Le aperture
Il Corriere della Sera: “Così si muore di maltempo e incuria. Sedici vittime e 10 dispersi. La Protezione civile: avevamo avvisato. In Sardegna migliaia di sfollati. Il presidente del Consiglio arriva a Olbia: lo Stato c’è”. A centro pagina: “Letta accetta la sfida di Renzi e spinge il Pd a salvare Cancellieri”. “Il sindaco: io non ci metterei la faccia. Oggi il voto alla Camera sul ministro”.
La Repubblica: “Il dramma della Sardegna sott’acqua. “Almeno 16 morti, 2700 sfollati. Polemica sull’allerta: non ci hanno avvertiti. In 24 ore è caduta una quantità di pioggia pari a quella di sei mesi. Ponti crollati e auto inghiottite, tra le vittime quattro bambini”. Sul governo: “Letta: sfiduciate me se cade la Cancellieri. E il Pd obbedisce”.
La Stampa: “Sardegna, la strage sconvolge l’Italia. L’alluvione provoca almeno 15 morti, tra cui due bambini. Protezione civile: allarmi inascoltati”. E poi: “Cancellieri, Letta convince il Pd. ‘Il voto contro il ministro sarebbe un attacco al governo. Oggi il Guardasigilli in Aula per la mozione del M5S. I renziani: prendiamo atto, ma meglio se si dimette”.
Il Fatto quotidiano: “Cancellieri, il Colle e Letta piegano il Pd”. Il titolo sulla Sardegna è “Colpa della pioggia e colpa dei politici”.
Libero: “Il Pd ingoia la rospa. Renzi strepita per avere le dimissioni della Cancellieri, però Letta e Napolitano la difendono e il Rottamatore fa dietrofront. Oggi la ministra resterà al suo posto (salvo le ‘solite’ pugnalate)”.
Il Giornale: “Altro che Cancellieri. Via Saccomanni. Letta in ginocchio all’assemblea Pd: ‘Se sfiduciate la Guardasigilli sfiduciate me’. La Procura di Roma apre un’inchiesta. Ma il peggior ministro è quello dell’Economia: sbaglia tutti i conti e rischiamo di nuovo l’Imu”. Sotto, un “nuovo sondaggio: alfaniani al 3,6 per cento, Berlusconi pensa al ritorno in tv”.
Il Sole 24 Ore: “In piazza il malessere dei commercialisti. La protesta di ieri a Roma: troppi adempimenti, scadenze incerte”. “Il governo apre sul registro dei revisori: sto all’esame”. Un commento in prima pagina su questo tema: “Non è battaglia di retroguardia”. A centro pagina: “Ocse, l’Italia tagli le tasse sul lavoro. Allarme da Parigi sulla crescita: ‘Bce non fermi gli stimoli, debito italiano troppo alto’”.
Sardegna
Il Capo della Protezione civile Gabrielli ha ribadito con forza che l’allerta nazionale era già stato diffuso domenica scorsa. I sindaci dei Comuni sardi colpiti parlano di ritardi, ma Gabrielli conferma: “Tutte le zone avevano criticità elevata. La cartina della Sardegna era completamente rossa. Ma chi doveva intervenire sul territorio, se non il territorio. Ci doveva esserci, la cavalleria. Un sindaco ha ordinato l’evacuazione, ma molti non si sono voluti muovere. Salvo poi richiedere gli elicotteri”. Ne parla il Corriere della Sera, che dà anche conto delle dichiarazioni del presidente del consiglio, recatosi ieri in Sardegna. “I sindaci dei territori colpiti dall’alluvione chiedono giustamente l’esclusione dal patto di stabilità, e sicuramente sarà così. Lo Stato c’è e fa il massimo”. Il governo ha stanziato intanto, come primo intervento, 20 milioni di euro per le emergenze immediate.
Sulla stessa pagina, intervista al professor Angelo Aru, decano dei geologi sardi, autore negli anni 90 della “Carta dei suoli della Sardegna” e del progetto “Medalus” sulla desertificazione dell’isola.
