Grecia, finalmente l’accordo c’è

Pubblicato il 13 Luglio 2015 in da redazione grey-panthers

Questa mattina il presidente del Consiglio europeo Tusk ha annunciato l’accordo sulla Grecia. “L’Eurosummit ha raggiunto l’accordo all’unanimità. Siamo tutti pronti per il programma Esm, il fondo salva-stati, per la Grecia con riforme serie e aiuti economici”, ha detto. “Non ci sarà nessuna Grexit”, ha detto il presidente della Commissione Juncker. Il parlamento greco dovrà “legiferare rapidamente”.

Le aperture

Il Corriere della sera: “La Grecia ora è con le spalle al muro. L’Ue tratta nella notte: riforme in tre giorni. Tsipras: umiliante. Frenata sulla Grexit temporanea”. “La Germania intensifica la pressione. Francia più morbida. L’ipotesi di un prestito ponte per l’emergenza”.
In evidenza anche una corrispondenza di Federico Fubini da Atene, un articolo di Danilo Taino sulla Bce e una intervista a Daniel Cohn-Bendit (“‘Il dogma dell’austerità’”.
A centro pagina: “Giappone. La moglie del premier in visita a Expo sfida la tradizione. La scelta di Akie Abe: voglio dire ciò che penso”.
Accanto un “retroscena”: “Il caso del comando generale. Pressioni, favori. La guerra segreta della Finanza”, di Fiorenza Sarzanini. Dove si parla del generale Mario Adinolfi, comandante in seconda della Gdf.
In prima anche il richiamo ad una “lettera del sindaco di Roma” Marino: “Perché non mi arrendo”.
A fondo pagina la notizia di cronaca di ieri: “Ha ucciso quattro persone per il parcheggio. Agente penitenziario litiga con i vicini di casa e compie una strage nel casertano”.

La Repubblica: “Diktat Ue, Grecia al muro”, “L’Eurogruppo in mano ai falchi tedeschi: solo tre giorni per riforme e tagli. Atene: è umiliante. Imposto a Tsipras il ritorno della Troika. Trattative nella notte tra i leader. Hollande: fare di tutto”.
E l’analisi di Andrea Bonanni (“L’ultimatum impossibile”), il racconto da Atene di Ettore Livini (“’Non resistiamo fino a giovedì’”) e l’intervento di Mariana Mazzucato (“La lezione del Dopoguerra”).
In apertura a sinistra l’Atlante politico con le mappe di Ilvo Diamanti: “5 Stelle al top ma meno di 1 su 3 pronto a condividere il governo con gli altri”.
In prima una foto di alcuni musulmani in preghiera a Napoli, in una piazza: “L’Islam s’è fermato a Napoli, viaggio tra i nuovi convertiti”. Di Roberto Saviano.
Sulla colonna a destra, le trattative sul nucleare iraniano: “Quell’intesa sulla bomba sognando un altro Iran”, di Reza Aslan (“I miei genitori fuggirono dagli ayatollah: il dialogo è l’unica via per ritornare”).
A fondo pagina, la vicenda di Joaquìn Guzmàn, detto “El Chapo”: “La beffa del ‘Chapo’ dei narcos evaso scavando sotto la doccia”, “Il messicano finito nella hit dei più ricchi di Forbes”.

La Stampa: “Grecia, poche ore per salvarsi”, “Linea dura dell’Eurogruppo: fate le riforme per mercoledì, solo dopo si tratterà”, “Subito nuove leggi su tasse, pensioni e fallimenti. Atene: sono condizioni umilianti. I leader negoziano nella notte”.
“A Tsipras richieste impossibili”, è il titolo dell’analisi di Marco Zatterin.
Il “retroscena” di Tonia Mastrobuoni: “Volano i falchi e l’Ue si divide”.
“Ma l’Unione è garanzia di pace”, scrive in prima Vladimiro Zagrebelsky.
Sulla colonna a destra, la vicenda della bomba al consolato italiano al Cairo: “Gli islamisti: ‘Sì alla boma contro l’Italia’”, di Maurizio Molinari.
Sul viaggio del Papa in Sudamerica: “Il Papa che porta il Vangelo” (di Andrea Tornielli).
E sul boss messicano evaso: “Così El Chapo svergogna il Messico”. A scriverne è Federico Varese.
In prima anche una foto di giovani artigiani al lavoro: “Ecco i nuovi artigiani: un’impresa ogni 4 minuti”, “È boom di giovani che alla laurea preferiscono il lavoro in proprio, puntando su hi tech, moda e cucina”.

