Le aperture
Il Corriere della Sera: “Israele a Hamas: fermatevi”. “Ancora razzi sulle città. Peres: basta lanci o siamo pronti all’invasione. Abu Mazen parla di genocidio” “A Gaza 50 morti. Gli integralisti: puntiamo alla centrale nucleare”. A centro pagina: “Le nuove regole per il Senato. Oggi in Aula, resta la tensione. I dissidenti: attentato alla Costituzione. Cambia il voto per il Quirinale”.
La Repubblica: “Senato, cambiano anche le regole per il Quirinale”.
In grande evidenza una foto di famiglie palestinesi in fuga dagli attacchi aerei israeliani: “ I razzi di Hamas sfiorano le centrali. Peres: fermatevi o vi invaderemo”.
In taglio basso: “Rivoluzione allo Ior, nessun italiano. ‘Valuteremo tutte la accuse a Bertone’”. Sono le parole pronunciate da George Pell, capo della Segreteria per l’Economia del Vaticano.
La Stampa ha a centro pagina la foto delle famiglie palestinesi in fuga sotto il titolo d’apertura: “Israele: basta razzi da Gaza o siamo pronti ad invadervi”, “L’ultimatum del presidente Peres nel giorno in cui sul campo si contano oltre 500 raid”.
In taglio basso: “Riforme, rientra la fronda Pd. Voto finale in Commissione”.
Il Fatto: “La Camera difende la paga degli onorevoli detenuti”, “Pd, Fi, Lega & C. bocciano in Ufficio di Presidenza a Montecitorio la proposta M5S di sospendere dallo stipendio i deputati arrestati. Il pd Genovese è ai domiciliari e non mette piede in aula. Ma continuano a pagarlo lo stesso”.
Una piccola foto ritrae l’ex ministro della Giustizia Cancellieri. Il titolo è dedicato al presidente del Consiglio, ‘L’ex giustizialista”: “Quando Renzi voleva cacciare Alfano, Gentile e la Cancellieri”, “Oggi difende Errani condannato, ma l’anno scorso chiedeva la testa di chi non era neanche indagato”.
A centro pagina: “Ma tu guarda, al Csm vince l’uomo di Ferri”. Il pm Forteleoni era uno dei candidati di Magistratura Indipendente “raccomandati via sms” dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, la sua elezione al Csm è “quasi certa”, secondo il quotidiano.
E a centro pagina anche la crisi in Israele: “Razzi targati Hamas sulla centrale nucleare. Israele: ‘Invadiamo’”.
Il Giornale: “Marò, parcella da 5 milioni per abbandonarli in India”. “Gli avvocati presi dal governo presentano il conto di un lavoro fallimentare”. A centro pagina il quotidiano parla del referendum “per riscrivere le regole del Fiscal compact” che “ci stangolano”, con un articolo di uno dei promotori, Gustavo Piga. “Una firma per spezzare i vincoli sul debito”, il titolo.
Il Sole apre con la “svolta della Bce”, e scrive che “il Presidente difende il fiscal compact, ma chiede a Bruxelles più azione politica”. “Europa, una governance per le riforme struttuali. Draghi: l’integrazione avanza, ma serve una gestione europea”.
Gaza
Su La Stampa, l’inviato a Gaza Maurizio Molinari racconta: “’Una telefonata, poi l’inferno’. Così Israele decapita Hamas”. Si legge di come una bomba da mezza tonnellata abbia demolito ieri, a Nord di Gaza City, la casa di un comandante di Hamas. E’ l’operazione ‘Protective Edge’: arrivano suoni dall’alto, poi le bombe, l’incubo dei residentti di Gaza. Ma i miliziani di Hamas vivono da giorni sottoterra, in un cunicolo di tunnel e bunker che si estende per chilometri e protegge i leader: perché “la roccaforte di Hamas è nel sottosuolo”, in superficie sono rimasti solo i civili e qualche contingente di poliziotti. Sono finora circa 560 i raid compiuti da Israele. Quanto ai razzi lanciati da Gaza, essi vengono posizionati in luoghi sempre diversi, protetti, e sono collegati a timer che li fanno partire senza esporre i miliziani al rischio di essere colpiti. Sono piovuti a centinaia sulle città israeliane: 180 solo nella giornata di ieri. Le città sono protette dal sistema anti-missile Iron Dome, che finora ha intercettato il 90 per cento di quelli più pericolosi. Ma la sorpresa di Hamas è nella capacità di colpire a lunga distanza: fino a Cesarea e alla periferia di Haifa, a 120 chilometri dalla Striscia di Gaza: “l’obiettivo -spiega Molinari- è riuscire in qualcosa che neanche gli Hezbollah hanno saputo finora fare: portare la morte a Tel Aviv o colpire la centrale nucleare di Dimona, presa di mira già ieri”.
E il quotidiano intervista Mushir al-Masri, il portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza: “Nessun cessate il fuoco. Colpiremo tutti gli obiettivi”, “E’ il momento di ribellarsi all’occupazione”. Dice al-Masri: “Il nemico sionista ha finito gli obiettivi da colpire, per questo si accanisce contro case e civili”, “Mentre noi di obiettivi ne abbiamo davvero molti, possiamo colpirli tutti”, “All’Egitto chiediamo di riaprire i confini e i tunnel, di aiutare a far respirare la nostra economia alle prese con una vasta aggressione militare”.
Su La Repubblica, l’inviato a Gerusalemme Fabio Scuto: “I razzi di Hamas sfiorano un reattore. Peres: ‘Fermatevi o invadiamo Gaza’”. Si legge che “si fanno ogni giorno più precisi gli artiglieri di Hamas”: i razzi hanno colpito il Nord, il centro e il Sud di Israele, fin nel cuore del deserto del Negev, dove ieri sera due M-75 si sono schiantati nella sabbia, non distanti dalla centrale nucleare di Dimona: “dagli arsenali nelle caverne scavate sotto la Srtriscia ieri sono uscite decine di razzi a lungo raggio, di fabbricazione cinese, russa, iraniana, siriana, contrabbandati dai tunnel sotto la frontiera col Sinai e assemblate nelle officine clandestine del braccio armato” di Hamas. Per oggi è convocato il Consiglio di Sicurezza Onu: il premier Netanyahu accusa Hamas di essere il vero responsabile della morte dei civili a Gaza, perché li usa come scudi umani. E passare all’opzione dell’intervento di terra resta un’opzione: si è forse alla vigilia di una “ground operation” in grande stile. L’ordine potrebbe arrivare presto, come ha minacciato il presidente Shimon Peres, considerato in genere una “colomba”: “Se non cesserà stanotte (ieri notte, ndr.) il lancio di missili contro Israele, l’invasione di terra diventerà inevitabile e molto vicina”. Sulla stessa pagina ci si occupa dell’arsenale di cui dispone Hamas: “Addio armi fai-da-te, il nuovo arsenale viene da Iran e Libia”. E alla pagina seguente, Lucio Caracciolo analizza la situazione e la reazione del governo israeliano: il premier Netanyahu è accusato di passività dall’estrema destra, la coalizione di governo perde pezzi (il ministro Avigdor Liberman) e il suo successore, Naftali Bennet, “affila le armi”. Una nuova campagna di terra “sembra imminente”: ma -riflette Caracciolo- con quale obiettivo? Riprendere la Striscia di Gaza con una rioccupazione? Comporterebbe un bagno di sangue e poi “l’ultima cosa che Gerusalemme vuole è riaccollarsi la responsabilità di quell’inferno da cui Sharon seppe smarcarsi quasi dieci anni fa”.
Su L’Unità viene intervistato l’ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon. Dice che “Hamas ha attaccato Israele con razzi e missili e solo in un secondo momento Israele ha risposto militarmente”. Inoltre “non è esatto dire che Israele bombarda Gaza a tappeto, ma colpisce precisamente i terroristi di Hamas e i depositi di armi di questa organizzazione criminale”. E poi: “Hamas, legittimato da Abu Mazen, ha rapito tre innocenti civili israeliani, uccidendoli spietatamente, solamente perché ebrei”. Ribadisce le “tre condizioni base” per un negoziato, anche con Hamas: fine del terrorismo, riconoscimento di Israele ed accettazione dei trattati di pace precedentemente firmati”.