“Il grande problema della Sardegna – dice – è l’uso sconsiderato del territorio”, “si costruisce ovunque, in particolare sulle aree di recente alluvione sui fiumi, quelle aree rappresentano le casse di espansione di un corso d’acqua”. Poi attira l’attenzione sulla questione della fertilità: “Le zone alluvionate diventano le migliori aree agricole possibili. Conservarle sarebbe di immensa importanza strategica per l’economia della nostra regione”, “ma le zone coltivabili diminuiscono e si ricorre solo al cemento, quando l’agricoltura sarà l’investimento del futuro”: Cita il caso della alluvione del 1999 a Capoterra, 17 chilometri da Cagliari. “Hanno continuato a costruire nella zona delle recenti alluvioni, dimenticando che i bambini delle scuole in quell’area non morirono annegati solo perché l’ondata di piena si annunciò con anticipo”. Individua i problemi anche legati alla pastorizia: “Per aumentare artificialmente le superfici a pascolo, si consentono arature anche a quote elevate e su aree in pendenza. Bisogna ricordarsi sempre che i suoli, così come si offrono in natura, sono i migliori regolatori dei deflussi a valle delle acque meteoriche” ma arando la superficie “si mette a nudo il suolo minerale” e così “il coefficiente di deflusso delle acque aumenta a dismisura, con tutto il materiale che veniva trasportato”. La Repubblica scrive che la Sardegna, al pari di Abruzzo, Basilicata Friuli Venezia Giulia e Puglia non ha ancora attivato un centro funzionale regionale di protezione civile che lavori di concerto con Roma, malgrado sia un obbligo di legge dal 2004. Serve a veicolare meglio le informazioni e a decidere le priorità. Ma non esistono sanzioni per chi non lo attiva”. Per gestire un allerta meteo e organizzare vie di fuga o evacuazione o presidi di sicurezza dei fiumi serve poi un “piano di emergenza”: è obbligatorio dal 1970, ma in Sardegna 4 comuni su 10 ne sono sprovvisti. Secondo un dossier di Legambiente, l’82 per cento degli enti locali ha un piano di emergenza, ma soltanto la metà lo ha aggiornato, e poco meno di un terzo ha previsto le necessarie esercitazioni di Protezione civile. In realtà – scrive La Repubblica – il sistema è costruito in modo tale da scaricare su un uomo solo, il sindaco, tutto il peso delle decisioni: è il solo che, per legge, può avvertire i cittadini di una bomba d’acqua o dell’imminente esondazione di un fiume. Il sindaco di Perugia Vladimiro Boccali, delegato dell’associazione nazionale dei Comuni italiani per la protezione civile, per avvertire i suoi cittadini utilizza gli sms, mentre altri sindaci usano i social network. “Vi pare normale – dice – che solo adesso spuntano 30 milioni di euro per la Sardegna? Gli interventi per la messa in sicurezza devono essere esclusi dal patto di stabilità”.
Sullo stesso quotidiano il racconto dello scrittore sardo Gavino Ledda: “Ora non date colpa al cielo. La mia terra è maledetta perché non l’abbiamo difesa”.
Su La Stampa: “Piogge torrenziali e dissesto, il mix fatale”. Rispondono a domande chiave su quanto è accaduto il geologo Mario Tozzi e Luca Mercalli.
I numeri del dissesto idrogeologico italiano sono poi illustrati in una pagina visibile anche sul sito de La Stampa, con grafici e cifre.
Cancellieri, Letta, governo
Su La Repubblica, come su tutti i quotidiani, si dà conto della assemblea dei parlamentari Pd di ieri sera, dedicata alla questione Cancellieri, su cui oggi la Camera dovrà esprimersi, votanto una mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle. “Letta salva il ministro Cancellieri. ‘Se cade lei, cade tutto il governo’. Renziani e Cuperlo: ne prendiamo atto. ‘Ma doveva dimettersi’. Oggi il Pd vota contro la sfiducia”. Un altro articolo dà la parola ai partecipanti all’assemblea, descritta come “lo psicodramma dei Democratici. ‘L’assemblea è stata un tutti contro tutti’. Tregua tra i leader. Ipotesi rimpasto a dicembre per la Giustizia”. “Sembra rollerball. La Cancellieri è un problema, ma il punto è che non sappiamo quale sarà il futuro del Pd e dell’Esecutivo’, dice un ministro che solitamente sta lontano dalla mischia. Cuperlo riunisce i suoi deputati qualche minuto prima dell’assemblea di gruppo. Molti chiedono un voto, ‘altrimenti Renzi ci frega. Ingoia la comunicazione di Letta ma domani ricomincia a bombardare noi e il governo”. Nel pomeriggio, secondo il quotidiano, Letta avrebbe chiamato Renzi per annunciargli la sua decisione di presentarsi alla assemblea. “’Sbagli Enrico. Sbagli a difendere ancora il ministro. Dovresti essere il primo a sollecitare le sue dimissioni’, dice Renzi. ‘Non è possibile – risponde Letta – e chiederò la fiducia su di me, sul mio governo. Mi sembra folle che il Pd si spacchi proprio nel momento in cui a spaccarsi sono quelli dell’altro campo’. Sulla fiducia Renzi alza le mani, si arrende. Ha ottenuto il massimo, in fondo., Sta con la base dei democratici e fa in modo che a esporsi in modo acrobatico sia Letta. Politicamente e fisicamente i conti si faranno dopo. Dopo il 9 dicembre”.
