La messa record del Papa a Manila

Pubblicato il 19 Gennaio 2015 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Sette milioni di fedeli sotto la pioggia. La messa record del Papa a Manila”.
Il titolo più grande: “Obama, svolta sulle tasse”. “Rotto il tabù: più imposte su eredità e ricchezze, sgravi al ceto medio”. “Stati Uniti. Piano da 320 miliardi in dieci anni, 235 andrranno per il sostegno alle famiglie”.
In alto: “Il cavillo tedesco che minaccia Draghi”. E poi: “Aspettando le scelte Bce la guida per muoversi tra Titoli di Stato e Borsa”.

La Repubblica: “Quirinale, il caso Cofferati divide il Pd”, “Fassina: avrà effetti nella corsa al Colle”, “Il premier incontrerà Bersani per trattare”.
Sul caso Charlie Hebdo e le sue ripercussioni: “Terrorismo, la stretta dell’Europa, controlli su tutti i passeggeri dei voli”, “L’Onu: l’antisemitismo è in preoccupante aumento”. Una foto raffigura membri della comunità ebraica inglese che mostrano i cartelli “Je suis Charlie” e “Je suis juif”.
Carlo Bonini firma un reportage dalla Turchia: “I fighters al confine”.
La storia di copertina dell’inserto R2: “Fiducia nel passato, l’ideologia del declinismo”, “Perché si diffonde sempre più la convinzione che ogni cosa nel futuro sarà peggiore”, di Gabriele Romagnoli.
In taglio basso, sul convegno a sostegno della famiglia tradizionale tenutosi a Milano sabato scorso: “Il prete pedofilo al convegno anti-gay”. Si tratta di don Mauro Inzoli, “il prete pedofilo costretto dallo stesso Vaticano a ritirarsi a vita privata”.
La ricerca richiamata in prima: “la crisi fa bene ai ricchi, raddoppiati i loro beni”. Ne scrive Federico Fubini.

La Stampa: “Terrorismo, in Italia scatta il livello massimo di allerta”, “Bloccato a Fiumicino il volo Roma-Londra per fermare un pakistano”, “Alfano: monitorati più di 100 soggetti, 5 connazionali partiti per combattere. Indagini su un gruppo di albanesi i Liguria”.
Sotto la testata, una foto di Papa Bergoglio nelle Filippine, davanti ad una folla oceanica di fedeli: “Messa record. In sette milioni col Papa a Manila”.
A centro pagina, una grande foto dall’albergo che a Cuba ospita una delegazione del Congresso americano: “La prima bandiera Usa sventola a Cuba”, “Dopo 56 anni, sul balcone dell’hotel che ospita una delegazione americana. All’Avana team sportivo a stelle e strisce”.
Di spalla, le parole di Stefano Fassina: “’Il caso Cofferati peserà sul voto’. Fi, referendum anti Brunetta”.
Con un’analisi in prima, Stefano Lepri si occupa dell’intervento sui mercati che la Bce annuncerà giovedì prossimo: “Le speranze che Draghi può esaudire”.

Il Fatto ha in prima la foto di una poliziotta in servizio a Piazza San Pietro: “Chi ci difende”, “Un attacco a Piazza San Pietro, ostaggi catturati, un kamikaze. Ecco cosa succederebbe in caso di emergenza. Parlano gli uomini dei gruppi speciali addestrati per le operazioni più difficili, esperti pronti ad intervenire in pochi minuti. In Italia le forze dell’ordine contano su 310mila unità. Sempre in stato d’allerta dopo la strage di Parigi”.
La “giornata di ieri” nel mondo politico italiano viene riassunta in due capitoli. “Per il Quirinale è sempre più Amato: l’ha deciso B.”, “L’ex-Cavaliere si scopre socialista per sostenere il Dottor Sottile, evocato anche da Cassese”. L’altro tema è legato al caso Cofferati in Liguria. Il quotidiano parla di “rischio scissione” e titola: “Effetto Cofferati: il Pd vuole espellere i dissidenti”, “I primi da cacciare sarebbero i civatiani. Fassina: ‘Conseguenze sul voto per il Colle’”.
In taglio basso: “L’artista clochard, lezione di umiltà per tanti politici”, “Monsieur Morimoto, dalla vita per strada al Grand Palais” (i suoi quadri sono esposti al museo e lui vive per strada, racconta Ferruccio Sansa”).
In prima il richiamo ad un’intervista ad Assunta Almirante: “90 anni tra fascisti, Wojtyla e Berlinguer”.
Infine, un reportage di Roberta Zunini in Birmania: “Quei buddisti che uccidono i musulmani”, “Viaggio tra gli integralisti dimenticati”.

Il Giornale: “Il Pd minaccia Renzi sul Colle. Il Caso Cofferati fa scoppiare la sinistra. I ribelli: ‘Conseguenze sull’elezione per il Qirinale'”.
A centro pagina, nel “controcorrente del lunedì”: “Irpinia, altri 200 milioni da sprecare. I Comuni del terremoto hanno ancora in cassa i soldi della ricostruzione”.
In prima anche un richiamo per la messa del Papa nelle Filippine: “Orgoglio cattolico record, in sette milioni per il Papa”.

Jihad in Europa

Le prime 9 pagine de La Repubblica sono dedicate ancora alle ripercussioni delle stragi di Parigi e ai “foreign fighters”. Pagina 2: “Lotta al terrore, la svolta della Ue: ‘Un codice per schedare i passeggeri’”. “L’Europa si americanizza”, scrive Marco Mensurati spiegando che entro il 2015 entrerà in vigore la nuova normativa europea sul pnr, il persoanl number record: una scheda individuale per ogni passeggero che le compagnie aeree dovranno mettere a disposizione delle forze dell’ordine. Raccoglierà tutti i dati sul passeggero: da quelli anagrafici a quelli relativi al luogo, data di partenza e destinazione, passando per informazioni sensibili come le preferenze sul pasto consumato a bordo, nonché il metodo di pagamento del biglietto. Una normativa simile era entrata in vigore negli Usa all’indomani degli attacchi alle torri gemelle. Nel 2013 la commissione Libertà civili del Parlamento europeo aveva bocciato, per una manciata di voti, una proposta di direttiva risalente al 2011, che andava nello stesso senso. L’inchiesta che compare alla stessa pagina e firmata da Giuliano Foschini e Fabio Tonacci: “Quei trecento bonifici bloccati da Bankitalia che servivano a finanziare la jihad”. Sono mille le segnalazioni di transazioni sospette individuate da Bankitalia dal 2009 ad oggi. Trecento solo nel biennio 2012-2013. Nel mirino i money-transfer e i para-istituti di credito arabi. Si ricorre a più versamenti per aggirare il limite dei 999 euro. E negli ultimi tempi potrebbe essere cresciuto il ricorso ai Bitcoin, perfetti per garantire l’anonimato delle transazioni. Il reportage di Carlo Bonini alle pagine 6 e 7: scrive da Govegi, in Turchia, a un passo dal confine già varcato da 18 mila foreign fighters, un terzo dei quali con un passaporto del Vecchio continente. Un volo low cost per Istanbul, un passaggio in auto da 20 euro e si raggiunge il Califfato. E la polizia quasi non si vede. Ad aspettarli dall’altra parte c’è l’Esercito libero siriano. Quindi inizia la rotta piena di insidie per Aleppo.
Sul Corriere Guido Olimpio scrive che i Paesi occidentali si concentrano anche sulla difesa dalla “cyberguerra”: sia la Borsa di Londra che quella di New York fanno esercitazioni contro il rischio di attacchi cibernetici. E gli attacchi terroristici potrebbero essere fatti per via digitale colpendo centrali elettriche, banche dati, sistemi di difesa.
Il Corriere si sofferma sulle indagini in Italia: “Casa a Varese e moschea a Milano: i reclutator della jihad in Italia”. Si citano i dati forniti ieri dal ministro Alfano, che ha parlato di nove espulsi e di diversi straniri “sotto osservazione” che potrebbero essere rimpatriati. I foreign fighters aspiranti sono ” residenti soprattutto nelle regioni del Centro-Nord”. Per esempio un marocchino di 50 anni, che viveva a Varese ed era in contatto con “soggetti già partiti per la Siria”. Da Roma sono stati espulsi “un egiziano e un tunisino coinvolto insieme a un connazionale nel tentato omicidio di un poliziotto che li aveva avvicinati mentre erano in auto a Morena, paesino alle porte della capitale. Avevano mappe di Roma e una bandiera simile a quella del gruppo islamico Ansar al Sharia sulla quale aveva aggiunto la scritta Isis”.
La Stampa, pagina 2: “Allerta alzata al livello massimo. E aumentano i ‘foreign fighters’”, “Pakistano trovato e fermato per Londra con passaporto falso. Due reclutatori tra i dieci espulsi dall’inizio dell’anno. La pista delle chat sul web”. Guido Rutolo riferisce le parole del ministro dell’Interno Alfano, che ha spiegato come dall’inizio dell’anno siano stati espulsi cinque tunisini, un turco, un marocchino, un egiziano e un pakistano. Tra loro vi sarebbero un paio di reclutatori, altri si sono “autoradicalizzati” attraverso il web. Due di loro avevano coinvolto le rispettive famiglie per andare a combattere in Siria. Tutti avevano permessi di soggiorno regolari ed erano residenti in Italia da diversi anni. Nelle loro chat, nei discorsi pubblici, quasi tutti dichiaravano la propria adesione simpatia per l’Is. Riserbo assoluto sulle loro identità da parte del Viminale. La pagina seguente si occupa anche delle due cooperanti liberate e, più precisamente del ruolo del chirurgo siriano Nabil Al Muredden, cui le ragazze si erano rivolte: “non ci sto ad essere marchiato come integralista”, “sono in Italia da 55 anni e ho la cittadinanza italiana. Se qualcuno chiede di aiutarlo a favore del popolo siriano siamo disponibili, fare altro no”, dice. Il caso è stato sollevato dalla diffusione dei contenuto di alcune telefonate effettuate da Vanessa e Greta, intercettate dal Ros dei Carabinieri, in cui avrebbero dimostrato l’intenzione di offrire supporto al Free Sirian Army.
Angelo Panebianco firma l’editoriale del Corriere (“no ai tagliagole”) e si interroga sulla questione se si debba “sempre e comunque piegarsi ai tagliagole” pagando i riscatti, o se facendolo non si rischi di “finanziare nuove imprese criminali”, e dice che l’unico modo possibile per uscirne è “usare l’Europa. Fare, per il caso dei sequestri, ciò che i governi europei hanno sempre fatto per tante altre cose. Non posso adottare una certa linea di condotta perché la mia opinione pubblica, il mio Parlamento, eccetera, me lo impedirebbero? Benissimo, faccio adottare quella linea di condotta alle istituzioni europee e ad essa mi adeguo. In seguito, di fronte alle eventuali proteste nazionali, potrò sempre dire ‘mi spiace, non è colpa mia. Me lo ha imposto l’Europa’. È un giochetto che i governi europei hanno praticato per decenni anche in rapporto a cose assai meno importanti”. Occorre insomma “elaborare, e imporre ai governi, una linea dura, e condivisa, in materia di sequestri: non si paga più”.

Antisemitismo, Boko Haram, Israele

Su La Repubblica, pagina 8: “Antisemitismo, l’allarme dell’Onu”. Così viene riassunta la dichiarazione di Jan Eliasson, vice segretario generale Onu che, durante una cerimonia in memoria delle vittime della Shoah, ha denunciato un “preoccupante aumento in Europa” dell’antisemitismo e ha citato “le politiche si polarizzazione” come “fattor e chiave nella discriminazione, il pregiudizio e la violenza”. Questo incide -ha detto- anche “nella crescente tendenza a discriminare i musulmani”. E “preoccupa anche il sentimento anticristiano in molti luoghi”, ha aggiunto. Il vicesegretario Onu imputa l’antisemitismo e la discriminazione contro i musulmani al “prolungato conflitto fra israeliani e palestinesi che ha contribuito ad acuire sfiducia e falsi stereotipi” e all’inasprirsi della “retorica contro l’immigrazione, nonostante i contributi dei migranti alle nostre società”. Il quotidiano intervista Natan Sharansky, l’ex dissidente sovietico emigrato poi in Israele, che ora dirige l’Agenzia Ebraica, ovvero l’ente che si occupa dell’arrivo degli ebrei in Israele: “Aumenta l’intolleranza e sempre più ebrei lasciano l’Europa”, afferma Sharansky. Spiega che “il numero dei cittadini francesi ce hano deciso di emigrare all’estero negli ultimi anni è in costante aumento, un milione e mezzo di cittadini francesi vivono in questo momento fuori dai confini della Francia: in Gran Bretagna, in Belgio, begli Stati Uniti o in Canada”, “gli ebrei che arrivano qui lo fanno per motivi personali, religiosi, culturali, spirituali -evidenziando in molti casi anche l’atmosfera di intolleranza e i violenti incidenti antisemiti di cui sono vittime. Non generalizzerei parlando di un’ondata anti-ebraica in Europa, ma non vi è dubbio che vi sono molti posti in cui molti ebrei -non tutti- sentono di non essere ben accetti”. Alla pagina successiva, un intervento di Timothy Garton Ash dedicato alla destra xenofoba che in Germania manifesta da mesi in città come Dresda: “La destra xenofoba soffia sul fuoco, così gli estremisti sono più pericolosi”, “Il fenomeno Pegida, il movimento tedesco anti-immigrazione che si batte per un’Europa “patriottica”, rischia di radicalizzare la minoranza musulmana che non vuole integrarsi e punta a combattere l’Occidente. Bisogna interrompere questo circolo vizioso”. Secondo un sondaggio il 57% dei tedeschi non musulmani considera l’Islam una minaccia: è un dato che sconvolge, scrive Ash, spiegando anche che alcuni partiti -come la Cdu e i conservatori britannici- hanno virato a destra per recuperare certi elettori.
Su La Stampa, un’intera pagina è dedicata al fronte africano del terrorismo: “Boko Haram colpisce in Cameron”, scrive Francesca Paci, raccontando che sono state rapite ottanta persone e che cinquanta fra loro sono minori. Sono state bruciate chiese e distrutti interi villaggi. “I perché di una disfatta” è il titolo di un’analisi di Maurizio Molinari, che si sofferma sulla capacità di Boko Haram di controllare vaste regioni del Nord Est della Nigeria attraverso brutali violenze di massa :tutto questo si spiega con il fallimento degli sforzi militari, con la corruzione dilagante nell’esercito stesso e con le rivalità interne al Paese. La speranza contro i terroristi jihadisti è un amissione africana con l’aiuto di Parigi. E Washington ha tolto il sostegno al governo nigeriano perché ha usato le armi sui civili.
Il Corriere: “Siria, raid di Israele su Hezbollah. Ucciso il figlio del leader militare”. “Il padre, Ismad Mughiyeh, era stato eliminato nel 2008. Morti almeno altri otto miliaziani”. Il raid è stato fatto in Siria, dove militanti sciiti di Hezbollah “combattono a fianco dell’esercito di Assad su ordine degli iraniani”. Una fonte anonima ha confermato alla Reuters che l’attacco è israeliano, ma come in passato il governo è rimasto in silenzio.

Cofferati, Quirinale, Pd

La Repubblica dedica al “caso Cofferati” due intere pagine: “Il caso Cofferati divide il Pd. La minoranza Dem attacca: ‘Peserà anche sul Quirinale’”, “I renziani preferiscono abbassare i toni. Civati pronto a una lista di sinistra con Sel. Il governatore Rossi: ‘L’ex Cgil sbaglia’”. Il quotidiano intervista lo stesso Cofferati, che dice: “E’ un partito alla frutta, il modello Renzi compra i voti”, “vogliono esportare in Liguria il modello nazionale renziano delle larghe intese con il centrodestra comprando i voti”, “Non mi dimetto da Strasburgo perché quei 120mila voti sono miei”. Dice Cofferati: “Era stata pianificata una vittoria a tavolino, con l’appoggio del centrodestra” (la vittoria poi attribuita alla candidata Paita, ndr.), “alcuni suoi esponenti, come il segretario regionale Ncd Staso, l’ex senatore forzista Orsi, il fascista Minasso, lo avevano pubblicamente dichiarato”. Perché ha denunciato irregolarità solo alla fine delle primarie? “Ma io per un mese e mezzo ho informato la Serracchiani e Guerini, i due vice di Renzi, dello scempio che si stava consumando in Liguria, dei rischi di inquinamento del voto, della partecipazione organizzata del centrodestra con Ncd e anche Forza Italia alle nostre consultazioni” ma, sostiene, non c’è mai stata alcuna risposta.
Il quotidiano intervista Dario Nardella, sindaco di Firenze: “Sergio incoerente, ci ha proprio usato come un autobus. Minoranza meschina”, “Il caso Liguria non diventi un modo per consumare vendette sul Colle”.
Il Fatto: “Il Pd è pronto a epurare chi sta con Cofferati”.
La Stampa intervista il presidente del Pd Matteo Orfini, che dice: “Credo che Cofferati abbia sbagliato e spero che, ripensandoci a freddo, possa tornare sui suoi passi. Ci sono stati comportamenti inaccettabili nelle primarie e alcuni seggi sono stati annullati: ma arrivare a lasciare il Pd mi sembra una scelta inammissibile”. Il voto ligure ha ucciso le primarie, come dice Cesare Damiano? “Noi alle primarie non vogliamo rinunciare- risponde Orfini- ma hanno bisogno di manutenzione. Che a primarie del centrosinistra partecipino politici di centro-destra non è normale”.
Sulla stessa pagina, un articolo di Fabio Martini: “Le due spine di Renzi. Effetto Cofferati a sinistra e calo di voti a destra”, “Sceso al 34,8% nei sondaggi, e Fassina lo avvisa: la minoranza farà barricate sul Capo dello Stato”.
Su La Repubblica: “Renzi-Bersani, patto a due per scegliere il candidato, già fissato un incontro. La sfida Amato-Mattarella”, “Il capo del governo: ‘Se ho l’appoggio di Pierluigi, il Pd è unito’. L’ex leader: ‘Ma non voglio essere manipolato, riparto da Prodi’”. Il quotidiano intervista il capogruppo di Fi al Senato, Paolo Romani: “Possibile l’elezione al primo colpo, ma Brunetta ci sta indebolendo”, dice, riferendosi al capogruppo di Forza Italia alla Camera.
La Stampa: “Berlusconi ferma il documento dei parlamentari ani Brunetta”, “Scritto da Romani, bloccato dopo il pressing di Fitto. Il capogruppo: ‘Mi sfiducino se hanno il coraggio'”.
Il Fatto, pagina 2: “Nazareni e ‘napolitani’ vanno dritti su Amato”, “Sul Corriere Sabino Cassese si sfila dalla corsa e lancia il Dr. Sottile, il preferito di Napolitano”.
Il Corriere della Sera: “E Landini lo candida: ‘Sergio può diventare lo Tsipras italiano’. ‘Dobbiamo andare oltre gli schemi classici'”. Landini dice di non sapere se quello di Syriza è “un modello esportabile”, ma certamente “un personaggio del carisma di Cofferati, con le sue grandi qualità etiche e morali, può certamente contribuire ad accelerare un percorso simile anche qui. Dove pure è necessario andare oltre l’idea di sinistra classica”. Sulle primarie dice che “dobbiamo prendere invece atto che è uno strumento che allontana i giovani e porta alle dimissioni persone come Sergio, che quel partito ha addirittura contribuito a fondarlo”, perché “prevalgono lobby e logiche di potere”. Landini cita anche il sondaggio pubblicato ieri dal quotidiano milanese, “con il Pd che è in caduta libera e con il governo che non gode più di tanti consensi”.
Il sondaggio viene citato oggi in un articolo su Il Giornale: “La sinistra è già colata a picco. Il centrodestra unito può vincere”. Le due coalizioni sarebbero divise “soltanto da due punti”, “cresce la Lega, tiene il M5S, la fiducia in Renzi scivola al 44 percento”.
Sul Corriere un retroscena di Maria Teresa Meli: “Renzi preoccupato per le tensioni. Ma non dà spazio alla minoranza”. “I timori per l’uso strumentale dello strappo di Cofferati e gli effetti sui cittadini”. Si legge che “il premier non ritiene che l’ex segretario della Cgil abbia il carisma per diventare il leader incontrastato di una nuova formazionedi sinistra”. Ma quel che teme è la “campagna che viene fatta, cavalcando questo strappo in un passaggio così delicato”, con le elezioni del Presiente della Repubblica imminenti.
Su Il Giornale: “La fronda Pd minaccia: Cofferati al Colle. I ribelli piddini affilano le armi in vista del voto per il Quirinale e si coalizzano con Sel sul nome dell’eurodeputato”. Secondo il quotidiano “potrebbero votarlo civatiani e Sel per piazzare la bandierina del nuovo partito”.