Il Corriere dedica una intera pagina alle caratteristiche di questa “guerra tecnologica”, e si sofferma sulla “Cupola di ferro (cui nessuno credeva) che intercetta il 90 per cento dei razzi”. “L’idea all’inizio era bizzarra e fantascientifica, poi è stata sostituita da algoritmi matematici”. Iron Dome è stato sviluppato dalla Rafael, industria di proprietà del governo, e all’inizio gli specialisti del Pentagono erano scettici. Almeno fino al 2012, agli otto giorni della guerra, quando funzionò nell84 per cento dei casi.
Ancora sul Corriere l’intervento di Presidente Obama alla Israel Conference on Peace di Haaretz: “Provo lo strazio di un padre, è ora di rischiare la pace”.
Riforme
La Repubblica dedica due intere pagine alle riforme costituzionali spiegandole così: “Ecco il nuovo Senato: cento membri, niente fiducia ma eleggono il Colle”. Peri quotidiano “il traguardo è vicino”: oggi pomeriggio la riforma approda nell’Aula del Senato, anche se ieri sera la Commissione Affari costituzionali non ha votato sulla questione del Senato elettivo. “Lo farà stamani, garantisce il capogruppo dem Luigi Zanda”, scrive il quotidiano. “Il ‘patto del Nazareno’ tra Renzi e Berlusconi tiene -scrive ancora La Repubblica- nonostante tutti i malumori. A finire ko sono le opposizioni e i ‘frondisti’ del Pd e di Forza Italia. Avevano chiesto più tempo per il dibattito, uno slittamento di almeno una settimana. Non l’hanno ottenuto. Vogliono il Senato elettivo. Ma la forma della futura Camera delle autonomie prevederà che ciascuna Regione non abbia meno di due senatori e il restante dei seggi saranno attribuiti con criterio proporzionale, tenuto conto della composizione di ciascun consiglio regionale. A indicare i nuovi senatori saranno i consiglieri regionali che voteranno una lista composta anche da un sindaco”. Sul capitolo riguardante l’elezione del Capo dello Stato, la novità è che scompariranno i delegati regionali. E cambierà anche il numero di votazioni per le quali sarà richiesta la maggioranza dei due terzi: “un quorum altissimo” che pochi sono riusciti a superare, chiosa La Repubblica (si citano i casi di Ciampi, Cossiga e Napolitano).
La Stampa: oggi ci sarà il voto decisivo al Palazzo Madama per dare il via libera ad un Senato non elettivo. Finora -scrive il quotidiano- “tutto è filato liscio” in Commissione Affari costituzionali, grazie alle sostituzioni dei senatori “ribelli” Corradino Mineo (Pd) e Mario Mauro (Popolari per l’Italia). E Mauro, in una conferenza stampa cui hanno partecipato anche parlamentari del M5S e a cui era previsto partecipasse anche il senatore Fi Augusto Minzolini (rimasto in Commissione per seguirne i lavori), ha sottolineato che è necessario rivolgersi al Quirinale. Intanto “chiediamo l’intervento del presidente del Senato Pietro Grasso perché si faccia garante delle procedure”, ha detto. Ma per La Stampa la sensazione che si ha è che “la fronda nei vari fronti si vada assottigliando”. Berlusconi preme e chiama i senatori ribelli uno ad uno.
Su La Repubblica: “Berlusconi ci riprova, ‘Dopo il sì alle riforme, giusto darmi la grazia’”, “E i dissidenti di Forza Italia e Pd lanciano l’allarme: ‘Il Senato scomparirà nel 2015, Renzi ci porterà al voto’”.
Sul Corriere un “retroscena”: “Renzi chiama a raccolta il partito: ora l’Italicum, la fronda rientrerà”. “’E anche questa è andata’”, avrebbe detto il premier “soddisfatto” per la riforma del Senato, e anche per la legge elettorale. “I dissidenti? Vedrete che si troverà la quadrfa, esattamente come è successo a Palazzo Madama”. Ancora parole attribuite a Renzi: “Ma vi pare che poteva andare avanti una rivolta guidata da Minzolini, Mucchetti e Mineo? I giornalisti facciano il loro mestiere e lascino perdere la politica…”.
