Una notizia che i quotidiani non hanno fatto in tempo a registrare è quella delle dimissioni del ministro delle Finanze greco Varoufakis: le ha annunciate sul suo blog e le ha giustificate con la volontà di aiutare il premier Tsipras nella trattativa (“subito dopo l’annuncio del risultato del referendum, sono stato informato di una certa preferenza da parte di alcuni partecipanti all’eurogruppo, e di partner ‘assortiti’, per la mia assenza dai loro incontri. Un’idea che il premier ha ritenuto potrebbe aiutarlo a raggiungere un accordo”).
Le aperture
Il Corriere della sera: “Il No greco spaventa l’Europa. Vittoria al referendum con il 61 per cento. Tsipras: subito un nuovo accordo. Merkel va da Hollande. Domani vertice di emergenza a Bruxelles. Renzi: non solo Berlino e Parigi, ora scelte collegiali”.
“Labirinto ellenico” è il titolo dell’editoriale firmato da Federico Fubini.
A centro pagina: “Un piano della Bce per evitare il caos. Il governo: nessun timore di contagio”.
A fondo pagina: “Una cattedra per l’umanità a Medicina. La svolta del dipartimento di Oncologia di Milano: capire la sofferenza (e la persona).
La Repubblica: “Grecia, schiaffo a Bruxelles”, “Referendum, il 61% dice no. Atene fa festa in piazza. Tsipras: taglio al debito”, “Il gelo della Germania: ‘Avete rotto l’ultimo ponte”. La Merkel vola da Hollande”, “Domani vertice europeo. Renzi: decisioni collegiali. Rischio mercati, il piano Bce”.
Gran parte della prima pagina è dedicata ai commenti sull’esito del referendum in Grecia: “La sinistra in trappola” (Marc Lazar), “Uno scontro di valori (Andrea Bonanni), “I due fronti di Matteo” (Stefano Folli), “Alexis e lo scacco alla Regina” , da intendersi come Merkel (Ettore Livini), “La pistola puntata di Berlino” (Alberto D’Argenio), “La Babele delle lingue” (Adriano Sofri).
A fondo pagina: “L’Iran apre agli ispettori dell’Onu, sul nucleare l’accordo è vicino”, “Svolta nella trattativa con Teheran”, dell’inviato a Vienna, dove si tengono i negoziati, Daniele Mastrogiacomo.
In prima anche il viaggio di Papa Francesco in Sudamerica: “Il Papa in Ecuador, ‘Non dimenticare i deboli del mondo è la sfida di domani’”, “Francesco ritorna nel suo continente”.
La Stampa: “La Grecia dice no, Ue con il fiato sospeso”, “Tsipras: subito a Bruxelles per riaprire la trattativa, vogliamo un’intesa per uscire dall’austerity. Il vice Cancelliere tedesco: distrutto l’ultimo ponte. Mattarella: scenari inediti, serve responsabilità”.
I commenti: “Il futuro possibile per l’Unione” (Stefano Stefanini), “Attenti a quei due, la sfida ricomincia” (Tonia Mastrobuoni), “Da Draghi ossigeno per due settimane” (Stefano Lepri).
Sul tema anche l’intervista all’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue Romano prodi: “Saranno Cine e Usa a salvare l’euro”.
E le reazioni in Italia: “Renzi rilancia: che modello sono le code in banca?”, di Federico Geremicca.
Il Manifesto, con grande foto di un Alexis Tsipras che esulta e abbraccia gente in piazza: “Eureka”, “Con oltre il 61% dei no la Grecia sceglie di sostenere con forza il negoziato di Syriza a Bruxelles. La gente di Atene scende in strada a festeggiare. Ma la Germania, a cominciare dalla Spd, chiude le porte a Tsipras. Il vicecancelliere Gabriel: ‘Un compromesso ormai è impossibile’”.
Il reportage da Atene è firmato da Angelo Mastrandrea: “In fila ai seggi, senza paura. Poi tutti in piazza, padri e figli”.
“Lo schiaffo di Atene” è il titolo dell’editoriale del direttore, Norma Rangeri.
Sulle reazioni: “Vertice Merkel-Hollande. Il puzzle ellenico sul tavolo dell’eurozona”. E in Italia: “Renzi perde il suo derby. La sinistra lo attacca”.
In prima il richiamo ad un’intervista a Mariana Mazzucato: “La proposta di Varoufakis è giusta, battuti gli euroarroganti”.
L’Unità: “Ora ricostruiamo la nuova Europa. La Grecia dice No. Mattarella: ‘Scenari inediti’. Tsipras riapre la trattativa. Si punta a un nuovo accordo e poi a Atene si terrà un altro referendum”. L’editoriale del quotidiano fondato da Antonio Gramsci è firmato da Altiero Spinelli ed Ernestto Rossi: è un brano del loro Manifesto di Ventotene.
In prima anche: “Riforme, rischio blocco. Il pd ‘chiama’ Grasso. Senato, unioni civili, governance Rai: la settimana decisiva”.
Il Giornale: “Vince la Grecia, perde la Merkel. Europa in bilico, Renzi umiliato. Oggi vertice di emergenza tra Germania e Francia, l’Italia resta a casa. Cosa succede ora: Borse a rischio crollo, cresce l’ipotes dell’uscita dall’euro”.
“Bruxelles piange ma Atene non ride” è il titolo dell’articolo di Francesco Forte.
Il Sole 24 ore: Valanga di no dalla Grecia, l’Europa al bivio”. Occhi puntati sui mercati: contatti tra Draghi e i leader europei per decidere su nuovi fondi ad Atene. Nel referendum vince il no con il 61 per cento. La Merkel oggi da Hollande, pressioni anche italiane per l’eurovertice convocato domani: sul tavolo Grexit o un nuovo piano e riforma delle regole”.
“L’Europa eviti il suicidio collettivo. No a Grexit” è il titolo dell’editoriale di Adriana Cerretelli. “Subito un prestito ponte” il titolo di un altro articolo nella parte alta della prima pagina, che offre anche un “colloquio” con l’ex presidente Ciampi: “Ciampi: riflettere sull’idea di Europa, serve il fondo unico salva-debiti”.
“Padoan: lavoreremo alla ripresa del dialogo, conta l’economia reale”.
A centro pagina :”Allerta per Borse ed euro. Dall’Asia le prime vendite sulla moneta unica che scende sotto 1,10 sul dollaro. Sui Btp si alza lo scudo Bce. Pressione sui titoli bancari”.
Grecia, banche, Bce
Su La Stampa Stefano Lepri si chiede: “Come si fa a mandare avanti una economia senza banconote? Molti greci hanno votato no perché ‘peggio di così non può andare’. Purtroppo potrà andare ancora peggio: supermercati vuoti, pompe di benzina chiuse, nessuno salda i conti”. Le banche greche “non sono in grado di riaprire stamattina né lo saranno domani. Entro pochi giorni alla mancanza di liquidità potrebbe subentrare une vera e propria insolvenza. Senza l’appoggio di emergenza della Bce, le banche sono già in linea di principio fallite. La Bce, che si riunisce stamattina, riceverà dalla Banca di Grecia una richiesta di aumento. In queste prime ore del dopo-no Mario Draghi è appunto il più esposto. La Bce in materia ha delle regole assai tecniche da seguire che ora tutti si sforzano di interpretare. Dalla parte opposta, la Bundesbank tedesca da settimane premeva già per ridimensionare l’Ela (questa la sigla tecnica dell’aiuto di emergenza); in Germania ieri c’era chi chiedeva di troncarlo subito. La bussola di Draghi -scrive ancora Lepri- resta che il caso è politico e tutte le decisioni rilevanti saranno prese dai governi. Ma ora il suo sforzo di equilibrio diventa sempre più difficile. Aumentare l’Ela no si può, tenerlo invariato lascia le banche greche in difficoltà. Uno che se ne intende, l’ex ministro del Tesoro Usa Larry Summers, invita a una ‘improvvisazione costruttiva’. Con un po’ di fantasia si potrà andare avanti fino al 20 luglio, quando il mancato pagamento del debito verso la Bce renderà inevitabile tagliare i legami, perché l’Ela non può essere garantito dai titoli di un Paese insolvente. Di conseguenza le quattro banche più grandi della Grecia, vigilate da Francoforte (cioè la Bce, ndr.), saranno dichiarate fallite; il governo potrebbe nazionalizzarle, ma poiché non ha denari dovrebbe appunto espropriare una parte dei depositi oppure avviare il ritorno alla dracma”.
