La rivolta tranquilla di Parigi

Pubblicato il 12 Gennaio 2015 in da redazione grey-panthers

La Repubblica: “La rivolta di Parigi: ‘Libertà’”, “Due milioni alla marcia antiterrore. Hollande e i leader del mondo con Abu Mazen e Netanyahu”, “Ma sulla sicurezza la Ue si spacca: ‘Cambiamo Schengen’. L’Italia frena: è una conquista”, “Il video-testamento di Coulibaly: ‘Ho già ucciso per conto dell’Is’. Usa: Vaticano prossimo obiettivo”. La foto ritrae i manifestanti arrampicati sulla statua della Marianne: impugnano una grande matita e sventolano la bandiera francese.
“Una nuova stagione”, è il titolo dell’editoriale del direttore Ezio Mauro, dedicato alla manifestazione di ieri.
Su questo tema, in prima, i commenti e le analisi di Bernardo Valli (“Il miracolo della République”), di Gustavo Zagrebelsky (“La guerra indichiarabile”), di Ian Buruma (“Il fantasma di Theo Van Gogh”), e di Ilvo Diamanti (“Il buon esempio e la paura”).
In taglio basso: “Ekberg, la Dolce Vita non c’è più”, “Anita aveva 83 anni: da Hollywood al mito grazie a Fellini”.

Il Corriere della sera: “L’abbraccio di Parigi. Marcia storica, mai così tanti contro il terrorismo: non abbiamo paura. Gelo Netanyahu-Hollande. La Francia e la Spagna: Schengen da rivedere. Ma l’Italia frena. Allarme dagli Usa per il Vaticano”.
Le prime 15 pagine sono dedicate a cronache, commenti e interviste, con interventi tra gli altri dello scrittore Paolo Giordano, del politologo Angelo Panebianco, di Beppe Severgnini
A fondo pagina la Nigeria: “Tre bambine kamikaze in due giorni. Avevano l’esplosivo nascosto sotto i vestiti. È la nuova strategia di Boko Haram”.

La Stampa: “Parigi, la capitale della libertà”, “Milioni di persone di tutte le etnie e religioni in marcia contro il terrore e la paura”. Anche qui, la foto-emblema della giornata di ieri è quella dei manifestanti sulla statua della Marianne, con matita e bandiera.
La analisi e le cronache della manifestazione sono firmate da Cesare Martinetti
(“Cinquanta leader del mondo mano nella mano, tra la folla”), da Alberto Mattioli (“Francesi, ebrei, musulmani e un solo canto: la Marsigliese”), e da Gianni Riotta (“Ma negli Usa il giornalismo resta ostaggio del bon ton”).
Di spalla: “Il Quirinale e i nemici del premier”, di Marcello Sorgi, che si occupa delle “divisioni nel Pd”.
Il quotidiano torna poi anche sull’intervista concessa ieri dal Papa al quotidiano con un intervento di Michele Brambilla: “Le parole del Papa sui poveri”.

Il Fatto: “Oceano pacifico”, “Due milioni di persone alla manifestazione di Parigi. Cinquanta capi di Stato e di governo in testa al corteo partito da Place de la République. L’omaggio alle vittime dei killer jihadisti da parte della ‘France plurielle’. Dalla comunità ebraica ai ragazzi arabi delle banlieue slogan di solidarietà e appartenenza comune”. La foto ritrae il cartello innalzato dai manifestanti con gli occhiali di Charb, il direttore di Charlie Hebdo.
A centro pagina, le primarie Pd in Liguria: “Liguria, l’Ancien Régime vince con destra e stranieri”, “La renzian-burlandiana Paita batte Cofferati, che accusa: ‘Non ero l’unico cinese ai seggi’”.
Poi la morte di Anita Ekberg, “L’ultimo lampo della Dolce Vita”.
In taglio basso, un commento di Ferruccio Sansa: “Quelli di Charlie sono andati a cercarsela?”, “Il sottile rischio che le vittime siano viste come colpevoli”.
E un’intervista al comico Dario Vergassola: “Sfottere l’Islam? No, grazie, io sono pavido”.