Su Il Fatto: “Bersani si sfila: ‘Riforme da aggiustare’”, “L’ex segretario alla carica. Tra gli oppositori un’area molto vasta che va da Grillo a Minzolini”. Sul fronte Pd -scrive il quotidiano- o scenario di resistenza si sta già idealmente spostando su Montecitorio: “Bisogna riflettere -ha detto Bersani- sull’assetto complessivo del sistema. Dobbiamo ragionare se va bene il fatto che chi vince con un 30% nomini il capo dello Stato, i membri del Csm…Io credo che si debba dare un’aggiustata”.
E ancora su Il Fatto, un’ intervista al costituzionalista Alessandro Pace: “Renzi è intollerante a garanzie e contropoteri”. E aggiunge che il disegno di legge Renzi-Boschi “viola un principio basilare dello Stato di diritto, secondo il quale le leggi le fanno i rappresentanti diretti del popolo e non delle persone elette ad altri incarichi che fanno i senatori part-time”. Inoltre “diminuire radicalmente le funzioni del Senato oltre ad eliminarne l’eleggibilità significa che il Senato non potrà più svolgere il suo ruolo di contropotere della Camera”, “una siffatta concentrazione di potere in capo ad un solo organo e a una sola coalizione (per non dire in capo ad un solo partito e al suo leader) è impensabile in una democrazia liberale. Lo affermò esplicitamente lo stesso presidente Napolitano in un bellissimo discorso per il 60esimo anniversario della Costituzione, allorché prese le distanze dal semipresidenzialismo francese, di cui lamentava l’assenza di contropoteri”.
Il Giornale: “Riforme, il rush finale ostacolato dai frenatori. Da domani il Senato vota sulla sua trasformazione, ma i dissidenti non mollano”. In Commissione ci sarà oggi il voto sul senato non elettivo composto da 100 membri, e anche sulle nuove modalità per eleggere il Presidente della Repubblica, con innalzamento del quorum dalla quarta seduta alla nona. Il quotidiano scrive anche che la riunione dei senatori di Forza Italia è stata rinviata a martedì prossimo.
Sul Corriere della Sera: “Caos sull’assemblea, Forza Italia si spacca. Fitto: avrei problemi a votare il nuovo Senato. Berlusconi convoca i gruppi per martedì”. Si dà conto dello sfogo di Maurizio Gasparri, che avrebbe detto “sembriamo il Brasile”, “la gestione di questo partito è inadeguata, non possiamo andare avanti così”.
Ancora sul Corriere si scrive che il testo arriverà oggi in Aula, e parla di “rischio ostruzionismo” da parte di Sel e del Movimento 5 Stelle oggi in Commissione, che puntano ad impedire l’approdo del testo in Aula, previsto per le 16.30 oggi pomeriggio.
Su L’Unità una intervista a Maurizio Bucarella, senatore del M5S, che dice: “I dissensi ci sono. Ma il dialogo con il Pd va avanti”. Si parla delle “critiche” piovute sulla delegazione grillina che ha incontrato Renzi due settimane fa. “E’ normale non avere una visione monolitica”, ma “il dialogo tra l principale partito della maggioranza e l’opposizione più forte sulla legge elettorale sia una bella novità”. Su Di Maio, “accusato” da una parte della base grillina di aver “deciso troppo di testa sua”, risponendo che “qualunque risultato” sarà raggiunto nella trattativa “sarà sottoposto al giudizio dei nostri militanti in Rete”. Sul presunto dualismo tra Grillo e Di Maio “credo possa essere intrigante per i media, ma non credo sia così”.
Pd, giustizia
“Renzi cambia verso anche nella Giustizia. Il Pd si copre garantista”, titola La Stampa, con un articolo di Mattia Feltri, riferendosi alle dimissioni del governatore della Regione Emilia Romagna Vasco Errani. E alla risposta che Renzi ha dato, su Twitter, al giornalista de Il Foglio Claudio Cerasa. Cerasa aveva fatto notare: “se un politico del Pd viene condannato si tratta di una persona perbene”, “se invece si ha la disgrazia di essere di centrodestra e di ricevere una condanna allora si è automaticamente un truffatore”. Risposta di Renzi: “finché non c’è sentenza passata in giudicato un cittadino è innocente. Si chiama garantismo, ricordi?”. Ieri peraltro il premier-segretario ha incontrato a Palazzo Chigi lo stesso Errani. Gli è stato rimproverato il “doppiopesismo”, ricordando i casi in cui ha chiesto le dimissioni di ministri come Anna Maria Cancellieri (telefonate Ligresti) e Angelino Alfano (caso Ablyazov) ai tempi del governo Letta. Ma secondo La Stampa una logica nel comportamento di Renzi c’è: quando si tratta di casi politici (imbarazzanti le spiegazioni di Alfano o le telefonate della Cancellieri), se ne occupa l apolitica. Se invece sono giudiziarie, se ne occupano i magistrati e si attende la condanna in Cassazione. E il caso del sindaco di Venezia Orsoni? La ragione sta nel fatto che aveva patteggiato e, non essendo il patteggiamento appellabile, è definitivo, oltre a costituire “un’implicita ammissione di colpa (secondo le interpretazioni un po’ brusche del Pd)”.
Sul Foglio è proprio Claudio Cerasa a soffermarsi sulle “luci ed ombre” della “giustizia secondo il premier”.
Il Fatto: “Convertiti sulla via di Vasco. Il Pd ora si fa garantista”, “Da Raciti alla responsabile giustizia Morani, fino a Renzi. Che twitta: ‘Finché non c’è sentenza passata in giudicato un cittadino è innocente’”. E sulla stessa pagina: “Due pesi e due misure, da Del Turco a oggi”.
La Repubblica la legge così: “Svolta garantista di Renzi. ‘Basta con gli automatismi, rispettiamo la Costituzione’”, “Dopo il ventennio berlusconiano il Pd rivendica autonomia rispetto alle toghe. Orfini: recuperiamo un valore della sinistra”.
In taglio basso sulla stessa pagina, un’intervista a Stefano Bonaccini, renziano, segretario dem dell’Emilia Romagna e tra i “papabili” alla successione di Errani: “la nostra linea deve essere questa, non facciamo due pesi e due misure”. E spiega che sul sindaco di Venezia Orsoni “la valutazione è stata dovuta al patteggiamento”.
Il Giornale dedica un articolo al tema: “La doppia morale del Pd: garantista solo con gli amici”. Secondo il quotidiano “lo strabismo di Renzi è evidente”, nel senso che “viene protetto solo chi ha santi al Nazareno”.
Ue, fiscal compact
“L’inutile vittoria di Padoan. Non potremo sforare i conti”. Il Giornale sintetizza così i due giorni di vertici europei. “Il ministro dell’Economia in Europa esulta per la flessibilità sui vincoli al deficit, ma gli spazi di manovra saranno molto limitati.”.
Il Sole 24 Ore dà grande rilievo al discorso pronunciato ieri a Londra dal Presidente della Bce Draghi: “’Governance europea sulle riforme’. Draghi lancia per la prima volta la proposta di un coordinamento sovranazionale. Dopo il Patto e l’Unione bancaria l’Eurozona avvii un nuovo processo di convergenza. No a passi indietro. ‘Il nostro futuro e in una maggiore integrazione, non nella rinazionalizzazione delle economie’”. L’occasione era una serata in ricordo di Tommaso Padoa Schioppa.
L’Unità: “La ricetta di Draghi: ‘Unica regia europea per fare le riforme. Il numero uno della Bce a Londra spinge affinché i Paesi ‘imparino a governare insieme’. Su crescita e rigore raccomanda: Il Fiscal compact va rispettato da tutta l’Eurozona’”. Secondo il quotidiano del Pd per l’Italia “la proposta di Draghi potrà essere un’utile assist visto che va nella direzione indicata dall’esecutivo di Renzi”.
Il Giornale dà spazio alla analisi di Gustavo Piga, copromotore di quattro referendum “per cambiare le norme volute da Monti” in materia di bilancio e Fiscal compact. “Troppi vincoli sul debito: un referendum per spezzarli. L’accordo sul Fiscal compact comporterà una manovra aggiuntiva da 20 miliardi. Con la consultazione popolare si può riscrivere il testo senza violare la Costituzione”.