Su La Repubblica: “Bce day, i prestiti alle banche non potranno aumentare. Pronto il piano anti-contagio”, “Oggi il board della Banca centrale europea dovrà decidere se dare più o meno ossigeno al sistema creditizio ellenico. Probabile un congelamento. Strategia salva-euro con acquisto titoli e scudo anti-spread”, “Difficile dire sì alla richiesta di Tsipras. Il board vuole invece maggiori garanzie. Pressing per la chiusura degli sportelli”. A scriverne è Alberto D’Argenio, che spiega come la Bce tramite l’Ela negli ultimi mesi ha versato 89 miliardi di liquidità agli istituti ellenici in cambio di una serie di collaterali in garanzia del prestito. E per tutelarsi, rispetto al sempre più probabile default potrebbe chiedere alle banche più garanzie per mantenere aperta la linea di credito. Secondo D’Argenio oggi sul tavolo del direttivo della Bce ci saranno quattro opzioni: chiudere l’Ela, pretendere subito il rimborso degli 89 miliardi e mandare in defalut Atene prima ancora che partano i negoziati: “scelta da escludere, il fischio finale non spetta a Draghi ma ai politici che, salvo incidenti, avranno tempo fino al 20 luglio, giorno in cui Atene andrà tecnicamente in bancarotta”. Dunque “l’opzione più accreditata a ieri sera” era quella di una “Bce ferma, che non alza e non taglia il tetto degli 89 miliardi. Certo, le banche greche ormai hanno esaurito quei soldi e difficilmente potranno riaprire. Ecco perché da Francoforte pensano che ‘a questo punto le banche greche resteranno chiuse sine die’. Poi, se ci saranno sviluppi nel negoziato politico, Francoforte farà la sua parte versando nuova liquidità e facendo tornare alla normalità la Grecia”.
Sul Sole si parla di “rischio nazionalizzazione” per le banche greche, in particolare per le quattro maggiori (NAtional bank of Greece, Piraeus Bank, Alpha ed Eurobank). Senza una rapida iniezione di contante da parte della Bce il miliardi di euro che hanno in cassa potrà bastare per quialche giorno. E in mancanza di un accordo in tempi rapidi al governo in carica non resterebbe che emettere degli IOU, che sta per I owe you, ovvero dei “pagherò” a pensionati e dipendenti pubblici. La decisione sarebbe l’anticamera di una moneta parallela.
Ancora sul Sole Isabella Bufacchi ricorda che il mancanto pagamento nei giorni scorsi di 1,6 miliadi che la Grecia deve restituire al Fondo Monetario Internazionale “non ha scatenato l’inferno”. E’ stata la prima volta che un Paese non emergente non ha rispettato un impegno con l’Fmi eppure questa mancanza non ha rappresentato una insolvenza, e non si è avverato alcun effetto domino. “Diverso sarebbe il caso del non pagamento dei titoli di Stato greci acquistati dalla Bce nell’ambito del Securities Markets programme, acquisti che servirono ad abbassare i rendimenti e ad aiutare la Grecia agli inizii della crisi del debito sovrano”. Se la Grecia non rimborsasse i bond presso la Bce “si verificherebbe un default vero e proprio, e questo coinvolgerebbe a catena tutti i titoli di Stato emessi dalla Grecia e utilizzati come garanzia colaterale dalle banche greche per finanziarsi presso l’Eurosistema (anche per la linea di emergenza Ela eorgata dalla Banca centrale greca). In sostanza il default sui titoli di Stato greci, con immediato declassamento di rating, costringerebbe la Bce ad aumentare l’haircut sui titoli stessi e con tutta probabilità a richiedere alle banche greche la restituzione della liquidità concessa (34 miliardi di standard e 89 con l’Ela). Le banche sarebbero costrette a chiedere un intervento dello Stato per essere ricapitalizzate”. Ma anche lo Stato è in defalt, e non sarebbe in grado di intervenire.
Per restare sul Sole Alessandro Merli (“Ma il nodo della Grecia va risolto dalla politica”) ricorda il dilemma della Bce: se deciderà di non concedere altra liquisità alle banche greche ne prolungherà la chiusura. Se decidesse di concederla sarebbe accusato dai fautori del rigore nei confornti di Atene. La capacità di mediazione di Draghi ha come tempo limite il 20 luglio, la data entro la quale Atene deve rimborsare alla Bce 4,2 miliardi di euro di bondo acquistati per fronteggiare il precedente picco della crisi. Oggi il risultato del referendum che è andato nel verso opposto a quello sperato da buona parte dell’Europa, “indica inequivocabilmente che il governo con cui il cancelliere e gli altri leader europei dovranno continuare a trattare nei prossimi mesi è quello di Syriza”.
