali, poiché esse chiedevano il passaggio alla sharia come fonte di legge. Ecco perché il quotidiano scrive che “la primavera resiste alla sharia”. Ad aver resistitto sarebbe stato quindi lo stesso partito Enhada, visto che nei giorni scorsi non sono mancate manifestazioni integraliste: domenica migliaia di militanti salafiti sono scesi su avenue Bourghiba, nel cuore della capitale, chiedendo l’adozione delle sharia, e scontrandosi con un gruppo di attori e artisti, colpevoli di non aver ceduto la scalinata del teatro nazionale alla manifestazione.
Qualche militanti si è arrampicato sui monumenti per appendere la bandiera di Izb Hettarir, partito ultrasalafita, fuorilegge ma tollerato, che chiede il ritorno al califfato, e che ha acquistato un certo peso nelle periferie e nelle campagne. Renzo Guolo, sullo stesso quotidiano, commenta i fatti: “Per i salafiti è un Paese troppo laico”. Lo studioso sottolinea che il leader di Enhada Gannouchi punt a afare del suo partito una formazione conservatrice di massa, a ispirazione religiosa, sul modello dell’Akp turco.
Di tutt’altro tono il commento di Fiamma Nirenstein su Il Giornale: “addio Tunisia laica, ora è stato islamico. Altro che musulmani moderati, torna in vigore la costituzione del 1959 che prevede la religione di Stato”.
La Nirenstein segnala con allarme che il ministero degli interni tunisino ha permesso la legalizzazione di una milizia islamica detta “comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio”: sarebbe una poliza religiosa istituita dopo la rivoluzione, i cui comitati controllano l’osservanza religiosa, la scienza, gli affari giuridici.

Europa riferisce che a margine della conferenza sul nucleare in Corea del Sud c’è stato un incontro tra il primo ministro turco Erdogan e il presidente Obama. Si è parlato di Siria. I due leader avrebbero concordato una strategia di sostegno alla opposizione siriana che prevede di supportare gli insorti con strumenti “non letali”. Ovvero, equipaggiamenti, medicinali, rifornimenti utili a far proseguire la resistenza al regime di Assad.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini