LA CRISI GRECA MINACCIA L’EUROPA. SCONTRI AD ATENE

Pubblicato il 16 Giugno 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Ricatti, arrestato Bisignani. La rete segreta del consulente per condizionare la politica. Inchiesta P4, richiesta di cattura anche per il Pdl Papa. Letta e Bocchino citati nelle carte”. Non mancano “i verbali”, in un altro articolo: “Jaguar, Rolex, soldi e posti alle amanti”. A centro pagina la situazione della maggioranza: “Maroni: non so se si va avanti. Vertice tra Lega e Tremonti. Sfogo di Berlusconi con gli amici su possibili ‘grane’ finanziarie”. Sotto, una intervista a Fini: “Nuovo governo con agenda Draghi”.

La Repubblica: “Spiavo i pm, e informavo Letta”. “Inchiesta P4, arrestato Bisignani. Era un uomo chiave di Palazzo Chigi”. Il faccendiere costruiva dossier e ricatti. Nelle carte Verdini, Bocchino, Tremonti. Chiesto il carcere per il deputato Pdl Alfonso Papa”. A centro pagina la Grecia che “spaventa l’Ue: proteste e scontri a Atene. La crisi precipita, allarme della Bce: rischio contagio”.

La Stampa: “Dossier P4, trema la politica. Manette all’imprenditore Bisignani. Ha detto ai pm: informavo Letta. Il premier: puntano a Gianni? Ci hanno già provato. Chiesta la custodia cautelare anche per il deputato Pdl Papa”. A centro pagina la “rivolta in piazza ad Atene, paura per l’euro”. In alto. “La Lega attacca: ‘Basta soldi per la Libia’. Maroni: al Viminale serve un miliardo”.

Il Giornale: “Pattume anche su Letta. Il tritacarne giudiziario. Il Pm Woodcock arresta il lobbista Bisignani, ma punta in alto. Il Gip: mancano le prove. Ma intanto le carte girano e contengono nomi illustri. Coinvolto anche un deputato Pdl”. Di spalla la politica: “Berlusconi ha pronto un nuovo piano per tagliare le tasse”.

Libero: “500 idee taglia-tasse. Al ministro dell’Economia è sbagliato chiedere miracoli. Ma i margini per recuperare risorse ci sono. Si possono risparmiare miliardi abolendo decine di agevolazioni fiscali ad personam”. A centro pagina. “Adesso tocca a Letta. Inchieste segrete sul sottosegretario”.

Il Riformista: “Crepuscolo. Il centrodestra e il suo capo si incamminano verso un mesto finale. Berlusconi e Bossi: vertice aereo per siglare una tregua prima di Pontida. Ma l’accordo non c’è. Grande paura del Cav per le inchieste. ‘Vogliono farmi fuori con ogni mezzo. Se cade Letta cado pure io”.

Il Foglio: “Elogi di opposizione e mormorii confindustriali per il piano del Tesoro. Rep incornicia il manifesto fiscale e rigorista di Tremonti, l’Udc si adegua. Ma ai commercianti l’Iva non va giù. La tentazione delle rendite”. Di spalla: “Papandreou chiede la fiducia per salvare la Grecia da se stessa”.

Il Sole 24 Ore: “La crisi greca minaccia l’Europa. Scontri ad Atene contro l’austerity. Papandreou cambia il governo e oggi chiede la fiducia. Giù Borse ed euro sui timori di effetto domino. Il Fondo Monetario valuta un piano per l’erogazione di prestiti straordinari”. Di spalla. “Inchiesta loggia P4: arrestato Bisignani, richiesta per Papa (Pdl)”.

Su molte prime pagine anche la notizia che riguarda il ministro Brunetta, che martedì è stato protagonista di una reazione irritata ad una contestazione di precari della pubblica amministrazione durante un convegno. Brunetta ha detto “siete l’Italia peggiore” a coloro che lo contestavano, e ieri ha spiegato con un video e un post sul suo sito che non si scusa, perché vittima di alcuni che hanno “usato la rete come un manganello”. Parlano della vicenda Merlo sulla Repubblica (“Quell’insulto di Brunetta, il ministro dei peggiori”), Sergio Rizzo sul Corriere della Sera (“Brunetta antiprecari, un doppio errore”), Massimo Gramellini su La Stampa (“Il ministro in fuga dalla realtà”).