 

La marcia di Parigi

Le pagine 2 e 3 de La Repubblica ospitano il racconto della manifestazione di ieri di Bernardo Valli: “Due milioni in piazza nella grande marcia contro la paura, ‘Parigi capitale del mondo’”. Scrive Valli che “le tragedie dei giorni scorsi sembrano aver unito l’Europa” e che l’impressione “è quella di una festa di liberazione. Dal terrore”. “I parenti delle vittime -racconta ancora Valli – sono in testa al corteo diretto verso Nation lungo viale Voltaire. Ma non c’è nulla di funereo”. Il “miracolo politico” è che “non c’è violenza, né rabbia. Molta euforia”, “non c’è nulla di funereo. È una ‘marcia repubblicana’, una manifestazione con cui si vogliono ribadire i principi democratici europei insanguinati da tre terroristi. Tre terroristi musulmani, ma di nazionalità francese”, “Pare che Chérif, uno dei fratelli assassini, non parlasse quasi l’arabo”.
Ancora su La Repubblica, due pagine sono dedicate alle reazioni della comunità musulmana e di quella ebraica. Il resoconto dell’inviato Paolo Berizzi: “I musulmani. Sfilano per la tolleranza e l’integrazione. Nordafricani, siriani, turchi, curdi. ‘Purtroppo l’estremismo è diventato una calamita per psicopatici, ma riusciremo a isolarli’”, “’La nostra fede vuol dire pace, i terroristi sono nemici dell’Islam’”.
Sulla stessa pagina, un’intervista di Fabio Gambaro al sociologo Alain Touraine che, si legge, ha partecipato con grande entusiasmo alla marcia: “i francesi -dice- sono stati formidabili, anche perché questa reazione coraggiosa non era per niente scontata. E’ stata una grande sorpresa”. Perché? “Avrebbero potuto lasciarsi andare alla paura, all’odio alla volontà di vendetta. Avrebbero potuto prendersela con i musulmani, additarli come responsabili. Invece non l’hanno fatto. Né si sono messi a discutere se Charlie Hebdo avesse o meno il diritto di ridicolizzare le religioni. Sono stati solidali senza inutili distinguo, senza eccezioni. Naturalmente c’è anche chi ha approfittato della situazione per prendersela con i musulmani, come dimostrano gli attacchi contro le moschee. Ma è solo una minoranza”. Touraine sottolinea come in queste “giornate storiche” non vi sia stata “paura” e “la gente è scesa in piazza subito, da sola, senza indicazioni dei politici e dei partiti”; “i francesi, che in passato hanno commesso tanti errori, sembrano di nuovo sentirsi dei ‘cittadini’, nell’accezione più repubblicana del termine. Si riconoscono nel legame civile che li unisce pur nelle diversità. Si sentono depositari di quei valori che questo Paese ha contribuito a creare”.
Alla pagina seguente, l’inviato Daniele Mastrogiacomo si occupa delle reazioni della comunità ebraica: “La marcia di dolore della comunità, ‘Ma andare via sarebbe una sconfitta’”. Nel Paese, ricorda Mastrogiacomo, vive mezzo milione di ebrei: è il gruppo più folto dopo gli Stati Uniti. In questi giorni di dolore per loro, “è paradossale che oggi uno dei loro eroi sia proprio un ragazzo musulmano, Lassana Bathily”, il commesso che ha salvato una decina di clienti del supermercato kosher assalito. È arrivato al corteo circondato proprio da una folta delegazione di ebrei francesi. Alla comunità ebraica si sono rivolti tanto il presidente Hollande che il primo ministro Valls, che hanno tentato di rassicurarla: “Ogni sinagoga e scuola ebraica – ha detto Hollande – sarà vigilata dalla polizia e, se necessario, dall’esercito. Siete francesi e la Francia è la vostra casa”. E il primo ministro Valls: “La Francia non sarebbe lo stesso Paese senza di voi”.
Sulla stessa pagina, un’intervista allo scrittore israeliano Abraham Yoshua: “Non credete alla profezia di Houellebecq”. Cosa devono fare gli ebrei di Parigi per sentirsi più sicuri? “Lavorare e investire sul dialogo con la comunità musulmana”. Contro il fanatismo, cosa deve fare l’Europa? “Gli sforzi – dice Yoshua – devono andare in due direzioni: rafforzare l’integrazione delle comunità islamiche nei diversi Stati europei e avere più rispetto della società multiculturale che è stata creata. Io naturalmente non condivido la previsione del libro di Houellebecq che dice che nel 2022 in Francia ci sarà un presidente islamico. Ma l’integrazione dei musulmani è un lavoro che va fatto”. E “se si risolve il problema in Israele e in Palestina può migliorare lo scenario anche nel resto del mondo e in Europa”.

Il Corriere della sera intervista Zygmunt Bauman, “grande interprete della modernità che disarticola le costruzioni complesse del nostro vivere in un continuum ‘liquido’ e sfuggente”. Ricorda che l’attacco a Charlie Hebdo è nato come “atto di vendetta ‘personale’, secondo il trend inaugurato dall’Ayatollah Khomeini” con la sua fatwa nei confronti di Rushdie. Secondo Bauman “elemento decisivo” per comprendere questo terrorismo è da cercare “in un mondo segnato dalle diaspore”, dove “lo straniero un tempo distante è diventato il vicino”. Le risposte che abbiamo elaborato “si sono rivelate fallimentari” e non vanno oltre un “multiculturalismo superficiale” che limita a “semplici flirt con ciò che appare esotico”. Una “mancanza di autentico rispetto” che finisce per essere “profondamente umiliante”.
Lo stesso quotidiano intervista lo scrittore Yasmina Khadra, pseudonimo di Mohamed Moulessehoul, ex ufficiale algerino, che vive a Parigi ed ha partecipato alla marcia. Confuta le affermazioni di Salman Rushdie secondo il quale il massacro di Parigi è una “mutazione letale nel cuore dell’Islam, per cui la religione, “forma irrazionale medievale,combinata alle armi moderne diventa minaccia per la libertà”. Dice Khadra che il terrorismo è basato “sulla frustrazione e su un esacerbato istinto di aggregazione”, in cui “Dio è un pretesto per reagire a una terribile perdita di punti di riferimento”. Secondo Khadra “il multiculturalismo è il futuro dell’umanità”.

Su La Stampa: “Fra gli ebrei di Montrouge: ‘Voleva ammazzarci tutti’”, “Nel quartiere dell’asilo che Coulibaly aveva come obiettivo. Sul web un video del killer del minimarket: appartengo all’Isis”.

Ancora da La Repubblica, segnaliamo un’intervista a Salman Rushdie con copyright HBO: “Non ci sarà più nessuna fatwa. Ora il mondo reagisce all’odio”, “Dopo i morti di Parigi siamo a un punto di svolta: Iran e Libano potrebbero aiutare a combattere l’ideologia Is e Boko Haram”.

Da segnalare che Il Corriere oggi ripubblica, dal libro Intervista con il potere del 2009, la celebre intervista di Oriana Fallaci a Khomeini. Il titolo: “L’urlo di Khomeini. L’Islam è tutto, la democrazia nulla”.

 

