Le aperture
Il Corriere della Sera: “Partiti in crisi, gelo sul governo. Berlusconi al Pdl: non più sdraiati sul premier. E il Pd ora chiede di contare di più”. E poi: “Napolitano e i consensi per Grillo: non vedo alcun boom”. A centro pagina le parole del premier Monti: “I costi umani della crisi? Rifletta chi ha portato l’economia in questo stato”. “Monti parla anche del voto: non sposta l’agenda italiana”.
Il Giornale:”Dai Grillo, molla Monti. Il messaggio degli elettori è stato chiaro. Non si vota un partito che sostiene un governo che ti perseguita senza darti nulla in cambio. La conseguenza non può che essere una”.
Il Foglio offre un articolo di spalla sulla prima pagina dedicato alle “ferite elettorali”: “Così il Cav e Casini cercano di contenere i particiani del voto. Cena strategica per il Pdl diviso tra populisti e pro Monti, si guarda ancora all’Udc (il Pd guarda altrove). Rispunta Montezemolo”.
La Repubblica: “Crisi, Monti accusa i governi passati. ‘Hanno causato tragedie umane'”. E poi “Napolitano a Grillo: non vedo il boom. Il comico: si riposi”. “Dopo la frase del premier esplode l’ira del Pdl. Anche ieri tre suicidi. Comunali: caos in Sicilia, Catanzaro rischia l’annullamento. Casini: il Terzo Polo non serve più”. A centro pagina: “Lavitola: dossier su Fini per conquistare Berlusconi”: In prima pagina il quotidiano offre un appello firmato da Giuliano Amato, Jacques Attali, Emma Bonino e Romano Prodi: “Il federalismo che può salvare l’Europa”, il titolo.
La Stampa: “Crisi, l’attacco di Monti. ‘Le conseguenze umane derivate dalla recessione, rifletta chi l’ha provocata’. Primo effetto del voto, Casini annuncia: addio Terzo Polo, macerie sui moderati”. A centro pagina, con una foto di Sarkozy e Hollande: “Effetto-Francia, anticipato il vertice sulla crescita”.
Il Sole 24 Ore: “Italia alla Ue: investimenti fuori Patto. Da Barroso a Van Rompuy via libera ai project bond, vertice europeo il 23 maggio. Monti vede Rehn e preme sulla Germania: obbligazioni Ue, venture capital e golden rule per la crescita. Squinzi: priorità infrastrutture”. Di spalla le parole del premier: “Monti: i drammi della crisi? Rifletta chi l’ha provocata”.
Libero: “Monti accusa Berlusconi. I morti della crisi sarebbero colpa del Cav. Ma dimentica le sue tasse inutili”. L’editoriale del direttore Belpietro è dedicato al partito dell’ex premier: “Adesso nel Pdl c’è bisogno di una rivoluzione”. A centro pagina spazio per una analisi sul voto: “Il Pd ha perso un voto su tre. Ma è felice”.
Europa: “Monti si sente stabile. Legge elettorale, riparte la giostra. ‘Dal voto nessuno scossone per il governo’. E Napolitano si sbilancia contro Grillo”.
Dati
Ai risultati elettorali è dedicato un articolo che prende in esame i dati dell’Istituto Cattaneo: paragonando i dati nei 24 comuni capoluogo con quelli delle regionali, delle europee e delle politiche, se ne deduce che “perdono tutti i partiti”, con una parziale eccezione dell’Udc, che contiene le perdite al 6,5 per cento a livello nazionale rispetto alle regionali del 2010. Grillo trionfa solo al Nord, dove ha quadruplicato i voti ad Alessandria, mentre a Verona li ha triplicati, a Parma, Monza, Cuneo e Belluno li ha più che raddoppiati. Il Carroccio perde oltre il 60 per cento dei voti rispetto alle precedenti consultazioni in tutto il Nord. Tiene meglio nei piccoli comuni, quelli sotto i 15 mila abitanti, rispetto ai comuni più grandi. Il Pdl perde 175 mila voti rispetto alle regionali del 2010, nel Nord la percentuale è del 61 per cento; il Pd perde 91 mila voti, di cui 60 mila nel Nord, ovvero il 29 per cento rispetto alle regionali del 2010.