Grecia, Europa, Germania
In prima su Il Manifesto l’editoriale del direttore Norma Rangeri: “Eureka. La piccola Grecia ha mantenuto la promessa e il suo leader ha vinto la scommessa dando una splendida lezione di democrazia all’Europa intera. La vittoria non annulla i problemi che la Grecia ha di fronte, ma da oggi non è in campo solo il governo di una sinistra radicale, bollata come inaffidabile. E’ in prima linea un popolo intero”. Rangeri sottolinea poi che “i politici conservatori”, in testa a tutti Merkel e Juncker, dovrebbero “trarne le debite conseguenze”, perché il voto in Grecia “chiede un’Europa diversa”. E “alle nostre latitudini vogliamo vedere cosa sarà capace di arzigogolare il presidente del Consiglio” Renzi, “tra i primi a sparare contro la scelta di Tsipras”, a suo dire “antieuropeista”: “se prima del referendum il suo allineamento dietro le giacche colorate di Merkel era imbarazzante, adesso è indecoroso sostenere una posizione di subalternità di fronte agli elettori che ancora considerano il Pd un partito di centrosinistra”. Infine, Rangeri sottolinea che le notizie sul “testa a testa” con cui si sono “bombardati” gli elettori su giornali e tv, erano opera “come abbiamo scoperto” dell’ufficio marketing del centrodestra di Samaras: “che le tv private greche siano state megafoni di Samaras è grave ma non sorprendente. Che le stesse parole d’ordine siano state replicate da tanti media (Corriere della Sera in testa) italiani è purtroppo una conferma”.
Sul Corriere è Federico Fubini a firmare l’editoriale. Scrive che il referendum di ieri segna “un salto di qualità e spiega in parte perché ci sentiamo tutti piombati in questo labirinto ellenico. Il dramma della Grecia si è scaricato sugli altri Paesi con una potenza emotiva senza precedenti, ma in Italia e in Spagna più che altrove perché in questi Paesi il No ha riscosso il sostegno più forte: quello di M5S e di Podemos”. “Guidati dalla Germania, i creditori hanno cercato di sanzionare la condotta irresponsabile della Grecia anche per fermare il contagio della sua politica anti-sistema. L’inflessibilità era intesa anche come messaggio agli elettori di altri Paesi. Atene è diventata un simbolo così potente che pochi si sono accorti che nel frattempo il suo governo stava cambiando natura: da forza di sinistra, a partito della nazione tutto ‘dignità’, intimidazioni ai poteri indipendenti e ammiccamenti al ruolo dell’esercito per mantenere l’ordine. Ora la Grecia si è auto-imposta la sua sanzione. Ma se Angela Merkel pensa che l’ulteriore disastro sociale che aspetta quel Paese raffreddi le forze anti-sistema altrove, rischia nuove delusioni“, perché “non si gestisce l’euro con le sanzioni esemplari. All’alienazione degli elettori che si sentono privati dei diritti economici, si risponde con un’integrazione non più solo monetaria ma politica e più attenta al dolore degli esclusi. Tsipras ha scelto il salto nel buio. A maggiore ragione chi è più forte in Europa adesso deve far prova di forza tranquilla e maggiore senso di responsabilità: spetta ai leader di oggi dimostrare che l’Europa è più forte dei suoi dèmoni di ieri”.
In prima su La Repubblica il corrispondente da Bruxelles Andrea Bonanni scrive che “l’errore più grave che potrebbero commettere gli europei sarebbe di lasciare che siano la Bce, il Fmi e gli automatismi insiti in un meccanismo di default a decidere le sorti di Atene costringendo il Paese a stampare un’altra moneta. Quello che ci arriva dal referendum è un messaggio altamente politico. Merita, anzi esige, una risposta altrettanto politica. Alla luce dei risultati del voto, tenere la Grecia nella moneta unica non sarà facile. Potrebbe, sotto molti punti di vista, perfino rivelarsi sbagliato. Ma la decisione ha tali e tante implicazioni sul futuro del progetto europeo, sul nostro futuro di cittadini, che non può essere lasciata nelle mani di tecnici, per quanto brillanti e visionari come Mario Draghi”.