Indagini

Il Fatto intervista Fabrizio Calvi, giornalista francese esperto di criminalità organizzata e servizi segreti, tra i fondatori del quotidiano Libération. Commentando le notizie secondo cui Chérif Kouachi, uno dei fratelli autori della strage di Charlie Hebdo, era stato nello Yemen nel 2011, finanziato dall’imam Al Awlaki (poi ucciso da un drone americano), si sofferma sulla ipotesi che, una volta tornato in Francia, Chérif abbia ricevuto l’ordine di colpire la rivista satirica. Spiega Calvi: “Al Qaeda edita una rivista di propaganda on line che si chiama ‘Inspire’. Il numero 14 di dicembre è dedicato alla crociata in Europa: ha in copertina la foto di uno che prega inginocchiato, sullo sfondo grattacieli e accanto una pentola a pressione: ‘Se tu hai la conoscenza e la sapienza, si legge; è poi spiegato ‘come fare bombe nella cucina di vostra madre’_ all’interno c’è l’ok per i fratelli Kouachi. Precisamente è un messaggio degli jihadisti, in cui si vede un passaporto francese e sotto, la foto di un porta matite”. Se la rivista è on line da dicembre, significa che i servizi segreti erano a conoscenza di questo messaggio? “Sì, ma non hanno capito che fungeva da segnale. Erano a conoscenza dell’esistenza della minaccia lanciata ai caricaturisti francesi, americani, olandesi. Negli Stati Uniti l’hanno presa seriamente tanto da mettere sotto protezione, trasferendola in una località segreta e dandole una nuova identit, la disegnatrice satirica Molly Norris di Seattle, che aveva dato vita alla campagna ‘ogni giorno facciamo una caricatura di Maometto’. In Francia, nel caso di Charlie Heebdo, si sono limitati ad assegnare un agente di tutela a Charb, il direttore”.
Quindi l’ideatore della campagna contro i caricaturisti è stato Al Awlaki? “Sì. Al Awlaki, uno dei dirigenti di Al Qaeda più ricercati dagli americani, la mente ideologica nella penisola arabica, ha lanciato la crociata contro i caricaturisti che ‘oltraggiano’ il Profeta”.
Su Il Giornale si racconta del video del terrorista Coulibaly postato su Youtube ieri. Pare che durante l’azione Coulibaly avesse una telecamera GoPro, e che avesse anche un portatile. “Forse ha inviato a qualcuno anche le foto o il filmato della sua “prodezza”, o il video della rivendicazione. L’interrogativo è questo: a chi ha mandato quelle mail? Anche alla sua donna, Hayat Boumeddiene, che ha fatto perdere le tracce? Le attrezzature sono messe al setaccio per scovare ogni minima traccia utile all’inchiesta. Possibile che il materiale dell’azione terroristica sia stato inviato a qualche esponente dell’Isis per realizzare un video propagandistico, uno dei tanti che circolano in rete. In tal senso Coulibaly sarebbe l’ultimo “martire” della jihad, e Hayat, unica superstite, porterebbe mediaticamente avanti la battaglia del suo uomo, con un’incredibile testimonianza diretta condita dalla solita propaganda minacciosa”. Pare confermato che la sua compagna abbia lasciato l’Europa il 2 gennaio, con un volo da Madrid diretto a Istanbul. Con lui c’era un uomo, che potrebbe essere il fratello.

Sul Corriere Fiorenza Sarzanini si sofferma sul dibattito sulla eventualità di rivedere le norme Schengen sulla libera circolazione in Europa: “Ma non sarà semplice. Perché la possibilità di sospendere o quantomeno rivedere l’accordo di Schengen, ripristinando i controlli alle frontiere interne, divide i governi e rischia di vanificare il clima di grande condivisione che si respira dopo l’attacco dei terroristi islamici a Parigi”. Sicuramente si discute di una direttiva Ue che obbligherebbe le compagnie aeree a fornire tutti i dati sui passeggeri e un coinvolgimento dei gestori della Rete web per limitare la pubblicazione dei messaggi che incitano all’odio e soprattutto una vera campagna di controinformazione come sollecitato dal ministro dell’Interno spagnolo Jorge Fernández Díaz”. Più complesso il capitolo del ripristino dei controlli di frontiera.

 

Charlie Hebdo: interviste a italiani

Il Messaggero intervista Silvio Berlusconi, che dice della marcia: “Ha un significato importante ma dobbiamo evitare che si trasformi nella melassa buonista che mescoli le responsabilità e inibisca le scelte”. “L’Occidente in questi anni ha sbagliato molto”. “Abbiamo combattuto guerre che non avremmo dovuto combattere e non ne abbiamo combattute altre che sarebbero state doverose, come quella contro l’Isis e il suo progetto di costruire un Califfato”. Ma dice anche che “L’Occidente deve dare un segnale chiaro”, “reagire con determinazione e se serve dare anche il proprio contributo, anche con truppe di terra”.
Il Messaggero intervista anche Romano Prodi che ieri era alla manifestazione. “Non c’era rabbia né paura ma un’immensa speranza”. “Abbiamo dato una risposta corale, ora però si trovi una politica comune”, in cui siano coinvolti anche Russia, Usa, Cina e Mediterraneo.

 

E poi

Ieri si votava per scegliere il candidato sindaco del Pd alle Regionali in Liguria. Il Corriere parla di “pasticcio primarie”; “Vince Paita, Cofferati accusa: ‘Non riconosco il risultato’”. Raffaella Paita è assessore nella Giunta Burlando. “Affluenza oltre le previsioni: 55.000. Riflettori sulle aree scajoliane. Polemica per i cinesi e i marocchini ai seggi ‘a pagamento’”. Un altro articolo racconta “la rabbia dell’ex leader Cgil che evoca i pm”. Cofferati ha preso più voti a Genova, ma quando sono arrivati i dati di Savona e La Spezia l’esito si è ribaltato. Alla fine a lui sono andati 24827 voti, alla Paita 28916.