P4

Scrive il Corriere della Sera che la Procura di Napoli sta indagando su un sistema ribattezzato P4 e volto alla “acquisizione illegale e alla gestione di notizie riservate e secretate inerenti tra l’altro anche delicati procedimenti penali in corso”. I titolari dell’inchiesta, Curcio e Woodcock, hanno chiesto e ottenuto ieri gli arresti domiciliari per Luigi Bisignani.
Richiesta di arresto, che sarà esaminata dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera, anche per il deputato del Pdl Alfonso Papa. Destinatario di una terza ordinanza di custodia cautelare il sottufficiale dei carabinieri Enrico Giuseppe La Monica, che era all’estero quando finì sul registro degli indagati, e non è mai tornato. Bisignani viene indicato dal Gip come “dirigente d’azienda, mediatore e procacciatore di affari”, ma soprattutto come “ascoltato consigliere dei vertici delle più importanti aziende controllate dallo stato, di ministri della Repubblica, sottosegretari e alti dirigenti statali”. Un personaggio “più che inserito in tutti gli ambienti istituzionali e con forti collegamenti con i servizi di sicurezza”. I magistrati hanno contestato agli indagati 19 capi di imputazione. Il Gip non ha accolto la tesi dell’associazione a delinquere. L’accusa per il deputato Papa è di aver offerto protezione giudiziaria a imprenditori e finanzieri finiti nel mirino della magistratura. In cambio della protezione otteneva “molteplici utilità”.

Gli articoli dei quotidiani sono basati sulle “carte” dei magistrati, che conterrebero anche una “confessione” di Bisignani ai Pm. E sulla base delle confessioni di Bisignani, scrive La Stampa, che “pur di non essere arrestato”, ha cercato in questi mesi di convincere i pm napoletani della sua volontà di collaborare alle indagini, come quando ha ammesso candidamente: “Mi chiedete se io informassi Letta delle notizie e delle informazioni riservate di matrice giudiziaria comuncatemi da Papa. A tal riguardo, vi dico che sicuramente guardavo e informavo il dottor Letta delle informazioni comunicatemi e partecipatemi dal Papa, in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente come la vicenda riguardante Verdini o il procedimento che riguardava lui stesso”, cioè Letta.

Anche su La Repubblica si sottolinea che era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta il referente principale del faccendiere Luigi Bisignani. A Letta “Bisignani riferiva tutte le informazioni che Alfonso Papa, deputato Pdl, ex magistrato e componente della commissione antimafia riusciva ad avere grazie alle ‘talpe’ (esponenti delle forze dell’ordine) di cui disponeva nella Procura di Napoli che indagava su politici, imprenditori e faccendieri, compreso lo stesso Bisignani.
Scrive il quotidiano che i Pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio, configurano una associazione per delinquere finalizzata al procacciamento di notizie segrete e riservate. La procura aveva ipotizzato anche l’associazione segreta, vietata dall’articolo 18 della Costituzione. Su questo il Gip non ha ritenuto ci fossero sufficienti indizi.
Secondo Il Giornale su 19 capi di accusa, al momento sarebbero rimasti in piedi soltanto la violazione del segreto istruttorio e il favoreggiamento.
Anche Il Fatto quotidiano conferma che il Gip ha disposto gli arresti solo per le contestazioni inerenti gli episodi di favoreggiamento agli indagati, ma è “parso perplesso” sulla associazione segreta. E riferisce le parole del Gip: “Il giudicante ritiene che detto materiale non debba essere particolarmente approfondito ed illustrato, avendo gli stessi pubblici ministeri precisato che l’ipotesi accusatoria non è ancora supportata da gravi indizi di colpevolezza”. Per quanto riguarda le sollecitazioni di una candidatura di Alfonso Papa, i pm hanno ipotizzato la corruzione, ma la contestazione è stata respinta dal Gip.

Il Corriere della Sera dà spazio alla “reazione” di Gianni Letta. Non so cosa Papa possa aver acquisito su di me, cado dalle nuvole”. “Non ho mai parlato con lui di presunte inchieste a mio carico, non sapevo nemmeno che esistessero, non so neppure se davvero esistano”, dice.

Su La Repubblica è Alberto Statera a ricostruire la storia e il percorso personale di Luigi Bisignani, considerato una specie di “federatore” di associazioni come P2, P3 e P4. Portò decine di miliardi di tangenti Enimont alla Banca vaticana nella Prima Repubblica, le sue ambizioni vennero sostenute da Giulio Andreotti, avrebbe fatto parte della P2 di Gelli, ha stretti legami con manager del calibro di Paolo Scaroni (ENI), Gianfranco Guarguaglini (Finmeccanica) o Cesare Geronzi.

Politica

Gianfranco Fini viene intervistato dal Corriere della Sera. Parla del referendum e sottolinea che “anche milioni di elettori del centrodestra hanno bocciato 4 leggi del governo, compresa la legge ad personam per antonomasia”. Prevede che il 22 giugno alla Camera Berlusconi “dirà che bisogna ripartire dal programma”: ma “dovrebbe riconoscere che il programma del 2008 non c’è più”. Berlusconi dovrebbe “passare la mano” ma “non lo farà”. Servirebbe “un esecutivo imperniato nel centrodestra che ha vinto le elezioni, ma capace di parlare a tutti gli italiani, che puntasse sulle cose che uniscono anziché sulle tante che dividono le forze politiche. Penso all’agenda Draghi, alle priorità indicate dal governatore”. Futuro e libertà sosterebbe un simile governo? Fini: “Tutte le opposizioni sarebbero in difficoltà a dire no a un governo che chiudesse il libro dei sogni cui gli italiani hanno mostrato di non credere più, e affrontasse l’ emergenza economica e morale che ormai è vicina”.
L’Esecutivo Berlusconi – secondo Fini – “collasserà come un mobile pieno di termiti”.