Bce

Sul Sole 24 Ore una pagina è dedicata ai “vantaggi e rischi del Quantitative easing”, dove si legge che “la creazione di moneta accresce la liquidità delle banche e la convenienza per gli Stati a collocare titoli pubblici”. Il fatto che le banche abbiano più liquidità “non vuol dire automaticamente che presteranno di più all’economia reale”, nel senso che “si può offrire da bere al cavallo ma non lo si può costringere a ber e se le imprese non chiedono soldi perché non vedono la domanda dietro l’angolo, il fatto che le banche abbiano più liquidità non ha molta importanza”.
Sul Corriere un commento di Ricardo Franco Levi si sofferma sui rilievi della Corte Costituzionale tedesca, e sul recente parare della Corte di giutizia europea: l’avvocato generale della Corte Villalon ha affermato che l’acquito di titoli pubblici per salvare l’euro è compatibile con la legge europea. Ma il problema resta quello della modalità di acquisto e anche della quantità, perché la Corte costituzionale tedesca ha per ora solo sospeso il suo giudizio sugli strumenti adottati dalla Bce. “Il cavillo tedesco che minaccia Draghi” è il titolo del commento.
Anche l’editoriale del quotidiano di Confindustria, firmato da Carlo Bastasin, è dedicato al “Qe di Draghi” e alla “lezione ameriacana”. Si ricorda “aumentano le voci di chi ritiene che nell’area euro il Qe non avrà grandi effetti”, perché  negli Usa “secondo ricerche recenti (tra le altre quelle di Kohn e di Gagnon), le operazioni della Fed hanno ridotto il livello reale dei tassi d’interesse a lungo termine e il tasso di cambio del dollaro. La crescita Usa è oggi vigorosa, nonostante la politica di bilancio sia dal 2011 neutrale o restrittiva. Il fatto che i tassi di interesse a lungo termine siano stati sempre inferiori al tasso di crescita ha consentito di ridurre i debiti di imprese e famiglie senza frenare investimenti e consumi”, mentre in Europa  gli scettici ritengono che “un sistema bancocentrico” come quello del vecchio continente “sia meno efficace nell’influenzare il prezzo delle attività a lungo termine. Le banche europee continuerebbero a non concedere credito e a ridepositare la liquidità presso la Bce”.
Proprio agli Usa, e al “nuovo fisco” di Obama è dedicato un approfondimento sul Corriere della Sera. Massimo Gaggi scrive che “Obama va alla guerra delle tasse”, prevedendo imposte più alte sui capital gain (dal 23 al 28 per cento) da redistribuire al ceto medio sotto forma di sgravi fiscali per le famiglie con figli: “soprattutto il college gratis per quasi tutti gli studenti e l’aspettativa di paternità pagata”. Obama annuncerà il tutto al discorso sullo Stato dell’Unione. Dopo la sconfitta alle elezioni di Midterm, “col Congresso ora totalmente controllato dalla destra, la Casa Bianca ha pochi margini di manovra, ma il presidente ha deciso ugualmente di lanciare una controffensiva”. La manovra annunciata è di circa 320 miliardi di dollari in dieci anni, “senza aumenti delle aliquote sui redditi da lavoro o riduzione di sgravi oggi molto generosi come quelli sui mutui-casa”. Improbabile che tutto il piano entri in vigore, solo per una parte potrà usare i poteri presidenziali, e per il resto “dovrà affidarsi al voto del Congresso dove alcuni repubblicani hanno già bocciato le sue proposte. Ma la destra deve stare attenta: Obama punta su misure condivise in passato anche da esponenti conservatori e le inserirà nel bilancio che presenterà il 2 febbraio. A dire no su tutto i repubblicani rischiano di finire in rotta di collisione col ceto medio”.

E poi

Il Corriere della Sera racconta la “messa più affollata della storia” ieri a Manila, per l’ultima tappa del viaggio asiatico del Papa. Una analisi di Luigi Accattoli enfatizza il numero di presenti (7 milioni) e scrive che “osservando quella folla, che nessuno poteva contare, veniva da chiedersi se è ancora possibile che il Vangelo di Cristo sia inteso da vaste moltitudini, quasi da un intero popolo. Stenteremmo a crederlo, disincantati come siamo e allertati da mille vicende contraddittorie del nome cristiano, ance se lo stesso spettacolo l’acessimo a osservare, domani e dopo, in ogni altro Pese del Sud del pianeta che sarà visitato da Papa Francesco”. Accattoli ricorda di esser stato alla visita di Woytila a Manila del 1995, “e anche allora si parlò di milioni di persone”, e “sembra incredibile che ieri possano essere state ancoa di più. Le statistiche del Cristianesimo ci hanno abituato a progressive contrazioni, mentre laggiù i numeri e l’entusiasmo paiono accrescersi”.
Da segnalare su Il Giornale una intervista a Giorgio Forattini, che vive a Parigi, nel Marais, non lontano dalla redazione diCharlie Hebdo. “La sinistra è come l’Islam, chii dissente è perseguitato”, il titolo.