Su La Repubblica, pagina 6: “Berlino chiude le porte: parliamo ma non ci saranno compromessi”, “Raffica di vertici: la Merkel va da Hollande ma i leader europei scettici: ‘Atene ha perso ogni credibilità’. Niente concessioni sul taglio del debito, al massimo una breve dilazione”. E l’inviato ad Atene Ettore Livini racconta i bancomat e supermercati “controllati dalla polizia”. E dà conto delle dichiarazioni del socialdemocratico tedesco Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo (che aveva invitato i greci a votare ‘sì’ all’accordo con i creditori): “penso che domani o al massimo martedì dovremmo discutere un piano di aiuti umanitari per la Grecia. La gente comune non dovrebbe pagare il prezzo della situazione drammatica in cui l’ha portata il governo”.
La Stampa, pagina 4: “L’ira di Berlino: ‘Tispras ha rotto l’ultimo ponte verso l’accordo’”, “Il vicecancelliere Gabriel: con il ‘no’ è difficile immaginare negoziati sugli aiuti”. Gabriel (vicecancelliere socialdemocratico), ha detto: “è arduo immaginare un nuovo piano di salvataggio”, “Tsipras sta guidando la Grecia su un cammino senza speranza” e ha “buttato giù l’ultimo ponte verso un compromesso”.
“La sinistra in trappola” è quella descritta, ancora su La Repubblica, da Marc Lazar: che si occupa della “sinistra della sinistra” sbarcata ad Atene nel fine settimana e che vuole pesare sul dibattito interno al senso ai partiti della sinistra riformista e invertire i rapporti di forza: “è l’ambizione di Stefano Fassina, di Pippo Civati e altri in Italia, o di Jean-Luc Mélenchon in Francia con il Front de Gauche”. Questa “sinistra della sinistra può dare concretamente fastidio, avvantaggiando notevolmente la destra e le altre forme di populismo. Ma un’altra cosa certa è che la sua stessa esistenza solleva interrogativi di fondo che la sinistra riformista ormai non può fare a meno di risolvere: quale democrazia, quale politica economica, quale modello di crescita, quale tipo di lavoro, quale società, quale Europa, quale partito o ancora quali elettori vuole la sinistra?”.
Il Manifesto intervista l’economista Mariana Mazzucato, che dice: “Il referendum greco sancisce il fallimento totale delle politiche di austerità”, “fintanto che la Germania non ammetterà che problemi di solvibilità non sono uguali a problemi di liquidità, e che questi non si risolvono con credito ma con un aumento degli investimenti strategici, non si andrà da nessuna parte”, “quel che conta non è l’entità del deficit, ma la sua composizione. In Grecia come in Italia, il deficit rappresenta la conseguenza e non la causa del problema, che invece risiede nella bassa crescita e nell’elevata disoccupazione”.
La Stampa intervista l’ex premier Romano Prodi: “L’Europa si è persa per strada -dice- Cina e Usa eviteranno il crollo dell’euro”, “Se non diventa un’autorità federale sarà fatta a pezzi dagli Stati”, “A salvare l’Europa, una volta ancora, sarà una forza esterna che ci costringerà a un compromesso”, “La Cina è interessata ad avere contrappesi al dollaro ed è convinta che l’euro sia d’aiuto”.
Su La Repubblica, l’analisi di Adriano Sofri: “Tra Atene e Berlino battaglia delle lingue, così l’Europa è diventata Babele”, “le parole della politica contro quelle dell’economia, il Vecchio continente ha bisogno di ritrovare un vocabolario comune”.
Sul Corriere una conversazione di Stefano Montefiori con il ministro dell’economia francese Emmanuel Macron: “Questa Unione è finita. Ora integrazione politica e solidarietà tra Paesi”. “La nostra responsabilità sarà di non fare il trattato di Versailles della zona euro. L’uscita della Grecia dalla zona euro non è la soluzione per i nostri problemi”.
“Renzi tagliato fuori si sveglia: basta asse Francia-Germania”: è il titolo di un articolo sul Giornale. “Il premier, escluso dal verticde Merkel-Hollande di oggi a Parigi, è stato tra i più decisi a chiedere la convocazione dell’Eurogruppo di domani. Padoan a Palazzo Chigi”.