Politica internazionale

Il Corriere della Sera dedica due pagine alla situazione in Libia, offrendo ai lettori una intervista in esclusiva con il figlio di Gheddafi, Saif Al Islam. Presenta il suo piano per uscire dal conflitto, propone di tenere in Libia elezioni: entro tre mesi, al massimo a fine anno. E la garanzia della loro trasparenza potrebbe essere la presenza di osservatori internazionali (“Accettiamo l’Ue, l’Unione africana, le Nazioni Unite, la stessa Nato”). E conferma: “Non ho alcun dubbio: la stragrande maggioranza dei libici starà con mio padre, e vede i ribelli come fanatici integralisti islamici, terroristi sobillati dall’estero, mercenari agli ordini di Sarkozy. Alla nostra gente non sfugge che lo stesso presidente del governo fantoccio a Bengasi, Mustafa Abdel Jalili, come del resto il loro responsabile militare, Abdel Fatah Younes, sono, al pari di tanti altri, uomini della vecchia nomenklatura, gente che è saltata sul carro delle rivolte all’ultimo minuto”, “ministri con Gheddafi che ora vogliono giocare la parte dei leader contro di lui”. A Sarkozy, che ha insistito per l’intervento, Saif Al Islam chiede di aiutarlo a trovare una via d’uscita. Ribadisce che anche se le elezioni venissero vinte dai dirigenti di Bengasi Gheddafi non se ne andrebbe, non accetterebbe l’esilio, perché intende essere sepolto in Libia. L’Italia potrebbe avere un ruolo nel processo di ricostruzione democratica? “Non ora, non sino a quando ci sarà Berlusconi al governo. Da quello che possiamo capire qui a Tripoli, il vostro premier è in difficoltà, pare inevitabile la sua prossima sconfitta elettorale. Bene, non possiamo che gioirne”, visto che tanto lui che il ministro Frattini, fino a tre mesi prima lo scoppio della ribellione, venivano a inchinarsi e baciavano le mani a Gheddafi.
Lo stesso quotidiano intervista Romano Prodi, che presiede il gruppo di lavoro Onu-UA per le missioni di peacekeeping. Esclude che sulla Libia vi siano spazi di mediazione, e la prima a non volerla è la Nato. Bisogna evitare che la crisi faccia saltare l’unico organismo multilaterale del continente nero, ovvero l’Unione Africana. E dobbiamo prepararci al dopo Gheddafi, che sarà complicato per l’Italia, visto che probabilmente nell’area crescerà il peso della Francia, della Gran Bretagna e della Cina.
Anche La Repubblica intervista Prodi, che a Washington presiede la seconda conferenza internazionale “Africa: 53 countries, 1 union”.  Parla della perdita di influenza dell’Italia in un’area strategica come il nordAfrica, “l’ondeggiare non ci aiuta”, “il governo italiano dovrebbe farsi promotore di una nuova visione europea, perché solo un approccio multilaterale ci può salvare”.
Due giorni fa si sono scontrati frontalmente l’Amministrazione Obama e il Congresso: la legge federale denominata “War Powers resolution” statuisce che il presidente Obama avrebbe dovuto ricevere l’autorizzazione del Congresso per l’intervento in Libia. La legge stabilisce i poteri del presidente in caso di interventi militari: deve essere il Congresso, informato dalla Casa Bianca entro 48 ore, a varare una risoluzione per ratificare un intervento militare. Senza uno suo via libera le forze armate non possono restare in territorio straniero per più di sessanta giorni e Obama, pur informando senatori e deputati con una serie di briefing, non ha mai chiesto l’autorizzazione formale, come previsto dalla Costituzione. A complicare le cose, è un compagno del partito di Obama, il deputato Dennis Kucinich, che assieme al collega repubblicano Jones ha presentato a un tribunale federale una denuncia formale contro di lui sottoscritta da un gruppo bipartisan di parlamentari per aver
ordinato l’intervento in Libia senza aver ricevuto l’autorizzazione del Congresso.
Un articolo anche sul Sole 24 Ore: “Guerra in Libia, denuncia bipartisan contro Obama”. “La Casa Bianca presenterà un rapporto sulla missione”.

E poi

La Repubblica ha un inviato a Pechino, per raccontare la rivolta in Cina nella regione del GuangDong, dove migliaia di lavoratori sono scesi in strada: salari bassi, corruzione, sfruttamento; chiedono più diritti, Pechino manda l’esercito. Simbolo di queste rivolte o sommosse di massa, le cui ragioni non sono esattamente politiche, è il villaggio di Xintang, epicentro mondiale delle industrie tessili (“La capitale dei blue jeans”). Se ne occupa anche Europa: “Anche la Cina torna in piazza”. L’inflazione e la corruzione rendono meno accettabili le disuguaglianze e le ingiustizie, in un Paese in cui la crescita economica ha anche visto accrescersi nuove disuguaglianze. E i fermenti coincidono con una delicata transizione generazionale all’interno del partito. Quale linea seguirà la prima generazione di dirigenti “senza grandi vecchi”, quali riforme politiche e sociali sposerà.

La Stampa intervista la nipote del Mahatma Gandhi, Tara (“Un arcolaio per tutti. Era il sogno di mio nonno Gandhi”. “Per lui il lavoro al telaio era uno strumento di parità tra i sessi”). A Ludina Barzini, che gli chiede se esistano nel mondo figure simili a Gandhi, risponde che “ogni tanto in India ne compare qualcuna”, come quella di Anna Hazare, attivista dei diritti umani ottantenne, che ha iniziato un digiuno contro la corruzione. “Ne ho sentito parlare, e allora ho deciso di incontrarlo. Ho trovato attorno a lui tantissima gente, ministri, capi dei partiti, governatori, industriali, persone ricche e povere. Hazare stava gettando le basi per una rivoluzione, perché tutti hanno cominciato a dire che era necessario promulgare una legge contro la corruzione. Il governo lo ha fatto. Tara si ribella all’abuso che si fa della figura di Gandhi nella pubblicità, a Bollywood eccetera.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)