L’Unità: “Tragedia greca, ultimo atto”, “Il vertice europeo dà tre giorni a Tsipras per fare le riforme: il negoziato partirà dopo. Renzi: ‘La situazione è complicata ma l’accordo va fatto’. Atene nell’euro”.
“Lo zoo europeo” è il titolo di un editoriale firmato da Massimo Amato e Luca Fantacci.
In prima anche un articolo di Marco Mogiello: “I dolori della Spd ‘subalterna a Merkel’”, “Critiche nella base al vicecancelliere Gabriel e proteste per Grexit”.
A fondo pagina, un sondaggio Swg: “Corruzione, cresce sfiducia nelle classi dirigenti”, “Il sondaggio Swg per l’Unità: sotto accusa imprenditori e politici”.
In evidenza in prima una ricerca effettuata tra il 2009 e il 2014 sulle “case del popolo” dell’Arci. Con “scatti storici” che hanno immortalato negli anni Mina, Roberto Benigni e Arnoldo Foà.

Il Giornale: “La Germania invade la Grecia. Schiaffo al referendum. Berlino e il fondo monetario vogliono imporre il ritorno della Troika, riforme lacrime e sangue entro tre giorni e poi un nuovo governo al posto di Tsipras. È l’ennesimo colpo di stato targato Ue”.
A centro pagina, nel “controcorrente”: “Tutte le Medjuogorje d’Italia. Madonne che piangono e profezie, ma spesso dietro c’è un giro di soldi”.

Il Sole 24 ore: “Ultimatum ad Atene, riforme subito o Grexit. Tre giorni per le misure su tagli, Iva, pensioni, privatizzazioni. Tensione Draghi-Schauble, oggi Bce sulla liquidità”. “Dagli incontri a Bruxelles condizioni più pesanti per Tsipras (con il ritorno della Troika). Stati ancora divisi. Atene: ci vogliono umiliare”.
A centro pagina il pensiero del presidente del consiglio italiano: “‘Impensabile un’Europa senza la Grecia”.
Sotto: “Borse in allerta, faro sull’euro. Timori per la riapertura dei listini, in Asia la divisa Ue cala. Oggi aste Btp per 7,5 miliardi”. “Privatizzazioni, offerta Maersk sui porti di Atene e Salonicco”.
L’editoriale, di Adriana Cerretelli: “I pericoli sottovalutati dell’Europa dei diktat”.

Grecia, l’ultimatum

Su La Stampa, a pagina 2, la corrispondenza da Bruxelles di Marco Zatterin: “Ultimatum impossibile alla Grecia: ‘Riforme approvate entro 3 giorni’”, “Imposte misure durissime su privatizzazioni e fisco in cambio di 82 miliardi. I greci: condizioni umilianti. La troika tornerà ad Atene per monitorare i lavori”. Atene avrà quindi -in caso di accordo- tre giorni di tempo per fare quattro riforma chiave: su Iva, pensioni, nuovo codice civile per i processi, legge sul fallimento bancario.

La Repubblica, pagina 2: “Ultimatum shock dell’Europa ai greci: approvate le riforme entro tre giorni”, “Durissimo scontro all’Eurogruppo. Berlino detta le condizioni, poi eurosummit nella notte. Atene: ‘Richieste umilianti e disastrose’”. “I falchi – scrive il corrispondente a Bruxelles Andrea Bonanni – “volteggiano trionfanti nei cieli d’Europa. E dettano a Tsipras un ultimatum impossibile, come quello dell’Austria alla Serbia che innescò la prima guerra mondiale. Le colombe cercano di negoziare sulle briciole per rendere più accettabile un testo che mette comunque sotto i piedi qualsiasi sovranità si Atene”. Nella notte tra sabato e domenica è apparso evidente che una maggioranza di governi dell’eurozona era contraria a varare un nuovo pacchetto di aiuti per salvare la Grecia dalla bancarotta e tenerla nell’euro. Il documento di 4 pagine che ieri mattina i ministri hanno trasmesso ai capi di governo dell’eurozona, senza averlo votato e con ben undici punti controversi, rispecchia – secondo Bonanni – quello preparato nei giorni scorsi dal ministro delle Finanze tedesco Schaeuble. E tradisce la speranza dei falchi che siano gli stessi greci a scegliere di uscire dall’euro per poter negoziare un sostanziale taglio del loro debito ormai sostenibile. Il documento dà tre giorni ad Atene per approvare la riforma dell’Iva, varare un nuovo codice di procedura civile, ristrutturare l’ufficio nazionale di statistica e creare un’unità indipendente sul controllo di bilancio. Inoltre il governo greco deve presentare, entro il 15 luglio, una “road map” dettagliata sulla messa in opera delle seguenti riforme: azzeramento del deficit pensionistico; liberalizzazione totale delle professioni e del commercio; revisione dei contratti nazionali di lavoro e riconoscimento dei licenziamenti collettivi; accelerazione delle privatizzazioni con la creazione di un fondo indipendente in cui conferire i beni da privatizzare per 50 miliardi; taglio ai costi della pubblica amministrazione e riforma secondo le indicazioni che verranno concordate con i creditori. Inoltre il governo deve impegnarsi a far tornare la troika nel Paese; a cancellare tutte le misure anti-austerità già approvate senza il consenso di Bruxelles e concordare con la troika tutte le proposte legislative prima di sottoporle al Parlamento. E tutto questo è considerato condizione minima necessaria non per varare il pacchetto di aiuti, ma solo per avviare le trattative in vista della concessione di un nuovo programma di assistenza. “In caso di non accordo- è scritto in una delle frasi rimaste fra parentesi- alla Grecia verrà offerto un rapido negoziato per una temporanea uscita dall’area euro e una possibile ristrutturazione del debito”.

Per L’Unità: “Ultimatum Ue. Tre giorni per salvare Atene”, “Entro il 15 luglio Tsipras dovrà ottenere il via libera alle riforme. Berlino mette nero su bianco la Grexit nel documento. Cresce il fronte del no”. Scrive Marco Mogiello che la vera novità è l’introduzione, “su insistenza del ministro delle Finanze Wofgang Schaeuble, della Grexit temporanea in un documento ufficiale, inserita come opzione tra parentesi. Anche se non è accettata da molti Paesi ed è giudicata impraticabile dal punto di vista tecnico, di fatto segna un primo superamento del tabù sulla irreversibilità dell’euro”. Mongiello riferisce anche l’opinione dell’economista Paul Krugman: “a meno che la Merkel non trovi miracolosamente un modo per offrire un piano molto meno distruttivo di quello che stiamo sentendo, la Grexit, per quanto terrificante, sarebbe meglio”.

Sul Sole una pagina dedica al confronto tra le richieste dei creditori e le proposte di Atene. Il quotidiano dà un punteggio al livello di convergenza tra le due. Sono molto simili le proposte su Iva e pensioni, e abbastanza vicine le proposte su tagli e tasse e privatizzazioni. Molto distanti invece le proposte sulle riforme strutturali (una nuova legislazine su contrattazione e licenziamenti collettivi entro fine 2015), sulla richiesta di attuare entro tre giorni almeno la riforma delle pensioni e quella dell’Iva, oltre che l’adozione di nuove regole europee sulla gestione delle crisi bancarie e sul debito: 180 per cento del Pil. L’Eurogruppo “rimane disponibile a considerare, se necessario, misure aggiuntive per agevolare ulteriormente il percorso di pagamento del servizio del debito”, come per esempio “periodi di grazia e allungamento delle scadenze di pagamento”, ma condizionandole alla “piena attuazione delle misure” concordate.
Sul Sole la notizia che la danese Maersk è pronta a fare una offerta per strappare ai cinesi di Cosco la conquista del Pireo, ovvero del porto. In Grecia si dovranno privatizzare gli aeroporti regionali (la Fraport di Francoforte è in prima fila per acquisirli), il vecchio aeroporto di Atene, la Ote (telecomunicazioni), alcune miniere, la società di trasmissione elettrica (Terna è in ballo per l’acquisto).

Tsipras

Su Il Giornale: “C’è un accordo sul cosa dire alla Grecia: l’adozione di una ricetta gradita ai creditori entro tre giorni. Poi il ritorno della Troika ad Atene per ristabilire relazioni ‘normali’ tra i creditori e il Paese sull’orlo della bancarotta. Ma manca l’intesa su come gestire le fasi successive. Cosa fare del debito pubblico ellenico e, soprattutto, resta da decidere la possibilità di una Grexit temporanea nel caso non venga approvata la ricetta dei creditori”. Sul quotidiano si legge che sarebbe “impossibile, per Syriza, fare approvare le riforme, tanto che ieri, secondo il quotidiano tedesco Bild, il Fondo monetario ipoteizzava un governo tecnico ad Atene per i negoziati perché l’istituzione non si fida di Tsipras”.

Federico Fubini sul Corriere scrive che “se c’è un punto che sembra inaccettabile persino ai partiti più aperti ai piani europei di riforme è l’asso uscito sabato sera dalla manica di Schauble” ovvero il “fondo piazzato in Lussemburgo nel quale siano assemblati beni dello Stato greco del valore presunto di 50 miliardi di euro”. Il ministro delle Finanze tedesco vede in quella misura “la garanzia che Alexis Tsipras non si prenda i primi dieci o venti miliardi del prossimo pacchetto di prestiti e scappi verso la rottura con l’Europa”, il default deliberato e nuove elezioni. “Non è un timore del tutto irrealistico”, scrive Fubini, visto che Syriza dopo il referendum viaggia al 37 per cento, 18 punti sopra i conservatori di Nea Democrazia. Atene considera la proposta “un puro e semplice pignoramento”. Le proposte che il Parlamento dovrebbe votare in tre giorni potrebbero “produrre un cambio di maggioranza in corsa”, con l’allargamento a Pasok, Nuova Democrazia e Potami.

Su La Repubblica, il reportage da Atene di Ettore Livini: “Le banche al collasso, ora i greci hanno paura. ‘Stanno per finire i soldi, non arriviamo a giovedì’”, “Da oggi il contante non è più assicurato. E chi ha messo da parte i risparmi, adesso li spende tutti: il timore è che scatti un prelievo forzoso del 30%”. E di fianco: “’Vogliono umiliarci’. Tsipras cerca alleati ma Syriza si spacca”, “Le riforme in 72 ore sono viste come un affronto al Paese. Due strade per i leader: nuova maggioranza o dimissioni”.

Sul Sole: “Tsipras pronto a un passo indietro. Il premier ai suoi. ‘Tutti uniti o me ne vado, potrei lasciare se necessario per i negoziati’”. “Unità nazionale? Nuova Democrazia e i socialisti possono soccorrere il governo per varare le misure urgenti”. L’inviato del quotidiano scrive che “i ben informati dicono che Tsipras” sente il peso di queste ore e “stia meditando di sacrificarsi, di fari da parte dalla carica di premier”. “Non sono Papadimos (il premier tecnico, ndr) ha detto ai deputati del suo partito prima del voto alla Camera sul piano. I suoi fedelissimi lo hanno per ora convinto a non lasciare “visto che è al massimo della popolarità”. Il quotidiano cita anche una “fonte del governo” che riferendosi ai tre giorni per votare Iva e pensioni dice: “Non vogliamo rinvii perchè nel frattempo non c’è abbastanza liquidità della Bce e la situazione è grave. Giovedì sarebbe già troppo tardi”. Altre fonti invece avevano definito “disastrose e umilianti” le condizioni europee.

Schauble e altri falchi

Sul Corriere viene intervistato Daniel Cohn-Bendit, di padre tedesco e madre francese, scelse la cittadinanza tedesca per non fare il militare in Francia. Si definisce “cittadino europeo”, scrive il quotidiano. Dice: “Se siamo arrivato fino a questo punto credo ci siano anche banalmente delle ragioni psicologiche, personali. I politici si comportano come dei bambini. ‘Ha cominciato lui, no lui, tu mi hai insultato, no sei stato tu’. Quel che i responsabili greci non hanno capito è che attaccando il ministro delle Finanze Schauble hanno ottenuto l’effetto di mobilitare un parte dell’opinione pubblica tedesca contro di loro. C’è una parte di voglia di rivincita, il desiderio di dare una lezione, nella durezza e nella cattiveria della posizione del ministro Schauble”. Di Renzi dice che “finora non ha fatto sentire abbastanza la sua voce”. Dice che “in momenti storici di questa gravità servirebbe uno Schumann, un De Gasperi, dei politici che in nome di un’idea e una visione dell’Europa fossero capaci di guidare i loro popoli. Ma se restiamo al rimorchio dei popoli…”.

La Repubblica, pagina 2: “Schaeuble per la Grexit finisce in lite con Draghi. Merkel: cambi il governo”. Scrive l’inviato a Bruxelles Alberto D’Argenio che è stato un diverbio tra la cancelliera e il suo ministro delle Finanze Schaeuble a ridare qualche flebile speranza alla Grecia. Ma le condizioni imposte a Tsipras per restare nell’euro sono durissime. La cancelliera avrebbe anche incontrato i leader dell’opposizione greca di Nea demokratia, “quasi delle consultazioni ombra per arrivare ad un governo di unità nazionale per approvare le riforme”.

Su La Stampa, pagina 3: “Merkel non vuole la rottura ma mette Atene in un angolo”, “All’Eurogruppo polemica fra Schaeuble e Draghi, tensioni anche con Parigi. E il fondo per le privatizzazioni era già stato respinto dalla Grecia nel 2012”. Scrive Tonia Mastrobuoni che “il problema non è più solo la Grecia, ma le linee di faglia che Berlino sta alimentando tra i 19” dell’eurozona e che stanno emergendo verso Atene: ormai spaccati a metà, con il fronte pro accordo guidato dal presidente francese Hollande insieme a Matteo Renzi e dall’altra quello dei “rigoristi” capeggiato dalla Merkel.
Sulla stessa pagina: “Ideologia e baruffe interne. Ecco cosa tiene unita la strana alleanza dei falchi”, “Dalla Finlandia a Malta, il fronte del rigore”. Il primo ministro maltese Muscat, laburista, guida un Paese che ha un’economia quasi tedesca: crescita di 3 punti, disoccupazione sotto il 6 per cento. Dice: “dobbiamo essere sicuri che i greci mantengano le promesse”. Malta ha prestato 170 milioni ai Greci, un’esposizione che vale il 2% del Pil. Vogliono riaverli indietro e comunque non intendono perderne altri. Come i baltici: “se si vogliono veramente fare le riforme si possono fare in una notte, come in Lituania durante la crisi”, dice la premier lituana Dalia Grybauskaite. E il discorso vale anche per lettoni ed estoni.
Ancora su La Stampa, Francesca Sforza racconta “il personaggio” Scheuble: “Schaeuble lo spietato. L’Europa per lui è possibile soltanto a due velocità”, “Pignolo e severissimo, ha riportato Berlino al pareggio di bilancio. Nell’Unione, per cui ha lavorato, non c’è spazio per questa Grecia”.

Su L’Unità: “La Grexit e i dolori della Spd alleata di Frau Merkel”. Scrive Marco Mongiello che un post su Facebook del vicecancelliere socialdemocratico tedesco – e ministro dell’Economia – Gabriel sta facendo fibrillare la sinistra tedesca: vi si legge che “ovviamente la Spd era al corrente della proposta del ministro delle Finanze Wolfgang Scaheuble su un’uscita temporanea della Grecia dall’eurozona” e “in questa situazione così difficile bisogna considerare ogni proposta senza pregiudizi. Questa sarebbe realizzabile, ma solo se per il governo greco è la migliore alternativa”. Il quotidiano dà quindi conto delle reazioni negative di alcuni esponenti del partito Spd. Ieri in una riunione del Pse al Parlamento europeo Gabriel ha dichiarato “siamo qui per evitare una Grexit” e il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha spiegato che l’uscita temporanea della Grecia dall’eurozona è “una proposta che non ha alcuna possibilità di essere accettata”.

Sul Corriere viene intervistato Dimitri Avramopoulos, ex ministro degli esteri greco, oggi commissario agli affari interni, con delega sull’immugrazione. È un esponente di Nuova Democrazia. “un compromesso non è mai semplice”, “nelle trattative ci sono stati momenti di contatti negativi e non equilibrati” e “questo ha ridotto la fiducia”. Dice che al referendum ha votato “ovviamente sì”, dice che il no della maggioranza “si è trasformato in un grande sì all’Europa” e “il governoha capito il rischio che ne derivava ed ha fatto una inversione ad U per evitare il disastro”. “Alla fine a vincere è stata l’unità nazionale”.

Grecia e Usa

Secondo Il Corriere “la Casa Bianca è spiazzata. I suoi appelli irritano Berlino”. L’inviato scrive che l’establishment americano era “entrato nel week-end appena trascorso con la convinzione che l’Ue avrebbe trovato l’accordo con la Grecia”. “La formula obamiana del ‘leading from behind’, guidare il gioco dalle retrovie, finora non ha funzionato. Anzi, gli appelli al taglio dell’esposizione di Atene hanno finito per irritare la Germania. O comunque quella parte del Paese che si riconosce nell’intransigenza di Wolfgang Schauble”.

Grecia, Europa

Alla pagina delle “Idee” su La Repubblica, l’analisi di Mariana Mazzucato: “Solo lo spirito del Dopoguerra potrà salvarci dalla crisi eterna”, “L’emergenza ellenica riguarda tutta l’economia, dai dati ‘macro’ alle singole imprese. Ma l’ipocrisia tedesca e il rigore ‘copia e incolla’ non servono: bisogna agire come con la Germania post 1945”, “L’austerità non aiuta, come sapeva bene Keynes, però ai greci si chiedono tagli su tagli”.

“In questa tragedia muore l’idea di Europa unita” è il titolo di un articolo su Il Giornale firmato da Livio Caputo. Caputo ricorda che l’Europa ha avuto anche momenti peggiori, “per esempio quando Francia e Olanda, due dei Paesi fondatori, respinsero il progetto di Costituzione, ma non abbiamo mai assistito a una prova di fragilità come quella attuale perchè lo scontro, di mentalità oltre che di decisioni operative, si estende contemporaneamente su altri argomento non meno delicati di quello greco: una gestione collettiva dei profughi e il mantenimento delle sanzioni all’Ucraina”.

Sul Messaggero, Francesco Grillo si sofferma sulla “nuova recessione globale” che rischia di colpire l’Europa che “non può più permettersi il lusso di perdere tempo a litigare per non decidere nulla” mentre i dati sull’economia dicono da una parte che Europa, Usa e Giappone “cresceranno, anche se a ritmi contenuti” quest’anno, e dall’altra che “un’eventuale nuova recessione ci troverebbe in uno stato di vulnerabilità superiore rispetto alle recessioni precedenti perché abbiamo praticamente svuotato per combattere la crisi cominciata nel 2007, gli arsenali della politica monetaria e fiscale”. E la recessione potrebbe venire dai “famosi Brics”, visto che dei cinque Paesi che ne fanno parte “due stanno girando al contrario (Brasile e Russia sono in recessione) e uno (la Cina) ha dimezzato il proprio ritmo di crescita; continua a correre la sola India, e altri Paesi – Indonesia, Vietnam, la Nigeria con forti contraddizioni – si candidano ad un allargamento del club. Il risultato netto è, però, un abbassamento drastico del tasso di crescita dell’economia mondiale a livelli quasi europei (3,3%)”.

Politica italiana

Sul Sole, Lina Palmerini parla delle sorti di Tsipras che “determineranno quelle del progetto cui guardano Fassina, Landini, Civati ma anche una parte della minoranza Pd che è alla finestra in attesa di come si concluderà quello che il presidente francese Hollande ha chiamato il ‘braccio di ferro’ in Europa”. Se Tsipras “dovrà far bere alla Grecia l’amaro calice delle riforme, a cominciare da previdenza e aumento Iva, anche il fronte italiano di sinistra sarà nell’angolo”. E “senza il leader greco, senza i suoi slogan, la sinistra perderà la sua icona”, e “il dissenso Pd tenderà a restringersi”.

Su Il Giornale invece si legge: “Hai capito Alexis, che mossa? Hai visto come si è rilanciato. Ma la Grecia è la Grecia e Renzi non è Tsipras”. In Italia “è impossibile indire un referendum sull’euro o sulla Ue”, ha detto Renzi. “Così l’unica possibilità” che resterebbe al premier “per rinfrescare la sua investitura popolare e tornare ai fasti del 40,8 per cento e di aspettare un altro referendum, quello sul nuovo Senato, previsto per l’autunno del 2016″. Il titolo: “Il premier si gioca tutto. Referendum sul Senato per uscire dal pantano”.

Su La Repubblica, pagina 10: “Renzi pronto al blitz sulle unioni civili. ‘La legge entro l’estate non si può stare fermi’”, “Il premier non vuole la palude in Parlamento. Ius soli e conflitto di interessi, segnale a sinistra”.

Su La Stampa: “Unioni civili: la sinistra Pd contro il rinvio della legge”, “Cuperlo: ‘Votiamole subito pure con una maggioranza diversa’. I renziani incalzano i centristi: se non ci state scatterà il piano B” (ovvero far votare la legge con chi ci sta, dai grillini a Sel).

Su La Repubblica: “Svolta di Berlusconi: ‘In caso di emergenza ok alle larghe intese’”. L’ex Cav si riferirebbe ai contraccolpi di una Grexit, “L’ex premier offeso perché Palazzo Chigi ha sempre respinto aiuti sulla politica estera”.

Sul Corriere viene intervistato l’ex capogruppo Pd Speranza: “Sarebbe folle sostituire la sinistra con i transfughi di destra”. Ieri il quotidiano milanese intervistava il senatore Vincenzo D’Anna che preannunciava la nascita di un gruppo parlamentare “a sostegno delle riforme”. “Non voglio né il pd con Verdini né stare fuori con chi, legittimamente, ha scelto di uscire. Io voglio rimanere per affermare una idea diversa. non credo che tanti elettori, militanti e iscritti abbiano scelto Renzi perché arrivasse al partito pigliatutto con Verdini e D’Anna”.

Su La Repubblica anche il sondaggio Demos sul M5S: scrive Ilvo Diamanti che chi vota M5S è “trasversale come la Dc”, ma solo un terzo dei suoi elettori vuole che vada al potere. Un terzo di essi si definisce di centro-sinistra, oltre il 20 per cento di centro-destra, il dieci per cento si colloca invece al centro dello schieramento. Il movimento è costantemente in bilico fra diverse scelte e opzioni, su immigrati, welfare, Europa, presentando una miscela di elementi spesso contrastanti fra loro. E spicca per interclassismo e trasversalità: è il primo partito fra i ceti medi pubblici e quelli privati, ma anche fra gli autonomi, i giovani e i disoccupati.

Marino, Roma

Ieri sul Corriere un articolo firmato da Ernesto Galli della Loggia su Roma, dove si leggeva che il sindaco Marino “è intimamente estraneo alla città, non si rende conto di nulla e non fa nulla”. Oggi Marino risponde. “La macchina è in parte marcia. Io non mi arrendo, posso farcela”. “Esiste una classe dirigente moderna, dotata di capacità e che ha avviato profonde e radicali riforme. È quanto è in atto da due anni nella capitale e che il governo di Matteo Renzi sta facendo nello Stato”. Non manca la chiosa di Galli della Loggia sulla “verbosissima lettera del sindaco”, “un esempio tra mille della invincibile resistenza dei politici italiani e dei loro uffici stampa a convincersi che la coincisione è una virtù”.

Renzi, Adinolfi

Su Il Giornale: “Lo strano silenzio di Renzi sull’amicizia con il generale. Le intercettazioni sono imbarazzanti non solo per le frasi su Letta e Napolitano. Il nodo è il legame con Adinolfi, che seguiva le inchieste fiorentine sull’allora sindaco finite nel nulla”.

Sul Corriere Fiorenza Sarzanini si sofferma su Adinolfi, comandante in seconda della Guardia di Finanza, vice di Saverio Capolupo, ovvero “l’uomo che aveva cercato in ogni modo di ostacolare rivolgendosi a politici e ministri – come lui stesso racconta – per impedire che rimanesse al vertice della Guardia di finanza”. Proprio per contrastare Capolupo Adinolfi – dicono i verbali delle indagini sulla Cpl Concordia, da cui vengono le intercettazioni di questi giorni, “alla vigilia della proposta di nomina in Consiglio dei ministri del comandante generale della Finanza” andò “nella sede di un partito politico (il Pd, ndr) entrando, peraltro, volutamente dalla porta laterale e secondaria”. “Si fa cenno a ‘conversazioni del generale con Matteo Renzi e con Luca Lotti’ – compreso l’invio di numerosi sms – ma i colloqui sono coperti da omissis e dunque non se ne conosce il dettaglio. Ufficialmente Capolupo non ha alcuna reazione, Adinolfi invece smentisce pubblicamente di aver ordito qualsiasi manovra”. Più avanti: “La scorsa settimana, quando il Fatto Quotidiano pubblica l’intercettazione di Adinolfi che parla con Renzi del governo guidato all’epoca da Enrico Letta e quelle in cui si raccomanda agli uomini del suo entourage per diventare comandante generale, si svela che cosa è accaduto un anno fa. E si conferma la solidità di rapporti e amicizie consolidati nel corso degli anni sul quale il generale continua a contare. Le nuove carte depositate a Napoli, questa volta senza omissis delineano i contorni della trama e i suoi protagonisti”.

Internazionale

Su La Repubblica l’inviato al Cairo Vincenzo Nigro: “Nel consolato distrutto dalla bomba. ‘L’obiettivo era l’Italia, ecco le prove’”, “Nel video della sicurezza si vede l’attentatore parcheggiare proprio davanti all’edificio”

Su La Stampa, il reportage dal Cairo di Maurizio Molinari: “’La bomba? Dono di Dio’. Nel quartiere degli islamisti che sfidano ancora Al Sisi”, “Vicoli, barricate e moschee clandestine: ogni venerdì è battaglia. ‘Perché l’Italia? Siete amici del raiss’. Le paure dei cristiani copti”. Molinari si riferisce alle strade tra Naam Square e Ain Sham Street (“per i Fratelli musulmani questa Naam Square è una roccaforte”).

Il Corriere: “La firma dell’attacco al Cairo: il solito modello di autobomba. L’attentato al Consolato italiano, i dubbi sulla rivendicazione dell’Isis”. Il dubbio c’era anche prima, si legge, per “l’effetto ‘poco’ sanguinario” dell’attacco. In più ci sarebbe il “peso del tripolo, nel senso proprio del termine: non 450 kg come hanno scritto ma 250. Lo stesso esplosivo è stato usato in altri attentati, il mese scorso per uccidere il procuratore generale Bakarat e prima di lui per far saltare il quartiere generale della polizia egiziana di Mansoura (14 morti). Più che l’Isis sarebbe “terrorismo jihadista molecolare” e “sventolerebbe la bandiera dello Stato islamico senza farne parte, ma caricando parole e numeri con la polvere da sparo per intimorire il governo”.

Anche sul Giornale: “Dubbi sull’attentato al Cairo. Quella strana ‘firma’ dell’Isis. Non convincono l’intelligenze la rivendicazione e l’ora dell’esplosione. Il Califfato avrebbe cercato la strage”.

È “pronta la bozza di accordo” sul nucleare iraniano, scrive il Corriere. “Il testo di 100 pagine inviato ieri sera nelle capitali. Il nodo dell’embargo sulle armi”.

Sul Giornale, commento di Fiamma Nirenstein: “Nucleare, ride soltanto l’Iran”.

Sul Corriere si racconta la “sterzata a sinistra di Hillary”, che punta su “egualitarismo, investimenti pubblici, aumento dei salari minimi” senza perdere di vista “il grosso del ceto medio, forse non determinante nella corsa alla nomination democratica ma decisivo per salire sulla Casa Bianca”. Oggi la Clinton presenterà il suo programma economico alla News School di New York e adatta il suo programma all’avanzata di un candidato alle primarie Dem: il “socialista Sanders”, cui i sondaggi attribuiscono il 33 per cento dei consensi.