Sullo stesso quotidiano una intervista al deputato renziano Roberto Giachetti: “Il premier non doveva porre una questione di fiducia, resta il problema politico”. Giachetti spiega che non avrebbe senso votare una mozione di sfiducia “perché siamo il partito di maggioranza relativa”, però continuo a pensare che se il gruppo di maggioranza relativa appunto decide di chiedere al Guardasigilli di fare un passo indietro alla luce della situazione che si è creata, le regole naturali della politica sono che il ministro ne rende atto e ne tragga le conseguenze”.
Su Il Fatto viene intervistato Pippo Civati, candidato alla segretaria, promotore di una mozione che chiedeva le dimissioni del Ministro, firmata ieri da sei senatori e sei deputati Pd. “Io avevo chiesto che si votasse nei gruppi parlamentari. Non era un voto sul governo Letta, non era un voto di sfiducia. Era un tentativo per mantenere la coerenza tra dichiarazioni e fatti. A parole tutti e quattro i candidati alla segreteria, Renzi, Cuperlo, Pittella e Civati si erano espressi chiedendo a Cancellieri di andarsene. Ci sono state dichiarazioni univoche anche di altri leader del partito che si dicevano imbarazzati per i comportamenti del ministro della Giustizia. Poi però, quando si è arrivati al dunque, i fatti non sono arrivati”. Su Renzi: “La mattina sono leoni, poi la sera dicono che sono cambiate le condizioni. Così la confusione in questo partito aumenta e non si capisce più niente. Renzi ha 200 parlamentari che lo seguono: se avesse voluto avrebbe potuto restare coerente con ciò che aveva detto sulle dimissioni del ministro della Giustizia. Invece, niente. Chissà cosa aspetta. Con i suoi 200 parlamentari deve cambiare il Pd già da ora, non deve aspettare le primarie”.
Secondo Maurizio Belpietro, su Libero, Renzi “si è già adeguato alle vecchie regole Vale a dire che in pubblico dice una cosa e in privato ne fa un’altra. Cioè: di fronte alle telecamere Renzi dichiara che la Cancellieri se ne dovrebbe andare, ma poi si adegua all’andazzo della politica, uniformandosi agli indirizzi dettati da Napolitano, il quale – come abbiamo scritto – non vuole che il Guardasigilli si dimetta in quanto teme che appena tolta una casella dal puzzle governativo venga giù anche il resto. Insomma: il grande rinnovamento del Pd, le primarie e tutto il can can cui abbiamo assistito hanno prodotto il nulla”.
Il Corriere racconta del discorso che farà il ministro. “Pronto un discorso con due finali. Poi il ministro sceglie: si va avanti”. I due finali contemplavano la continuazione del suo incarico o le dimissioni. “Ma poi, ipotizzando le due bozze”, lo staff e la stessa Guardasigilli “hanno deciso che ne bastava uno. La rivendicazione del lavoro svolto e la correttezza del suo comportamento nel ‘caso Ligresti’ andavano bene in entrambi i casi, così come le linee programmatiche sul molto da fare, nonché la denuncia di qualche strumentalizzazione. Doveva cambiare solo il finale: ‘andiamo avanti’, oppure ‘arrivederci, continuerà un altro’. E ieri sera il discorso del premier Letta ai deputati Pd l’ha convinta a optare per la prima soluzione. ‘Si va avanti’”.
Ocse
Ieri l’Ocse ha diffuso un rapporto con le stime per l’economia per i prossimi anni e, scrive La Stampa, si rivedono in peggio le previsioni sull’economia del mondo. Il Pil globale salirà del 2,7 quest’anno e del 3,6 l’anno prossimo, contro stime rispettivamente del 3,1 e del 4. Il segretario generale Gurria, presentando il rapporto ieri a Parigi, “è ricorso ad una immagine efficace: il motore dell’economia globale non ingrana bene le marce”. Sull’Italia, le previsioni sono più pessimistiche sia rispetto alla Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale che rispetto a quelle del governo. Quest’anno la recessione raggiungerà l’1,9 per cento, l’anno prossimo torneremo a crescere, secondo l’Ocse dello 0,6 per cento (il governo prevede l’1). Secondo il capo economista Ocse Pier Carlo Padoan “nel nostro Paese ‘ci sono tutte le condizioni perché si innesti un circolo virtuoso’ che incida sui conti e sul Pil, grazie alle ‘misure già annunciate’ e ‘la linea indicata’ dal governo. L’azione ‘va nella direzione che l’Ocse ha sempre indicato, ossia ‘tagliare le tasse dove è più efficace, sul lavoro, e per farlo tagliare le spese con una spending review’”. Più avanti si ricorda che il “tallone d’Achille dei nostri conti” pubblici, cioè il debito, “continuerà a salire a causa della debolezza congiunturale: dal 145,7 per cento nel 2013 si passerà secondo le stime al 146,7 nel 2014, per poi tornare al 146,1 ne 2015. Cifre che secondo gli economisti parigini richiedono un ‘consolidamento fiscale’ almeno pari a quanto programmato”.
Il Sole 24 Ore sintetizza così il giudizio sull’Italia: “Promossa. Sia pure con il classico ‘ìl ragazzo va bene anche se potrebbe fare di più’”. “Ocse: ripresa lenta e debito alto. Pil italiano 2014 solo allo 0,6 per cento. Padoan: ci sono le condizioni per migliorare”. Un’analisi sul quotidiano di Confindustria ricorda che “per accrescere il potenziale di crescita della economia italiana ,. nell’immediato la strada è rafforzare il set di isure e interventi impostato dal governo a metà ottobre. L’accelerazione del pacchetto sulle dismissioni (si ipotizzano incassi di 7-8 miliardi all’anno) potrà contribuire a rendere più credibile il timing del rientro dal debito, rassicurando in tal modo Bruxelles che proprio su questo punto ha eccepito, congelando di fatto la ‘clausola di flessibilità’ sugli investimenti pubblici. Le altre partite, dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia al rientro dei capitali esportati illegalmente potranno rafforzare l’impianto della legge di stabilità. Ma il vero nodo da sciogliere è l’entità effettiva dei risparmi che sarà possibile conseguire, già nel 2014, grazie alla revisione della spesa pubblica. La cifra indicata due giorni fa dal ministro dell’Economia Saccomanni è imponente: 32 miliardi di fatto concentrati in due anni (2015-2015), il triplo di quanto previsto dalla legge dfi stabilità”.
Da segnalare sulla spending review un articolo di Massimo D’antoni su L’Unità (“Spending, no alle scorciatoie”). Dove si sottolinea quanto “azioni più profonde in tema di definizione del perimetro della azione pubblica” vanno ben oltre la dimensione tecnica “e dunque non possono che essere oggetto di una ponderata decisione politica”. Bisogna evitare che la spinta a contenere a tutti i costi la spesa “incoraggi interventi che possano mutare la natura del nostro sistema in direzione di quel welfare residuale che non appartiene né alla tradizione del modello sociale europeo né all’orizzonte ideale del centrosinistra”:
Internazionale
Su La Repubblica: “Beirut, kamikaze all’ambasciata dell’Iran”. Spiega il quotidiano che obiettivo dell’attentato era il simbolo massimo del potere sciita, ovvero l’anello fondamentale dell’alleanza Siria-Iran-Hezbollah, che ha permesso al presidente siriano Assad di sopravvivere alla tempesta e adesso, a quanto pare, di poter sperare nella vittoria. Due attentatori suicidi si sono fatti saltare ieri di fronte alla ambasciata iraniana, uccidendo 23 persone tra cui l’addetto culturale della ambasciata, e ferendone 146. Le esplosioni hanno colpito i sobborghi sud di Beirut, roccaforte del movimento sciita Hezbollah, mirando quindi non a loro ma ai loro protettori iraniani.
L’attentato è stato rivendicato dal gruppo jihadista legato ad Al Qaeda “Brigate Abdallah Azzam”. Il suo capo spirituale Zureikat su Twitter ha minacciato nuovi attentati se non verranno accolte due richieste: “Il ritiro dalla Siria del partito dell’Iran (ovvero Hezbollah) e la liberazione dei membri delle brigate rinchiuse nelle carceri libanesi. La scelta è quindi far ricadere sul Libano il costo dell’alleanza stretta da Teheran con il regime di Damasco, alleanza che il mondo arabo di fede sunnita, vicino ai ribelli siriani, avversa in tutti i modi, ma che il leader di Hezbollah, Nasrallah ha ribadito ancora venerdì scorso: “Resteremo in Siria fino a che ve ne sarà ragione”.
La vicenda è in prima su Il Foglio: “Al Qaeda voleva uccidere l’ambasciatore iraniano a Beirut con due bombe. L’Iran è stato colpito per le sue interferenze contro Assad in Siria”. Da tempo le brigate Azzam si sono dichiarate nemiche di Hezbollah e quindi degli sponsor iraniani. Prendono il nome dal predicatore palestinese Azzam che negli anni 80 girava il mondo perorando la causa del jihad contro i sovietici in Afghanistan e che, insieme a Bin Laden, organizzava il passaggio dei volontari islamici stranieri attraverso il Pakistan fino ai campi di battaglia. Prima della sua morte durante il raid ad Abottabad, Bin Laden aveva parlato della possibilità di cambiare il nome di Al Qaeda, ormai troppo compromesso con stragi di civili, e di sostituirlo con il nome di Brigate Azzam.
Anche sul Corriere si sottolinea come il conflitto siriano coinvolga sempre di più il vicino Libano. E Teheran accusa Israele dell’attentato, allorché attraverso il portavoce del ministero degli esteri iraniano denuncia “il complotto dei sionisti e dei loro mercenari”.
Alle trattative sul nucleare iraniano sono dedicati due approfondimenti de La Stampa. Il primo è la corrispondenza da New York, dove si scrive che gli Usa vedono vicino l’accordo con Teheran. Il premier israeliano Netanyahu invece imputa ad Obama la volontà di siglare “un pessimo accordo” con l’Iran. La Casa Bianca accusa tutti coloro che si oppongono a un compromesso di voler “marciare verso la guerra”. Se a ciò si aggiunge il monito del segretario di Stato Usa Kerry a Gerusalemme di “non sabotare” gli sforzi negoziali a Ginevra e l’irritazione israeliana per non essere più aggiornata da Washington sugli sviluppi negoziali, è facile dedurre perché la crisi tra tradizionali alleati come Usa e Israele viene considerata da analisti e politologi come la peggiore negli ultimi 30 anni.
Sulla stessa pagina si dà conto dell’incontro tenutosi ieri a Roma tra il ministro degli esteri italiano Bonino e il suo omologo iraniano Zarif: “Zarif punta sull’Italia per vincere le resistenze di francesi e Paesi del Golfo”.
E poi
Sul Sole 24 Ore le parole del Commissario al mercato unico Michel Barnier, che si dice ottimista sulla intesa tra i 28 Paesi sulla gestione delle crisi bancarie. La questione sta mettendo a dura prova i rapporti tra i 28 perché sul tavolo c’è una cessione di sovranità, la prima dalla nascita della Bce. Chi chiuderà una banca in crisi? Chi pagherà i costi di una ristrutturazione? Forti le resistenze in Germania. Barnier dice: “il finanziamento del fondo è l’aspetto più delicato. Il dibattito è tra un fondo federale, un network di fondi nazionali e una soluzione intermedia. Lavoriamo su qualcosa di intermedio”.
Su La Repubblica, dalle pagine della cronaca: “Tangenti sugli elicotteri, l’India straccia il contratto”. “Annullato l’acquisto da Finmeccanica di 12 velivoli Agusta per 560 milioni di euro. Sullo stesso quotidiano, alle pagine dell’economia: “Fiat riceve dallo Stato più di quanto versa, ricorso alla Cig superiore ai contributi”. Insomma, il saldo del Lingotto nei confronti dell’Inps è negativo.
Sul Corriere della Sera un dossier: “Spazzatura nucleare. Ecco dove finiranno le scorie”. “Via alle procedure per stoccare 90 mila metri cubi di rifiuti. I residui delle centrali ora in Francia Regno Unito e Svezia”.
Su La Repubblica le pagine R2 sono dedicate a John Fitzgerald Kennedy: “Alle 12 30 del 22 novembre 1963 veniva assassinato Kennedy.. Anche su L’Unità diversi articoli: “Incubo americano”, “il presidente star”, “i libri e i film sulla sua storia” “lo sguardo di Oswald”.