L’accordo al Consiglio Europeo è stato raggiunto nella notte. Lo spread cala, sale Piazza Affari
La Repubblica: “Scudo anti-spread, accordo vicino. Bruxelles, si tratta nella notte. Napolitano ai partiti: cambiate la legge elettorale, si vota nel 2013″. A centro pagina: Sanità, sì della Corte alla riforma Obama”.
Il Corriere della Sera: “Linea dura di Monti sul calma-spread. Roma e Madrid: non firmiamo il piano crescita senza un accordo sui titoli”.
La Stampa: “Vertice Ue, veto di Monti: ‘Scudo sui Bot o non firmo. Una notte di trattative”.
Libero: “VaffanMerkel”, con foto di Mario Balotelli e di Angela Merkel.
Il Giornale: “Ciao ciao culona. Un Supermario ci vendica: non è Monti ma Balotelli”.
Europa
Il Sole 24 Ore spiega che “con una mossa politicamente dirompente, l’Italia ha deciso ieri a sorpresa di mettere il veto alle conclusioni dell vertice europeo che si sta svolgendo a Bruxelles in questi giorni”. “Il governo italiano ha annunciato che non darà la sua approvazione al documento finale che oggi concluderà il vertice se non vi sarà una intesa tra i Paesi della zona euro sui modi per arginare le tensioni sui mercati e raffreddare l’andamento dei titoli obbligazionari. La decisione è emersa mentre i capi di Stato e di Governo dell’Unione erano riuniti già da sette ore in un difficile Consiglio europeo. ‘Nella sua scelta l’Italia può contare sull’appoggio della Spagna’, spiegava ieri sera un diplomatico”. L’Italia da tempo propone che la Bce torni ad acquistare i titoli pubblici con le garanzie dell’Esm”.
Nella notte un accordo è stato raggiunto. Italia e Spagna hanno “tolto le loro riserve”, ha detto questa mattina il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy, e Monti si è detto “soddisfatto” dell’accordo raggiunto.
La Repubblica intervista Romano Prodi, e gli chiede se “ce la faranno i leader europei a salvare la moneta unica”. Prodi risponde che non si aspetta miracoli, che “non è ancora pienamente maturata nei circoli economici e politiche che contano la consapevolezza che il tracollo dell’euro sarebbe un disastro per tutti”. Ci saranno “passi in avanti ma non ancora quel cambiamento radicale che sarebbe necessario”. “Oggi l’Europa è un cane piccolo che tutti si permettono di azzannare. Bisogna che diventi un cane tanto grosso che nessuno si azzardi a tentare di morderlo”. L’unico modo di “riacquistare la propria sovranità è quello di condividerla con gli altri”. “Avremo ancora tre o quattro mesi di rimedi parziali, mesi passati per inseguire la storia con rimedi insufficienti”, ma più “ci si avvicina al baratro” più “la leadership politica ed economica si renderà conto della situazione e prenderà le misure necessarie. Non solo tra dieci anni ci sarà ancora la moneta unica, ma l’Europa sarà integrata in modo tale che i mercati non potranno più farla a fette applicando una tattica da Oriazi e Curiazi come fanno ora”.
Sulla stessa pagina un contributo dell’ex presidente francese Valery Giscard D’Estaing, che propone tre rimedi: definire un “consiglio dell’euro” mensile tra i capi di stato e di governo. Designare un “segretario generale dell’eurozona”, e affidare al consiglio dell’euro la vigilanza sugli impegni assunti in tema di finanza pubblica.
Obamacare
Il Foglio spiega la sentenza di ieri della Corte Suprema Usa sulla legge di riforma della sanità Usa, la cosiddetta “Obamacare”: “La Corte suprema salva l’Obamacare facendolo diventare una tassa”. Determinante nel giudizio – 5 giudici contro 4 – è stato John Roberts, presidente della corte e giudice nominato da Bush. E’ stato giudicato costituzionale l’individual mandate, cioé la richiesta dello Stato a tutti i cittafddini di coomprare un prodotto di pubblica utilità (l’assicurazione sanitaria, in questo caso). E’ costituzionale perché assimilato ad una tassa. Lo stato federale Usa può usare il suo potere di imporre tasse per convincere i cittadini a comprare prodotti sanitari. Era il cuore della riforma universale voluta da Obama.
Su Europa Guido Moltedo riassume: “Famiglie bisognose e con figli malati possono acquistare una polizza assicurativa, sostenuti dal finanziamento dello Stato”. La Corte suprema Usa (“Scotus, nel giornalistese americano”), ha “promosso l’intera riforma sanitaria, imponendo alcune modifiche che potrebbero rivelarsi non secondarie ma confermando l’obbligo per la maggioranza degli americani di avere una assicurazione medica.
Su La Stampa due interviste: Neera Tanden, presidente del Center for American Progress, esprime soddisfazione, dice che è una “vittoria per milioni di americani che già stanno godendo i benefici della riforma. Le loro vite erano a rischio, come i bambini malati ai quali adesso non può più essere negata l’assdicurazione o i vecchi che non possono permettersi le medicine”. Obama nel suo discorso di ieri ha invitato – ora – ad andare avanti. I Repubblicani promettono battaglia al Congresso. “I consulenti legali dei 25 stati repubblicani che avevano promosso la causa sulla costituzionalità dell’Obamacare hanno sprecato milioni di dollari usando i tribunali per raggiungere i loro obiettivi politici”, risponde la Tanden.
L’altra intervista è con l’economista James Capretta, del pensatoio conservatore Ethic and Public Policy, che dice. “In essenza la Corte Suprema ha detto che il mandato è ammissibile solo se è una tassa e non una richiesta coercitia. Quindi la percezione di questo elemento potrebbe cambiare in modo drammatico perché – in verità – la tassa non è poi così elevata e costa meno di un premio per una assicurazione sanitaria”. “Il vincitore è certamente il presidente. E’ un verdetto molto buono per lui e per quelli che hanno difeso e spinto la legge, dal momento che la Corte non ha fatto ciò che qualcuno pensava possibile, dichiararne incostituzionale una buona parte”. E’ la dimostrazione che “la carica a vita dei giudici della Corte Suprema significa che i loro voti non possono mai essere dati per acquisiti. Sono pensatori indipendenti”, conclude Capretta, riferendosi alla scelta del giudice Roberts, nominato da Bush figlio e più volte criticato dai Democratici e dallo stesso Obama.
Massimo Gaggi, nel suo commento sul Corriere della Sera, si sofferma sugli ultimi sondaggi sulla Corte Suprema, il cui indice di popolarità è calato negli ultimi anni dall’80 al 44 per cento. “Scegliendo di seguire la sua coscienza, l’impegno a non bocciare una legge che non condivide se la ritiene giuridicamente legittima, Roberts pagherà un prezzo elevato nei rapporti col suo mondo, ma interrompe quella prassi che spingeva ormai molti plitici a dare per scontato che anche i giudici fossero di fatto obbligati a seguire sempre e comunque la bussola della loro appartenenza politica, del loro orientamento ideologica”.
Internazionale
Sul Sole 24 Ore un articolo sulle tensioni al confine tra Siria e Turchia. Ankara ha inviato al confine batterie antimissile, carri armati e uomini, per creare un “corrodio di sicurezza”. Si legge che la settimana scorsa Erdogan avrebbe chiesto ad Obama di “attaccare la Siria di Assad” come era avvenuto con la Libia. In vista della conferenza di domani a Ginevra, scrive il cronista, si addensa su Damasco “la tempesta perfetta che di solito precede i drammi mediorientali”. L’invio di truppe è anche “un messaggio ai ribelli curdi del PKK, da 30 anni in guerra con Ankara, che potrebbero essere tentati dall’approfittare di un eventuale disgregazione del potere di Damasco.
Un articolo sulla situazione in Siria è offerto oggi da Il Foglio: “La battaglia si sposta a Damasco, Assad va una vita avvelenata. Fuori i ribelli provano l’assalto alla strada che porta al Palazzo, dentro il Presidente è in mano alle guardie”. “La caserma della guardia repubblicana che difende il compound presidenziale presa d’assalto, l’ossessione di essere ucciso con il veleno, come per poco non succedeva a otto alti ufficiali del regime. Damasco non è la Tripoli degli ultimi giorni, ma il controllo governativo s’assottiglia”.
Su La Stampa un articolo sulla Libia e sul rischio che “diventi una Somalia al confine con l’Italia”, secondo le preoccupazioni dell’ambasciatore libico a Roma Gaddur. Sperava che il suo Paese potesse diventare “una Svizzera dell’Africa”, ma “oggi la situazione si presenta drammaticamente diversa”. Il 7 luglio si eleggerà l’assemblea costituente che dovrà scrivere ed approvare la nuova Costituzione. Lo scontro è tra uno schieramento integralista, che vede al suo interno formazioni che vanno dai Fratelli Musulmani al Fronte nazionale per la salvezza della Libia, che prospettano una Costituzione basata sulla sharia, e l’Allenza delle forze nazionali, che ha fatto dell’Islam moderato il suo cavallo di battaglia”.
Su tutti i quotidiani si parla della sentenza del Tribunale dell’Aja nei confronti di Radovan Karadzic, ex leader serbo, alla sbarra con l’accusa di genocidio. “Karadzic assolto a metà. ‘Bosnia, non fu genocidio’”. Quel conflitto che ha portato alla morte di 100 mila persone “non è iniziato con un disegno di sterminio di musulmani e croati bosniaci”. A Srebrenica si è trattato di un massacro di 8000 raazzi musulmani, terribile e premeditato, ma “limitato”, scrive il quotidiano. La guerra di Bosnia, nel suo complesso, non fu genocidio”. Scioccati e delusi si dicono i rappresentanti delle associazioni delle vittime, mentre il legale di Karadzic Peter Robinson ha definito “coraggiosa” la decisione del tribunale. “La sentenza dell’Aja può indignare. Ma vince il diritto” è il titolo di un commento firmato da Massimo Nava, sul Corriere della Sera.
di Ada Pagliarulo e Paolo Martini