Alle prime elezioni nell’era del montismo è dedicata anche – su La Repubblica – l’analisi di Ilvo Diamanti che, parlando del fenomeno Grillo, trova poco convincente l’idea di etichettarlo come “antipolitico”: il movimento ha coagulato gruppi attivi a livello locale, impegnati su questioni come i referendum di un anno fa, collegati alla tutela dell’ambiente, e ai beni pubblici o alla lotta contro gli abusi. Riprendendo lo studio dell’Istituto Catteneo sul voto di Parma, si sottolinea come una componente di elettori grillini è stata sottratta alla Lega (3 per cento sul totale, rispetto alle regionali del 2010).
Anche il Corriere della Sera legge i dati dell’Istituto Cattaneo, che riassume così: “Pdl, Lega e Idv ‘dimezzati’. Il Corriere sottolinea che comunque i partiti si sono dissanguati anche a vantaggio delle tante liste civiche che sono difficilmente catalogabili nei meccanismi dei flussi elettorali. Il quotidiano sottolinea che il Movimento cinque stelle “stravince” tenendo presente che si è presentato soltanto in 101 comuni su 941.
Il dato evidenziato dal Corriere riguarda anche l’Italia dei Valori, che ha perso 55 mila voti, da tradursi in un meno 58 per cento. Renato Mannheimer – stesso quotidiano – sottolinea che un terzo degli astenuti votava centrodestra.
Sul voto La Stampa intervista due esperti di flussi elettorali. Il professor Paolo Natale, che insegna sociologia politica a Milano ed è consulente della Ipsos di Nando Pagnoncelli, spiega che “il forte incremento del Movimento di Beppe Grillo è dovuto per una quota consistente a ex astensionisti e a ex elettori del centrosinistra”. Secondo Natale circa il 10 per cento degli elettori del Pd ha votato per Grillo, ed ha scelto Grillo circa il 20 per cento di chi aveva votato per Di Pietro. Solo il 3-4 per cento degli elettori ex leghisti hanno votato per il movimento del comico. Infine, circa il 70 per cento di chi ha votato Grillo dichiara di essere di sinistra.
Natale ribadisce ed esplicita la sua analisi su Europa, sottolineando che Grillo non ha raccolto i consensi in uscita da Pdl e Lega: si tratta di ex astensionisti, ex elettori di centrosinistra o della cosiddetta sinistra radicale: è un competitor di cui hanno sofferto la Federazione della sinistra, Sel di Vendola e Idv di Di Pietro.
Per tornare a La Stampa, Alessandra Ghisleri, di Euromedia Research, la società preferita da Berlusconi, ricorda che in questa tornata elettorale è andato a votare meno del 20 per cento dell’elettorato totale. Il 40 per cento degli elettori Pdl di questo 20 per cento non è andato alle urne. Il primo motivo è nel fatto che “non c’erano candidati validi. In fondo alle elezioni comunali è l’uomo che conta”. Ha pesato anche il fatto che Berlusconi non abbia partecipato alla campagna elettorale. “Se mi passa il paragone, Berlusconi è la Belen della politica, quando c’è lui si alza l’attenzione. E’ una macchina da guerra”.
Governo e partiti
Un lungo retroscena del Corriere spiega che il Pd non si pone l’obiettivo di far cadere il governo, ma quello di cndizionarne l’operato: D’Alema invita l’esecutivo a tener conto della “sofferenza” portata a galla dai risultati elettorali, Matteo Orfini invita Monti a non fare il “mediatore” tra Francia e Germania, ma a “stare con Hollande”. La Stampa parla di “appello a Monti” da parte del Pd, che chiede “ora più crescita”: Bersani “batte cassa” e chiede investimenti, Imu più leggera, patrimoniale, soluzione al problema degli esodati.
La Stampa intervista Giorgio Straquadanio, che spiega come il fallimento sia una “responsabilità collettiva”, anche di Berlusconi “quando ha affidato la politica economica a Tremonti”. “Una classe dirigente seria rimette il suo mandato. Dopo questo botto io le dimissioni almeno formali me le sarei atteso, e da più di uno”. Su Berlusconi: “ha avuto 18 anni e non c’è la fatta. Ha visto Sarkozy? Dice che non si candida più: così funziona”.