Il Corriere intervista Graham Watson, presidente dell’Alde, l’Alleanza dei democratici e liberali europei. I greci con il no “hanno scelto di vivere in una logica non di mercato, di non prendere le misure necessarie per affrontare problemi vecchi di anni, quelle già prese con sacrificio ma con successo dall’Irlanda, dal Portogallo, dalla Lettonia”.
Grecia, sinistra e destra, Italia
Su L’Unità una analisi di Pietro Reichlin, che scrive che “questo referendum non è la scelta che avrebbe dovuto fare una sinistra seria che crede nella democrazia rappresentativa e nella responsabilità di un governo eletto di guidare un Paese, componento le contrapposizioni e frenando i populismi. Da oggi in poi dovremmo avere un referendum in ogni fase critica del futuro confronto negoziale?”.
Sul Corriere prosegue il “diario ateniese” dello scrittore Apostolos Doxiadis: scrive che “il governo ha posto al popolo una domanda fasulla: siete d’accordo con le misure di austerità che i creditori europei e internazionali vogliono imporci? Più o meno come chiedere a un individuo una cosa del genere: vuoi ricevere metà del tuo stipendio?”. “Il referendum aveva una finalità nascosta”, serviva “a concedere al governo una via d’uscita dal vicolo cieco in cui si era cacciato dopo le sue infinite promesse”.
Sul Sole un colloquio con Dino Pesole sull’Europa: “Ciampi: svolta su crescita, occcupazione e investimenti, la parola a governi e istituzioni europee”. Pesole scrive che Ciampi ha accettato di parlare “dopo non poche resistenze”. “E’ tempo di una vera svolta all’insegna di almeno tre priorità assolute: crescita, occupazione e investimenti”. “I vincoli imposti solo dalla disciplina di bilancio, fondamentali per assicurare sostenibilità ai conti pubblici negli anni della più violenta crisi che ha scosso le fondamenta dell’intera costruzione europea” devono ora “coniugarsi con politiche volte allo sviluppo”. Sull’euro: “Se non ci fosse stato l’euro saremmo in guai molto più seri”, “l’euro è un processo irreversibile”, “ma non si può far gravare sulla Bce, di fatto l’unica istituzione europea veramente federale, la responsabilità di far fronte alla crisi cn il solo strumento della politica monetaria”.
Sul Corriere vengono intervistati Debora Serracchiani e Matteo Salvini, rispettivamente “pro Unione” e “anti Unione” europea. Serracchiani: “Ora Tsipras dovrà riprendere i negozaiati, anche se crfedo che le condizioni pongano ormai la Grecia fuori dal sistema euro”. “L’Europa non ha più alibi, deve mettere da parte l’austerità e puntare sulla crescita, come ha iniziato faticosamente a fare”.
Salvini: “Non ho intenzione di mettermi la maglietta di Tsipras. Certo, è stato coraggioso. Ma non è l’eroe dei due mondi. Anzi, lo trovo ipocrita. Non vuole andare fino in fondo. Vorrebbe rimanere nell’Ue per continuare a ciucciare i soldi. Non soltanto senza pagare il debito ma anche senza mettere in discussion i trattati. L’Italia non è la Grecia: noi paghiamo, loro ciucciano”.
Sul Giornale editoriale di Alessandro Sallusti: “La Grecia ha votato e ha detto no a questa Europa. Che cosa succederà ora lo vedremo nelle prossime ore. Nulla di buono, dicono, ma quando un popolo vota non è mai un male. Ho letto da qualche parte che è sovrano, quindi ha facoltà di decidere ciò che meglio crede. Certo, quello greco è un sovrano cialtrone. Ha truccato i conti, ha mentito, ha barato e ora, non pagando i debiti, si è preso pure i nostri soldi” e “si è messo nelle mani di un comunista snob” come Tsipras. Infine: “Se l’Europa cadrà sulla piccola Grecia ci sarà da ridere. Se l’Europa continuerà a finanziare il cialtrone Tipras ci sarà da piangere. Se però l’Europa sarà meno tedesca, allora festeggeremo”.
Alle pagine interne il quotidiano di Sallusti offre la reazione di Berlusconi: “Non bisogna assolutamente permettere che la Grecia esca dall’euro a prescindere dal risultato del referendum”, diceva il Cavaliere durante gli exit poll. “Il Cav auspica la riapertura delle trattative ‘per non compromettere l’unità dell’Europa’. Sul premier greco: ‘Incarna la sinistra peggiore'”.
Governo, riforme
Su L’Unità due pagine sono dedicate ai provvedimenti legislativi all’esame del Parlamento nel mese di luglio. “Riforme, partita doppia con occhi puntati su Grasso. Al via domani in commissione il ddl Boschi. Il Pd chiede l’intervento del presidente: maggioranza sottodimensionata, il pericolo è lo stallo”. Sul provvedimento manca ancora il relatore.
Nella pagina successiva: “Cavallo Rai a rischio congelamento estivo. Battaglia sui tempi per la riforma del servizio pubblico. Il governo vuole cambiare i criteri delle nomine. Fi fa muro”.
Su La Repubblica, alle pagine 14 e 15, le riforme istituzionali e il governo: “Ingorgo in Parlamento per il sì al nuovo Senato, stop su Rai e unioni civili”. E si legge che il ministro delle Riforme Boschi sarebbe “contraria a far slittare a settembre la riforma del bicameralismo”. Alla pagina seguente, in un’intervista, il senatore Pd Vannino Chiti, esponente della minoranza, invoca “Un patto dentro il Pd sulla Costituzione o sarà un Vietnam”. “Il premier -dice ancora Chiti- si è impegnato a individuare nella riforma pesi e contrappesi adeguati”, “L’elettività del Senato va scritta in Costituzione, una leggina non basta, evitiamo di fare pateracchi”.
Papa
Sul Sole il viaggio del Papa in Ecuador, Bolivia e Paraguay: “Il Papa riabbraccia l’America Latina. ‘Nel Vangelo le chiavi per affrontare le sfide attuali'”.
Anche sul Corriere, con l’inviato Gian Guido Vecchi: “Il Papa sulle orme dei gesuiti che si schierarono con gli indios. Povertà , diritti, ambiente i temi del viaggio di Francesco in Sudamerica”.
E poi
Attenzione al negoziato sul nucleare iraniano su La Repubblica: “’Teheran ha aperto anche i siti segreti’, pronta una bozza di intesa sul nucleare”, “Domani scade l’ultimo round, accordo vicino. Gli Usa :veri passi in avanti. Il nodo delle sanzioni”. A scriverne è l’inviato Daniele Mastrogiacomo, che racconta l’attesa nel quartier generale dell’Aiea a Vienna, per far partire il difficile lavoro di verifica dei quaranta ispettori dell’Onu. Una task force, guidata da un italiano, condurrà i controlli a sorpresa nei diciannove reattori iraniani.
Su l’Unità una intervista di Umberto de Giovannangeli a Desmond Tutu. “I muri contro i più deboli sono il nuovo apartheid”. L’arcivescovo sudafricano simbolo della lotta in Sudafrica parla di immigrazione.
Dopo il sequestro disposto dalla magistratura e poi il provvedimento del governo sui cantieri navali di Fincantieri a Monfalcone, un intervento di Chicco Testa su L’Unità: “Esistono alternative alla chiusura degli impianti, basta cercare collaborazione. Anziché chiudere le aziende puntiamo alla riparazione del danno senza fermare le attività”.
Sul tema ieri era intervenuto sul Corriere il vicepresidente del Csm Legnini. Oggi il Corriere torna sull’argomento: “Giudici e imprese, Legnini apre una breccia. Casi Ilva e Fincantieri, le parole del vicepresidente del Csm sulla necessità di tener conto degli effetti dells sentenze. Violante: giusto, riguarda anche la Consulta. Sabelli: ma non può essere l’economia a dettare regole alle toghe”. Due magistrati vengono intervistati: Gianfranco Amendola, procuratore capo a Civitavecchia, un passato da “pretore d’assalto”: “Prioritario tutelare la salute. Tutto il resto viene dopo”. E Giuseppe Maria Berruti, presidente di sezione della Cassazione. “Il magistrato sappia cosa fa. Non ci sono solo i tecnicismi”.
E’ morto Giuseppe Bortolussi, del Cgia di Mestre, “l’anti tasse che smascherava il suo Pd”, “liberale con il cuore a sinistra” per anni ha guidato l’associazione degli artigiani di Mestre che forniva dati e analisi economiche da anni. “Era il paladino dell piccole imprese”, scrive Il Giornale.
Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini