I rilievi del Quirinale sui decreti

Pubblicato il 24 Giugno 2014 in da redazione grey-panthers
Minacce dell'Isis all'Italia

Le aperture

Il Corriere della Sera. “”I rilievi del Quirinale sui decreti”. “I tecnici del Colle: ancora troppe materie in un unico testo, dalla corruzione all’economia”. “Ecco i dubbi sulla riforma della pubblica amministrazione”.

A centro pagina: “Il deficit e l’apertura della Merkel: flessibilità nelle regole europee”. “La partita delle nomine, salgono le quotazioni della Mogherini”.

Di spalla: “La barbarie egizina che colpisce tre cronisti”. L’editoriale, firmato da Franco Venturini, è dedicato all’islam politico: “Il disordine che ignoriamo”.

La Repubblica: “Svolta Merkel, ‘Patto Ue più flessibile’”, “Nomine, anche l’Olanda dice sì alla Mogherini”, “Renzi all’Europa: governerò per mille giorni”, “Scontro sull’immunità. Il Pd: la voleva pure M5S”.

In taglio basso: “Pubblico impego, i dubbi del Colle”, “L’esecutivo costretto a correggere la riforma della Pa”

A destra un’analisi di Fabio Chiusi: “Iraq la jihad in 140 caratteri, perché il terrore diventa social”, “Da Youtube a Twitter, la strategia di marketing dei guerriglieri in nero”.

La Stampa: “Ue flessibile, sì di Merkel”, “L’apertura su un nuovo patto di stabilità. Nomine europee, Mogherini in pole per gli Esteri: è un’ipotesi”, “Caso immunità ai senatori, il governo pronto a toglierla”.

Sotto la testata, il caso Mose e l’ex governatore del Veneto: “Galan sfida i giudici, ‘Fesserie su di me’”.

Di spalla a destra: “Palermo, 95 arresti, decapitata la cupola della nuova mafia”.

In evidenza anche i titoli su Pompei: “Musei, basta chiusure selvagge: i dipendenti saranno precettati”.

Il Sole 24 Ore: “Merkel: flessibilità nel patto Ue”. L’editoriale, firmato da Alberto Quadro Curzioo, è titolato “Riaprire il cantiere Eurobond”. Un altro editoriale, firmato da Adriana Cerretelli è titolato “La flessibilità si conquista coi fatti”. Di spalla: “Napolitano: Italia impegnata in Europa per forte cambiamento”.

Il Fatto: “Ecco i due sì del governo all’immunità”, “Boschi ministro a sua insaputa”, “La titolare delle Riforme fa la gnorri sull’impunità ai senatori non più eletti. Ma subito i relatori Finocchiaro (Pd) e Calderoli (Lega) la sbugiardano: ka sua bozza era un colabrodo, noi l’abbiamo riempita d’intesa con i partiti e lei l’ha approvata due volte. Tutta la maggioranza (Ncd escluso) si dice contraria, però la legge nessuno la cambia”.

In taglio basso, l’inchiesta Mose, con le intercettazioni tra l’ex commercialista del governatore Galan e la moglie: “’Noi, prestanome di Galan, soldi anche in Svizzera’”

Il Giornale: “La Merkel Scricchiola”. A sinistra: “È un fuggi fuggi dall’immunità ai nuovi senatori”. Editoriale di Vittorio feltri: “Ma qualcuno difenda il Parlamento dai Pm”.

L’Unità: “Crescita, l’Europa cambia passo”. “Documento del governo della Commissione Europea: la Ue riparta dal lavoro”. “Anche Van Rompuy ora dice: ‘puntare su occupazione e riforme’”. “Da Merkel tiepida apertura ad un patto di stabilità più flessibile”. A centro pagina: “L’imminità a 5 stelle. Anche i grillini erano per reintrodurre le tutele ai nuovi senatori”. A fondo pagina il quotidiano offre una intervista al sindaco di Roma Marino, che “festeggia” il concerto dei Rolling Stones e dice: “Adesso vorrei i Coldplay”.

Ue, Renzi

“Merkel apre: sì al rigore flessibile”, titola La Stampa, “La Cancelliera: ‘Prolungare le scadenze si può, è già stato fatto. Ma soltanto nel rispetto delle regole’”. Dove si legge che finora il concetto di una flessibilità nelle regole “non era scritto da nessuna parte” e “ora c’è”. Lo ha inserito il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy nel documento programmatico per i leader dell’Unione ed è confermato anche da un’Angela Merkel che, sinora, “ha avuto qualche difficoltà a pronunciare quelle morbide cinque sillabe. La Cancelliera aggiunge che ‘un prolungamento delle scadenze’ per il consolidamento ‘è possibile, ed è già stato usato’. Sebbene i vincoli di cornice restino immutati, si tratta della musica che Italia e Francia, per dirne due, volevano sentire”. Più avanti il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin spiega che la sottolineatura del “massimo uso della flessibilità integrata delle regole” che Van Rompuy ha introdotto solo nella seconda bozza, è un’apertura di principio importante, sebbene non conclusiva. La soglia del 3% per il rapporto deficit/pil resta insuperabile, ma si può discutere sul ritmo di rientro dal debito e su come finanziare le riforme.

Sulla stessa pagina, Tonia Mastrobuoni, corrispondente da Berlino, spiega che “il senso dell’apertura di ier” è che l’Italia e alttri Paesi come la Francia potranno ottenere spazi per gestire le spese produttive -magari deroghe al Patto sui cofinanziamenti o investimenti in istruzione o infrastrutture- solo se non abbandoneranno il sentiero delle riforme. Anzi: su quello, bisogna assolutamente accelerare”.

Alle pagine seguenti: “E Angela disse: ‘Caro mister 40 per cento’”. E’ il titolo del “retroscena” che Fabio Martini, su La Stampa, dedica a quella che definisce “la telefonata della svolta”: “il 17 giugno il via libera dalla Cancelliera al metodo Renzi e alla richiesta di guidare la diplomazia europea”. Il “metodo Renzi” cui si fa riferimento è il famoso “prima la politica, poi le nomine”. Quanto alla guida della diplomazia europea, si tratta di un via libera che Renzi avrebbe ottenuto dalla Merkel sul nome dell’attuale ministro degli Esteri Mogherini come Alto commissario per la politica estera.

Su La Repubblica, le pagine 2 e 3 sono dedicate a questo tema: “La Merkel apre all’Italia, ‘Più flessibilità nel patto’. Mogherini verso al Ue”, “E’ candidata a guidare la politica estera, sì dell’Olanda. Svolta della cancelliera anche sugli investimenti”. E il “retroscena” di Francesco Bei: “Renzi: ‘Il mio programma dei mille giorni per cambiare il Paese e l’Europa’”. Dove si legge che nel suo discorso oggi alle Camere per presentare le linee guida del semestre di presidenza italiana dell’Ue Renzi romperà la consuetudine dei discorsi scritti da consiglieri diplomatici e non offrirà la solita “litania”. Presenterà le cinque grandi aree di intervento per cambiare l’Italia cambiando l’Europa: pubblica amministrazione, lavoro, giustizia, scuola, sanità, lavoro.

Sul Sole Stefano Folli scrive che “la maggiore flessibilità cui ha accennato la Cancelliera è tutto tranne che un elemento certo” ma è “meglio di niente”. E se “l’avvento di Juncker non è proprio l’ideale per chi vagheggiava di cambiare il profilo politico dell’Europa”, Renzi “ha già trovato il modo di trasformare una difficoltà in un mezzo successo. Così almeno sarà raccontata ai media la probabile nomina del ministro Mogherini nel ruolo di ‘miss Pesc’, cioè titolare della politica estera”. Una nomina “molto mediatica, molto scenografica”, anche se, scrive infine Folli, l’Italia poteva aspirare ad avere “un portafoglio di peso” e invece “si accontenta di un posto pieno di grane e privo di poteri reali, visto che la politica estera dell’Unione resta un’opinione”.

Il Corriere: “Bè, diciamolo, è una nostra vittoria’: nel chiuso di Palazzo Chigi il presidente del Consiglio si lascia andare con i collaboratori più fidati. È contento, Matteo Renzi, per come stanno andando le cose in Europa. Perché Angela Merkel ha mostrato maggiore flessibilità e perché il documento redatto da Van Rompuy accoglie ‘il metodo’ suggerito dal governo italiano: ‘prima i contenuti e poi il totonomine’”.

Oggi Renzi parlerà in Parlamento: “L’intervento ricalcherà quello che farà il 2 luglio a Strasburgo. Parlerà della ‘priorità della crescita e del lavoro’ per la Ue, chiederà ‘un nuovo inizio’ per l’Europa. Ma parlerà anche dell’Italia: dei suoi prossimi 1.000 giorni, perché quello è l’’orizzonte del governo’ per mandare in porto le ‘riforme strutturali’ di cui il Paese ha bisogno. Insomma, serve un’intera legislatura per rilanciare l’Italia. Ma per questo rilancio serve anche una ‘nuova Europa’”. Quanto al nome di Federica Mogherini, “il suo nome è circolato al Consiglio dei ministri degli Esteri Ue a Lussemburgo, in vista del negoziato ufficiale al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue di giovedì e venerdì prossimi. ‘È un’ipotesi’, ha confermato Mogherini, rimarcando di essere ora ‘concentrata’ sul lavoro alla Farnesina. Il ministro degli Esteri olandese Frans Timmermans ha definito la collega italiana ‘senza dubbio’ una candidata qualificata per succedere alla britannica Catherine Ashton alla guida della diplomazia europea. Mogherini costituirebbe una possibile contropartita da dare al governo di Matteo Renzi per far passare lo schema di euronomine promosso insistentemente dalla cancelliera tedesca Angela Merkel”, che si sviluppa attorno a Juncker, alla premier danese Helle Thornig-Schmidt, socialdemocratica di impostazione liberale (gradita a Berlino)” all’Eurogruppo e al pemier finlandese Jyrki Katainen, “un ‘falco’ del rigore finanziario filo Merkel” che “si insedierebbe come commissario per gli Affari economici e controllore dei bilanci nazionali”. Schulz sarebbe a capo del Parlamento Europeo.

Il Fatto: Flessibilità sui conti, Renzi arruola la Merkel”, “La Cancelliera e il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy avallano le richieste dei socialisti: sconti sul deficit ma senza cambiare i trattati”.

Da segnalare anche una intervista al Sole 24 Ore del ministro dell’Industria Guidi, che parla di Europa.

Napolitano

Il Corriere, con il quirinalista Marzio Breda, si sofferma sui rilievi che arrivano dal Quirinale al decreto varato dal governo sulla PA. “Si voleva dimostrare che il governo interveniva in tempi record su più fronti, inserendo in extremis la questione morale riesplosa con gli scandali Expo e Mose. Solo che – e ricordarlo rievoca la saggezza dei proverbi – la fretta fa spesso incespicare in qualche incidente di percorso o in qualche trappola. Figuriamoci se si pretende di imporla a chi lavora in un cantiere delicatissimo com’è quello dove si formano le leggi”. E dunque quando il “decreto recante ‘misure urgenti per la semplificazione e la crescita del Paese’ (questa la definizione d’origine, ribattezzata dai mass-media alla stregua di ‘riforma della pubblica amministrazione’) il 13 giugno è arrivato al Quirinale per una prima verifica, anche stavolta gli uffici giuridici della presidenza della Repubblica si sono trovati di fronte a uno dei soliti decreti-omnibus già censurati in passato da Giorgio Napolitano”. Breda scrive che si tratta insomma di un provvedimento monstre”, “disomogeneo per materie e oggetto. Senza indici né relazioni tecniche e illustrative ad accompagnarlo. Dilatato in 82 articoli e lungo 71 pagine”. Breda scrive che – secondo una consolidata consuetudine – “gli uffici tecnici del presidente compiono un monitoraggio cooperante delle proposte legislative ‘in itinere’, in modo da evitare aspetti di precaria costituzionalità e appianare in anticipo situazioni di conflitto potenziale, tenendole lontane dai punti di crisi”. I punti critici segnalati dal Quirinale riguardano gli onorari per gli avvocati dello Stato, e la soppressione delle sezioni staccate dei Tar, la parte sul “ricambio generazionale” (pensione anticipata per i magistrati), il ruolo della Authority. I tecnici del Quirinale insomma avrebbero individuato dierse norme “di carattere ordinamentale” nel decreto, che andrebbero dunque approvate con un ddl e non con un provvedimento del governo. Ma “se il governo – dopo aver letto e metabolizzato nel testo finale tutte le controdeduzioni ricevute – vuole farne dei punti assolutamente qualificanti della propria azione e intende dare attraverso di essi un messaggio simbolico al Paese, il Quirinale non ne farà una questione di lana caprina. Li avallerà”, conclude Breda.

Immunità

Parlando delle riforme e del nuovo Senato, La Repubblica titola: “E’ battaglia sull’immunità. Pd: la voleva anche il M5S. Grillo: ma ora deve sparire”. E il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “la terza via dei relatori, ‘Deciderà la Consulta’”. E la Boschi tratta con Fi”. Si spiega che l’idea è di affidare a una sezione della Corte costituzionale la decisione sulle richieste di arresto.

Sullo stesso quotidiano Massimo Giannini invita il governo a fare una scelta chiara e a rivendicarla. Gianni sottolinea che l’immunità parlamentare “non precipita all’improvviso in un ordinamento che non l’ha mai conosciuta”: la introdussero i Giacobini nel 1790, la prevedono, con diverse articolazioni, Olanda, Gran Bretagna, Spagna, Germani, per esempio. In Italia l’hanno introdotta nel 1948 i Costituenti, ma sull’onda dello sdegno di Tangentopoli venne riscritta nel 1993. Il nuovo articolo prevedeva l’autorizzazione della Giunta solo nei casi si arresto e di utilizzo delle intercettazioni telefoniche di un parlamentare: “questa norma è tuttora vigente. Quindi non si tratta di ‘reintrodurre l’immunità’”, ma di decidere se debba essere conservata anche per il nuovo Senato. Cosa che pone due “giganteschi problemi”. Il primo è giuridico: se togli l’immunità, crei una disparità di trattamento tra i deputati e i senatori. Se la mantieni, crei una disparità di trattamento tra i consiglieri regionali e i sindaci ‘normali’, che non avranno alcuna tutela, e quelli che saranno ‘nominati’ senatori, ai quali invece la tutela sarà garantita. L’idea di un filtro affidato ad un organo terzo come la Consulta potrebbe essere un buon compromesso: “l’unica cosa che il premier non può fare è lasciare che l’immunità passi così, nel caos ipocrita dello scaricabarile istituzionale”.

Il Fatto insiste: “Riforme alla Renzi. Il governo disse sì, ma la Boschi non lo sa”, “Garanzie ai senatori, i relatori a Palazzo Madama Finocchiaro e Calderoli accusano il ministro: ‘Non è vero che non sapeva niente, ha vistato il testo due volte’”. La “stranezza” che il quotidiano segnala è che la bozza uscita da Palazzo Chigi sia stata “riempita” in commissione: “mentre Renzi e Boschi stringevano l’accordo politico con Berlusconi e Verdini”, i relatori “lavoravano a ‘riempire’ la riforma (parola della presidente della commissione Finocchiaro, ndr.). E così arrivavano per il nuovo Senato competenze che non c’erano nel testo originale. E con le competenze pure l’immunità”.

Secondo Il Giornale “il caos immunità aiuta il paritto antiriforme”. “Renzi: la norma non è centrale, si può eliminare. Ma i dissidenti Pd insistono: speriamo non ci sia un patto segreto con Berlusconi sulla giustizia”.

“Ma l’immunità è opportuna”, scrive invece Giovanni Orsina in prima su La Stampa in un’analisi. In cui si sottolinea anche come il sistema giudiziario italiano in questi anni abbia dimostrato di non essere esente da “errori, eccessi, protagonismi, superficialità, faide interne” e non hga sempre utilizzato al meglio i suoi ampi margini di discrezionalità, spesso abusando “di uno strumento delicatissimo quale la carcerazione preventiva. Fermo restando -ci mancherebbe- che la magistratura deve esser in condizione di svolgere il suo lavoro, è ricostruendo l’equilibrio fra i poteri che possiamo sperare di risolvere i problemi italiani, non affidandoci alla supremazia di un potere su tutti gli altri”.

Sul Corriere viene intervistato il capogruppo Pd Luigi Zanda: “Lo scudo è necessario, però va rivisto”, il titolo. Zanda dice che il Parlamento fino ad oggi ha “mandato assolti deputati e senatori” non per la presenza di un reale “fumus persecutionis” ma per “comparaggio politico”. E dunque sarebbe bene una “devoluzione alla Corte Costituzionale” di tutte le competenze che oggi ha la Giunta per le immunità.

Anche sul Sole viene intervistato Zanda: “Sui parlamentari decida la Consulta”.

Internazionale

Su La Stampa ancora attenzione per l’iraq: “’Rapito e ucciso il giudice che mise a mrte Saddam’”, “Al Rahman giustiziato dall’Isis: vendicato il rais. Il governo non conferma”. L Anotizia è stata rilanciata su Facebook da Al Douri, già vice del dittatore e ora alleato dei miliziani dell’Isis. Si tratta . -scrive Paolo Mastrolilli- di un colpo importante sul piano politico, perché rientra nella strategia di rafforzare l’alleanza tra l’Isis e gli elementi dell’ex partito Baath di Saddam. Si ricostruisce poi il personaggio: Al Rahman, il giudice ucciso, era curdo di Halabjia, la città che Saddam aveva colpito con le armi chimiche. Da capo del tribunale che condannò Saddam, aveva scelto una linea piuù dura rispetto al suo predecessore, obbligando il rais a rispettare le regole. Quella fase del processo diventò l’immagine di un Iraq che cambiava.

La Repubblica: “Gli uomini in nero vendicano Saddam, ucciso il giudice che lo condannò a morte”. Di Vincenzo Nigor, autore del reportage da Baghdad.

Nella parte alta della stessa pagina, attenzione per la visita del segretario di Stato Usa nel Paese: “Kerry a Baghdad: ‘Ora un governo di unità’”. Avvertimento diretto al premier sciita Al Maliki.

Su Il Giornale: “Kerry in Irak, ma il Paese non c’è più”. “Washington finge di non vedere e chiede ad Al Maliki un governo di unità”.

Di Iraq, e di altre aree di crisi, parla Franco Venturini, nel suo editoriale sulla prima pagina del Corriere della Sera. Dell’Isis dice che è “”il simbolo più rivelatore di questi tempi”, formazione sunnita ma “scomunicata dalla vecchia Al Qaeda per eccesso di crudeltà” E si chiede: “Davvero crediamo che la grande guerra inter-islamica non ci riguardi, e non riguardi il prezzo e le forniture di greggio?”.

Su La Stampa: “Egitto, 7 anni ai giornalisti’. ‘Hanno dato false notizie’”, “Condannati tre reporter di Al Jazeera ritenuti filo-islamici”. Accusati di aver cioè favorito il movimento ormai fuorilegge dei Fratelli Musulmani.

Anche sul Sole 24 Ore, dove si ricorda che Olanda e Gran Bretagna gli ambasciatori egiziani per protesta, e che i tre sono stati condannati nell’ambito di un processo a 20 imputati dello stesso reato.