Vittorio Feltri su Il Giornale scrive una lettera all’ex premier. Su Monti “dimentichi la mossa dorotea dell’appoggio esterno. Esca dalla maggioranza”, abbandonando al suo destino infausto “l’esecutivo dei docenti e dei bidelli”.
Sullo stesso quotidiano si dà conto del lungo vertice tenutosi ieri a Palazzo Grazioli, dove sarebbe in crescita l’insofferenza verso l’Esecutivo: e tenendo presente le forti difficoltà in cui si trova Casini – secondo Il Giornale – una confederazione dei moderati ipotizzata dal Cavaliere ora potrebbe avere qualche chance.
Per restare proprio all’Udc di Casini, il titolo de La Repubblica: “Casini seppellisce il Terzo Polo”. Il leader Udc ha spiegato che “quell’esperienza è stata importante per chiudere la stagione del berlusconismo, ma non è in grado di rappresentare la richiesta di cambiamento che arriva dagli italiani. Insomma, se l’Udc è, nelle parole del suo leader, “un partito che cresce”, il progetto messo in piedi con Fini e Rutelli è fallito, non ha raccolto il grande voto in uscita da Pdl e Lega. Dice ancora Casini: “Non mi interessa entrare nella foto di Vasto, ma nemmeno inseguire la Lega per le valli padane”.
Grillo
Un botta e risposta con toni decisamente polemici c’è stato ieri tra il Quirinale è Beppe Grillo: sollecitato a commentare i dati elettorali del Movimento 5 Stelle Napolitano ha risposto “di boom ricordo quello degli altri 60, altri non ne vedo”. Una risposta “ironica”, scrive il quirinalista del Corriere Marzio Breda, che sembra concepita per non avallare l’idea di una disfatta generale della politica e dei partiti, perché focalizzare l’attenzione solo su questo segnale uscito dal test amministrativo, enfatizzandolo e descrivendolo come un boom sarebbe, secondo Napolitano, fuorviante. Napolitano ha ricordato che si è trattato di un test piuttosto circoscritto, e che il numero degli elettori chiamati a votare non è stato grandissimo, pur ammettendo che dai risultati sono emersi “motivi di riflessione per le forze politiche”.
Sul suo blog Grillo ha risposto, con un post intitolato “boom boom Napolitano”: Sono rimasto a bocca aperta, spalancata, come un’otaria”, “là dove non hanno osato neppure i Gasparri o i Bersani, ha volato (basso) Napolitano. Il Movimento 5 Stelle è solo terzo ed è nato solo due anni e mezzo fa e non ha fatto boom. Forse ha fatto bim bum bam?”.
Europa
Il presidente della Commissione europea Barroso ha deciso intanto di anticipare la data del vertice europeo sulla crescita. Ci sarà una cena informale dei leader il 23 maggio, per trovare, come spiega La Stampa, una intesa tra i rigoristi, come la Germania, e la nuova Francia di Hollande. Scrive Europa che si tratta di una riunione straordinaria che dovrà preparare il consiglio di fine giugno. Si annuncia fin d’ora complicata per quello che ieri Monti ha definito essere “uno scontro intellettuale in atto”: “tra il mondo anglosassone – ha spiegato Monti – che punta su stimoli di tipo keynesiano alla domanda, e quello tedesco, che intende l’economia come espressione di filosofia morale”, e quindi “fa discendere la crescita da comportamenti etici”. Monti ha ricordato l’invito rivolto alla Commissione Ue di riservare per il futuro una attenzione maggiore, dentro al quadro dei vincoli di bilancio, ad investimenti pubblici a livello nazionale. Monti ha invitato l’Europa ad agire, “non possiamo più solo studiare le strategie per lo sviluppo”.
Su La Repubblica, con richiamo in prima, un appello che ha tra le prime firme quelle di Giuliano Amato, Jacques Attali, Emma Bonino e Romano Prodi: “Il federalismo che può salvare l’Europa”. Dove si chiede di correggere gli squilibri dell’Unione economica e monetaria, rilanciare la produttività attraverso riforme strutturali (in particolare nel settore dei servizi e investimenti in progetti generatori di crescita), di creare con urgenza project bond, cioé “debito buono”, finanziando progetti generatori di futuri redditi, dove un ruolo di primo piano avrà la Banca europea degli investimenti. Ma gli investitori – si sottolinea nell’appello – acquisteranno i project bond solo se i mezzi per rimborsarli non proverranno dal contributo volontario dei Paesi della zona Euro: solo una imposta europea nel quadro di un bilancio federale potrà dare credibilità a questo strumento. E per finanziare il bilancio federale si può pensare ad un punto percentuale dell’Iva, o a una carbon tax, o a una tassa sulle transazioni finanziarie.
Internazionale
Su Europa ci si occupa dell’accordo siglato tra il primo ministro israeliano Netanyahu e il leader della formazione centrista Kadima, Shaul Mofaz, per un governo di unità nazionale. Si tratta – secondo il quotidiano – di una mossa che ha lasciato sbigottiti i dirigenti dei rispettivi partiti e ancor più quelli dell’opposizione, che speravano in un rilancio nelle elezioni anticipate. Ma per Kadima le elezioni anticipate sarebbero state un suicidio politico, poiché gli ultimi sondaggi gli attribuivano tra i sei e i dieci seggi contro gli attuali 28. Se fino a qualche settimana fa Mofaz si proponeva come alternativa a Netanyahu e futuro leader della protesta sociale contro il governo, oggi l’ex capo di stato maggiore diventa vicepremier e membro del consiglio di difesa del governo. Quello nascente può contare sull’appoggio di 94 su 120 deputati della Knesset, la più grande maggioranza che lo stato ebraico abbia visto. Da oggi l’opposizione parlamentare sarà guidata dal partito laburista.
In conferenza stampa i due leader ieri hanno illustrato le linee guida del nuovo governo: modifica della legge Tal, che esonera gli ultraortodossi dal servizio militare, approvazione della legge finanziaria di austerity, riforma elettorale con innalzamento della soglia di sbarramento attualmente al due per cento, promozione di un processo di pace responsabile.
“Tre ex capi di stato maggiore al comando”, sottolinea Il Foglio, riferendosi a Ehud Barak, Mofaz e il vicepremier Moshe Yaalon. Il quotidiano definisce il “triumvirato della sicurezza” quello formato da Netanyahu, Mofaz e il ministro della Difesa Barak: e ci si interroga se la mossa del premier israeliano sia da collegare ad un attacco ad Israele. Il Corriere: “Netanyahu imbarca Kadima per affrontare la sfida Iran”. Il quotidiano scrive che Kadima avrà le commissioni esteri e difesa, e ricorda che Mofaz, ex ministro della difesa, ex capo delle forze armate, è nato in Iran ed è stato l’interlocutore strategico degli Usa fino al 2009. E’ da sempre contrario ad un attacco preventivo su Teheran: se Obama resterà alla Casa Bianca, data l’antipatia (ricambiata) verso Netanyahu, Mofaz potrebbe essere un buon canale di dialogo.
Ieri il presidente del consiglio Monti ha incontrato il suo omologo turco Erdogan ed ha ribadito un forte assenso dell’Italia all’ingresso di Ankara nella Unione Europea. “Alleanza Italia-Turchia, dall’economia alla Siria”, sintetizza Il Sole 24 Ore, che riferisce della firma di sei accordi bilaterali. L’adesione piena della Turchia alla Ue “serve ad una Europa che è stanca ed anziana”. Della visita di Erdogan in Italia riferisce anche il Corriere, sottolineando le sue dichiarazioni sulla Siria. Il quotidiano annota la smentita del premier turco sul titolo dato ieri alla sua intervista sulla Siria, poiché lo stesso Erdogan ieri ha precisato: “Non ho mai sostenuto un intervento militare della Nato contro la Siria perché non si sono verificate le condizioni previste nell’articolo 5 del Trattato Atlantico”.
Cronaca
I quotidiani riferiscono del secondo interrogatorio in carcere di Walter Lavitola. La Repubblica riassume le sue parole così: “Preparai il dossier su Fini per ingraziarmi Berlusconi e il Pdl”. Il Corriere, ancora sulle parole di Lavitola: “Da Berlusconi un milione per comprare il senatore De Gregorio”:
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini